Visualizzazione post con etichetta Libri. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Libri. Mostra tutti i post

giovedì 6 febbraio 2025

"Boccamurata", Simonetta Agnello Hornby

 

Palermo, inizio maggio di una quindicina di anni fa. Per il sessantesimo compleanno di Tito la famiglia si riunisce nella villa di Torrenuova: la moglie Mariola e i tre figli - Teresa, Santi ed Elisa - con i rispettivi coniugi, i cinque nipotini e la sorella del padre di Tito, zia Rachele, che dalla morte del fratello, avvenuta sedici anni prima, non ha più voluto lasciare la villa. E' Titino, il nipote prediletto del festeggiato, a rovinargli la giornata: "La maestra vuole che ognuno di noi scriva la storia della sua famiglia. Dobbiamo fare il nostro albero genealogico. Mi aiuti, nonno?". Una richiesta innocente che però fa esplodere dentro Tito la rabbia: in quel maledetto albero Titino dovrà lasciare vuoto lo spazio dedicato alla bisnonna paterna perché Tito non ha conosciuto sua madre, un vuoto mai colmato, una vergogna mai superata.

D'altri tempi

"Boccamurata"
 chiude quella che viene definita la trilogia siciliana dell'autrice, dopo "La Mennulara" e "La zia marchesa". Tre romanzi che raccontano storie non collegate fra loro, uniti soltanto dalle atmosfere, dall'ambientazione siciliana e dallo stile elegante che contraddistingue la penna di Simonetta Agnello Hornby, che qui dimostra come non serva un crimine per riuscire a creare suspense.

I quarantotto capitoli divisi in tre parti seguono piani temporali diversi: il presente, con i rapporti conflittuali fra sorelle, fratelli, cognate e cognati, le tensioni fra coniugi e quel genere di gelosie e di ripicche che si creano quando ci sono in ballo soldi, ruoli e questioni ereditarie future. E il passato, che viene man mano ricostruito a partire dagli anni Quaranta del secolo scorso, con il suo carico di misteri che, seppur facilmente intuibili, è piacevole veder emergere a poco a poco dalle pagine.

Tre romanzi scritti nell'arco di cinque anni e in epoca recente (fra il 2002 e il 2007), ma che sanno dolcemente di antico. Una narrazione che da giovane non sarei stata in grado di apprezzare, ma che a questa età (55 anni) mi allieta.

Reading Challenge 2025, traccia annuale Scarabeo

martedì 4 febbraio 2025

"Serge", Yasmina Reza

 

Parigi, estate 2019. I tre ragazzi Popper - Serge, Jean e Nana - hanno smesso da un pezzo di essere ragazzi, ma quando pensano a loro stessi come unità familiare è così che continuano a definirsi. E, come la giovinezza è ormai lontana, anche l'unità vacilla: il cancro, che si era portato via il padre più di vent'anni prima, il 15 dicembre dell'anno precedente ha fatto il bis rendendoli orfani del tutto. Al dispiacere si uniscono i rimpianti, come quello di rendersi conto di non essere stati abbastanza curiosi circa la storia della loro famiglia quando ancora avrebbero potuto fare delle domande ai genitori.
E quando sei ebreo e questa consapevolezza ti coglie mentre ti trovi sdraiato di fianco a tuo fratello sul letto di un albergo di Auschwitz e nella stanza di fianco ci sono tua sorella e tua nipote, quella che ha voluto fare con voi tre questo viaggio della memoria, bè, non deve essere piacevole realizzare che ormai è tardi per recuperarla.

Inconcludente

Scritto nel 2021 è attualmente l'ultima opera di prosa di Yasmina Reza - drammaturga, scrittrice, nonché autrice e sceneggiatrice teatrale - nata a Parigi nel 1959 da madre ungherese e padre iraniano, entrambi ebrei.

Privo di capitoli (ma con frequenti intermezzi che non ne fanno sentire la mancanza) e piuttosto breve (186 pagine), è un libro che probabilmente avrei apprezzato di più se non ne avessi subito il bombardamento sui social (soprattutto su IG) e i relativi entusiastici giudizi.

Mi aspettavo un'ottima scrittura e quella l'ho trovata, come mi è piaciuto il dissacrante umorismo della Reza (
«Non capisco perché nonna si è fatta cremare. Mi sembra assurdo che un’ebrea si faccia cremare». «L’ha voluto lei». «L’idea di farsi infilare in un crematorio con quello che ha passato la sua famiglia è assurda»), ma quello che non ho trovato sono i "personaggi indimenticabili" promessi nella sinossi.

Non lo è Jean, la voce narrante, che ritaglia per sé un ruolo piuttosto marginale,
 e non lo è nessuno degli altri (non pochi, visto l'intreccio di legami familiari). Soprattutto non lo è Serge, il fratello maggiore, che abusa di cibo, fumo e alcool spiccando per le sue ossessioni scaramantiche e che non merita di avere il titolo.

Personaggi stereotipati che non riescono a generare un arco narrativo coinvolgente nonostante le tematiche: malattia e olocausto.

"Non il massimo dell'allegria questa storia"

Turismo per immagini. Arrivati in Polonia Jean dice di 
Auschwitz che è la cittadina più fiorita che abbia mai visto. Le ricerche su Google immagini portano ovviamente al campo di concentramento, ma usando Oświęcim (il nome polacco) si scoprono panorami di una piacevolezza inaspettata: 


Reading Challenge 2025, traccia annuale Scarabeo

mercoledì 29 gennaio 2025

"Bucaneve", Mélissa Da Costa

 

Lione, autunno 2008. Ambre Miller ha vent'anni e pensa di non essere mai stata amata. Non dalla sua famiglia, dove non c'è condivisione, non c'è dialogo, non c'è affetto. E non da Philippe, il quarantenne di cui da un anno è l'amante e che non ha nessuna intenzione di lasciare moglie e figli per lei. E' lui a trovarla immersa nella vasca da bagno con le vene dei polsi tagliate. Ed è sempre lui a procurarle un lavoro stagionale come cameriera all'hôtel restaurant Les Mélèzes di Arvieux, sulle Alpi francesi. Ambre accetta per mancanza di alternative, non è riuscita a farla finita, ma non sa cosa farsene della vita. E dover fare i conti con l'euforia dei nuovi colleghi complica ulteriormente il suo fragile stato emotivo.  

"Ti ci dovrai abituare. La vita di noi stagionali è così... Siamo una famiglia, si finisce sempre per aver bisogno gli uni degli altri. Non è un difetto. E' normale. Forse hai pensato che fosse difficile venire qui, ma lo sarà ancora di più andare via. Vedrai. Saremo diventati tutti una piccola parte del tuo universo"

Così le ha detto Tim una sera dopo averla sorpresa a piangere in bagno, ma lei non gli crede: i sei mesi successivi a chi daranno ragione?

Ovviamente a lui e non sto facendo spoiler: si sa che i libri della Da Costa sono un inno alla rinascita, un tripudio di buoni sentimenti, un invito a non perdere mai la speranza. E "Je revenais des autres" non fa eccezione (per una volta approvo il cambio di titolo dell'edizione italiana e come Rizzoli abbia colto la metafora fra la protagonista e il fiore che sboccia d'inverno).

Traccheggiante

Scritto nel 2016 e autopubblicato su Amazon passando inosservato, è stato poi riproposto dalla casa editrice Le Livre de poche nel 2021, dopo il successo riscosso da "Tutto il blu del cielo" e "I quaderni botanici di Madame Lucie", letti nel 2022.

Ho affrontato questa terza lettura aspettandomi il peggio del peggio avendone sempre sentito parlare malissimo, soprattutto per il paragone con i due titoli precedenti, ma personalmente non ho riscontrato chissà quali differenze: quelli non sono dei capolavori e questo non è da buttare. Sono sullo stesso livello sotto a ogni aspetto: stile di scrittura, caratterizzazione dei personaggi, dialoghi e tematiche pesanti che vengono trattate con una serenità piuttosto irreale, ma che si adatta al genere di messaggio che l'autrice vuole trasmettere.

