Visualizzazione post con etichetta papille gustative. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta papille gustative. Mostra tutti i post

lunedì 3 marzo 2014

Aguas de março


…e questa limpida acqua di fonte finisce dritta dritta nella prossima produzione della Cervogia Arcurea.
(Sì insomma, la birra che mi produco grazie a Mr. Malt!)
Prosit!

giovedì 31 ottobre 2013

...a volte ritornano!

Maddai, credevo fossero definitivamente estinti (o che esistessero solo nell'immaginario collettivo statunitense).
Eppure...

giovedì 20 dicembre 2012

Scambi culturali

Sono appena passato per il centro di Padova, da Piazza Cavour, per la precisione, e ho notato che - probabilmente col patrocinio di qualche ente del turismo - ci sono un sacco di banchetti e stand del Trentino Alto Adige, con prodotti locali, artigianato, informazioni turistiche, etc etc...
Naturalmente me ne sono interessato SUBITO.


(Per la cronaca: panino con arrosto di maiale e crauti, accompagnato da brulé di mele con rum)

sabato 17 novembre 2012

Una mela al giorno...

Ebbene pare che il mio esperimento col preparato per produrre il sidro, della Mr. Malt, sia andato a buon fine!
...nonostante una fermentazione che si è protratta un po' più a lungo del previsto, ed una torbidità che mi ha fatto un po' preoccupare (magari la prossima volta lo filtro prima della fermentazione finale in bottiglia) il risultato sembra soddisfacente.
Fresco ed asprigno (non come quel drinkino da fighette che - ahimé - è diventato lo Strongbow Gold, da quando la Heineken ne ha acquisito il marchio) scende giù che è un piacere! Peccato che il kit della Mr. Malt è per la produzione di soli 17 litri! ;-)

giovedì 1 marzo 2012

Fresca e spumeggiante


Beh insomma, ho saggiamente seguito il consiglio che tutti gli esperti di home brewing mi hanno dato (e cioè di aspettare almeno un mese dalla scadenza "ufficiale" del periodo di fermentazione in bottiglia) e devo dire che il risultato è decisamente soddisfacente!!

Mi sa che d'ora in poi non comprerò più birre, a meno di non voler assaggiare particolari varietà, ovvio... ma per quanto riguarda le normali bionde, direi che sono bellamente autosufficiente!


Ovviamente ho dovuto valutare la bontà del prodotto secondo criteri rigidissimi ed una expertise profonda ed articolata, emettendo un giudizio sfaccettato ed esaustivo.




giovedì 29 dicembre 2011

L'inizio della fine

Ok, ho cominciato la sperimentazione con Mr. Malt, per produrmi la birra in casa!!!


Ormai è solo questione di tempo, prima che mi trasformi definitivamente in Homer Simpson.
Anzi no... per lo meno non sono calvo. Mi trasformerò in lui:


...vi ho voluto bene (burp!).



giovedì 3 giugno 2010

Chi, io??!

Mi sento VAGAMENTE preso in causa da questo articolo...


...ma proprio un filino, eh!!! Ma del resto, come dico spesso, il fumante estratto di alcaloide è un impareggiabile cerottino per l'animo. Io a casa ho tre diversi tipi di caffettiera,  ognuna che produce un diverso tipo di caffè per differenti occasioni e diverse situazioni.
  • Moka normale -  per un rapido caffettino anche con gli amici, magari...
  • Caffettiera americana - per un beverone da meditazione, da sorseggiare per esempio quando studio
  • Caffettiera napoletana - quando proprio nun me ne pò fregà dde meno di che ore sono, di quanto tempo ci vuole a farselo e quanto tempo a berselo! È il caffè da relax totale!
(Ovviamente lo zucchero manco so cosa sia, a parte nello shakerato, giacché contribuisce alla schiuma! E anche per lo shakerato ho una mia personalissima pozione...)

lunedì 4 gennaio 2010

La prima sfida dell'anno nuovo

Come ormai da diversi anni, verso natale, arriva a mia madre un sincero omaggio dalla Puglia, per ragioni che ormai non ricordo nemmeno più, ma penso sia a causa di un suo soggiorno lavorativo in tale regione. Il fatto è che tale presente è un massiccissimo pescione di pasta di mandorle (di produzione rigorosamente artigianale) denso come l'uranio e capace di sfamare un plotone di bersaglieri.
Per evitare di andare in coma diabetico, mia madre, ogni anno, in occasione delle mie visite natalizie, m'ammolla il mattonazzo, conscia del fatto che il mio metabolismo sembra ancora tenere botta. Sembra, ripeto.
Per essere buono è buonissimo eh, ma chiaramente la carica zuccherina del preparato gastronomico in questione ne limita l'assunzione ad alcuni bocconcini di tanto in tanto, magari con fare distratto giusto per dare l'idea che si stava passando di lì per caso e si voleva dare un assaggino...



