30/10/18

Nuovo sito internet

Questo blog non è più aggiornato: tutta la mia produzione in ambito antropologico e artistico, articoli/saggi da scaricare (gratuitamente), recensioni, progetti realizzati e in corso di sviluppo, newsletter e iniziative li trovate ora al sito:





07/08/13

Esotismo e fotografia nel Giappone dell'800




Questo il sottotitolo della mostra Geishe e samurai in corso al Palazzo Ducale di Genova sino al 25 agosto 2013 che espone 125 immagini realizzate tra il 1860 e i primi anni del Novecento. Una mostra che ci interessa perché interamente costruita sull'incontro tra uno strumento di rappresentazione, le sue tecniche d'utilizzo e il discorso estetico in cui è inserito - e di cui è portatore - e un contesto completamente diverso e in profonda trasformazione storica, culturale e sociale dopo 300 anni d'isolamento. In particolare la mostra illustra l'attività della Scuola di Yokohama - la più importante dell'epoca per la sua rilevanza sia a livello tecnico, sia a livello commerciale, sia ancora per via del numero dei professionisti che ne hanno fatto parte (un migliaio, tra cui una ventina di donne e un centinaio di stranieri).

La fotografia (写真 shashin, lett. "copia della realtà") viene introdotta in Giappone nel 1843 a opera degli Olandesi e dal 1860 assistiamo a una notevole produzione anche dovuta al fatto che il Giappone, che in quel periodo sta entrando in relazione con i grandi del mondo, riconosce tale arte come uno degli elementi del progresso dei quali deve dotarsi per stare al passo con gli altri moderni stati nazionali. Il modo in cui lo fa, però, rivela un classico meccanismo di 'localizzazione', per cui il nuovo elemento - che circola a livello transnazionale (oggi diremo 'globale') - viene rielaborato attraverso l'estetica, le finalità concrete cui è chiamata, e le categorie culturali locali.
La fotografia viene innanzi tutto introiettata nel sistema estetico nipponico: le immagini - si tratta di fotografie all'albumina poi colorate dai maestri giapponesi con pennelli talvolta d'un solo pelo - sono composte ricalcando elementi già alla base dell'arte pittorica locale, e quindi dando valore al vuoto, costruendo linee di fuga che spostano lo sguardo verso la periferia dell'immagine, mettendo in scena pochi soggetti e inserendoli all'interno di uno spazio quanto più possibile essenziale e geometrico, bloccando l' 'ineffabile' secondo quello che è già l'ideale del 'mondo fluttuante' ( 浮世絵 ukiyo-e).

Tutto questo ha come conseguenza, tra l'altro, di rafforzare i soggetti umani rappresentati come 'tipi ideali'. Questa istanza corrisponde in realtà a due funzioni cui è chiamata la fotografia in questo periodo e in questo contesto, l'una per i viaggiatori occidentali, l'altra per i giapponesi stessi.
Il Giappone rappresentato, infatti, è un contesto culturale ideale che da una parte riproduce le aspettative dei turisti che si recano nel Paese e che rappresentano i primi acquirenti delle stampe. I viaggiatori occidentali vogliono il paesaggio da cartolina, i mestieri tradizionali, le donne nelle più svariate situazioni (specie quelle in cui viene esaltato il corpo o la vita notturna proibita) - ovvero la rappresentazione del loro sguardo sul Giappone (una rappresentazione, quindi, parzialmente inventata, se non altro per lo scarto tra aspettativa pregressa e realtà incontrata o fatta loro vivere dai locali). E la fotografia - specie quando il nostro Felice Beato (c'è sempre un italiano di mezzo, sempre!) comincia a collaborare con la Scuola di Yokohama, suggerendo tra l'altro la realizzazione di album-souvenir da vendere ai viaggiatori - risponde perfettamente a tale scopo.
Ciò è perfettamente visibile nell'immagine delle aspiranti geishe ritratte da Kusakabe Kimbei che riprende il tema e la composizione delle Tre Grazie tipicamente di tradizione greco-latina e di qui profondamente europea!