Le carenze di affetto spingono Ambre verso una vita balorda quando è ancora troppo giovane per poter capire certi meccanismi e per essere in grado di riconoscere di essere più fortunata di tanti altri. Quando arriva in montagna dopo il tentato suicidio smette di essere la protagonista assoluta e il romanzo diventa corale, vengono ricostruite le vite degli altri personaggi fra i quali spiccano una ragazza madre e un giovane omosessuale che danno modo all'autrice di trattare altri argomenti di rilievo con un po' troppa superficialità, proponendo un cambio di rotta che può appagare solo bigotti e perbenisti e con un finale che avrei trovato deludente, perché falsamente conclusivo, se non avessi saputo che c'è un seguito ("All'incrocio dei nostri destini").

E l'immersione nella natura resta il punto di forza dei romanzi della Da Costa. Questa è la bella Arvieux:


E questo è il Lac de Roue, poco distante:


Reading Challenge 2025, traccia annuale Scarabeo


lunedì 27 gennaio 2025

"La gente felice legge e beve caffè", Agnès Martin-Lugand

 

Parigi, estate di un anno non precisato.

"Adesso fuori! Non voglio più vedervi"

Erano queste le parole con cui Diane un anno prima si era liberata di Clara e Colin quando continuavano a intralciarla mentre cercava di preparare i bagagli per l'imminente vacanza. Non poteva immaginare che davvero non avrebbe più rivisto la sua bambina di cinque anni e il marito: poco dopo essere usciti un camion li aveva centrati uccidendoli.
I dodici mesi successivi non sono bastati a Diane per riprendersi: non esce quasi mai dal suo appartamento e dipende completamente da Félix, il suo migliore amico, un eccentrico omosessuale che fa la spesa per lei e manda avanti - anche se malamente - il caffè letterario "La gente felice legge e beve caffè", di cui sono soci da sei anni.
Ed è grazie, o per colpa, di Félix e del suo tentativo di convincerla ad andare in vacanza con lui al mare, che Diane improvvisamente si scuote: mare sì, ma da sola e niente Mediterraneo! Andrà in Irlanda, un viaggio a cui Colin aveva sempre rinunciato per accontentare lei, amante del caldo.
Cartina aperta sul tavolo e occhi chiusi: il dito puntato a caso si abbatte su Mulranny.
Ed eccola lì, nel cottage sulla spiaggia che ha affittato per alcuni mesi e da cui non riesce a uscire, esattamente come le succedeva a Parigi, ma per lo meno in Francia c'era Félix, mentre in Irlanda c'è Edward, il vicino di cottage, la cui stazza viene superata solo dalla sua scontrosità.

Debole

I casi editoriali francesi riescono spesso a essere più discutibili di molti dei nostri.

Nel 2012 Agnés Martin-Lugand - bretone classe 1979 - ha esordito facendo uscire questo romanzo a sue spese nella sola versione digitale. Il passaparola ne ha poi decretato il successo, tanto che nel 2013 la casa editrice Lafon ha deciso di investire nell'edizione cartacea.
A quel punto l'autrice ha abbandonato la professione di psicologa per dedicarsi unicamente alla scrittura, sfornando altri undici romanzi, fra cui anche il seguito di questo.

Che cercherò di leggere nei prossimi mesi - altrimenti finisce come con Glattauer, di cui a distanza di più di tre anni devo ancora recuperare il seguito di "Le ho mai raccontato del vento del Nord" - ma a spingermi sarà solo la mia odiosa puntigliosità, quella che mi porta a non abbandonare mai un libro iniziato e a provare un certo disagio al pensiero di un seguito non letto.

"La gente felice legge e beve caffè", di cui mi aveva colpita il titolo, è stato una delusione perché troppo  diverso da ciò che mi aspettavo, vale a dire un romanzo con la morte e il lutto come temi centrali, qualcosa in stile Perrin, ma più conciso (202 pagine contro le 600 tipiche dell'altra francese). Invece no. La tragedia della protagonista viene liquidata nella primissima parte, che è la migliore; poi la storia prende una piega sentimentale inaspettata, diventando banalissima: personaggio maschile bello, quanto odioso, continui battibecchi fra lui e la protagonista, finché all'improvviso nasce un interesse reciproco che viene però ostacolato da alcune questioni, eccetera.

Ma a peggiorare (tanto) è anche lo stile, con situazioni ripetute, sigarette accese in ogni pagina, scenette adolescenziali e dialoghi imbarazzanti. Il picco viene raggiunto con il consiglio che Diane riceve da Judith, sorella di Edward, per arrivare ad accalappiarlo: "Seducilo, sventolagliela sotto al naso".

Una curiosa coincidenza: Diane e Edward a un certo punto trascorrono tre giorni sulle isole Araan, dove è ambientato "Notte di neve e sangue", isole che prima collegavo solo alla canzone della Mannoia: strano ritrovarle come ambientazione per due libri letti in rapida successione.

Turismo per immagini, un punto caratteristico di Mulranny:

 
Reading Challenge 2025, traccia di gennaio cascata di lettere: neve, deve, beve

sabato 25 gennaio 2025

"Raffaella Cerullo", Marina Pierri

 



(allerta spoiler riguardo a "L'amica geniale")

"Lila mi è entrata dentro e forse serve un esorcismo. Questo libro è il mio esorcismo
"

E' così 
che Marina Pierri - giornalista e critica televisiva, barese di nascita e milanese di adozione - descrive le sensazioni provate quando la Lila di Elena Ferrante viene privata della figlia Tina, che scompare nel quarto volume della tetralogia.

I quattro libri me li ero divorati e goduti uno di seguito all'altro nell'arco di un mese e mezzo fra il settembre e l'ottobre del 2019. Ho amato moltissimo anche la serie TV e ho aspettato di vedere l'ultima stagione prima di leggere questo breve saggio (pubblicato nel 2023). Nell'attesa ero felice di averlo comprato, me lo pregustavo, pensavo che sarebbe stato bellissimo ritrovare le atmosfere della Ferrante e quella che fra le due protagoniste della saga era la mia preferita. E invece...

Mah!

Nel testo c'è davvero poco di quello che mi aspettavo di trovare, cioè un'analisi del personaggio e della storia che fosse alla portata di tutti, cosa che non è.

"Lila è scura nella fisionomia, ma questa scurezza si riverbera anche nell'interiorità. È fatta del materiale degli incubi, del rimosso e del mostruoso (līlā, in sanscrito, significa anche simulazione), della notte (inevitabilmente, visto che la radice protosemitica della parola è LYL = notte), dello ctonio e dell'imperscrutabile. Nel sistema delle opposizioni binarie cui inevitabilmente siamo ancorate e a cui, certamente, la narratologia archetipica di matrice junghiana è ancorata, è dunque molto complesso non immaginare Lila come specchio oscuro."

Marina Pierri ha una laurea in Semiotica (cosa che sarebbe stato sufficiente scrivere nelle note sull'autore, senza rimarcarlo continuamente nel testo) e mentre arrancavo nella lettura pensavo che forse l'autrice non avesse tenuto in considerazione il fatto che il grande successo riscosso dalla Ferrante avrebbe attirato verso il suo libro anche persone con una cultura molto più limitata della sua (tipo me).
Ma poi sono arrivata a un'affermazione ("...parole che solitamente alla gente non dicono un cazzo e forse noi che abbiamo studiato semiotica ripetiamo con piacere perché ci ricordano chi siamo, o che siamo qualcosa") che mi ha trasmesso una spiacevole sensazione di superbia.

Allo stesso modo non ho gradito le infinite citazioni della sua pubblicazione del 2020, "Eroine. Come i personaggi delle serie TV possono aiutarci a fiorire", dove - se ho ben capito - aveva già scritto di Lila.

Ma la mia critica è generale, c'è poca Cerullo e troppa Pierri. Troppi concetti difficili e pochi approfondimenti interessanti.

