Daisypath Friendship tickers
Daisypath Anniversary tickers

sabato 29 maggio 2021

Siamo adulti

 La Fräulein se n'è andata.

C'era un sole pazzesco la mattina del suo funerale, qui è tutto in fiore, tutto verdissimo, era azzurrissimo il cielo, con questo vento che fa girare le nuvole in cinque minuti da panna ad acciaio, o viceversa. E così, adesso io non so che dire. Mi tocca legare per sempre un grazioso paesino che non avevo mai visto al ricordo delle palpebre peste a forza di piangere.

Siamo adulti, e la sappiamo leggere una diagnosi. Siamo adulti, e sappiamo che una persona che non si cura per tempo è spacciata. Siamo adulti, e sappiamo che un altro adulto, tra l'altro con un QI fuori dal comune, non può essere costretto a fare quel che non si sente di fare.

Però. 

Non posso scrivere come si sta senza di lei. Non posso raccontare come si è svolto il suo funerale, bellissimo come sono bellissimi i funerali delle persone speciali. E tremendo.

Sembravamo tutti dei bambini a cui hanno ammazzato Babbo Natale, o la Fata Turchina. Persi. 

Non posso dire come ho passato i giorni successivi.

Siamo adulti, e sappiamo come vanno queste cose. Siamo adulti, e riconosciamo il momento di trasporto che spezza una corazza ben indurita, quando i sentimenti sono sconvolti da una perdita. Siamo adulti, e i problemi sono tanti; i desideri anche troppi, ma sappiamo lasciarli dove vanno lasciati, quando al mattino ci alziamo per andare al lavoro. 

Però. 

La Fräulein, se c'era una cosa che sapeva fare, era vivere con passione. Se potesse ascoltare adesso la mia voce, nella penombra del suo salotto, in mezzo a una nube di fumo, starebbe annuendo, con gli occhi seri. Poi farebbe il suo bellissimo sorriso da ragazzina impertinente e direbbe, con voce bassa e melodiosa, qualcosa di assolutamente tremendo. 

Nessuno mi ascolterà mai più così.



martedì 11 maggio 2021

Difficoltà di adattamento alle situazioni estreme

Quando guardo indietro alla mia vita,  certi periodi, durati mesi o anche anni, sono riassumibili in una singola immagine. Che affiora lenta dal bagno chimico di ricordi coscienti, emozioni mal digerite, cellule che hanno memoria di sensazioni muscolari. 

Da quando è arrivata mia figlia, per esempio.
Il 2013 è la foto di una donna che guarda, con gli occhi sgranati.  
Il 2014 è il buio dell'abitacolo della macchina, con la macchia di colore di uno schermo verdolino, piccolo, di un Nokia, che si illumina. 
Il 2015 è la stoffa del cuscino del divano, perennemente zuppa di lacrime. 
Il 2016 è un copriletto con le mele verdi. E le piastrelle del bagno. 
Il 2017 sono io che lavo i piatti in silenzio. Odiando tutti, credo. O venendo odiata. O entrambe. 
Il 2018 l'ho quasi cancellato. Deve esserci stato anche del bello. Ma dalla catinella della camera oscura escono solo foto prese storte, sfocate. I giorni si assomigliavano un po' tutti. L'estate non passava mai. È uno di quegli anni di cui non sai, pur sapendo che è stato importante, come hai fatto a esistere da un giorno all'altro, forse come fanno le piante. Pioveva e bevevi. Non pioveva e seccavi. Veniva giorno e veniva notte.
Il 2019, in compenso, è iniziato col botto e le foto sono tante e molto vivide. La mia vita ha preso una brusca accelerazione. E per certi aspetti non si potrà fermare più. 
Il 2020 è il terrazzo di casa, con la sdraio blu.

Adesso siamo qui e, se penso che un anno fa uscivamo dal lockdown duro, mi viene la chinetosi per lo choc temporale: ma come un anno fa? Ma sul serio manca un mese scarso alla fine della scuola? Ma adesso cosa faccio d'estate? Oddio: sto comprando una casa in un paesino di duecento abitanti? Ma DAVVERO? 

E lui? 
E lei? 
E tutti gli altri? 

E... ma ho finito quel che dovevo fare con la scuola? No.
Ho fatto finire quei lavori che avevo iniziato l'estate scorsa? No.
Ho finito di studiare per il diploma della Yoga Alliance? No. 

CAZZO!
MA NON HO FATTO NIENTE? 

Scusa??? Ancora oggi sei tornata dal lavoro che ti faceva male la vescica (non la pancia, che sarebbe più normale: la vescica. Neanche più pisciare) e avevi un webinar di lì a mezz'ora per il progetto estivo e non avevi ancora posato la borsa che vibrava il telefono,  era la scuola e hanno chiamato su ENTRAMBI i numeri CINQUE volte. Perché la dirigente, che entra a lavorare 9 e mezza  o 10 e alle 15.30 se ne va, non concepisce che tu, che entri alle 7 e mezza e esci alle 13 e 50, ma poi hai riunione online alle 2 e mezza o alle 16 o alle 18, o tutte e tre, non ti sia fermata ad aspettare di essere ricevuta per parlare dei corsi del prossimo anno. E tu saresti una che non fa NIENTE??? 

Eppure. Apri chiudi apri chiudi, la scuola quest'anno era un multiverso di dimensioni parallele, ed erano così i weekend, le code fuori dai negozi, i corsi online, tutto. E adesso il tempo si è riallineato e mi devo rimettere a pensare alle settimane con giorni feriali, giorni festivi, e notti che durano, per gli altri perlomeno, quanto le ore di buio. 

 Credo che di questi mesi mi resterà la vertigine di me che attraverso a passo spedito i corridoi di Scuola Vintage, passando sotto le vetrate che sembrano quelle delle sale da ballo di un palazzo austriaco, e intanto cerco di capire, nella luce grigia del cielo con la neve o la  pioggia o in quella chiara di una giornata azzurra, se è ancora mattina o già pomeriggio, e di quale giorno della settimana.

L'età degli eroi, l'assedio di Troia, la resistenza a oltranza. Abbiamo vinto, ma ora non ci scende l'adrenalina.