Visualizzazione post con etichetta manifesto. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta manifesto. Mostra tutti i post

domenica 5 agosto 2018

Dare a Tsipras quel che è di Tsipras: risposta a Marco Revelli



New Brave Europe ha pubblicato questa risposta al pezzo di Marco Revelli su il manifesto che polemizzava con Mélenchon e con il mio articolo su Micromega, questo l'incipit: "Dare a Tsipras quel che è di Tsipras. Una sinistra incapace di riconoscere i propri punti di riferimento e di dar conto del loro merito, pur senza rinunciare al dovere di critica, è destinata alla fine miserevole che ha fatto. Tre anni fa tutti a sgomitare dietro ad «Alexis». Oggi va di moda l’accusa di «tradimento» alla Mélenchon o la dichiarazione di fallimento alla Cesaratto". Sto lavorando per una traduzione in italiano.

Revelli, SYRIZA and giving to Caesar what it is due to him…


Sergio Cesaratto is Professor of International Economics and of Monetary and Fiscal Policies in the European Monetary Union, University of Siena


Stavros Mavroudeas is Professor of Political Economy at the Department of Economics at the University of Macedonia, Thessaloniki



In a recent article Marco Revelli published in Greek and Italian – a habitual guest in Greece of SYRIZA and its government – made a diatribe against what he called ‘pseudo-left’ for considering Tsipras a traitor and SYRIZA’s economic policy a failure. In an uncalled-for polemic (that included one of the signatories of this reply, here his article in New Brave Europe), he accused this ‘pseudo-left’ for being nationalist and for helping the populist and nationalist right-wing ND in Greece. Revelli gratuitously equates every left criticism of SYRIZA’s policies with the neoliberal one of ND.
Revelli uses as title of his piece (in Greek) the evangelic dictum (‘give Caesar what is due to him and give God what is due to him also’). Let us see if the dues he offers to his Caesar or God (in this case SYRIZA) are correct or not.

domenica 1 luglio 2018

Grecia: cravatte o cappi?


Col titolo La cravatta di Tsipras. Quale morale dalla crisi greca? MicroMega on line ha pubblicato questo pezzo. La soddisfazione di vedersi pubblicati non è nell'articolo, ma nel veder passare il titolo proposto. E, come ho detto su FB, spesso scrivo solo per farmi un'idea veritiera delle cose, magari approssimativa, o almeno ci provo.

 

La cravatta di Tsipras. Quale morale dalla crisi greca?


Ma che piccola storia ignobile che mi tocca raccontare…
“Atene respira” recitava il titolo de il manifesto del 23 giugno, l’agitprop di Tsipras in Italia. La Grecia “comincia a tornare ad essere padrona del proprio destino” scrive Roberto Musacchio su FB (22/6) che proclama che “serve una battaglia di liberazione dell'Europa”, in linea con Alfonso Gianni, sempre su il manifesto, secondo  cui la “questione del debito non è solo greca o italiana, ma riguarda gli equilibri e il futuro dell’Europa e a tale livello va complessivamente affrontata”. Insomma, la Grecia ce l’ha fatta, ora cambiamo l’Europa. Purtroppo le cose non stanno così e tali enunciazioni sembrano le cronache di quel giornalista di Saddam che proclamava la vittoria coi carri americani dentro Bagdad.

venerdì 30 settembre 2016

I puntini sulle €. Risposta a Lunghini a più firme

Se è l’euro la causa dei tanti populismi europei

 di Sergio Cesaratto, Massimo D’Antoni, Vladimiro Giacché, Mario Nuti, Paolo Pini, Antonella Stirati

Intervenendo sul manifesto del 23 settembre Giorgio Lunghini fornisce “qualche cifra sugli effetti dell’abbandono della moneta unica”. In sintesi: l’uscita provocherebbe una svalutazione del 50% della nuova valuta italiana, cui conseguirebbe nel primo anno un’inflazione del 15%, che poi si attesterebbe su una media del 20% nel quinquennio successivo. La svalutazione farebbe raddoppiare il valore dei titoli di Stato in mano ai non residenti, determinando il default dello Stato italiano, mentre l’inflazione farebbe dimezzare il valore dei titoli di Stato in mano ai residenti, causando un crollo del reddito disponibile delle famiglie dell’11%. L’inflazione, inoltre, eroderebbe i salari, causando una perdita media annua di reddito del 10%. Il risultato sarebbe una perdita di Pil pari a circa il 40% per l’Italia nel primo anno, seguito da 15% negli anni successivi per almeno un triennio.
Nessuno si nasconde le criticità dell’abbandono della moneta unica. D’altra parte, lo stesso Lunghini ammette che essa è insostenibile. Corre quindi l’obbligo di discuterne gli esiti con serenità e attenendosi, nella misura del possibile, alla base fattuale fornita dai dati statistici e dalla ricerca scientifica.