Non mi vergogno a dire che del libro ho capito all'incirca il 25% perdendomi fra filosofia ("Il presupposto della decostruzione, cardine della filosofia di Jacque Derrida, è la messa in discussione della lingua e del linguaggio orali come parola di dio"), mitologia ("Sono Marina, non Arianna, ma ugualmente tengo il filo rosso delle coincidenze in mano. Il Minotauro è un ibrido interspecifico gentile, uno splendido trionfo del postumano. Asterione desidera soltanto compagnia, sono disposta a concedergliela più che altro perché voglio stare ad ascoltare le sue frasi oracolari, eppure non posso restare, devo uscire e raccontare, lo devo a me stessa prima di tutto") e, in ultimo, in qualcosa che non so neppure come definire ("Quando una persona scrive una storia ed è particolarmente ispirata, un certo gergo tecno-esoterico vuole che l'abbia canalizzata tramite download, specie se si considera che ogni storia non è che un concentrato di archetipi a loro volta simbolizzati da tropi, ossia da gruppi semantici reiterati, dunque familiari, lì dove il compito di chi narra è verniciarli di inconsueto").

E di quel 25% (scarso) che ho compreso condivido poco: sono d'accordo sulla complessità del personaggio di Lila (anche se per me la vera protagonista della tetralogia della Ferrante è e resta l'Italia, con la sua trasformazione durante quei decenni: Lila, Elena e tutti gli altri personaggi sono solo il tramite per raccontare situazioni, condizioni e accadimenti) e con il buon consiglio di non trascurare le Amicizie per l'amore di coppia.

Ho poi trovato curioso come la Pierri abbia notato l'uso frequente di "nerissimi" da parte della Ferrante, mentre a me sono rimasti impressi i suoi tanti "giallastro".

Altre considerazioni/supposizioni mi lasciano molto perplessa, ad esempio che Lila a Ischia non amasse Sarratore, ma Elena ("...che voglia Nino perché sotto sotto è lei che vuole") o l'ipotesi che a prendere Tina sia stato Nino.

Ma è proprio diverso il modo in cui mi arrivano le parole della Ferrante (non solo con "L'amica geniale"), quello che mi trasmettono, le considerazioni verso cui mi spingono, pensieri legati non ai singoli personaggi, ma agli aspetti sociali che racconta.

"Sono convinta che Lila abbia caratteri specificamente divini o esoterici ne L'amica geniale"

Ad esempio un pensiero di questo tipo non mi ha mai sfiorata. Superbamente aggiungo: e meno male!

Reading Challenge 2025, traccia di gennaio: libri con il nome della casa editrice scritto in stampatello maiuscolo in copertina


giovedì 23 gennaio 2025

"Jack deve morire", Joyce Carol Oates

 

Harbourton (New Jersey), 2014. Andrew J. Rush ha 53 anni ed è uno scrittore di successo. Con i ventotto thriller che ha pubblicato si è guadagnato la nomea di "Stephen King in versione gentiluomo". Un'etichetta che gli si addice anche nel privato: sposato da trent'anni con la stessa donna, la sua amata Irina, padre esemplare di Chris, Dale e Julia, a sua volta figlio amorevole degli anziani genitori e fiore all'occhiello della ridente cittadina del New Jersey dove lui e Irina si sono trasferiti nel 1998 comprando la fatiscente Mill Brook House per trasformarla nella splendida dimora che ora tutti ammirano.
Nessuno - non Irina, non i suoi figli e nemmeno il suo editore - sa che Andrew ha scritto altri quattro libri, firmandoli con lo pseudonimo di Jack of Spades. In quelle pagine, scritte di getto in piena notte, nell'angolo più oscuro del suo sontuoso studio, può dare sfogo a quella parte di lui che nessuno conosce e che neppure lui riconosce di avere.
"Scandalosi, depravati": è così che sono stati definiti i romanzi di Jack of Spades. Andrew sogghigna senza chiedersi cosa (gli) succederebbe se Jack prendesse il sopravvento.

Mentale

Un thriller psicologico di altissimo livello, strano, potente e stimolante. Scritto nel 2015, titolo originale "Jack of Spades" (l'editore italiano ha sbagliato a non mantenerlo), diviso in tre parti con capitoli di 
varia lunghezza che diventano sempre più brevi (alcuni contano solo poche righe) avvicinandosi al finale, aumentando la già non indifferente intensità della storia.

Storia che viene raccontata da Andrew in prima persona. L'impressione è quella di un uomo intriso di qualità, buoni sentimenti, dinamico, solare, paziente, amabile e amato. Traspare giusto un'ombra di rivalità con Stephen King, che ha scritto più libri, che ne ha venduto di più, che è stato tradotto in più lingue e che ha all'attivo un numero maggiore di trasposizioni cinematografiche. Ma - fra le infinite doti di Andrew - c'è anche l'umiltà, quei numeri neppure lo sfiorano...

Quello che più mi ha colpita di questa lettura è il modo sottile con cui la Oates riesce a far emergere la vera natura del suo protagonista, svelando un uomo presuntuoso, prepotente, che non accetta né il dialogo né il confronto, incapace di riconoscere le proprie colpe e che attribuisce sempre agli altri ciò di cui è il solo responsabile.

A cominciare da quello che accadde nel luglio del 1973...

Reading Challenge 2025, traccia di gennaio cascata di lettere: neve, deve

martedì 21 gennaio 2025

"Cercami", André Aciman

 

Novembre di un anno non precisato. Samuel conosce Miranda sul treno che lo sta portando da Genova a Roma, dove incontrerà Elio, suo figlio. Miranda sale alla stazione di Firenze, si capisce che ha appena litigato con qualcuno, ma l'aria cupa la rende ancora più interessante. Samuel ipotizza che abbia almeno la metà dei suoi anni, eppure...
Novembre di cinque anni dopo. Elio non vive più a Roma, ma a Parigi, e 
conosce Michel durante un concerto di musica da camera. Elio ipotizza che l'uomo abbia almeno il doppio dei suoi anni, eppure...
Un altro novembre, sono trascorsi altri cinque anni. Oliver e Micol hanno dato una festa per salutare gli amici. Stanno per lasciare New York per tornare nel New Hampshire. Ormai è notte, la moglie è già andata a dormire e lui pensa con amarezza che per vent'anni ha vissuto la vita di un uomo morto.

Evocativo

Cosa succede alle vite dei personaggi quando un libro finisce? Me lo chiedo spesso, tutte le volte che una storia mi conquista e mi spiace averla finita. Vorrei poter seguire ancora i personaggi e questa volta Aciman ha soddisfatto la mia curiosità.

"Cercami", scritto nel 2019, è il seguito di "Chiamami col tuo nome", del 2007, che avevo letto a giugno dell'anno scorso. Un libro che avevo apprezzato, finale compreso, e di cui adesso ho ritrovato non solo i due protagonisti, ma tutti i vari personaggi: l'autore, anche solo con una frase, descrive qual è stato il prosieguo per tutti, anche quelli minori.

Le 288 pagine sono divise in due primi macro capitoli a cui ne seguono altri due brevi. Sono i legami fra i personaggi a fare da filo conduttore fra quelli che altrimenti sarebbero stati quattro racconti distinti.

Una struttura originale che mitiga il tono vintage dei dialoghi e del modo di vivere le varie situazioni. Molto introspettivo, piuttosto lento, un bel modo di raccontare relazioni non comuni.

Si comincia con Samuel, il padre di Elio, a dieci anni di distanza dai fatti del libro precedente. Ho iniziato a leggere Aciman subito dopo aver finito Hornby, ritrovandomi in una situazione ribaltata rispetto a quella di "Proprio come te":
 qui è l'uomo il più vecchio della coppia e il problema della differenza d'età quasi non si pone, cosa prevedibile, ma non per questo meno irritante.

Elio arriva solo con il secondo capitolo, quasi a metà libro. Un Elio trentaduenne, molto simile al diciassettenne che avevamo conosciuto quando a Bordighera scopriva l'amore. Aciman - che aveva dotato l'Elio ragazzino del primo romanzo di una compostezza e di una maturità esagerate - qui tratteggia un giovane uomo altrettanto garbato, ma intristito dai rimpianti.

E poi c'è Oliver, per il quale è difficile provare empatia, essendo stato lui a decidere per tutti quale strada intraprendere vent'anni prima.

