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martedì, luglio 16, 2024

Beatles Again

Dalla biografia di Graeme Thompson su GEORGE HARRISON, recentemente recensita su queste pagine.
Racconta Leon Russell (riferendosi al 1971):
"George mi accompagnò una volta a casa di Eric Clapton e durante il tragitto mi fece sentire quella che sembrava una serie di canzni dei Beatles.
In realtà aveva estrapolato una canzone da tutti i loro album solisti e le aveva messe insieme: sembrava semplicemente un disco dei Beatles. Lo trovavo stupefacente. E anche lui"


Di seguito un classico gioco che mi piace ripetere e riproporre ogni tanto ovvero un immaginario album che avrebbero potuto realizzare i Beatles nel 1980 (dopo dieci anni di assenza e di silenzio dalle scene, anche a livello solista) con il meglio (personale ed opinabile) dei brani finiti sulle loro produzioni successive allo scioglimento e fino alla morte di John.

Ne sarebbe saltato fuori un capolavoro dai contenuti esplosivi, ricchissimo di singoli, grandi brani e destinato a diventare pietra miliare del rock.
Come sempre spazio diviso tra Paul e John, con qualche pertugio per George e pure un paio per Ringo.

"BEATLES AGAIN"

A SIDE

1) JET
Un brano di Paul , tipico rock n roll spedito (finito su "Band on the run" nel 73), ad aprire l'album
2) COLD TURKEY
Duro e caustico rock acido di John (singolo del 1970) che urla disperato della sua tossicodipendenza
3) MAYBE I'M AMAZED
A stemperare l'avvio al fulmicotone uno dei capolavori di Paul (dal primo "Mc Cartney" del 70)
4) MY SWEET LORD
Tocca a George con l'accattivante ballad "My sweet Lord" da "All things must pass" del 1970
5) WORKING CLASS HERO
Sempre duro e cattivo, John sfodera uno dei suoi capolavori con la splendida ballad del 1970
6) LET ME ROLL IT
Un blues intenso e minimale di Paul del 1973 (da "Band on the run")
7) IT DON'T COME EASY
Tocca a Ringo con uno stupendo pop beat , vertice assoluto delle sue composizioni
8) IMAGINE
Il lato A si chiude con l’epocale "Imagine" di John del 1971

B SIDE

1) DARK HORSE
Un brano poco considerato di George ma dagli stupendi tratti compositivi apre il lato B (intitolava l'omonimo album del 74)
2) LIVE AND LET DIE
Paul alza i ritmi con il pomp rock del singolo che fece da colonna sonora al film su James Bond nel 1973.
3) WHATEVER GETS YOU THROUGH THE NIGHT
John sa essere anche scanzonato, soprattutto insieme ad un ospite d'eccezione, Elton John, in questo singolo irresistibile del 74 (da "Walls and bridges").
4) GIRLS SCHOOL
Ancora Paul con un rock n roll grezzo, semplice e minimale (che fu B side di "Mull of Kyntire" nel 78).
5) JEALOUS GUY
Un'altra stupenda ballata di John (da "Imagine" del 1971).
6) FASTER
George in un grandissimo brano del 1979 (dedicato a Jackie Stewart).
7) COMING UP
Clima danzereccio funky disco per Paul (da Mc Cartney 2" del 1980).
8) GIVE PEACE A CHANCE
Conclusione corale con uno dei brani più importanti di John e della musica.

C Side

1) MIND GAMES
Apre un’intensissima ballad di John, originariamente title track dell’omonimo album del 1973.
2) ATTICA STATE
Il John politico con un infuocato rock n roll (tratto dal controverso “Sometimes in New York City” del 1972).
3) NOT GUILTY
George ripesca un eccellente scarto dell’Album Bianco e lo riporta alla luce all’insegna di un ritmato rock blues. (da “George Harrison” del 1979).
4) TEDDY BOY
Una ballata destinata a “Let it be” (ripescata da Paul nel primo album del 1970), tra le cose migliori scritte dal nostro.
5) PHOTOGRAPH
George e Ringo firmano insieme una veloce ballata cantata dal batterista come sempre all’insegna dell’easy listening (da “Ringo” del 1973).
6) #9 DREAM
Un classico del John più scanzonato, pop, leggero e spensierato.
Tra i suoi migliori brani, sempre poco considerato (da “Walls and bridges” del 1974).
7) LETTING GO
Un rock mid tempo melodicamente perfetto, scarno e deciso (da “Venus and mars” del 1975).
8) JUST LIKE STARTING OVER
John da amante del rock n roll classico confeziona un pop n roll molto fruibile ma sicuramente efficace e da classifica (da “Double fantasy” del 1980).