Kusakabe Kimbei, Three young maiko, 1890 ca.

In altri casi, invece, la fotografia di questi decenni si rivolge ai giapponesi stessi, in particolare a coloro che soffrono la trasformazione repentina del Paese per quella modernizzazione che sta provocando forti cambiamenti e rivoluzionando la società, la cultura e tutti gli elementi della vita locale così come vissuta sino a quel momento. Smarriti di fronte al nuovo cui sono costretti, in molti cominciano a sviluppare una forte nostalgia per il tempo remoto, e le stampe del Giappone 'tradizionale' (che anche qui è più un ideale che una realtà del passato) con i loro tipi ideali diventano sorte di rifugi affettivi in cui mitigare la perdita dei costumi e dei valori cui si era abituati e in cui si credeva. I soggetti maschili qui sono i samurai, i preti buddhisti, coloro che praticano arti della lotta tradizionali (quali il sumō o il kendō).

Tutto questo avviene in entrambi i casi con accurate ricostruzioni in interni, in cui gli sfondi sono di volta in volta tessuti o pannelli dipinti con rappresentazioni di ambienti esterni e paesaggi naturali, in cui vengono posti in scena oggetti considerati propri della professione o delle caratteristiche sociali o culturali dei soggetti rappresentati, nonché il medesimo abbigliamento attinge al ricco campionario già di proprietà dello studio fotografico.
L'esito è quello che potete vedere nelle immagini che seguono, nonché in quelle che trovate appunto nella mostra in oggetto.

Ogawa Kazumasa, Due donne raccolgono molluschi sottocosta, 1890 ca. © 2013 Città di Lugano – Museo delle Culture – Collezione «Ada Ceschin Pilone» – Fagioli
Studio di Ogawa Kazumasa, Samurai, 1890 ca. © 2013 Città di Lugano – Museo delle Culture – Collezione «Ada Ceschin Pilone» – Fagioli
Studio di Kusakabe Kimbei, Corriere tatuato, 1889-1914 ca. © 2013 Città di Lugano – Museo delle Culture – Collezione «Ada Ceschin Pilone» – Fagioli
Anonimo, Venditore ambulante di scope, 1880-1890 ca. © 2013 Città di Lugano – Museo delle Culture – Collezione «Ada Ceschin Pilone» – Fagioli

06/07/13

Staged Authenticity: il blog

Vi segnalo un mio nuovo progetto di antropologia visuale, cui spero avrete piacere di partecipare. Si intitola STAGED AUTHENTICITY e andrà avanti per il resto del 2013.

Descrizione del progetto di ricerca e produzione, e chiamata a parteciparvi, le trovate nel blog:


Andate a farvi un giro, seguitelo se vi facesse piacere, condividete l'informazione, partecipate alla discussione e soprattutto partecipate al progetto con la vostra (auto)narrazione e (auto)messa-in-scena! ;-)

24/02/13

Maestros del caos


  





Vi sono più ragioni per visitare la mostra Maestros del Caos, appena inaugurata presso il Caixa Forum di Madrid.

La prima è che si tratta, in questo caso, di un'esposizione realmente istruttiva sull'argomento ordine-caos e gentione di tale rapporto nelle diverse culture del mondo. Ruotando intorno a tre temi principali - caos nel mondo, ammaestramento del caos e catarsi - la mostra presenta miti che illustrano la tensione tra ordine e disordine e i rituali praticati per tenere il caos sotto controllo, concentrandosi anche su quelle figure di mediatori che proteggono la gente dalle disgrazie e miseria causata dalla imperfezione del mondo.

La seconda è ch'essa mette in relazione la dimensione di documentazione (e quindi l'uso di artefatti/oggetti etnografici) con quella artistica mondiale (e quindi il  diricorso a opere di pittori, videomaker, scultori, performer che si muovono nel mercato dell'arte contemporanea attuale). E il rapporto tra le due dimensioni, così come la loro messa in relazione nell'ambito espositivo, genera sempre tensioni irrisolubili ma anche - nei casi più felici - potenzialmente stimolanti.