"A dispetto delle apparenze, la vita e il tempo non sono allineati ma seguono itinerari del tutto diversi"

Del quarto e ultimo capito non dico nulla, solo che non mi dispiacerebbe leggere in futuro una terza puntata.

Reading Challenge 2025, traccia annuale Scarabeo

domenica 19 gennaio 2025

"Colpisci e scappa", Doug Johnstone

 

Edimburgo, luglio di un anno non precisato. Colpisci e scappa: nel gergo dei poliziotti e dei giornalisti è così che viene definita la vile azione dei pirati della strada. In verità Billy Blackmore - giovane tirocinante di nera all'Evening Standard - dopo aver investito accidentalmente un uomo compone subito il 999, ma viene bloccato da Charlie, il fratello maggiore.

"Vuoi rovinarci la vita? E' questo che vuoi? E' morto. Non c'è niente che possiamo fare!"

Zoe, la bellissima fidanzata di Billy, è d'accordo con Charlie: sono le 2:37 del mattino e sono spaventosamente ubriachi e impasticcati, non ci sarebbe nessuna clemenza per loro.
E Billy si lascia facilmente convincere per scoprire il giorno dopo di aver ucciso Frank Whitehouse, il peggior criminale di Edimburgo. Sapere di aver tolto di mezzo una persona veramente cattiva basta per cancellare i sensi di colpa?

Ottenebrato

Un libro può sia piacere sia deludere? Sì, quando le aspettative risultano poi parzialmente insoddisfatte, esattamente come in questo caso.

Quarto dei tredici gialli/noir pubblicati da Doug Johnstone, 
scrittore e musicista scozzese classe 1970; solo questo (2012) e "L'ultima volta" (2013) sono stati tradotti in italiano.

Un romanzo dallo stile e dalle atmosfere decisamente noir a cui però manca tutta la parte poliziesca. Il crimine avviene nel primo capitolo: di ritorno da un evento, il rilancio di una bibita austriaca a base di barbabietola, ma fortemente alcoolica, Billy, Charlie e Zoe stanno tornando a casa in condizioni penose quando l'auto impatta su "qualcosa" che si trovava al centro della carreggiata. In rapida successione tonfo sul cofano, colpo sul parabrezza, altro tonfo sul tettuccio. Billy ferma l'auto e dallo specchietto retrovisore vede che i fanali posteriori illuminano di rosso una massa. Scesi dall'auto capiscono che si tratta di un uomo. Charlie, medico, ne decreta il decesso non trovando il battito. Dopo aver convinto il fratello minore a non fare pazzie e a mettere via il telefono, i tre gettano il corpo in un boschetto a lato della strada, si rimettono in macchina e tornano a casa.

Un ottimo primo capitolo a cui ne seguono alcuni altrettanto validi, con Billy che scopre l'identità della persona che ha ucciso e che si trova obbligato a seguire la storia per il giornale presso cui lavora, ruolo che genera tristi verità che impattano sempre più brutalmente nella mia vita di giornalaia.

"L'intera industria del giornalismo su carta stava morendo"

Ma da pagina 47 (su 300) la dinamica ha iniziato a intrigarmi meno, concentrandosi sugli abusi di Billy - che ingurgita calmanti, eccitanti, anfetamine e oppiacei come se fossero mentine, perdendo in fretta ogni raziocinio - e una lunga successione di accadimenti eccessivi e improbabili che portano a un finale che non riesce a sorprendere.

Leggendo mi sono trovata più volte a fare un confronto fra i Blackmore e i Flannigan di Vlautin in
 "Motel Life" perché lo stile di scrittura non è troppo dissimile ed entrambe le coppie di fratelli hanno un trascorso familiare disagiato, ma ai personaggi di Vlautin ho voluto bene, tanto che spesso mi capita di pensare ancora a loro, invece con Johnstone mi sono affezionata solo a Jeanie, la scheletrica collie che Billy adotta al canile.

Reading Challenge 2025, traccia dadi di gennaio: 24° volume nella mia libreria

venerdì 17 gennaio 2025

"Proprio come te", Nick Hornby

 

Londra, febbraio 2016. Joseph e Lucy si conoscono nella macelleria dove lui lavora un paio di giorni alla settimana.

"Dal negozio sbucò fuori una coppia stracarica di borse di plastica bianca colme di pezzi di carne sanguinolenta che, se consumati entro i prossimi sette giorni, li avrebbero fatti ammalare seriamente di patologie cardiache e cancro all’intestino, accorciando quindi la fila della settimana seguente."

Lucy è bianca, ha 42 anni, insegna lettere, è divorziata, ha due figli e due genitori borghesi e ultra conservatori.
Joseph è nero, ha 22 anni, ha abbandonato gli studi per evitare l'enorme debito universitario che ne sarebbe derivato, fa svariati lavoretti sognando di sfondare come DJ e vive con la madre, infermiera e bigotta.
Entrambi sono single e nessuno dei due avverte l'urgenza di smettere di esserlo. Eppure...

Inclusivo

 "Just Like You" è l'ultimo romanzo pubblicato da Nick Hornby (nel 2020, per cui immagino che rimarrà l'ultimo ancora per poco) ed è il quinto che leggo.

Le 368 pagine sono divise in tre parti e diciotto capitoli. In ognuno la narrazione si sposta fra personaggi e situazioni,
creando di fatto moltissimi capitoli brevi che, come sempre, spingono molto la velocità di lettura.

Ma è Hornby a convincermi sempre di più, per come scrive e per quello che scrive. Qui non ha la presunzione di sentenziare su cosa dovrebbero avere in comune due persone per riuscire a funzionare come coppia. Non giudica, non dà consigli.
Però evidenzia le difficoltà che una coppia improbabile come quella di Lucy e Joseph si trova a dover affrontare per il malanimo altrui e per i quesiti interiori che i due si pongono.

Età, livello culturale e disparità di stato sociale comportano differenze di ogni tipo - interessi, abitudini, comportamenti, pensieri - difficili da conciliare. Ma essere simili assicura forse l'amore eterno?

E cosa pesa di più in questo rapporto, i vent'anni che li separano o il colore della pelle?

Lucy è una bianca a cui Joseph deve spiegare certe disparità di trattamento: "La polizia? Sono arrabbiato, ma poi penso a come vanno le cose in America. Il più delle volte, i poliziotti qui sono solo degli stronzi che si annoiano, e si allargano un po’. Laggiù ti ammazzano. Be’, non te."
Perché Lucy è un'inglese bianca e sarebbe un'americana bianca. Lei non verrebbe fermata in piena notte rientrando a casa, nessun agente la obbligherebbe a svuotare le tasche.

Ma in principio è l'età a spingerli a nascondersi, vedendosi a casa di lei senza uscire allo scoperto. E se Lucy teme il confronto con i corpi delle ventenni che Joseph ha toccato fino a quel momento, è il timore del biasimo a gravare su entrambi. Gli amici, i colleghi, la famiglia: come reagiranno?

"Lucy si chiedeva che differenza facesse la chiesa, e se frequentarla favorisse una tendenza alla disapprovazione. In teoria, poteva essere vero anche il contrario, però a giudicare dai fedeli che aveva conosciuto, in gran parte amici dei suoi genitori, non sembrava che la fede portasse ad avere vedute più ampie."

In un'Inghilterra che prima si prepara al referendum sulla Brexit e che poi si ritrova a dover fare i conti con la decisione presa con uno scarto inferiore al 4%, Hornby descrive due persone che - fra tante diversità - hanno in comune intelligenza e pacatezza. Non poco.

Reading Challenge 2025, traccia di gennaio: un libro con due persone abbracciate in copertina

mercoledì 15 gennaio 2025

"Notte di neve e sangue", Triona Walsh


Inis Mór, isole Aran (Irlanda), dicembre 2022. Mancano pochissimi giorni all'ultimo dell'anno e quindi al decimo anniversario della morte di Cillian. Per la ricorrenza suo fratello Seamus - che dopo la tragedia si era trasferito in California - è tornato sull'isola. Anche Ferdia e Sorcha sono arrivati da Londra, mentre Maura, Daithí e Cara, la vedova, non se ne sono mai andati. La banda così si riunisce: un gruppo di amici che si era formato quando erano bambini, ma che non aveva retto alla morte di uno di loro. E che il 28 dicembre perde un altro membro: il corpo viene ritrovato nel Pol na bPéist, le mani legate dietro alla schiena, un bavaglio in bocca, il viso pesto. E' successo quando i collegamenti aerei e navali erano già stati interrotti a causa delle tempesta di neve che, secondo le previsioni, imperverserà su Inis Mór per almeno tre giorni isolandola dal resto del mondo.
E Cara non è soltanto la vedova di Cillian, ma anche l'unica poliziotta presente.

