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martedì 4 maggio 2010

Pirandelliana.

Crediamo d'intenderci. Non ci intendiamo mai.

Questo concetto mi rimbalza nella testa e nel cuore, ogni qual volta provo a fare luce su ciò che veramente vedo e non su ciò che sento.

Sentire distorce le informazioni, le adatta alle nostre iniquità, all'esser brevi che siamo: dobbiamo costruire uno schema mentale secondo cui sentiamo davvero la realtà scorrere all'interno degli argini precostruiti, nessun'inondazione improvvisa, nessuna parola in più o in meno, il giusto mezzo a cui aneliamo quotidianamente per poi sorridere e dirci dentro il letto che in fondo, siamo dei privilegiati.

Ho sempre odiato il mare piatto e calmo, ma appena inizi a vedere, vedere non guardare, la distonia può essere fatale.
Un corpo piccolo non ce la fa a star dietro ai rigurgiti dell'anima, al cuore che dentro il petto sembra scoppiare eppure se ti guardi dall'esterno ti senti terribilmente ricco e fortunato, ma certo, ragionando con la linea continua del sistema viario generalmente condiviso dai più, tu sei in perenne sorpasso e a rischio infrazione.

Ogni volta, meno 10 punti, ogni volta, rifare il benedetto esame per poter tornare a condurti come dovresti nella segnaletica d'affetti gesti e sguardi che le civiltà hanno costruito col tempo, non è permesso provare di più, rattristarsi per un film comico perchè non fa altro che farti vedere la pochezza di cui siamo fatti, e tu non vuoi accettarla no!, tu vuoi l'Amore, la Vita, l'Emozione, il Dolore, la Rabbia, ma non c'è più posto a questo mondo per le emozioni perfette, solo Platone le poté teorizzare e guarda com'è finito, a riempire pagine di libri senza capo nè coda, quello che la gente chiama Filosofia e in realtà è la vita vera.
Non c'è tempo di porsi domande, né tantomeno di porle agli altri, pena far crollare gli argini, sorpassare a destra, causare sicuramente un tamponamento a catena, a volte un incidente mortale tra le emozioni tue e quelle degli altri, e non c'è assicurazione che tenga nei rapporti con le persone, rouge o noir et rein ne va plus.

Sicchè ognuno si crogiola nella sua bella sfera isolata, cercando di non andare più in là del proprio palmo di naso, nessuno vuole sfondare il guard rail e vedere cosa succede dopo, se c'è per caso un'altra vita, oltre la linea di confine dei nostri pensieri, se potessimo non avere la paura di vedere più in là, se qualcuno, una mano, un compagno, fosse disposto a volerla, quella spinta, se fosse disposto a rischiare, ad ammaccare il parafango, a perdere qualcosa, pur di guadagnare dell'altro.

E invece le domande sollevano nella testa degli altri questioni insolute, e tu sei la solita pirata della strada, dalla quale è sempre meglio tenere la distanza di sicurezza, non si sa mai che trascini nella tragedia anche te e i tuoi bei interni in pelle e la marmitta nuova di zecca coi cavalli e tutto il resto.

venerdì 5 marzo 2010

Certezze del non.

La certezza è che la risposta è stata trovata, solo che come diceva l'autore di una trasmissione obsoleta, purtroppo è sbagliata.

Detto da Julio Cortazar, la sensazione di non riuscire mai ad essere l'alpha e l'omega, oppure il tremendo supplizio o il folle rischio da correre per raggiungerla.

E nel mentre, siamo epsilon, siamo kappa, amiamo i nostri pi, rho, facciamo la spesa da sigma, quest'ultima soltanto per dirci che riusciamo a strapparci un sorriso volontario e amarci un po' per questo, andiamo a bere mojiti, scopiamo, facciamo telefonate, scriviamo, ascoltiamo, rimproveriamo e consoliamo una gamma di psi, mi, ni, omicron, appendiamo al collo il tau, se servisse a qualcosa per un Occidentale sentirsi parte di un'altra accettazione del mondo mentre il tau si mischia al collo di pelliccia e all'orecchino Miluna volutamente asimmetrico rispetto all'acconciatura, e ancora, le fi, le beta, come le versioni di mondi virtuali che percorriamo ma che sono quasi già visti e sentiti più della relatà per definizione, lo schema sociale appartiene alla testa e non ci si mette un niente a ricrearlo dall'analogico al digitale, e nel frattempo è il weekend e bisogna avere l'ansia di trovare qualcosa da fare, divertirsi e sorridere, o piangere, sempre con chi, fi, lambda, delta, cercando forse dentro il bicchiere la promessa dell'inizio, o quanto meno una fine degna della complessità dei pensieri del cane o del pesce originale, che non riesce a essere nessuna lettera dell'alfabeto né tantomeno la prima o l'ultima.