Cresce la Pulce, come le piantine che dopo
essere state utilizzate come segnaposti per il pranzo di Pasqua, adesso prosperano rigogliose in un vaso sul terrazzo, fioriscono e danno frutti che io guardo con lo stesso
stupore con cui guardo mio figlio.
Banalità vero? Ci pensavo in questi giorni nei quali, recuperata
almeno in parte la serenità, minata da una serie di preoccupazioni che questa volta andavano oltre la scrivania dell'ufficio, mi sono dedicata alla cucina con la testa
sgombra e le mani irrequiete e, come colonna sonora, un concerto
di Mozart, di una perfezione tale da incantare.
Non mi mancano le ricette con le quali pasticciare e nemmeno le quattro parole per accompagnarle, ma quando mi guardo intorno ed entro nelle cucine altrui,
patinate ed eleganti, dove scopro ricette complesse con
ingredienti insoliti che vanno ben al di là di quelli che ingombrano la
mia dispensa, quando mi perdo nei racconti viaggi e di incontri, mi
domando che cosa ci faccio io in questo mondo scintillante e raffinato.
Sono
solo un'impiegata e non salvo la vita a nessuno con il mio lavoro,
sono mamma di un figlio solo e non di una nidiata vivace, vivo in un
piccolo paese il cui unico pregio è il panorama, e non posso
raccontare nulla che non sia il mio piccolo mondo e la banale quotidianità della mia vita nella
quale corro sui tacchi o con le ballerine ai piedi per timbrare in
orario dopo aver lasciato la Pulce al Grest piuttosto che al CRES, mi
esibisco in equilibrismi da acrobata non sospesa a mezz'aria sulla pista
del circo, ma camminando precaria sul filo ingarbugliato degli impegni,
prendo al volo i più lenti mezzi di trasporto non per perdermi in
viaggi da sogno, ma per combinare la spesa con la pausa pranzo, recito a soggetto la parte della donna serena e
sicura, senza raccogliere applausi dalla platea di spettattori, ascolto musica per cercare la
bellezza ma non so suonare nemmeno il tamburello e inforno torte per
trovare quella dolcezza che a volte mi è difficile esprimere
altrimenti.
Chi ha interesse a leggere i raccontini che imbastisco nella pausa d'ufficio o che annoto in minuta sull'agenda nella sala d'attesa del dentista e che parlano di ospiti che dormono a testa in giù o di passeggiate nei boschi ? Quale vento di novità porto io con le mie ricette casalinghe, d'altri tempi , spesso di una semplicità disarmante?
Ma, mentre le note del flauto e il profumo del dolce si inseguivano nella mia cucina low tech, mi è venuto in mente che - in fondo - il mio piccolo blog non è nato per stupire con effetti speciali. Io cucino per necessità e per allegria, perchè cucinare è uno dei tanti gesti per esprimere amore e attenzione, perchè nelle ricette che metto in tavola ci sono sia le mie radici sia la mia voglia di affacciarmi su un mondo più grande, perchè tra pentole e fornelli, tra tortiere e sbuffi di farina ascolto le chiacchiere di un bambino che cresce, rido, sorrido, dimentico amarezze e delusioni, soffoco le preoccupazioni e ricaccio indietro le lacrime che a volte spuntano dispettose per un ricordo improvviso.
E scrivo le mie banalità un po' per celia e un po' per non morire, per ricordare e sognare (se riesco), e per sfuggire, qui dove posso e dove sono solo Claudette, ai tecnicismi del mio arido linguaggio quotidiano.
E allora?
E allora la mia cucina virtuale rimane aperta, un po' ingenua, a volte scontata, raramente orginale, un po' come sono io, spesso fuori moda, alla ricerca di quella perfezione che per ora ho trovato solo nella natura e nella musica.
E, allora, per continuare a infornare e
sfornare, ecco la ricetta della torta di domenica, profumatissima
200 grammi di farina bianca
75 grammi di zucchero
75 grammi di burro tagliato a cubetti, a temperatura ambiente
1 uovo intero
2-3 cucchiai di acqua ghiacciata
crema pasticcera (con mezzo litro di latte: la ricetta la sapete tutti quindi.... fate voi)
600 grammi di albicocche mature
50 grammi di zucchero
2 cucchiai di grappa
Lavare le albicocche, dividerle a metà eliminando il nocciolo, disporle con la polpa verso l'alto su una teglia rivestita di carta da forno e spolverizzarle con i 50 grammi di zucchero. Infornarle in forno già caldo a 220° per una decina di minuti, fino a che si ammorbidiscono.
Mentre le albicocche sono in forno, preparare la pasta (che è veloce, ma richiede poi una mezz'ora di riposo)
Setacciare sul piano di lavoro, o in una ciotola, la farina, lo zucchero e il sale, creando un cratere al centro del quale mettere il burro e l'uovo. Lavorare con la punta delle dita uovo e burro e incorporare man mano la farina con una spatola o con un coltello; aggiungere l'acqua fredda a poco a poco fino ad ottenere un impasto compatto. Formare una palla e lasciar riposare la pasta in frigorifero per una mezz'ora.
Mentre la pasta riposa e le albicocche si raffreddano, preparare la crema pasticcera (la sapete fare tutti, quindi niente ricetta!)
Stendere la pasta in una tortiera con il fondo mobile del diametro di 25 cm (più o meno) imburrata e cosparsa di pan grattato; versare la crema aromatizzata con uno o due cucchiai di grappa e livellarla; disporre le albicocche sulla crema con la polpa verso l'alto. Infornare a 200° per una quarantina di minuti, fino a che la superficie della crema è dorata e le albicocche ben colorite.
Lasciar raffreddare la torta, e con cautela, dopo aver tolto il bordo della tortiera, spostarla sul piatto da dolce e spennellarla con lo sciroppo che si è formato durante il primo passaggio in forno delle albicocche o con della gelatina di albicocche ammorbidita con un po' di grappa.
Servire a temperatura ambiente.
Nota a piè di pagina n. 1: la ricetta è tratta - con qualche aggiustamento - da uno dei miei libri preferiti "Délicieuses tartes sucrées et saleés" di Maxine Clark; io ho omesso la grappa nella "lucidatura" della torta che era destinata anche alla Pulce.
Nota a piè di pagina n. 2: il concerto di Mozart è questo... : ascoltate il secondo movimento e fatemi sapere