So già che me lo trascinerò fino a pasqua, fidatevi. Visto che ho iniziato a mangiarlo dalla coda, da qui ad aprile ogni volta che aprirò il frigo riceverò dei severi sguardi inquisitori dal pescione! E per ultimo resterà il suo sorriso sardonico (e come potrebbe essere altrimenti?!) a ricordarmi che anche quest'anno ho rischiato la mappazza!

mercoledì 17 giugno 2009

Angoli di Padova 7 - Orsucci, nella botte piccola c'è il vino buono

Scordatevi le tavolate imbandite e gli ampi locali climatizzati, da Orsucci ci si va perché è unico. Anche se al suo interno ci sono solo due tavoli (che spesso si condividono con gli altri avventori) e quando è estate c'è perfino il lusso di qualche tavolino all'esterno, sotto i portici, davanti alla fermata del tram, basta un assaggio delle sue pizzette o delle sue bruschette per capire perché dal 1922 questa micro-pizzeria lavora a ritmo serratissimo.
Ecco il banco in un momento di rara quiete (conoscendolo, sono passato sul prestino, durante il turno serale)
Dopo un lasso di tempo colpevolmente lungo, sono tornato infatti giusto ieri a omaggiare il mitico localino. Vero, la sua specialità sono le pizze; piccole, sottili e saporitissime anche senza avere guarnizioni barocche, però secondo me la vera chicca è costituita dalle bruschette.
Vanno prese "full optional", chiaramente (pomodoro, aglio e olio... altrimenti che cazzo le si piglia a fare, no?) e vi assicuro che se anche non presentano null'altro che quei tre semplicissimi ingredienti la combinazione è vincente.
Ecco una foto dei campioni in questione, pronti per essere addentati dal sottoscritto e da una ancora meravigliata Syl@.


Ovviamente il pane è "sciocco" cioè senza sale. Tanto l'intingolo oleoso in cui vengono pucciate da entrambi i lati, prima di venir irrorate di sugo di pomodoro, è sufficientemente salato e agliato da insaporire perfettamente il tutto.
Poi la cottura. Non dimentichiamoci che un forno a legna ha sempre il suo perché!

Da buona "gorna" quale sono, poi, ho ceduto alla tentazione di una pizzetta "media" con acciughe, qui ritratta prima di andare incontro al suo destino.

Il melting pot degli avventori del locale è anche indice del suo successo. Trovandosi in pieno centro storico (a due passi da Prato della Valle) si ha la stessa possibilità di incontrare sia il classico vècio, antico quanto la città stessa, che i classici ricconi del centro o gli studenti del liceo Fermi, situato di fianco; chi per consumare direttamente sul posto, chi per portarsi a casa vassoi pieni delle mitiche pizzette.
Xe quéo che te ciava...1 sono piccole e vanno via una drio st'altra, come 'e sarése...2
Eeeeh pazienza, vorrè dire che andrò a correre un po' di più, sull'argine, dopo ogni visita da Orsucci, ecco.

1: È quello, ciò che ti gabba.
2: una di seguito all'altra, alla maniera delle ciliege

