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Le Vie dell'Asia
20/08/2010

Il pianoforte coraggioso di Liu Wei

Scritto da: Marco Del Corona alle 10:32
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Ha 23 anni, da quando ne aveva 10 vive senza braccia. Le perse rimanendo folgorato mebntre giocava a nascondino, ma ora si chiede "perché tutti pensano che la mia vita debba essere così dolorosa". Nient'affatto, spiega, "la mia è l'esistenza di un uomo felice, piena di cose colorate". Liu Wei nel 2006 ha deciso di imparare a suonare il pianoforte usando le dita dei piedi. Non sarà Lang Lang, ma ha vinto lo scetticismo degli insegnanti, è diventato bravo abbastanza da impartire una lezione di ottimismo ai telespettatori della Repubblica Popolare: è nella quarantina di finalisti di China's Got Talent, seguita trasmissione tv e il suo video sta colonizzando il web cinese.

Pubblicato il 20.08.10 10:32 | | Commenti(0) | Invia il post
20/08/2010

Nuovo sangue in Xinjiang

Scritto da: Marco Del Corona alle 04:46
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Il Xinjiang torna a bagnarsi di sangue. Ad Aksu un motociclo a tre ruote è esploso ieri mattina provocando una strage. Almeno 7 i morti, il doppio i feriti.

UN ARRESTO Le autorità della provincia, popolata dalla minoranza islamica e turcofona degli uiguri e storicamente attraversata da scosse irredentiste, hanno spiegato che il gesto è stato compiuto da un uiguro, ferito a sua volta e arrestato. Anche le vittime appartengono “soprattutto a minoranze etniche”. Il gesto è stato giudicato “intenzionale” e il governatore Nur Bekri ha dichiarato che “il separatismo in Xinjiang ha una storia lunga… abbiamo davanti una lotta lunga, feroce e parecchio complicata”. Tuttavia l’obiettivo dell’attentato non è stato reso esplicito, in un Paese dove non di rado gesti estremi – assalti all’arma bianca, bombe artigianali – regolano in modo cruento dispute e frustrazioni personali.

L'OMBRA TALEBANA Il responsabile politico della polizia di Aksu, Xiao Chunfeng, assicura al Corriere che “la popolazione è tranquilla e che l’area colpita, periferica, non era densamente abitata né si tratta di un quartiere etnico”. La strage di Aksu però inquieta Pechino. Poco più di un anno fa moti anti-cinesi hanno provocato nel capoluogo Urumqi 197 vittime e centinaia di feriti. In concomitanza con l’Olimpiade del 2008, erano stati compiuti attentati contro agenti cinesi, mentre sono stati sventati “complotti terroristici”, l’ultimo a giugno. Militanti uiguri all’estero, come Dilxat Raxit, sostengono che molte delle vittime di ieri fossero paramilitari. Testimonianze raccolte da Hong Kong parlano di “legge marziale in città”. Pechino teme che sulle rivendicazioni degli uiguri, che negli strati popolari spesso si percepiscono esclusi dal boom cinese, attecchiscano tentazioni qaediste e talebaneggianti. L’importanza del Xinjiang, serbatoio di risorse al confine con il Pakistan e l’Asia centrale (Afghanistan incluso), giustifica le preoccupazioni. “Ed è vero – ha ammesso il governatore Nur Bekri – che per motivi storici e naturali il Xinjiang ha patito uno sviluppo squilibrato”.

Pubblicato il 20.08.10 04:46 | | Commenti(0) | Invia il post
18/08/2010

Con sigaretta, chiacchere o lotteria: il bagno pubblico à la carte

Scritto da: Marco Del Corona alle 09:36
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set bagno ii.jpg
Pecunia non olet
. Anzi: oltre a non avere odore, il denaro (o la ricerca del) aguzza l’ingegno. I gestori di un bagno pubblico di Pudong – il modernissimo distretto sulla sponda orientale del fiume Huangpu, a Shanghai, la stessa dove sorge la maggior parte delle installazioni dell’Expo – hanno stilato una serie di proposte commerciali per distinguersi da potenziali concorrenti (!). Obiettivo: rendere il più piacevole possibile i momenti di doverosa intimità che si ricercano in un bagno pubblico. Sul modello dei set menu di ristoranti e caffetterie, hanno messo insieme una carta per tutte le tasche:

Set economico, uno yuan (circa 12 centesimi di euro): una “porzione” di carta igienica + un giornale da leggere;
 
Set standard, 2 yuan: il set economico + una sigaretta marca Hongshuangxi + un accendino;
 
Set business, 5 yuan: set standard + 2 sigarette Hongshuangxi + musica (non viene specificato come viene fatta ascoltare la musica);
 
Set di lusso, 10 yuan:  set business + una sigaretta Zhonghua (di qualità superiore) + compagnia professionale per scambiare due chiacchiere (chi si presta a parlare con il cliente, e dove?) + altri servizi (non specificati);

Set presidenziale, 20 yuan: set di lusso + una sigarette Zhonghua + un biglietto della lotteria + un altro omaggio.