Glaciale

Titolo originale "The Snowstorm", è il primo libro scritto da Triona Walsh, autrice irlandese che successivamente ha pubblicato altri due thriller, non ancora tradotti in italiano, ma che leggerò nonostante questo presenti non pochi difetti.

Se lo avessi letto in estate mi avrebbe probabilmente dato un'illusione di refrigerio: freddo, neve, vento e ghiaccio sono presenti in ogni singola pagina e la Walsh ha dato il meglio nelle descrizioni ambientali.

E' proprio l'ambientazione la grande protagonista della storia, a partire dal Pol na bPéist, la Tana del serpente, una piscina naturale dall'incredibile forma rettangolare.


Purtroppo l'ambientazione in un thriller ha un'importanza relativa: se funziona di certo aiuta, ma da sola non basta. E in questo caso non è sufficiente a compensare le criticità, fra cui quella principale è l'inserimento di alcune situazioni esageratamente fuori contesto. L'autrice ha costruito un buon meccanismo narrativo per i fatti accaduti nel passato, ma per portare i suoi personaggi a compiere determinate azioni nel presente si è persa in sviluppi poco logici, non equilibrati e incoerenti, finendo in un precipizio degno dello strapiombo di Dun Aengus.


Peccato perché lo stile è incalzante, la voglia di leggerlo non mi è mai mancata, ma certi aspetti (uno in particolare) sono autentiche buffonate.

Reading Challenge 2025, traccia di gennaio cascata di lettere: neve


sabato 11 gennaio 2025

"Mrs e Mr American Pie", Juliet McDaniel

 

Palm Springs (California), novembre 1969. Maxine Hortence Simmons ha organizzato nei minimi dettagli la cena del Ringraziamento: sancirà in modo definitivo la sua appartenenza a quel mondo elitario che brama da sempre. Invece la serata è un disastro: proprio quando gli ospiti stanno per arrivare il marito le comunica di aver chiesto il divorzio. Per Jennifer, la sua nuova segretaria. Che ha solo diciannove anni. Ed è incinta.
La serata "trionfale" si chiude con Maxine recuperata dai domestici al centro della piscina, dove si è lanciata dopo essersi resa protagonista di uno show ben poco lusinghiero, e l
a battaglia per il divorzio, che ci si aspetta, si esaurisce al primo incontro con l'avvocato di Douglas: a vent'anni aveva firmato l'accordo prematrimoniale che il facoltoso suocero le aveva messo sotto al naso, rinunciando a tutto. Indomita riesce a scucire all'ormai ex consorte duecentocinquantamila dollari e un appartamento a Scottsdale, Arizona, con la promessa di non rimettere piede in California per almeno tre anni.
Ma cosa può fare una donna di 36 anni che nella vita ha collezionato un unico successo, quello di vincere la fascia di Miss San Bernardino? Ma vincere un altro concorso diventando la nuova Mrs American Pie! E per farlo deve solo trovare un marito e un paio di bambini.

Commediola

Opera prima (e per ora unica) pubblicata dall'americana Juliet McDaniel nel 2018 e tradotta in italiano soltanto lo scorso anno sulla scia della serie tv tratta dal romanzo, 
"Palm Royale".

Senza un motivo logico mi aspettavo una storia incentrata sul divorzio dei Simmons, una sorta di "La guerra dei Roses", e in effetti in qualche passaggio un po' lo ricorda, ma qui non è la coppia a essere protagonista. Al centro c'è solo Maxine, donna detestabile per molte ragioni.

"Se c’è una cosa che spero di riuscire a insegnarvi è quanto contano le apparenze"

Un'arrampicatrice sociale priva di scrupoli e disposta a calpestare chiunque pur di arrivare dove vuole, ma che (ovviamente) nasconde molte fragilità che finiscono col renderla amabile, a modo suo.

Rientra in quella categoria di libri divertenti che non amo e che finiscono quasi sempre per intristirmi. Questo ha il pregio di essere ben scritto, mentre il suo grande difetto è quello di aver perso l'occasione per essere potente. Omosessualità, razzismo, la guerra del Vietnam: sono i tre macro argomenti messi in gioco dalla McDaniel che però si è limitata a sfruttarli 
ai fini della trama, senza esposizione, senza condanna. 
Avrebbe potuto renderli più incisivi non rinunciando alla verve del racconto perché ai grandi autori basta una frase per lasciare il segno, ma qui non ce ne sono.

Reading Challenge 2025, traccia stagionale crucipuzzle, inverno: occhiali in copertina

mercoledì 8 gennaio 2025

"La lettera segreta", Chloé Duval

 

Kerouac (Bretagna), maggio 2014. E' un martedì quando Flavie Richalet - 29 anni da compiere, professoressa di storia e geografia e scrittrice di romanzi rosa che fa leggere solo alle sue quattro amiche del club della maglia - trova fra la posta del giorno una lettera dove l'indirizzo è giusto, ma la destinataria non è lei, bensì una certa Amélie. Una lettera d'amore dove il mittente, un uomo che ha usato solo l'iniziale del proprio nome come firma, chiede alla sua Lili di raggiungerlo per trascorrere insieme il resto della loro vita, assicurandole che l'avrebbe aspettata per due settimane, tre, anche un mese...
Ma l'avrà attesa per quarantatré anni? Perché è questo il tempo che la lettera - scritta il 12 settembre 1971 - ha impiegato per arrivare a destinazione.

Stucchevole

Come lo scorso anno ho inaugurato il 2025 con una pessima lettura, un altro romanzetto rosa che può senz'altro essere pane per un animo romantico, ma che è stato una purga per il mio.

Chloé Duval è uno pseudonimo. L'autrice - francese di nascita, ma residente in Canada - ha scritto "Le temps volé" (il tempo rubato, titolo ben più calzante della traduzione italiana) nel 2015. Unico suo romanzo arrivato in Italia e di certo non rimpiangerò gli altri sette.

Gran parte della vicenda è ambientata nel presente e ha Flavie come voce narrante, mentre negli spazi lasciati agli altri personaggi si passa al racconto in terza persona, anche per i (pochi) salti temporali nel passato. Lo stile è proprio semplice, povero:

"Mi sforzai di ignorare i battiti del mio cuore che si era imballato quando avevo incrociato lo sguardo del nipote di Erwan – in mia difesa devo dire che era bello come un dio e che nessuna donna sarebbe potuta restare indifferente davanti a lui – e riportai l’attenzione sullo zio prima che la bava cominciasse a colarmi sul mento."

Mancano anche un paio di congiuntivi.

Un susseguirsi incessante di personaggi e situazioni esasperanti, tutto è intriso di bontà e dolcezza. Né una parola, né un pensiero, né un atteggiamento, né un episodio negativo. Tutti amano tutti (e subito), tutti sono disponibili, tutti sono gentili, tutti sono bendisposti, tutti sono amabili. E tutti sorridono: novantasette sorrisi in 224 pagine sono un'impresa da Guinness!

Un libro che sicuramente rispetta il genere, ma dove c'è troppa forzatura a senso unico, con una trama vecchia e polverosa dove la lettera smarrita è soprattutto un pretesto per raccontare il colpo di fulmine fra la protagonista e il nipote del misterioso E. della missiva, con la "Duval" che confonde gli anni Settanta con gli anni Cinquanta e che inventa per i suoi personaggi del 2014 dialoghi e comportamenti che avrebbero fatto sorridere anche mia nonna.