mercoledì 10 giugno 2009

Il petrolchimico

La genesi di questo drink risale a quando il mio ex-coinquilino (e compagno di svariate suonate) Marco Spinetta mi consigliò di provare il cosiddetto "Caffè Pedrocchi". Non nel senso dello storico caffè padovano, ma di una certa specialità che -appunto- lì servono e che porta lo stesso nome. Trattasi di una tazza di caffè lungo, non zuccherato ma addolcito da un velo di cremina alla menta, sopra. Decisamente raffinato.
Ora, siccome durante l'estate eravamo soliti farci svariati caffe shakerati casalinghi, ecco che alla prima occasione abbiamo cominciato a sperimentare, usando come ispirazione proprio il "Pedrocchi". Perché, invece dello zucchero (che anche se l'espresso lo bevo amaro, nello shakerato un po' ce lo metto) non utilizzare dello sciroppo di menta, come dolcificante, memori della specialità assaggiata poco prima? E visto che spesso alla menta si associa il latte, come pure al caffè, del resto, perché non aggiungere anche quello, insieme al ghiaccio?
Ecco che quindi il risultato ottenuto poteva avvicinarsi ad un cappuccino mentolato shakerato, freddo! Il sapore è gradevole e rinfrescante, soltanto che la commistione di caffè (nero), latte (bianco) e menta (verde) produce un intruglio grigio-verdastro che ricorda in manera preoccupante i fanghi del petrolchimico di Porto Marghera... donde il nome!
Ma superato questo piccolo scoglio (in fondo è solo una questione di apparenza) garantisco che va giù che è un piacere!

martedì 7 aprile 2009

Aggiornamento etilico

Avrei dovuto farlo ieri, ma un giorno in più non è certo un dramma. Mi sto riferendo alla preparazione della grappa al latte, spiegata in questo post qui. Risultato ottimo, direi, se si tralascia l'aspetto iniziale dell'intruglio. Dopo un mese dall'ultima manipolazione, un mese di riposo totale, c'era una certa separazione fra il siero del latte, lo zucchero sciolto... si insomma era una roba stratificata che non invogliava particolarmente; tuttavia nel travaso in bottiglie più piccole (procedura utile anche per togliere la stecca di vaniglia) si è mescolato ben bene tutto, facendo tornare la bevanda all'aspetto che ricordavo. Forse io l'avrei fatta anche meno dolce, ma potrò sempre sperimentare con le prossime partite.
Chisà che domàn no me imbriaga...

giovedì 2 aprile 2009

Angoli di Padova 6 - La Grotta Azzurra

Non c'entra con Capri e non vengono servite specialità campane... però si chiama Grotta Azzurra lo stesso. Si trova dalle parti di quel curioso isolato "all'inglese" del quartiere Forcellini (schiera di casette popolari appaiate, strette e lunghe, col giardinetto dietro... chi è stato in Inghilterra, sa cosa intendo).
Ci sono capitato pochi giorni fa quasi per caso (leggi "non avevo un cazzo di voglia di cucinare e il frigo offriva un panorama desolante") ricordandomi che anni prima il posto mi aveva fatto un'ottima impressione. Una volta entrati, io e Syl@, nota cultrice di queste perle socio/culinarie e che quella sera mi accompagnava di buon grado, siamo stati accolti dall'oste con una semplice domanda: "avete problemi a socializzare?"
Il fatto era che l'unico tavolo libero era da quattro persone e c'era un altro paio di avventori in arrivo, per cui avremmo dovuto per forza sederci allo stesso tavolo e -si suppone- socializzare con loro. Del resto era anche riportato al punto N°8 del decalogo dell'oste che ci ha prontamente illustrato!
Beh il problema per noi non si poneva, per cui ci siamo accomodati di buon grado. Immagino anche che gli avventori medi della grotta azzurra siano abituati a farsi zero problemi, dal momento che la tavolata vicina era composta da due baldi giovanotti vestiti da sposa (sposa, si, con velo e tutto) altrettante donzelle vestite da sposo, un robusto ragazzone vestito da "donna in carriera", coi regolamentari capelli con le mèsc, il suo bravo taiùr scuro e calze velate, nonchè N.ro 1 bambola gonfiabile. Ovviamente gonfiata di tutto punto.
Tutto regolare, direi.
Per quella sera abbiamo deciso di andare di pesce, cominciando con capesante e successivamente, per me, una piattata di spaghetti al nero di seppia che si sono praticamente smaterializzati all'istante da quanto erano succulenti!
(Qui un'immagine dei poveri resti, dopo l'assalto delle mie fauci)
Syl@ ha apprezzato la preparazione di quello che spesso -e ingiustamente- viene considerato un pesce "povero" ma che non ha nulla da invidiare agli altri rappresentanti della fauna ittica, la sardèa ai fèri, qui rappresentata prima che andasse incontro al suo fato.
Nel frattempo la tavolata di personaggioni, vicino, più dedita alla carne (nel senso culinario del termine, almeno in quel frangente) stava ricevendo delle spettacolari composizioni di affettati di cui l'oste era così fiero che le aveva battezzate con nomi di grandi pittori, per cui nel depositare i piattoni sul tavolo, sentenziava "Questo è un Canova... questo è un Raffaello...". Le portate di grigliata mista che successivamente sono arrivate le avrà probabilmente intitolate a qualche scultore, suppongo, vista la torreggiante maestosità che sfoggiavano.
Alla fine, come in ogni osteria che si rispetti, è arrivato l'attacco alcoolico e siccome sapevamo di essere in ottime mani, abbiamo lasciato fare al capo, che ci ha proposto il "giro della morte"; una selezione di frutta sotto spirito capace di tirarti una mazzata a livello ginocchi, mica da poco!
(Dall'alto verso il basso: zizzole -altrimenti dette giuggiole- sarèse -ok, ciliege- albicocche e uvetta)
Se i piatti sono stati una piacevole sorpresa -o meglio, una piacevole conferma- anche l'ambiente rispetta i canoni della tipica osteria alla buona, senza arredamenti troppo chic o pretenziosi.