Gli operatori del bagno sostengono di aver lanciato la promozione lo scorso 9 aprile, ma senza aver ottenuto il successo sperato. Fosse anche soltanto una burla, la trovata di Shanghai è approdata sui giornali e sul web. Qui sì con qualche successo.

Pubblicato il 18.08.10 09:36 | | Commenti(1) | Invia il post
17/08/2010

Il declino del Giappone, il sorpasso cinese

Scritto da: Marco Del Corona alle 15:04
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Mao Zedong cercava l’America. La voleva, racconta chi lo conobbe durante la marcia verso il potere, però l’America s’allontanò dalla Cina rossa. Il Giappone invece era stato annichilito dal nemico americano, ma l’occupazione avviò un intreccio durato a lungo. “Tokyo Boogie-Woogie/Rhythm. Wowie Wowie…/A song of the world. A happy song”: il successo del 1948 che gracchiava nelle radio sembra anticipare una storia promettente. Così, guardando all’America, senza distrazioni belliche o ideologiche, il Giappone cresce, e in piena guerra del Vietnam si mette alle spalle dell’America: seconda potenza economica. Fino a ieri.

L'INTRECCIO CON L'AMERICA Cina e Giappone, sentieri che si biforcano. Tokyo ha convive con gli americani (a volte con fatica, Okinawa insegna) e li studia. Nel dopoguerra il boss della Toyota, Eiji Toyoda, e il suo capo della produzione cercano di abbattere lo scarto di produttività tra le fabbriche Usa e le giapponesi. Si tratta di azzerare il muda, lo spreco, ed è questa “ricerca imperitura”, ad esempio, che Michael Schuman (“Il miracolo”, edito da Tropea) considera una delle formule della vittoria nipponica sui mercati mondiali. La Cina, intanto, è incatenata a un’atroce vastità geografica e a disastri ideologico-umanitari in serie. I giapponesi esplorano l’America, piazzano prodotti, sofisticano la ricerca. Un signor Panasonic, Konosuke Matsushita, negli anni ’60 avvia l’esportazione di televisori negli Usa. Il Giappone produce bisogni e, insieme, gli strumenti per soddisfarli, tra cicliche chiusure protezioniste di Washinghton. La Honda, la Sony di Akio Morita, altri scrivono l’epopea di un Paese che conta su di sé. Il nucleare per l’energia, oliate dinamiche commerciali per le materie prime. In America cadono baluardi (la Universal Studios in mani nipponiche, la Mitsubishi che prende il Rockefeller Center), rinfocolando pregiudizi e ostilità. Mentre a fine 1978 Deng Xiaoping lancia le riforme in Cina, il Giappone avanza ancora.

BOLLE E TIGRI Paradossalmente, quando nel 1991 esplode la bolla speculativa che ha alimentato il mercato immobiliare (e le aspettative) del Giappone, la nuova Cina denghiana si rimette in moto dopo lo stop di Tienanmen. E quando il Giappone s’impantana (’91-2001), la Cina corre. Deficit fuori controllo, inefficenze, invecchiamento della popolazione azzoppano il modello nipponico. Le altre tigri dell’Asia, come Taiwan e Corea del Sud, producono tecnologia affidabile e meno cara. La Cina, invece, dilaga sul fronte del lavoro a bassissimo costo e dell’export. Se occorre recuperare risorse, una costellazione di accordi con l’Africa (e Australia, Sudest asiatico, America Latina) mette a disposizione di Pechino materie prime ed energia. Il sistema autoritario non solo offre la stabilità che governi effimeri, a parte l’eccezione Koizumi, non garantiscono a Tokyo, ma dispone del territorio della Cina come di un teatro aperto a esperimenti.

MARCHE E MONETE Un gioco delle parti tra Pechino e Tokyo. La Cina dal Pil che sale a razzo comincia farsi valere in sede diplomatica e, all’uopo, mostra i muscoli. Il Giappone degli ultimi mesi tenta invece un approccio gentile. Quando aziende cinesi sbarcano in America, vedi la Lenovo che acquisisce la divisione computer di Ibm, non seduce. Sui giornali si leggono inviti a “non idolatrare le marche straniere”, mentre il ministero del Commercio lancia campagne per promuovere il “made in China” (anche se è la Toyota a venire a Pechino a scusarsi per la débacle dei suoi modelli). L’incrocio prosegue: yen forte e renminbi debole, la componentistica dell’intero arsenale tecnologico contemporaneo (da Apple alla Nokia) fatto dai cinesi e il Giappone in affanno. Ora il sorpasso annunciato nella gara del Pil. La Cina sorride. Ma sa che gli scioperi, le disuguaglianze di reddito, la bolla immobiliare, le aziende che delocalizzano, sono tutti elementi pronti a raccontare una nuova storia.