Reading Challenge 2025, traccia rebus di gennaio: lettera e foglie

lunedì 30 dicembre 2024

"A casa prima di sera", Riley Sager

 

Villaggio di Bartleby (Vermont), 15 luglio di un anno non precisato. E' notte quando gli Holt - padre, madre e figlia - abbandonano Baneberry Hall, la casa che avevano comprato a fine maggio e dove si erano trasferiti il 26 giugno. Venti giorni soltanto, ma sufficienti per far precipitare la famiglia nel terrore. Rumore di passi nel cuore della notte, tonfi, campanelle di servizio che suonano senza che nessuno sia presente nella stanza per azionarle, porte e sportelli che si aprono e chiudono da soli: un inferno che pochi mesi dopo la fuga Ewan Holt racconta ne "La casa degli orrori. Una storia vera".
Un libro diventato best seller che venticinque anni dopo tormenta ancora Maggie. Ne aveva cinque all'epoca dei fatti, non ricorda nulla e sa solo quello che il padre ha descritto. E non crede a una sola parola. I fantasmi non esistono.
Per cui quando eredita la casa alla morte di lui non ha paura a tornarci: è una designer, la ristrutturerà e la venderà. Invece non le ci vorrà molto per scoprire che il padre non si era inventato proprio tutto e che certe cose inspiegabili continuano a succedere.

Scritto nel 2020, titolo originale "Home Before Dark", è il quarto libro dell'autore e il secondo a essere stato tradotto in italiano. A giugno avevo letto "Final Girls. Le sopravvissute" che avevo trovato troppo vicino a un Young Adult per stile di scrittura, dialoghi e personaggi.

Anche questa volta il livello rimane molto semplice e basico, ma a non piacermi è stato soprattutto il modo in cui Sager ha cercato di cavalcare due generi, thriller e ghost story. Questo è un libro che può piacere moltissimo a chi ama il gotico e il soprannaturale, alcune scene sono abbastanza inquietanti, tipiche degli horror, ad esempio quando Maggie bambina dice ai genitori che la signorina Pennyface li sta guardando e indica un angolo della stanza dove invece non c'è nessuno, ma gli ingranaggi del thriller sono esagerati, confusi e alcuni perfino contraddittori. Alla fine non tutto torna e questo per me è inaccettabile.

Reading Challenge 2024, traccia di dicembre: fantasma fra i personaggi

sabato 28 dicembre 2024

"Tentacoli", Peter Benchley

 

Bermuda, notte di un anno non precisato. Elizabeth e Howard Griffin sono in mezzo all'oceano a bordo del gommone di salvataggio su cui sono saliti un attimo prima di veder affondare il loro yatch. Il cielo è sereno, il mare è calmo, la temperatura è mite. Hanno acqua, cibo e hanno azionato il radiotrasmettitore di emergenza. Devono solo aspettare che qualcuno capti il segnale dando il via ai soccorsi. All'improvviso avvertono un rumore, sembra un raspare di unghie contro il gommone. L'aria si impregna di uno sgradevole odore di ammoniaca. Sentono un grugnito. E un attimo dopo il gommone inizia a sobbalzare.
Howard si volta ed Elisabeth non è più a bordo.

Raramente il Book Crossing del mio quartiere mi dà soddisfazioni, ma quando a giugno ho trovato questo libro ero felice come una bambina davanti al suo giocattolo preferito. Ed ero proprio una bambina quando ho visto il film "Tentacoli", del quale ricordo benissimo la prima scena e poco altro.

Solo prima di iniziare a leggerlo mi sono accorta che Peter Benchley - autore newyorkese (1940 - 2006) che raggiunse la fama con "Lo squalo" nel 1974, con più di venti milioni di copie vendute grazie alla trasposizione cinematografia di Spielberg dell'anno successivo - ha scritto "Beast" nel 1991, mentre il film risale al 1977.  Dal libro di Benchley è stata però tratta una miniserie televisiva di due puntate che ora vorrei riuscire a recuperare (invece il film mi aspetta già da tempo sul mio My Sky).

Immagino che Longanesi abbia scelto di dare all'edizione italiana del libro lo stesso titolo del film per sfruttarne il successo e non è stata una brutta decisione: "Bestia" non mi sarebbe piaciuto ed è così che Benchley chiama sempre l'
Architeuthis dux nel suo libro.

Il calamaro gigante esiste e vive nelle profondità oceaniche (nel libro ne viene raddoppiata la dimensione arrivando a una lunghezza di trenta metri), indubbiamente nessuno vorrebbe trovarselo davanti, ma è soltanto un animale che vive nel suo habitat seguendo i suoi ritmi, i suoi impulsi, i suoi cicli.

Nel libro attacca barche e (mini) sommergibili uccidendo un bel po' di persone: fa esattamente quello che ci si aspetta da una storia di questo tipo e Benchley mi ha fatto provare più di un brividino di paura con le sue descrizioni (non è un caso se ho aspettato dicembre per leggerlo, quando mancano minimo cinque mesi al mio prossimo bagno in mare, perché su certe cose sono piuttosto suggestionabile), ma la sorpresa è stata trovarmi in mano un libro di denuncia.

"I responsabili della morte dell'industria ittica di Bermuda erano i pescatori. Non solo quelli di Bermuda , ma l'intera genia. Persone che non si accontentavano di guadagnarsi la vita e volevano fare una strage, trattando l'oceano come una fossa da disseminare di bombe."

Certo il libro non brilla per coerenza: il protagonista, 
William Somers Darling detto Whip, è un pescatore e la sua indignazione verso i colleghi che usano le trappole è miope e ignorante:

"Pescare con le trappole non era pescare, era uccidere e tirare su, non era affatto divertente"

Questa è una bestialità: considerare divertente - o addirittura nobile - uccidere un animale, a prescindere dal modo in cui lo si fa. Ma ho comunque apprezzato come Benchley abbia messo in evidenza il male che abbiamo fatto, e facciamo, al mare e ai suoi legittimi abitanti.

Reading Challenge 2024, traccia annuale Come Quando Fuori Piove, come: un libro di cui va detto come è arrivato nelle nostre mani (trovato al BookCrossing del mio quartiere)

mercoledì 25 dicembre 2024

"Non tornerai mai più", Hans Koppel

 

Helsingborg (Svezia), tardo pomeriggio del 5 maggio di un anno non precisato.

"Ylva? Sei proprio tu, ne è passato di tempo"

Sono queste semplici parole che Ylva si sente rivolgere mentre sta andando alla fermata dell'autobus. A pronunciarle è la donna alla guida dell'auto che ha appena accostato al marciapiede. Una donna che Ylva conosce, come conosce l'uomo seduto sul sedile posteriore. Una coppia che appartiene al suo passato, a quando era ancora ragazza e viveva a Stoccolma. Ed è un passato che non ha piacere di ricordare. Ma quando i due le offrono un passaggio non sa come rifiutare e sale, pentendosene appena la conversazione a bordo prende una piega spiacevole. Le portiere bloccate sono il primo segnale di allarme, ma la conferma del pericolo arriva dal taser che l'uomo estrae dalla tasca e che non esita a usare su di lei.
Quando riprende i sensi è ammanettata a un letto in quella che sembra una cantina priva di finestre. Di fronte a lei un grande schermo che trasmette le immagini del suo giardino e della sua casa. E all'improvviso capisce di essere stata rinchiusa nel seminterrato della villetta di fronte, quella che i nuovi proprietari hanno fatto insonorizzare durante la ristrutturazione.

Hans Koppel è lo pseudonimo con cui Petter Lidbeck (Stoccolma, 1964), autore di libri per bambini e romanzi umoristici, ha scelto di firmare questo suo primo thriller, di cui non sono riuscita a risalire né al titolo originale né all'anno di pubblicazione. Ho letto che sarebbe il primo di una trilogia: se fosse vero noi italiani non avremo modo di completarla visto che oltre a questo è stato tradotto un solo altro romanzo dell'autore ("Ora sei mia") ed essendo passati più di dieci anni dall'uscita di entrambi dubito che un eventuale terzo venga recuperato a distanza di così tanto tempo.