(Pregasi notare l'immancabile sfoggio di piatti-ricordo turistici alle pareti... un must!)
Ah! Gli altri due avventori con cui avremmo dovuto condividere il tavolo, poi, non si sono neanche visti. Cazzi loro, decisamente!



giovedì 26 febbraio 2009

Quaranta giorni dalla fine di carnevale

No, cosa avete capito! Mica mi sto riferendo alla quaresima! È che giusto oggi (vabè... è passata la mezzanotte... per cui tecnicamente ieri, mercoledì 25 febbraio) ho approntato un esperimento alcoolico che da troppo tempo rimandavo.
La grappa al latte!
Ricetta elargitami dal gestore del Pane Vino e San Daniele, un locale di Cortina D'Ampezzo dove andai più volte a suonare (e dove ebbi ovviamente occasione di assaggiarla) questa gustosissima bevanda è anche semplicissima da preparare.
Si prende un litro di latte, un chilo di zucchero, un litro di grappa, un limone ed un baccello (o bastoncino) di vaniglia.
Latte, grappa e zucchero vanno ovviamente mescolati assieme, mentre il limone, tagliato in quattro tocchi, va lasciato a mollo per dieci giorni e poi tolto. La stecca di vaniglia invece la si può lasciare.
Si lascia riposare il tutto per quaranta giorni e poi si può gustare. Magari è consigliabile dare una filtrata al tutto, per eliminare eventuali semi del limone messo all'inizio.
Ecco, per cui il 6 aprile saprò se l'esperimento è andato a buon fine!
Seguirà resoconto della degustazione! ;-)
--AGGIORNAMENTO--
Oggi, 7 marzo ho provveduto a togliere i limoni. Nel travasare l'intruglio da una dama all'altra ho filtrato un po' del caglio che inevitabilmente i limoni hanno prodotto e ho sciolto un po' (ma non tutto) dello zucchero depositatosi sul fondo, aggiungendo un filino di acqua calda, ma anche grappa e agitando bene prima di versare le ultime gocce. Soluzione sovrasatura, evidentemente. Beh è anche a questo che serve l'attesa paziente. A far depositare ciò che non può sciogliersi.
Appuntamento sempre al 6 aprile. A due giorni dal mio compleanno (che non ho ragione alcuna di festeggiare, anzi potrei ubriacarmi ferocemente con la grappa appena preparata, ma questa è un'altra storia). Il risultato dell'esperimento lo si può leggere QUI.

lunedì 6 ottobre 2008

Angoli di Padova 5. Marziano la Fenice!