SIDE D

1) POWER TO THE PEOPLE
Messaggio chiaro e semplice, diretto e senza tema di interpretazioni sbagliate.
Il brano è di presa immediata e destinato a diventare un classico (singolo di John del 1971).
2) BAND ON THE RUN
Un ottimo rock n roll scritto da Paul con una melodia accattivante e di presa immediata (dall’omonimo album del 1973).
3) INSTANT KARMA
Brano al 100% di stampo Lennon, un rock scarno e diretto (singolo del 1970).
4) ALL THINGS MUST PASS
Una ballata dolcissima perfettamente consona al pensiero, alla creatività, alla musicalità di George (dall’omonimo triplo del 1970).
5) MULL OF KYNTIRE
Ballatona ruffiana, commerciale ma di immediata presa, firmata da Paul (singolo di enorme successo del 1977).
6) GOODNIGHT TONIGHT
A Paul è sempre piaciuto sperimentare ritmi e atmosfere diverse e non èstato immune dalla contaminazione disco come è palese in questo perfetto brano sul genere (singolo del 1978).
7) EBONY AND IVORY
Paul porta un brano nuovissimo e i Beatles ospitano Stevie Wonder per un duetto d’eccezione per una ballata riuscita e molto orecchiabile (uscirà nel 1982 su “Tug of war”).
8) FREE AS A BIRD
Un brano corale, molto romantico e melodico di John invece chiude l’album (il brano che lancerà l’”Anthology” e che riporterà i tre Beatles allora superstiti a lavorare su un vecchio demo di John).

giovedì, giugno 20, 2024

Jackie Lomax - Is This What You Want?

Vecchio amico dei Beatles, Jackie Lomax li incrociò parecchie volte dagli esordi in poi con i suoi Undertakers.
Brian Epstein lo prese sotto le sue ali con i Lomax Alliance ma la sua morte, nel 1967, fece naufragare l'esperienza prima di decollare.

Quando Jackie si ritrovò a bazzicare i Fab Four, durante le registrazioni del White Album, facendo i cori anche in "Dear prudence" e in "Hey Jude", George Harrison decise di metterlo sotto contratto con la neo nata Apple Records e produrgli l'album d'esordio solista.
Reclutò con facilità fior di star come Eric Clapton, Nicky Hopkins, Paul e Ringo, la Wrecking Crew americana, Klaus Voorman e altri e gli diede il suo inedito "Sour Milk Sea" (scartato dal White Album) per il singolo (suonato da Harrison con Paul e Ringo).

Paradossalmente fu proprio la presenza di questi nomi a far passare in secondo piano Jackie Lomax che ammise "si parla solo dei famosi che ci hanno suonato e non dell'album".

Il disco è un buon prodotto dell'epoca (pubblicato nel marzo 1969), tra rock, soul, blues e la voce potentissima e "black" di Lomax (tra Chris Farlowe e Tom Jones) a fare da traino.
"Sour milk sea" è stupendo e potente, "Little yellow pills" un grandissimo e veloce soul rock, la title track un imbarazzante plagio melodico di "I am the walrus", "Fall inside your eyes" ruba un po' da "Child of nature" di John (quella che, scartata dall'Album Bianco, diventerà "Jealous guy" in "Imagine"), forse ascoltata nelle session.
"The Eagle Laughs at You" guarda al rock blues del primo Hendrix.

Accompagnato dai singoli "Sour milk sea" e "New day", l'album fu un fallimento totale, toccando solo il 145° posto in America e non comparendo nelle classifiche inglesi.
Probabilmente anche a causa dell'inesperienza come discografici dei Beatles.

La carriera di Jackie Lomax non decollerà mai, restando sempre in ombra fino alla sua scomparsa nel 2013.