Per fortuna la storia di "Non tornerai mai più" è comunque autoconclusiva ed è una buona storia. Koppel/Lidbeck non si sforza più di tanto: mette in gioco tematiche pesanti limitandosi a trattarle superficialmente, con personaggi poco consistenti  e in alcuni casi irritanti (in particolare Mike, il marito di Ylva, definito non a caso "piagnone"), ma lo stile è scorrevole e le dinamiche sono accattivanti. La polizia ha un ruolo estremamente marginale e burlesco, sarà qualcun altro a dare una svolta alle indagini e questo rende il libro abbastanza originale, con un finale inaspettato.

Reading Challenge 2024, traccia annuale Cocktail: un libro ambientato in un Paese freddo

venerdì 20 dicembre 2024

"Segreti pericolosi", Linda Castillo

 

Belleville (Pennsylvania), giugno 2022. Doyle Schlabach ha quasi finito di arare un terreno della sua fattoria quando la lama si incaglia in quella che in principio gli sembra una pietra tondeggiante e che, una volta girata, rivela di essere un teschio umano.
Due mesi dopo la polizia ha dato un nome alla vittima e arrestato il presunto assassino. Il primo si chiamava Ananias Stoltzfus, scomparso nell'ottobre di diciotto anni prima all'età di 86 anni. Il secondo è Jonas Bowman, all'epoca ventunenne e oggi sposato con tre figli. Poco prima della sparizione del vecchio fra i due c'erano stati forti attriti, culminati in un grosso litigio di fronte a molti testimoni.
Entrambi erano Amish. 
Stoltzfus era addirittura il vescovo della congregazione. Ed è per questo che il nuovo vescovo, il diacono e uno dei ministri sono andati a Painters Mill per chiedere l'aiuto del commissario Burkholder. Kate ha accettato, soprattutto per l'importanza che Jonas aveva avuto nella sua vita di adolescente Amish, ma adesso si ritrova osteggiata sia dalla polizia locale sia dai figli del defunto e non è di nessun aiuto la remissività di Jonas, convinto che sarà fatto il volere di Dio.

Pubblicato nel 2022 e tradotto in italiano soltanto questa estate,
 titolo originale "The hidden one", è la diciottesima puntata della serie che ha per protagonista il commissario Kate Burkholder.

Come in tanti altri titoli precedenti, anche qui abbiamo un bel cold case. Anche qui Kate subisce violente aggressioni (stavolta ben due) sfuggendo per un pelo alla morte. Anche qui vengono riassunti i punti salienti del suo passato a beneficio di chi non ha letto i libri precedenti. Con l'ambientazione Amish è quasi impossibile non cadere nell'impressione del "già letto", però le trame costruite dalla Castillo sono sempre diverse e la placida atmosfera che descrive rende i suoi romanzi unici e rilassanti, al di là dei crimini commessi.

Quello che manca totalmente a Linda Castillo è l'empatia nei confronti degli animali. Certo non mi aspetto un personaggio Amish vegano, ma se evitasse affermazioni imbecilli come questa sarebbe già un bel passo avanti.

"A Jonas piace la carne, soprattutto quella di cervo, ma non è un cacciatore. Lo sai. Adora gli animali."

Adora gli animali e intanto se li mangia. 
Ma la gente quando dice (o scrive) certe idiozie dove mette il cervello? Davvero si può essere così ottusi da pensare che non uccidendoli non si sia responsabili della loro morte? Quando è vero esattamente il contrario? Mai sentito dire che è la domanda che genera l'offerta?
Quanta ignoranza, quanto egoismo.

Reading Challenge 2024, traccia di dicembre: sorelle fra i personaggi


martedì 17 dicembre 2024

"No exit", Taylor Adams

 

Colorado (Stati Uniti), 23 dicembre di un anno non precisato. Sono le 19.39 e Derby Thorne, 20 anni, sta arrancando sulla statale che sale attraverso i boschi, colpita da una colossale bufera di neve. E Blue, la sua vecchia Honda, non ha neppure le catene. Da qualche chilometro all'auto manca anche un tergicristalli. Derby deve assolutamente tornare a casa, nello Utha, entro mezzogiorno del giorno dopo, prima che la madre entri in sala operatoria per un intervento che potrebbe esserle fatale. Deve chiederle scusa per le brutte cose che le ha gridato per telefono il giorno del Ringraziamento. Ma per il momento deve arrendersi, ripararsi nell'area di servizio di cui ha appena oltrepassato il cartello, scaldarsi e aspettare che gli spazzaneve arrivino a sgombrare la strada. Nel parcheggio ci sono già tre mezzi - un furgone, un pick-up e un'altra auto sepolta dalla neve - e dentro al locale trova quattro persone. I problemi cominciano un'ora più tardi quando, dopo essere uscita sperando di trovare un po' di segnale per chiamare la sorella, passando di fianco a un furgone vede qualcosa di assurdo attraverso il vetro: la manina di un bambino aggrappata a una gabbia per cani.
Sarà una lunga notte e in pochi vedranno l'alba del giorno dopo.

Terzo romanzo scritto (nel 2017) da Taylor Adams, autore e regista statunitense, il primo a essere stato tradotto in italiano (solo quest'anno ne è stato tradotto un altro, "L'ultima parola") e uno dei primissimi eBook che avevo comprato dopo aver cominciato a leggere anche sul Kindle. Era decisamente arrivato il suo momento.

Gran parte del libro è costituto dalle congetture e dalla pianificazione della protagonista, spesso con poca logica: è un qualcosa che il tipo di trama rende obbligatorio (storia concentrata in poco più di dieci ore, dal crepuscolo all'alba, in un ambiente chiuso, con un numero ridottissimo di personaggi), ma le ripetizioni annoiano, nonostante quasi alla fine di ogni capitolo ci sia un colpo di scena, più o meno rilevante.

Una dinamica che funzionerebbe meglio sullo schermo, per un'americanata perfetta, mentre la scrittura ne enfatizza i difetti, in primis il continuo gioco del gatto e del topo che diventa presto ripetitivo, con risvolti esagerati e inverosimili. Anche i personaggi sono poco credibili, i dialoghi da dimenticare.

Ma non mi sono ancora ripresa dalla pesantezza de "I miei uomini" mentre il libro di Adams, nonostante tutto, mi chiamava dal comodino: a volte è bello accontentarsi di poco.

Reading Challenge 2024, traccia stagionale crucipuzzle, autunno: renna nel testo


domenica 15 dicembre 2024

"A Parigi con Colette", Angelo Molica Franco

 

Sidonie-Gabrielle Colette nasce a Saint-Sauveur-en-Puisaye, in Borgogna, il 28 gennaio 1873 e muore a Parigi il 3 agosto 1954 lasciando ai posteri un'ottantina di titoli fra romanzi, racconti, opere teatrali e altro.

Angelo Molica Franco (traduttore de "Le lettere di Esther", che avevo letto a ottobre) nel 2018 ha pubblicato questa biografia che per me è stata una cocente delusione. Principalmente perché da anni ero attratta dai volumi della collana Passaggi di dogana con la convinzione che fossero i luoghi a essere protagonisti. Quindi avevo comprato questo volume spinta dall'interesse per Parigi, non per Colette. Ma, appurato che invece si trattava di una biografia, il testo non mi ha convinta perché, pur essendo scritto benissimo, non va oltre l'essere nozionistico.

Il capitolo migliore, perché più descrittivo del luogo, è l'ultimo: l'autore, dopo aver tratteggiato la vita di Colette, scrive del paesino in cui era nata, della rabbia degli abitanti dopo che li aveva bistrattati in un romanzo (durante una visita la presero a pietrate) e della rivalutazione postuma, con l'immancabile casa di famiglia trasformata in un museo.

Prima c'è sì Parigi - la nascita del Moulin Rouge, l'alluvione del 21 gennaio 1910, il salone Goncourt, il cimitero Père-Lachaise, dove Colette è sepolta - 
ma tutto è ridotto ad accenni e brevi aneddoti.

"La Parigi della sera non era mai quella del mattino. Ho potuto vedere Parigi sprofondare nel dolore, rabbuiarsi di pianto e umiliazione, ma anche innalzarsi ogni giorno di più"

E si va ben poco oltre a questo anche a livello biografico: i mariti, i tanti personaggi famosi che l'hanno incrociata più o meno significativamente, i fatti salienti della sua vita, il passaggio attraverso le due guerre mondiali.