Ok, il posto non è esattamente a Padova, è a Noventa Padovana, ma insomma dai, per via della sua storia non potevo non segnalarlo!
Una volta il nome completo era "Da Marziano, al mondo di qua" e si presentava come una casetta isolata, sull'argine, alla confluenza fra il Brenta e il Piovego. Da fuori sembrava un po' una baita di montagna, mentre dentro pareva la bettola di un porto, col legno scuro e i nodi marinari appesi alle pareti. La tipa che lo gestiva sembrava un misto fra una ex hippie e una normalissima casalinga. Spesso girava per il locale anche una minuscola creaturina canuta che suppongo fosse sua madre, ma che io, per le dimensioni e per la rugosità, avevo bonariamente ribattezzato "Yoda il saggio" e svariati gatti erano soliti osservare l'andazzo delle cose, seduti sulle sedie o comunque vicino a qualsivoglia fonte di calore. Il posto era quindi una vera e propria bettola con tutti i crismi. A partire dalla gestione casalinga mooolto low down, per continuare con l'offerta di pietanze genuine tipo affettati, frittate, formaggi, vovetti sodi, spuncetti oleosi e saporitissimi, torte fatte in casa, vìn bòn e una selezione di superalcolici che avrebbe fatto impallidire John Belushi!
La clientela, un po' per l'ambiente fra il bohemién e il rustico, un po' per la vicinanza di due città come Padova e Venezia (l'una universitaria, l'altra turistica) era un miscuglio di vèci e tosi del posto, ragazzi stranieri e turisti fai-da-te (di giapponesi intruppati, manco l'ombra, per capirci...)
La convivialità, oltre che dalla bontà del mangiare e del bere, era corroborata anche dai giochi di società a disposizione della clientela e dal pianoforte a muro che campeggiava nella saletta sul retro.
Il mio parlare al passato è dovuto al fatto che una sera di qualche anno fa, volendo celebrare la partenza da Padova di un mio amico che dopo tanti anni tornava nelle sue terre natìe... (vabbè diciamo le cose come stanno, aveva cazzeggiato abbondantemente all'università, prima di decidersi a laurearsi) ...dicevo, per celebrare questa partenza, mi ero diretto con un'allegra combriccola, verso il mitico Marziano.
Beh arrivati sul posto non abbiamo trovato che una catasta di tizzoni ardenti e delle mura annerite!
Era bruciato tutto!
Lo sconforto che per un po' si impadronì dei nostri stomaci cuori venne però meno quando vidi che, dopo qualche tempo, non solo era in atto una ricostruzione, ma la destinazione d'uso del posto sembrava pure immutata! Non sarebbe stato trasformato in un negozio di scarpe o in una tabaccheria... sarebbe rimasto "Marziano"! Sarebbe risorto dalle sue ceneri!!!
Il rischio, semmai, era che si trasformasse in un posto snob o anonimo. Uno di quei "wine bar" o "lounge cafè" che adesso vanno così di moda...
E invece ieri sera ho avuto la conferma che sotto la veste nuova e necessariamente meno "ruspante" della versione 2.0 di Marziano, resta l'attitudine low down dei gestori di sempre.
Basti vedere il cartello che accoglie gli avventori:


Una rapida occhiata all'interno, appena sono entrato, mi ha permesso di constatare la presenza di un pianoforte, una grossa miciona ha approfittato del mio ingresso per sgattaiolare dentro, e il bancone, ora più nuovo e luccicante, espone comunque un fracco di robe piene di ciccia, olii ed erbette! E c'è perfino Yoda il saggio!
La forza scorre potente in questo posto...

martedì 15 luglio 2008

Ho visto cose che voi umani...

...no, non le ho viste alle porte di Tannhäuser o al largo dei Bastioni di Orione. Le ho viste molto più prosaicamente in un baretto vicino a Porta Portello, a Padova.
Ho visto quest'ultima genialata partorita da qualche spiritosissimo copywriter
Mi immagino la sventagliata di pacche sulle spalle che devono essersi dati, al settore marketing di quella ditta. Bah... da notare poi i mezzucci per "dissimulare" un po' il messaggio. Il finto acronimo "fi.GÀ." e soprattutto l'accento sulla "A" che qui in veneto -ahimè- sortisce però effetti nefasti.
Già perché "el figà", dalle nostre parti è il fegato!!!
Aaaah... quello che ci voleva, un buon succo di fegato! Mmmm-mmm!!!
Magari se te lo versano nel bicchiere, invece che la scorzetta d'arancio potrebbero metterci l'anellino di cipolla e fare un ottimo fegato alla veneziana!! (Che io aborro, by the way)
No, in realtà non so assolutamente di cosa sappia, quella bevanda là, il guaranà mi piace ma in generale gli energy drink risultano sempre simili più al Fluimucil che non ad una bevanda da sorseggiare con gusto...
Comunque, per tornare a bomba, quello che non sopporto è questo atteggiamento "dico-e-non-dico".
"Uuuh, ho detto 'figa'! Beh quasi... hihihihi (risatina imbarazzata)".
Il giorno che se ne dovessero uscire con una bevanda denominata
"FREGNA"
senza tanti giri di parole, potrei perfino complimentarmi con l'ideatore... ma così me fa soeo che tristessa...

lunedì 7 luglio 2008

Angoli di Padova 4, Evoè!