Sour milk sea
https://www.youtube.com/watch?v=38lGfyq9PcA

Little yellow pills
https://www.youtube.com/watch?v=TwKetldJ1H8

venerdì, maggio 17, 2024

Beatles - Images of a Woman

Confinati nella suite presidenziale dell'Hilton Hotel di Tokyo per 100 ore tra il 29 giugno e il 3 luglio 1966 (dopo minacce di morte e isterismi vari ricorrenti in quel periodo), in occasione dei cinque concerti al Budokan Hall, i Beatles si dedicarono alla pittura, dipingendo un quadro contemporaneamente, a quattro mani, intitolato "Images of a Woman", sfruttando alcuni regali dei fan, tra cui pennelli e colori.

Tutti e quattro avevano precedenti esperienze artistiche.
John, in particolare ha frequentato la scuola d'arte per tre anni e ha realizzato successivamente una serie di disegni piuttosto noti.

Robert Whitaker, il fotografo incaricato a documentare il tour ha dichiarato: "Assolutamente il miglior periodo a cui abbia mai assistito tra i Beatles. Non li ho mai visti più calmi, più contenti che in questo momento.
Si fermavano, andavano a fare un concerto, e poi era 'Torniamo al quadro!'. Non hanno mai discusso di ciò che stavano dipingendo e l’immagine si è evoluta in modo naturale”.


L'opera fu donata al presidente del Fan Club ufficiale dei Beatles in Giappone, Tetsusaburo Shimoyama, per una vendita di beneficenza.
Il proprietario di un negozio di dischi, Takao Nishino, lo acquistò nel 1989.
Nishino lo consegnò per la vendita a Philip Weiss Auctions nel 2012, e l'Atlantic riferì di aver conservato il pezzo, per alcuni anni, sotto un letto.
L'opera è stata venduta per 1,7 milioni di dollari, commissioni incluse, poco tempo fa, dalla casa d'aste Christie's, triplicando la sua stima di 600.000 dollari.

Ciascuno dei Beatles ha dipinto un angolo della tela che, in realtà, non presenta alcuna rappresentazione figurativa di una donna ma è costituita solo da disegni astratti ad olio e acquerello su uno sfondo dai colori vivaci.
Una lampada lasciata al centro della tela ha lasciato un cerchio vuoto che il gruppo ha utilizzato per le proprie firme.

lunedì, maggio 06, 2024

Paul McCartney & Wings - Band on the run

Ho dedicato ieri nell'inserto "Portfolio", diretto da Maurizio Pilotti del quotidiano "Libertà" di Piacenza, un articolo al 50ennale di "Band on the run" di Paul McCartney & Wings.

Sono ricorrenti, tra i Beatlesiani Doc, accese dispute.
Praticamente su ogni aspetto dell'attività del gruppo e suoi componenti, non di rado su quali sono i migliori album incisi come solisti dopo lo scioglimento.
Se la giocano quasi sempre John e Paul ma George Harrison con il suo capolavoro “All things must pass” del 1970 entra abbastanza spesso tra i preferiti, a sparigliare le carte.
Purtroppo George non seppe più ripetersi a quei livelli, dimostrando che il suo ruolo di compositore, relegato nei Beatles a un paio di brani per ogni album, era la giusta proporzione artistica per la band.
Pure Ringo Starr, più per simpatia e incoraggiamento che per reale spessore artistico, fa ogni tanto capolino con il suo “Ringo” del 1973, anche perché fu una sorta di reunion dei Beatles con John, Paul e George a collaborare, suonando e componendo (pur, in verità, non concedendogli brani di grandissima qualità).

Tornando all'infinita diatriba John/Paul, i primi anni Settanta furono testimoni di un botta e risposta costante, purtroppo non solo artistico. L'uno e l'altro infilarono, in testi e copertine, reciproche invettive (talvolta particolarmente violente, vedi il testo al vetriolo di “How do you sleep?” di John, da “Imagine”, rivolto all'ex amico) o meno dolorose punzecchiature.
Ci vollero un po' di anni per riportare serenità tra i due. John Lennon inaugurò (dopo tre album sperimentali) la sua carriera solista con il gioiello “John Lennon/Plastic Ono band”, un disco immediato, suonato in diretta, cupo e duro, probabilmente il suo capolavoro (con il classico “Working class hero” e la potentissima “God”) al pari del successivo “Imagine”, che oltre all'immortale brano omonimo e l'invettiva contro Paul, contiene lo struggente “Jealous guy” già provato dai Beatles ma mai inserito nei loro album). Le successive prove contengono altri grandi brani ma non eguagliarono questa partenza così ispirata.

