sabato 28 dicembre 2024
La pillola dell'eterna giovinezza e la grande bestia nera
domenica 25 agosto 2024
Fantasmi e disagi
sabato 17 agosto 2024
Cose del nostro lavoro che richiedono flessibilità
mercoledì 14 agosto 2024
Della serie
martedì 21 maggio 2024
Risposta dovuta da tempo
Per davvero
domenica 3 marzo 2024
La critica della ragion pratica
"Il ministro ha detto che vuol fare le classi separate per gli stranieri."
Sono scoppiati a ridere.
E io, di nuovo, ho pensato: a posto così.
[Non volevo dirlo in classe, ma la collega ha postato la citazione di Valditara sulla chat docenti nell'attimo in cui abbassavo gli occhi sul telefono per andare al registro elettronico e fare l'appello. La mia lingua è andata da sola.
Dopo, ho spiegato che normalmente noi non facciamo politica in classe, che, certo, spieghiamo la storia, le interpretazioni letterarie e culturali dei fatti, parliamo di legalità e di diritti e di Costituzione. Ma che non è nostro compito dire a dei quattordicenni come devono pensarla, bensì dare loro gli strumenti per sapere come la pensano (e saperlo dire). Mi guardavano, presissimi. Qualcuno sorrideva.
Mi spiace per quelli che parlano di scuola senza entrare mai in un'aula. Davanti a occhi come quelli, a quel silenzio, a quell'attenzione, in quei momenti in cui si sente il rumore del germoglio del pensiero che fa capolino dalla terra, il senso della decenza, se non ce l'hai, ti viene.]
lunedì 26 febbraio 2024
Pisa resiste
Oggi ho usato gli ultimi minuti della lezione in terza per chiedere se qualcuno aveva sentito cosa fosse accaduto a Pisa. Una mano sola, una ragazzina.
Ho spiegato, in modo asciutto: le manganellate ai ragazzi, il raduno spontaneo della gente alla sera, il diritto a manifestare, il dovere di essere identificabili (dei cittadini, quindi, sarebbe opportuno, anche dei poliziotti). Le parole del presidente e il suo ruolo di guida morale, più che politica.
Concludendo con: "...poi si è liberi di pensarla come si vuole, su Israele e Palestina, sulla polizia, sulle manifestazioni, sul presidente. Io ve l'ho detto solo perché tra qualche anno potreste esserci voi a manifestare, si spera per allora certe cose siano cambiate."
Campanella di fine mattinata. Apro la porta. Immediatamente dietro l'anta, c'è un exalunno, un ragazzo di quindici anni, a braccia aperte e con un sorriso così.
"Prof!!!"
"Oh ciao A., come stai?" E subito, con la supervista da docente, leggo il vero contenuto del sorriso: "Hai sentito il mio intervento su Pisa?"
"Ho ascoltato tutto, ogni parola."
"Potevi entrare."
"No, non volevo distrarli, stavate facendo un discorso importante."
A posto così. Il mio, l'ho fatto.
sabato 10 febbraio 2024
Allora - risposta ai commenti
1) Esatto, Pellegrina, è così. Poi, non è che alfabetizzazione non sia una cosa buona e giusta. Io la faccio se me la chiedono, nella mia scuola è fondamentale, ma magari un po' meno, magari non tutta a me, magari non al posto di. Magari, non ridendomi in faccia e dandomi come motivazione "non sono tanto convinta di come lei si rapporta coi colleghi", quando sono andata a chiedere perché tutte quelle ore a me. Motivazione soggettiva quindi impalpabile e inoppugnabile, perché gli attacchi tecnici sul mio lavoro li avevo sventati uno a uno, disposizioni ministeriali alla mano, dato che io le leggi le conosco e le applico nel mio lavoro.
2) Ayla: le restanti 4 ore sono fuori a fumare e rubo soldi allo Stato, chiaramente, come tutti i docenti.