Ritorna il tanto atteso (...atteso dal sottoscritto, ovviamente) angolo della riscoperta delle perle di Padova. Perle convivial-gastronomico-enologiche, per la precisione.
Il nome "enoteca Evoè" credo figuri solo sugli scontrini, perché è più facile che la gente la chiami "da Ubaldo". Il barbuto proprietario è già di per sé un elemento caratteristico, ma il locale non è certamente da meno.
A parte una invidiabile scelta di vini è soprattutto la vasta gamma di sponcetti che cattura l'attenzione (la mia di sicuro). Insieme ai tradizionalissimi òvi duri, salame ai ferri su fettina di polenta, polpettine varie (perché è inutile fare i fighi con le cose raffinate se si dimenticano le proprie radici) non è raro trovare cose più elaborate, mai però pretenziose! Nel mio -ahimè troppo rapido- ultimo passaggio, ho gustato un tris di polpettine che anche solo a vederle costituivano una deliziosa composizione cromatica.
Da sinistra a destra... polpettina di salciccia (si, io dico salciccia con la "c" e non con la "s", vabene?), polpettina di cous cous (piccantina) e infine una di zucchine e -mi pare di ricordare- mandorle . C'erano poi dei piattini con delle verdure ai ferri (fredde, ovviamente, vista la stagione) che giuro di averli sentiti chiamare il mio nome, ma come dicevo, il mio passaggio è stato abbastanza frettoloso. Dovrò assolutamente rimediare, casso! Come mi faceva giustamente notare un mio amico, quello dev'essere un posto che in inverno rende ancora meglio! L'accoglienza del mitico Ubaldo e anche del locale stesso, piccolo ma non soffocante, senza "tunze-tunze" alla radio ma -anzi- con sempre dell'ottima musica, deve risultare ancora più corroborante, dopo una camminata per le fredde e umide vie del centro storico Patavino! (Per la cronaca, e per i vostri GPS, il posto è in via del Vescovado 85... ma tanto in macchina non ci arrivate mica, per cui camminare!!)

domenica 18 maggio 2008

Non toccateci il panino!

Aaah benòn, adesso anche uno dei simboli più tipici dell'italia popolare è in fase di restaurazione, pronto per diventare trendy, chic o sòi mi cossa...
Il caro vecchio PANINO, semplice, di poche pretese ma estremamente efficace, adattabile a millemila circostanze, dalla gita scolastica alla scampagnata familiare "fuori porta", dalla sosta in autogrill durante un viaggio al banalissimo rimedio verso un languorino inaspettato, è stato "scoperto" dai "grandi cuochi".
Vedere articolo a riguardo.
Prima di tutto mi vien da dire "ma dove vivevano, questi, prima?"
E poi mi scatta subito un sottile fremito di insopportazione.
Già il concetto di "panino d'autore" non ha alcun senso, dal momento che una pietanza come il panino stesso è per definizione (giacché ognuno ci mette quello quello che vuole, fra quello che ha a disposizione) un prodotto del proprio creatore, una virtù scaturita dalla necessità. E poi è inutile che sti grandi cuochi della mia cippa si affannino a ricercare azzardati accostamenti di sapori perché è comunque sempre uno scoprire l'acqua calda. L'improvvisazione paninica è già radicata nella tradizione del panino stesso! Come in quest'altro mio post ebbi ampiamente modo di documentare.
Se mi dite, con aria di chi in casa ha la pietra filosofale e la usa come fermacarte: "Oggi al ristorante se faccio un panino è piccolo, un apetizer. Un’idea? Lo farei con le pere che dan senso di freschezza, abbinate alla "mortazza" che a volte risulta troppo grassa" (ed è di Vissani, eh, questa PERLA!) non posso non sbottare in una serie di eresie (che per decenza verso il prossimo non pubblico in questa sede) e far notare che... mavà? La pera da' senso di freschezza? Strano io ci avrei messo l'abbacchio! Ma sei un genio!!! E la mortazza troppo grassa? Ma come, io ce la puccio nel latte la mattina!!!!
Sentite... il panino DEVE restare quello che è! Sia che sia pan-e-fortaja, sia che sia un'orgia di ingredienti recuperati all'ultimo istante. Darci una verniciata di "esclusività" lo trasforma solo in un esercizio di onanismo culinario.

mercoledì 5 marzo 2008

Angoli di Padova 3, l'imbarazzo della scelta.