Paul McCartney ha una discografia di decine di album e sceglierne i migliori è assai complesso anche perché coprono un arco artistico di oltre mezzo secolo. L'esordio omonimo del 1970, il successivo “Ram”, lo sperimentale “McCartney 2” del 1980, “Flowers in the dirt” del 1989, “Chaos and creation” del 2005 sono eccellenti lavori.

Ma, personalmente, credo che “Band on the run” del 1973, accreditato a Paul McCartney & the Wings, sia una spanna abbondante su tutto il resto e, sempre parere personale (che sarà ovviamente inviso alla totalità dei “Lennoniani” e troverà critiche anche dai “McCartneyiani), rimane il miglior lavoro di un ex Beatles. Album che ha trovato recente ristampa, nel cinquantennale dalla pubblicazione, con l'aggiunta di un disco con i brani "underdubbed” ovvero i mix provvisori senza le parti vocali definitive, le varie sovraincisioni, orchestra e fiati. La storia del disco è, tra l'altro, molto particolare e spettacolare.

Paul decise di registrare il nuovo album lontano dalla solita Inghilterra. Rifiutò uno studio a Rio de Janeiro e addirittura Pechino e, affascinato dai suoni africani e soprattutto da quelli dei dischi di Fela Kuti, l'inventore dell'afrobeat, optò per Lagos in Nigeria, pregustando le session di registrazioni, caratterizzate da giornate trascorse in spiaggia a prendere il sole (peraltro scegliendo la stagione meno adatta visto che abitualmente settembre è una stagione piovosissima da quelle parti e il 1973 non fece eccezione) e nottate in mezzo agli strumenti.
Il viaggio incominciò sotto i peggiori auspici con il chitarrista Henry McCullough e il batterista Denny Seiwell che lasciarono inaspettatamente la band pochi giorni prima della partenza.
Così in Nigeria andarono, dal 30 agosto al 22 settembre 1973, solo Paul, la moglie Linda, il chitarrista Denny Laine e il tecnico Geoff Emerick. L'album fu poi completato a Londra con l'aggiunta delle parti orchestrali, fiati, altri strumenti e il mixaggio.
Paul si occupò (senza problemi grazie alla sua abilità da polistrumentista) di suonare praticamente tutto (dal basso alla chitarra, alle tastiere fino alla batteria, che suscitò il plauso di un esperto come Keith Moon che gli chiese chi fosse quel batterista così abile).

Purtroppo Lagos e la Nigeria non erano come se l'aspettavano.
Dopo la guerra civile, finita pochi anni prima, la città e la nazione erano rigidamente militarizzate, con violenza e corruzione diffuse ovunque.
Anche lo studio di registrazione a Wharf Road nei sobborghi di Apapa era in pessime condizioni con un otto piste (ben lontano dagli abituali standard) e problemi ovunque (quando arrivarono i macchinari non erano collegati e alcune parti non funzionavano). Paul soffrì anche di un forte attacco d'asma che gli fu quasi letale.
Inoltre Paul e Linda subirono il furto di tutti i provini (e una discreta somma di denaro, aspetto che non ha mai preoccupato più di tanto la loro contabilità ma che comunque non rese le cose più facili e spensierate) che avevano preparato prima delle registrazioni. Per fortuna molte parti erano scritte e i brani già ben memorizzati.
Ma l'incidente più "grave", da un punto di vista diplomatico, avvenne proprio con il tanto ammirato e apprezzato Fela Kuti, con cui Paul contava di poter collaborare.
Ma quando il vulcanico Fela venne a sapere della sua presenza in Nigeria lo "denunciò" dal palco del suo locale annunciando che era a Lagos per "rubare la musica africana" e il giorno dopo si presentò improvvisamente in studio per discuterne con l'ex Beatle. McCartney fu costretto a fargli sentire quanto registrato fino ad allora per dimostrare che non c'era nulla di africano nelle canzoni.
"Avremmo voluto usare musicisti africani, ma quando ci è stato detto che stavamo per rubare la loro musica abbiamo detto. "Bene lo faremo da soli". Fela pensava che stessimo rubando la musica africana nera, il suono di Lagos. Quindi gli ho dovuto dire: "Facci un favore, Fela, stiamo bene così, venderemo un paio di dischi qua e là e facciamola finita. Pensavo che la mia visita sarebbe stata un aiuto perché avrebbe attirato l'attenzione su Lagos e la gente avrebbe detto: "Oh, a proposito, com'è la musica laggiù? " e direi che è incredibile. È incredibile ... è musica incredibile laggiù."