Seriamente: le ore di alfabetizzazione sono a tutti gli effetti equiparate alla docenza in classe, quindi completano cattedra. Peraltro la reale docenza è di 12 ore, perché, nel prolungato, sono 8 ore di lettere e una di mensa, e nel normale sono 4 tra storia e geografia. Le altre 5 sono alfabetizzazione. Poi mi hanno fatto fare anche il Pnrr, quindi un'altra assistenza pasti e due ore con un altro mini gruppetto. Fa 21, e, con la diciannovesima ora di compresenza su una materia non mia che devo dare per il recupero dei minuti, sono 22 unità orarie di cui 10 non sono fare lezione in classe.
C'è chi non farebbe una piega, anzi. Lavorare in piccolo gruppo, non portarsi a casa roba da correggere moltiplicato 3 o 4 classi, una pacchia. Io mi sento in castigo, ed era esattamente la sensazione che si voleva che provassi. Voilà. Sto lavorando lo stesso, sto lavorando volentieri, mi sto divertendo e impegnando (vedasi prossimo post) coi colleghi, coi quali a detta della dirigente ho "rapporti non sereni", e coi ragazzi sto benissimo. Credo che mi sia anche stato accordato il perdono, perché ho sentito all'improvviso un cambio di registro e dei complimenti ripetuti dalla dirigente.
Ma io non voglio il perdono con bolla pontificia, non voglio l'ammissione di torto, non voglio né scuse né complimenti, io voglio le mie classi.
sabato 3 febbraio 2024
Sconfitte e rivincite - L'autunno di sangue
Beh.
La frase del mese di novembre, se non dell'anno 2023 per la quasi totalità, è "Grazie, perché mi insegnate come non mi devo comportare".
Il penultimo post su questo blog, riguardante una situazione di serio burn out, è stato scritto due giorni prima che ci assegnassero le classi per il nuovo anno scolastico.
Di lì a 48 ore, ho saputo che il mio orario prevedeva l'elemosina di finire Italiano con la mia terza, poi 4 ore in una prima, e tutto il resto fuori aula. 5 ore di alfabetizzazione. Una di compresenza su una materia non mia. Una di mensa. Poi si sono aggiunti il pasto e le due ore pomeridiane con il gruppo dei disperati del recupero competenze di base del PNRR.
Totale, 22 ore di cui 10 a non fare lezione.
Per carità: la mia terza è la mia terza ed è una delle due classi decenti dell'istituto. La prima è la zattera della Medusa degli sfigati, non hanno ancora iniziato a mangiarsi tra di loro, ma solo perché sono talmente piccoli e inadeguati che stan cercando di bere l'acqua salata, però sono simpatici e non mi hanno presa male, anzi prendo una riga di sorrisoni ogni volta che li incontro. E faccio storia e geografia, che mi danno parecchia soddisfazione.
E, sempre per carità: le ore di ABC sono affascinanti, dopotutto. Da uno a quattro creature alla volta, ma parlando 4 lingue e imparando cose sul mondo (ma lo sapevate voi, che Priština si pronuncia Prishtìna? E quanto sono buoni i brigadeiros brasiliani, che non sono degli ufficiali a cavallo ma dei dolcetti al cacao? E che nel centro di Dakar c'è la gelateria "Mamma mia"? E quanto vale un franco della Comunità Finanziaria Africana?). Certo però che passo cinque ore a settimana a mettere a posto le doppie e cercare di spiegare gli articoli indeterminativi, mentre supplico la ragazzina kosovara di mettersi una maglia che copra l'ombelico almeno adesso che al mattino ci sono tre gradi, cerco di tenere attento il ragazzino senegalese con disturbo della concentrazione, zittisco il ragazzone peruviano che parla costantemente in spagnolo convinto che sia italiano, e cerco di capire se la statua di Venere che arriva dalla Nigeria sta bene di salute, visto che è impenetrabile e non sorride quasi mai.
Più o meno lo stesso si può dire del lavoro pomeridiano con quelli del PNRR, con l'aggravante che mi tocca mangiare la pizza a pranzo (uguale botta di sonno senza speranza alle 2 e mezza) e con un collega di Matematica noioso come Totti (questa la capisce solo l'Uomo) che conta ad alta voce i lunedì che mancano alla fine.