Infine un ulteriore motivo di interesse di questa mostra è il fatto d'essere stata curata dal Museo del Quai Branly di Parigi, che ha prestato molte delle proprie opere qui esposte insieme ad altre provenienti da altri musei europei e a collezioni private di artisti e gallerie per quanto riguarda la parte dell'arte contemporanea. Sul Museo del Quai Branly gli antropologi (e anche gli architetti, come da miei ricordi personali quando insegnavo allo IUAV) si sono già espressi (criticamente) e pure io stessa - che usavo tale esempio come case study per le mie lezioni a Venezia.
Cambia qualcosa nel momento in cui le medesime opere sono poste in rapporto ad altre che provengono da altre collezioni o che fanno riferimento a immaginari dichiaratamente occidentali e 'di mercato'? Sì, no, e - se sì - cosa e come?

Vi lascio l'immagine di alcune opere, e rimando la riflessione al lavoro che sto sviluppando sull'argomento "Rappresentazioni dell'altro nei musei e nelle collezioni antropologiche, etnografiche e artistiche madrilene" all'interno di un progetto presso il Matadero di Madrid :-)

Amplía la imagen. Maestros del caos. Artistas y Chamanes. Imagen 01 (Abre en una ventana nueva)
Jean-Michel Basquiat. Exu
Myriam Mihindou. Serie Dechoucaj (Haití). 2004-2006.
'Escena de máscaras' de José Gutiérrez Solana.
José Gutiérrez Solana. Escena de máscaras.
Image
Sintesi di contrapposizione dalla mostra 'Maestri del caos'.

13/04/12

La pittura iper-realista di Diego Gravinese

hyperreal-paintings9Esattamente opposto alla poetica dell'artista del post precedente è invece Diego Gravinese, pittore argentino nato nel 1971. I suoi quadri si stenta a credere non siano immagini fotografiche, eppure...


10/04/12

La fotografia pittorica di Don Hong-Oai

Vi sono pittori che riescono a lavorare con materiali, sostanze e tecniche per realizzare immagini che non riusciamo a credere non siano fotografie. Vi sono - e sono invero ben più frequenti - fotografi che cercano di rendere le proprie immagini dipinti.
Quest'ultimo caso è quello anche di Don Hong-Oai, artista cinese nato nel 1929 e morto nel 2004, il quale realizzava fotografie di paesaggio ispirandosi alla pittura classica cinese.


29/03/12

PressPlay + Kessler's Circus

Kessler's Circus (2009)
In questi giorni sto seguendo un workshop presso la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino sul rapporto tra arte e informazione a partire dalla concomitante mostra Press Play (fino al 13 maggio 2012) che indaga il rapporto tra i due elementi suddetti e tutta una serie di questioni collaterali dal livello macro delle annose questioni "cos'è arte | cosa non lo è? | qual è la sua funzione?" al livello micro (si fa per dire) di questioni parallele che meglio permettono di comprendere quella relazione.


Ovvero:
- quale rapporto tra realtà, finzione, filtri, mediazioni?
- quale valore per la testimonianza diretta? è sempre competente per raccontare e interpretare l'evento?
- quali effetti collaterali dell'uso dell'immagine? Ché talvolta rinforzano il messaggio e provocano emulazione
- qual è la finalità del lavoro di riflessione sul reale? comunicare l'evento? riflettervi sopra (e promuovere eventualmente un cambiamento)? il rapporto tra queste due variabili è articolato su diversi livelli e questioni con vari gradi di complessità e di possibili scelte
- cosa significa documentare l'evento? informare? riflettere su? interpretare?
- rispetto al tempo, questo è immediato (evento-notizia) o passa un certo intervallo dall'evento alla comunicazione relativa?
- il concetto di 'reale' si contrappone da una parte a 'virtuale' e dall'altra a 'fittizio': in che modo e quali possibili rapporti intrattengono questi due utimi concetti tra loro?
- qual è, in tutto questo discorso, il ruolo della memoria?

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...