Anche Ginger Baker, ex batterista dei Cream, intervenne nella registrazione, un po' risentito che la band non si fosse rivolta a lui e al suo studio che aveva in Nigeria (dove viveva). Paul rimediò incidendo da lui il brano “Picasso last words (drink to me)” e facendogli suonare le percussioni. Il brano ha una storia curiosa.
Paul incontrò sul set del film “Papillon”, Steve Mc Queen e Dustin Hoffman. Quest'ultimo non credette all'affermazione del bassista che potesse scrivere un testo su qualsiasi argomento e mostrandogli un giornale con il necrologio del pittore Pablo Picasso lo sfidò a provarci con quello.
Paul prese l'ultima frase che disse Picasso prima di morire: "Drink to me, drink to my health. You know I can't drink anymore / Bevete a me e alla mia salute, perché io non potrò più bere” e su quello costruì il brano citato.

L'album segue il formato di semi concept che aveva già caratterizzato “Sgt Peppers” dei Beatles in cui i temi delle canzoni si ripetono in un brano o nell'altro, autocitandosi.
Le nove composizioni sono tutte di livello altissimo con due splendide ballate come “Mamunia” e “Bluebird”, l'aspro rock blues “Let me roll it” in palese stile Lennon, il tema dell'album “Band on the run” e il singolo “Jet” che alterna una ritmica reggae con un esplosivo rock n roll.
C'è spazio anche per una ballata scritta da Denny Laine, “No words” e il frizzante finale “Nineteen hundred and Eight five” che si chiude con la ripresa del tema iniziale di “Band on the run”.

Le vendite partirono un po' in sordina per raggiungere poi progressivamente i sei milioni di copie. Molto particolare la copertina con i tre Wings circondati, in posizione plastica, dagli attori Christopher Lee, Kenneth Lynch e James Coburn, il pugile John Conteh, il presentatore e giornalista Michael Parkinson, il conduttore radiofonico Clement Freud.

Kenneth Lynch era in tour con i Beatles nel 1963 e sul bus si affiancò a Paul e John che stavano componendo “From me to you”.
Cercò di dare loro qualche consiglio ma se ne andò dopo poco indispettito urlando “Non scriverò più nulla di quelle maledette sciocchezze con quegli idioti. Non riconoscono la musica dal loro fondoschiena. Niente più aiuto da parte mia!'.

Al di là di ogni preferenza “Band on the run” rimane uno dei migliori album rock degli anni Settanta, frutto di una vena creativa di altissimo livello e una freschezza comune a pochi, che diede a Paul, dopo qualche passo falso iniziale, il posto che gli compete(va) nell'Olimpo della musica pop.

lunedì, febbraio 26, 2024

Il basso perduto di Paul McCartney

Riprendo l'articolo che ho scritto ieri per "Libertà", dedicato al ritrovamento del "basso perduto" di Paul McCartney.

Come più volte constatato il mondo del rock è ormai un museo a cielo aperto con i suoi più vecchi protagonisti ancora in (discreta) forma a interpretare fino alla fine la rappresentazione di un glorioso passato, gli indomiti fan a raccoglierne le sacre spoglie (l'ennesima ristampa del solito disco, le reliquie esposte in mostra, l'agognato autografo, lo strumento accarezzato dall'idolo di turno, l'imperdibile registrazione di un abbozzo di brano inedito con chitarra scordata), in un declino poco decoroso per ciò che è stata una ragione di vita per così tante persone.