Cosa c'è di più semplice dell'andare a farsi un panino? In teoria nulla... solo che volendo uno può sbizzarrirsi in ardite elaborazioni e variazioni sul tema. Basta dare un'occhiata dalla Zita, lo storico baretto in via Gorizia (praticamente di fianco al Pedrocchi) che -manco a dirlo- da decenni propone robusti e corroboranti paninetti con indovinate e sempre nuove combinazioni di ingredienti, sempre rigorosamente naturali e ruspanti, chiaramente.
Fin da quando ero bambino ci passavo con mio padre e ricordo che mi facevo degli imperiali panini con gorgonzola e mascarpone (nulla di azzardato, certo, ma non ero ancora rotto alle perversioni alimentari a cui ora sono abituato)
Giusto per farsi un'idea, la lista dei panini disponibili è disposta su appositi foglietti attaccati al muro, cosa che fornisce un notevole colpo d'occhio!



















Chiaramente, dato che anche l'ambiente conta, la cornice in cui ci si bea di tali composizioni gastronomiche è altrettanto verace... niente soluzioni da designers, vetrate, giochi di luce, LED o minchiate varie! Bancòn co ea porchetta... affettatrice... addrittura un cestino con bottigliette di improbabili superalcolici modello baita di montagna (in una gita Fantozziana, ovviamente!).






































Non dimentichiamoci, però, che molto spesso le cose più semplici sono le più efficaci... per cui anche dalla Zita si possono tranquillamente ignorare le combinazioni di ingredienti più barocche e ridondanti e farsi un semplicissimo panìn col lardo e gòto de nèèèro.




















(Tàààc! Colto sul fatto dalla sempre attenta LadySyla ^__^)

martedì 4 dicembre 2007

Angoli di Padova 2, la vendemmia...

Arieccoci nell'angolo gastronomico/folkloristico del blog... questa volta la segnalazione riguarda qualcosa di meno traballante di un carrettino di folpetti, anche se sempre di ristorazione si tratta. Mi riferisco al baretto all'angolo fra via Marsala e via Barbarigo. Immutato ed immutabile da che ho memoria! E sto parlando di decine di anni fa eh... quando ero bambino e passavo da quelle parti col mio compagno di classe Tito Villella, il baretto era lì. All'epoca, perennemente orbitante nei ditorni, c'era anche un "vecchio ubriacone" che di questi tempi di teenagers impasticcati è così demodé...
Certo, ci saranno stati cambi di gestione, avranno perfino cambiato qualche lampadina e probabilmente il registratore di cassa, ma il fascino è comunque intatto. Non è stato trasformato in quelle ingannevoli trattorie finto-rustico che si trovano nel ghetto, che paiono a conduzione familare ma quando ti presentano il conto sospetti (anzi speri) che ai fornelli ci fosse Vissani in persona! O in quei localini alla moda, tipicamente da frequentazione altoborghese durante la spritz hour, bèi beìssimi, ma la cui semplice carta dei vini ti mette in soggezione peggio di Fantozzi durante la partita a biliardo col direttore del personale, Gran Maestro Conte Diego Catellani. Non è stato neppure -orrroohoree- trasformato in un negozio di calzature o in un'agenzia di viaggi. È rimasto il baretto dove ci si fanno piatti di spuncetti e vino alla spina! (Ieri, per la cronaca sono andato giù di mozzarelle in carrozza, olive ascolane e crocchette di patate. Annaffiate da vino bianco... aaahn...)
Allego foto per illustrare ciò che le parole non riescono a trasmettere.



Giusto per la cronaca, quale posto migliore di uno così genuinamente verace, per fare gli auguri di compleanno ad un amico?
Ecco il nostro Teo Titotto che ammira il suo regalo.



...mondiale, mondiale... io comunque continuo a cercare angoli da segnalare, ovviamente, visto che è questa la Padova che preferisco.
Avrò anche dovuto lasciare il mitico Portello, cazzo, cazzo e stracazzo (come, mi dicono, diceva il nonno Arcuri che mai conobbi), almeno mi creo una mappa dei rifugi per il mio animo.