Quest'articolo è stato pubblicato sul Corriere del 17 agosto. Per la reazione della Cina al sorpasso, leggere qui.

Pubblicato il 17.08.10 15:04 | | Commenti(3) | Invia il post
15/08/2010

I camerati europei alla marcia su Tokyo

Scritto da: Marco Del Corona alle 12:13

La marcia su Tokyo. La quiete del tempio shintoista di Yasukuni, nel centro della capitale, ieri è stata attraversata da una falange di esponenti dell?estrema destra europea, Jean-Marie Le Pen in testa. Il santuario, va da sé, non era stato scelto a caso. Yasukuni è il famigerato sacrario dedicato ai caduti, dove vengono ricordati anche 14 criminali di guerra di ?classe A?. L?adunata è un?appendice della ?Conferenza internazionale delle organizzazioni patriottiche?, e la controparte nipponica dei camerati da 8 Paesi europei è la Issuikai, fondata nel ?72 da seguaci dello scrittore Yukio Mishima. E? una delle piccole formazioni nazionaliste (che, come questa, ad esempio negano le efferatezze compiute a Nanchino nel ?37), rumorose eppure sostanzialmente irrilevanti in Giappone, dove il Partito liberaldemocratico ha sempre assorbito tutto lo spettro parlamentare dal centro moderato fino alla destra.

LE PEN & C. La tempistica non è casuale, oggi ricorre il 65° anniversario della capitolazione del Giappone. E gli ospiti ieri a Tokyo si distinguono per il repertorio retorico che include xenofobia, negazionismo, antisemitismo e simili. Con i francesi Le Pen e il suo vice al vertice del Fronte nazionale, Bruno Gollnisch, c?è il numero due del Bnp (il Partito nazionale britannico) Adam Walker, non mancano Franz Obermayr della Fpö che fu di Jörg Haider, il più a destra dei partiti austriaci, e l?ungherese Krisztina Morvai. Ancora, rappresentate la nostalgia franchista della Spagna e le velleità salazariane dal Portogallo, più camerati da Belgio e Romania. Il fiero britannico Walker non si cura del fatto che i giapponesi fossero i nemici di ieri né della sorte, spesso feroce, patita dai suoi compatrioti impegnati nel conflitto in Asia: ?Sono qui per onorare i caduti. Eroi che sono morti per il loro Paese?. E Le Pen: ?Importa che noi rendiamo omaggio a chi venne ucciso per difendere il suo Paese. Giapponesi o di qualsiasi altra nazione, il rispetto è lo stesso?. E i criminali di guerra? ?Non sono solo gli sconfitti. Ce ne sono anche fra i vincitori?.

LE COLPE DI HIROSHIMA Le parole di Le Pen si inseriscono nel rovello sulle responsabilità dell?ultima guerra. In Asia è attualià, più che storia. Il 6 agosto, per la prima volta, l?ambasciatore Usa era a Hiroshima, innescando speculazioni sulla possibilità che l?America prima o poi si scusi per le atomiche. Tuttavia, anche se il premier giapponese ? il democratico Naoto Kan ? ha espresso alla Corea del Sud il ?rimorso? per l?occupazione coloniale della penisola, esponenti del mondo accademico e politico hanno invitato ad essere cauti, visto che il Giappone non è stato in grado di produrre un riesame profondo del suo espansionismo imperiale in Asia e dei crimini perpetrati, come invece ha saputo fare la Germania. ?La guerra è terribile, la vendetta non serve, ma quando il passato è strappato al contesto non porta nulla di buono a nessuno?, ammoniva ieri lo scrittore filippino F. Sionil Jose, che ragazzo patì le brutalità dell?occupazione giapponese prima di unirsi alle truppe statunitensi. Lo stesso museo annesso al tempio di Yasukuni dà una lettura fortemente orientata del conflitto, con un Giappone ?costretto? ad attaccare Pearl Harbor e, tra l?altro, con l?occupazione della Cina da nord-est e la creazione del regime fantoccio del Manchukuo presentati come volte dalla popolazione locale. Quando in passato i leader giapponesi del momento visitavano Yasukuni, la Cina e le due Coree insorgevano. Kan e il suo governo, invece, non ci andranno. In Asia orientale i segni della storia peggiore del Novecento restano imponenti, dalle basi Usa in Giappone e Sud Corea alla separazione fra Cina e Taiwan, al 38° parallelo che sega la Corea in due. E? un dopoguerra in servizio permanente effettivo. Ma forse a Le Pen il mondo piace così.

Pubblicato il 15.08.10 12:13 | | Commenti(11) | Invia il post
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