Anche perché le nuove generazioni, pur con qualche dovuta, rara, eccezione non hanno saputo avvicendarsi ai mostri sacri che il periodo punk sembrava avere ridotto al silenzio ma che invece tornarono saldamente in sella, senza troppi problemi.
Alla fine, piaccia o meno, chiunque voglia indicare una lista credibile dei migliori album rock di tutti i tempi deve inevitabilmente guardare al periodo d'oro degli anni Sessanta e Settanta, con qualche sporadica aggiunta dai due decenni successivi.

In questo contesto ha fatto grande scalpore il ritrovamento di una sorta di Sacro Graal della musica pop rock moderna, il basso perduto di Paul McCartney.
Paul lo aveva acquistato nel 1961 ad Amburgo, dove i Beatles suonavano nei peggiori locali della città (ancora con il batterista Pete Best in formazione), costruendo di fatto la loro formidabile carriera con concerti che si protraevano anche per otto ore al giorno e che divennero la palestra ideale per affrontare qualche tempo dopo interminabili tour mondiali con una perizia tecnica comune a pochi all'epoca.

Nella band c'era anche il bassista Stu Sutcliffe che decise, dopo essersi fidanzato con la fotografa Astrid Kirchner, di rimanere in Germania, abbandonare la carriera musicale e dedicarsi alla pittura. Purtroppo morì poco tempo dopo, nella primavera 1962, per un'emorragia cerebrale. Paul, chitarrista della band, passò al basso. Essendo mancino ne ordinò uno apposito in un negozio della città che gli procurò un Hofner con la forma “a violino” che diventò una peculiarità dell'immagine della band (e che Paul ha sempre usato nel corso degli anni nei suoi concerti).

Pare che, non essendo ancora in commercio la versione per mancini, fosse un prototipo.
Fu il basso che usò fino al 1963 per poi relegarlo a “riserva” dopo averne acquistato uno di miglior fattura della stessa marca e forma, ma che rispolverò anche successivamente nelle riprese del film “Let it be” / “Get back” e nel video di “Revolution” del 1968.

Il basso sembrerebbe scomparire nel 1969 durante le registrazioni live in studio dell'album “Let it be” ma è stato invece poi accertato che in realtà fu rubato il 10 ottobre 1972 a Notting Hill, durante un tour dei Wings, dal furgone lasciato incustodito e carico di strumenti. Da allora se ne perdono le tracce fino a quando nel 2018 un liutaio della Hofner lancia una campagna per il ritrovamento del prezioso reperto.
Lo scorso anno due giornalisti, Scott e Naomi Jones, si uniscono alla ricerca, portando a casa i frutti sperati, quando un erede di uno dei successivi possessori lo riconosce in casa propria, si mette in contatto con Paul e lo restituisce.
Nel frattempo i ladri lo avevano smerciato in un pub londinese, insieme ad altri amplificatori, probabilmente ignari di cosa avevano tra le mani e di quanto, anche e soprattutto commercialmente, fosse di valore.
Finisce poi nelle mani di una famiglia che lo lascia in una soffitta per decine di anni.

Il liutaio Nick Wass, da cui la ricerca è partita, spiega come è iniziato il tutto:
“Ero già in contatto con Paul e il suo staff. Di tanto in tanto volevano pezzi di ricambio, nel caso durante un tour si guastasse qualcosa. Mi hanno anche chiesto di realizzare un altro basso dello stesso formato e stile del suo classico Hofner, cosa che ho fatto. Ho parlato con Paul e mi chiese esplicitamente:
“Ma tu non sai dove è finito il mio basso perduto? Tu sei della Höfner e dovresti sapere dov'è!” Ovviamente non ne sapevo nulla, ma è lì che è nata l’idea di cercarlo. Quando parlo del mio rapporto con Paul tutti si emozionano e mi chiedono se l'ho incontrato, ma è sempre stato solo una questione d'affari, di lavoro, non da fan”
.