Comunque. Il giorno in cui mi hanno dato l'orario ho schiumato in presenza di tutto il dipartimento di Lettere, quasi pianto in faccia al vicepreside, ingoiato chiodi davanti alla dirigente; se non fosse per i 20 minuti in cui, come sempre, è comparso dal nulla il mio barbuto, gigantesco amico Orsone a sentire il mio sfogo e lenire in parte la mia umiliazione con pazienza e sarcasmo, sarebbe stata una giornata di merda da mettere tra le prime 20 della mia esistenza. Poi ce n'è stata una, in novembre, che l'ha persino battuta, una di quelle volte in cui torni a casa, cerchi di calmarti, cerchi di razionalizzare, cerchi di gestire le emozioni, ma la sola cosa che vuoi davvero fare è ANDATEVENE TUTTI A FARE NEL CULO, GENTE MIGRAGNOSA VENDICATIVA E MESCHINA, IO LÌ DENTRO NON CI METTO PIEDE MAI PIÙ, CHE CAZZO VI CREDETE, NON SONO CERTO LÌ PER LO STIPENDIO E MEN CHE MENO PER DARVI LA SODDISFAZIONE DI CALPESTARMI, IO DOMANI MATTINA MI METTO IN MALATTIA, DOPODOMANI IN ASPETTATIVA E LA PROSSIMA VOLTA CHE METTO PIEDE IN UNA SCUOLA NON SARÀ LA VOSTRA, E RINGRAZIATE CHE NON VI FACCIO CAUSA PER MOBBING E VI SBATTO SUL GIORNALE, STRONZI.
Quella mattina nel torace dell'Orsone ci ho sbattuto per caso sulla porta della sala prof, 20 secondi dopo essermi sentita negare un permesso di un'ora che mi serviva come il pane, da un addetto della segreteria che tremava nel riferirmelo, in un corridoio molto lontano dalla porta della presidenza, dove credo lo avessero mandato apposta, invece di convocare me, forse temendo che sfasciassi l'ufficio. Me ne sono fottuta di chi sentiva e di chi c'era e non c'era e ho metaforicamente vomitato sul maglione dell'Orsone lo sdegno e la chiarissima intenzione di non lasciarmi mai più trattare in modo simile. Lui, con la solita voce pacata, ha detto: "Vedi come va l'anno prossimo" e io imperterrita: "Un anno e mezzo è lungo".
Ho convocato d'urgenza il Principe dei Paraculi e gli altri membri del gruppo con cui studio comunicazione interpersonale e crescita personale dal 2019. Mi hanno dedicato una serata e siamo usciti con uno spunto utile da un lavoro di gruppo, in cui una persona ha interpretato l'animosità del vicepreside nei miei confronti, in modo così realistico da mettere in ansia anche gli altri, figurarsi me. Lo spunto era posare l'armatura e disarmare gli altri con l'amore e la dolcezza. La vichinga in me ha detto, forte e chiaro: "See, 'sto cazzo, passatemi un'ascia, di quelle pesanti". Ma la professoressa umiliata e maltrattata degli ultimi mesi non ce la faceva davvero più a trascinarsi a scuola con il cuore pesante. Quindi ha ascoltato il suggerimento. La mattina dopo, stranamente fiduciosa e disponibile a cambiare, sono tornata a scuola sorridendo, respirando, cercando di guardare solo il bello. Che ovviamente esiste, perché il mio lavoro non ha assolutamente paragoni, a dispetto del Maledetto Ministero e delle persone che credono, per il mero fatto di avere un incarico, di poter fare il bello e il cattivo tempo nella vita degli insegnanti. Beh: ho passato novembre in stato di convalescenza. Ma ha funzionato, per quanto si capisce ora. Almeno per me e, in effetti, era della mia insoddisfazione e frustrazione che si parlava, non certo dei begli occhi della dirigente o dell'ego del vicepreside. Quindi.
Di ciò, e della fantastica scoperta di un sentiero che porta alla foresta di Sherwood, nel prossimo post.
(Ah: e grazie, davvero, a chi legge con pazienza e commenta con gentilezza. Non riesco a inserirlo qua sotto senza fare casino con gli account, quindi lo metto in calce al post medesimo.)