Un po' poco per "la più grande scrittrice francese del Novecento". Ma sono poche anche le pagine, 116, e probabilmente è l'editore (Perrone) a chiedere testi snelli per questa collana.


Reading Challenge 2024, traccia annuale Cocktail: un libro con lo sfondo di copertina rosa

venerdì 13 dicembre 2024

"Il club delle lettere segrete", Angeles Donate

 

A che cosa serve un postino in un mondo in cui non si scrivono più lettere?

Porvenir (Spagna), ottobre di un anno non precisato. Sara - prossima al giro di boa dei quarant'anni, separata e con tre figli - è la postina di questo piccolo paese montano di appena un migliaio di abitanti. Ancora per poco. Come racconta a Rosa, la sua vicina di casa, le hanno appena comunicato che a inizio anno verrà trasferita in città perché, in un mondo dove la gente comunica tramite WhatsApp e Telegram, di posta da consegnare non ce n'è quasi più, meno che mai in un posto così scarsamente abitato.
Le due non sono soltanto vicine di casa: la prima ha aiutato la madre della seconda durante il parto. Rosa conosce Sara dal suo primo istante di vita, le vuole bene come se fosse sua figlia e soffre alla sola idea di doversi separare da lei. Deve aiutarla e può farlo solo in un modo: scrivendo una lettera. Non una lettera qualunque, ma la prima di una catena dove chiederà alla destinataria di scrivere a un'altra donna del paese raccomandandole di domandarle di fare altrettanto e così via. In questo modo, se nessuna interromperà la catena, in città dovranno rendersi conto che Porvenir ha ancora tanto bisogno della sua postina.

Nel mondo reale una decina scarsa di lettere, spedite nell'arco di tre mesi, non fanno certo cambiare idea a un ente pubblico che ha deciso di chiudere un ufficio postale per manifesta inattività, ma nel 2015 attorno a questa idea Angeles Donate - nata a Barcellona nel 1971 - ha costruito questa bella favoletta.

Un romanzo quasi totalmente al femminile dove regnano i buoni sentimenti, non solo d'amore e di amicizia, ma anche di 
rapporti fra vicini, conoscenti e parenti vari. Quasi ogni personaggio scrive la propria lettera (una sola ciascuno) dove racconta di sé aprendosi come non sarebbe mai riuscito a fare parlando. Non tutti scrivono a persone che conoscono: c'è anche chi sceglie a caso dall'elenco telefonico facendosi ingannare da un nome unisex, chi scrive a qualcuno non sapendo se è ancora in vita, chi indirizza la propria lettera a una casa disabitata da anni...

"Vivo solo quando scrivo"

Ci sono tante citazioni, non solo quelle all'inizio di ogni capitolo, ma anche all'interno di essi. Tratte da poesie, canzoni, altri libri. Tutte molto belle.

Di solito non amo i romanzi di questo tipo e difatti non posso dire di essermi innamorata di questo. Una bontà così generalizzata ed estremizzata non esiste, ma la Donate è riuscita a evitare alla sua opera di essere sdolcinata e già solo per questo merita un plauso.
Addirittura mi sarebbe piaciuto poter leggere un seguito per ritrovare i vari personaggi, ma mi dovrò accontentare degli altri due romanzi dell'autrice tradotti in italiano. 

Reading Challenge 2024, traccia vagabonda dicembre: Spagna

martedì 10 dicembre 2024

"Rosso di sera. Come nascono le previsioni del tempo", Andrew Blum

 

"Si tratta semplicemente di applicare la fisica classica all'atmosfera, su un globo rotante, dotato di gravità"

La meteorologia è tutta qua, davvero una cosa semplicissima ^^

Andrew Blum, scrittore e giornalista newyorkese classe 1977, autore di diversi saggi, questo lo ha scritto nel 2019 (t
itolo originale "The Weather Machine. A Journey Inside the Forecast") e penso sia stata la lettura più complessa della mia vita.

Fin dalla prefazione italiana di Dino Sardi ho capito che fra m
eccanica, elettromagnetismo, termodinamica e fisica atomica ero messa male: la mia esperienza di studio con "materie scientifiche" si è esaurita alle medie, ma essendomi sempre considerata un'appassionata di meteorologia sono stata attratta dal titolo non pensando che Blum sarebbe andato ben oltre al mio interesse per le previsioni del tempo.

Inizia il saggio raccontando del suo incontro con 
il direttore del servizio meteorologico norvegese avvenuto nel giugno 2015: in Norvegia, paese ricco che deve fare i conti con freddo e vento per gran parte dell'anno, la meteorologia fin dal principio si è concentrata sulla ricerca scientifica, lì il servizio meteorologico nazionale non è nato dalla Marina Militare, come invece è successo nella maggior parte delle nazioni.

Utsira si trova uno dei più antichi (1844) e importanti osservatori meteorologici, ma la posizione strategica dell'isolotto lo ha reso una pedina fondamentale sia durante la Seconda Guerra mondiale, quando i nazisti ne presero possesso, sia durante la Guerra Fredda, quando diventò una base NATO: gli aneddoti storici riportati sono stati molto piacevoli, ma più volte mi sono sentita persa fra carte sinottiche, termometri, anemometri, satelliti, boe, eccetera, e sono questi i temi portanti del saggio.

Dalle osservazioni fatte a occhio nudo guardando il cielo, passando all'importanza che
 l'invenzione del telegrafo ebbe anche per la meteorologia e arrivando alla svolta definitiva data dai satelliti, Blum spiega come funzionano i modelli meteorologici, come ricevono le osservazioni e come le trasformano in previsioni, argomenti tristemente al di fuori delle mie capacità.

"La density altitude, raramente tradotta in italiano come “quota di densità”, rappresenta la quota dell’atmosfera standard (modello di atmosfera ideale, priva di vapore acqueo e rappresentativa delle medie latitudini, utilizzato in altimetria e meteorologia aeronautica) alla quale corrisponde la stessa densità dell’atmosfera reale."

A tratti mi sembrava di leggere una lingua straniera e mi è dispiaciuto non trovare nessuna foto, in molti casi sarebbero state utili, o anche solo interessanti.
Un esempio fra tanti: racconta di come nel 1954 un razzo fotografò per la prima volta una tempesta tropicale in atto sul Golfo del Messico, foto che venne pubblicata sulla rivista "Life". L'ho cercata on-line, ma sarebbe stato bello trovarla nel libro.


Quello che ricorderò di questo testo è che Thomas Jefferson e John F. Kennedy erano molto interessati alla materia, che gli inglesi hanno il miglior modello meteorologico del mondo (chiamato 
"l'europeo") e che al giorno d'oggi i previsori fanno pochissime previsioni, quelle che consultiamo anche più volte al giorno sulle app si basano sui modelli matematici.

Modelli matematici (e satelliti) che nel presente vengono sempre più spesso gestiti da un gruppo ristretto di Paesi. Quello della meteorologia è sempre stato un mondo competitivo, ma anche molto collaborativo, e a breve rischia di non esserlo più. 
Se le osservazioni in un futuro spaventosamente vicino verranno eseguite e raccolte da reti private (Google, Amazon, IBM) c'è il rischio che decidano di interrompere la cooperazione internazionale che caratterizza il sistema da centocinquant'anni. Proprio adesso che il mondo intero ha più che mai bisogno di previsioni precise.

"La macchina del tempo deve essere un sistema globale e non può funzionare in un altro modo. È incentrata su un equilibrio tra quanto gli Stati fanno per se stessi e quanto per contribuire a sistemi che prescindono dai loro confini. Siamo molti Paesi, su un solo pianeta."

L'aspetto che più mi ha delusa del saggio è che Blum s
olo alla fine affronta il tema dei cambiamenti climatici e lo fa in maniera troppo frettolosa e superficiale.

Avevo in wish list anche l'altro suo saggio tradotto in italiano,
 "Tubi. Viaggio al centro di internet", ma dopo questa esperienza non me la sento di affrontare un'altra impresa troppo grande per me.

Reading Challenge 2024, traccia annuale Cocktail: un libro con un tramonto in copertina