In accordo con Paul e il suo management Nick Wass decide di riprodurne una copia uguale in ogni particolare a quello rubato e di cederlo all'ex Beatle che lo userà occasionalmente. Inizialmente la sua ricerca sortisce qualche indizio, nonostante siano pochi gli organi di stampa a darne notizia, apre un sito a cui si rivolgono alcune persone che sostengono di averlo ma dopo accurati esami l'esito è sempre negativo: mancano alcuni particolari o le date di produzione non sono conciliabili.
Solo con l'intervento recente dei due giornalisti le acque si muovono, la notizia ha una copertura mondiale e le informazioni incominciano ad essere sempre più numerose e dettagliate. Tra cui la vera data del furto che fino ad allora era rimasta al 1969.

Si fece invece sentire uno dei due fonici che avevano in custodia il furgone, Ian Home:
"Ero il fonico degli Wings. Io e il mio collega Trevor Jones avevamo un camion da tre tonnellate che usavamo per spostare l'attrezzatura per Paul da un luogo o da uno studio all'altro. Il furgone fu caricato, era notte fonda, intorno alle 22, del 10 ottobre 1972 e decidemmo di non scaricarlo, ma di lasciarlo vicino alla casa di Trevor, dove alloggiavamo. Non siamo riusciti a trovare un posto dove parcheggiare, quindi l'abbiamo portato da qualche parte nelle vicinanze, a Nothing Hill.
Abbiamo chiuso il furgone con un lucchetto, ma quando siamo tornati la mattina seguente abbiamo scoperto che qualcuno era entrato. Due amplificatori Vox AC-30 e il basso erano spariti.
Abbiamo bussato a tutte le porte per chiedere informazioni, ma nessuno aveva visto niente. Lo denunciammo alla polizia e ovviamente dovemmo dire a Paul che il suo basso era sparito, temendo di perdere il lavoro. Ma Paul era tranquillo: "Non preoccuparti, sono cose che succedono, ho altri bassi".


Ian ha poi lavorato altri sei anni per Paul.
Nick Wass si ricorda di una mail che aveva ricevuto sei mesi prima in cui il mittente raccontava una storia molto simile e lo ricontattò immediatamente.

“Il ragazzo che aveva scritto ha detto che era un autista di ambulanza. Una volta lui e un paramedico avevano un paziente nella loro ambulanza, che raccontò loro la storia. Ho chiesto maggiori informazioni e questa volta è stato il paramedico a dirci di più. Ci ha raccontato di aver sentito qualcosa detto da un paziente, ma conosceva troppi dettagli. Nessuno se lo ricorderebbe da una conversazione.”
La giornalista Naomi Jones ha indagato e scoperto chi viveva in tutti gli otto appartamenti della casa nel 1972, di fronte alla quale era stato parcheggiato il camion. E uno di quelli era il paramedico.
Confessò che il padre non era un santo e che qualche furto alle spalle lo aveva, tra cui anche quello del basso.
Lo nascose dal proprietario di un pub per poi venderlo al figlio del padrone di casa che a sua volta lo passò al fratello che lo ripose in soffitta per quasi cinquant'anni.
Quando la moglie sentì parlare sempre più insistentemente di questa storia si ricordò dello strumento in soffitta, ne mostrò qualche foto allo staff di Paul che riconobbe immediatamente il basso.

“Avevamo fantasticato di miliardari giapponesi o americani che se lo erano accaparrato a suon di milioni e invece era quasi dietro a casa in una soffitta. Quando Paul lo ha recuperato, mi ha telefonato, il che è abbastanza insolito. Era emozionato come un ragazzino: "Ho il basso!. Non ci sono dubbi. Alcune caratteristiche sono molto, molto difficili da replicare. Non c’è dubbio.”

Ora il basso è in restauro, visto che non era conciato benissimo, anche a causa di un maldestro ritocco fatto già nei primi anni Sessanta. Il manico è rotto e anche i pick up sono da sostituire ma tutto sommato sostiene Wass di avere avuto tra le mani situazioni ben peggiori.

Paul, da vero e sincero appassionato, non attende altro che impugnarlo di nuovo in studio o dal vivo, nell'estrema sublimazione e celebrazione del sacro rituale del rock 'n' roll.

venerdì, febbraio 09, 2024

Wings - Band on the run 50th Anniversary Edition

Probabilmente (a mio modesto parere, senza alcun dubbio) il miglior album realizzato da un ex Beatle, rivive con una ristampa in occasione del 50ennale dell'uscita (dicembre 1973).

Il disco fu registrato in condizioni tecniche e logistiche molto precarie a Lagos, in Nigeria da Paul, Linda e Denny Laine, insieme al sound engineer Geoff Emerick.
Pochi giorni prima della partenza, il chitarrista Henry McCullough e il batterista Denny Seiwell lasciarono il gruppo.
Alle difficoltà impreviste si aggiunse il furto dei demo delle canzoni previste.

Esce ora la ristampa dell'album originale più "Helen Wheels" (inclusa solo nella versione americana) con l'aggiunta di un disco con i brani "underdubbed” ovvero i mix provvisori senza le parti vocali definitive e varie sovraincisioni, orchestra e fiati ("Nineteen hundred and eighy five" è addirittura in versione strumentale).

Per gli hardcore fan e appassionati l'ascolto è interessante anche perché dimostra quanto siano valide le canzoni anche in versione più essenziale e scarna e permette di apprezzare le modalità esecutive di Paul (che canta, suona chitarre, basso, piano, tastiere, batteria, percussioni), qualche curiosità poi tolta nelle esecuzioni definitive e la "presenza" in primo piano di molta strumentazione altrimenti coperta dagli arrangiamenti successivi.
Ovviamente materia esclusiva per Beatlesiani McCartneyiani irriducibili.

martedì, gennaio 16, 2024

Pete Best - The Best of the Beatles


L'inatteso licenziamento dell'agosto 1962 per fare posto a Ringo Starr nei Beatles, giusto un mese prima dell'incisione del singolo d'esordio "Love me do" (il resto della storia è più che noto), lasciò il povero PETE BEST nello sconforto più totale.

Brian Epstein trovò il modo di accasarlo con Lee Curtis & the All Stars, diventati Pete Best All Stars.
Successivamente Pete fondò il Pete Best Four prima e poi il Pete Best Combo.
Qualche 45 giri, un tour americano, scarso successo.

Nel 1965 con un piccolo colpo di genio venne pubblicato l'album "Best of the Beatles" con tanto di foto con John, Paul, George e il povero Stu Sutcliffe nei giorni di Amburgo, in cui Pete viene evidenziato con un cerchio intorno alla faccia.

Ovviamente chiunque rimase ingannato dal titolo pensando a una raccolta con il meglio dei Beatles.
In realtà si tratta di un modesto album di cover di brani tra rock 'n' roll e classico Mersey Beat, alcuni dei quali nel repertorio dei primi Beatles.
Venne intentata una causa per frode ma non fu portata avanti in quanto effettivamente quanto riportato sulla copertina era lecito:
era (Pete) Best (già) dei Beatles.

La band si sciolse poco tempo dopo.
Due membri del Pete Best Combo, Wayne Bickerton e Tony Waddington, ebbero poi successo come compositori di canzoni per le Flirtations e i Rubettes.

Pete Best abbandonò la musica, tornando in scena occasionalmente come ospite a vari raduni Beatlesiani.

Non fu interpellato per il progetto "Anthology" da cui però ricavò un sostanzioso "risarcimento" in royalties sulle vendite (nel Volume Uno appare in una decina di brani come batterista), tra il milione e i quattro milioni di sterline.

lunedì, novembre 13, 2023

Beatles - Now and then

Riprendo l'articolo che ho scritto ieri per "Libertà", quotidiano di Piacenza.

Quando mi viene chiesto un elenco preferenziale degli artisti che prediligo, i Beatles non li inserisco mai.
Perché sono fuori gara.
Sono un'opera a sé stante nella cultura e nella società del Novecento, ancora enormemente influenti a oltre cinquanta anni dal loro scioglimento.
Un'opera che prescinde il loro ruolo di semplici musicisti, perché hanno cambiato in tale profondità la vita di milioni di persone e la percezione della musica “Pop”(olare) da renderli unici e inimitabili per sempre.

Per questo la recente uscita del “nuovo” brano, enfaticamente sbandierata come la vera “ultima canzone dei Beatles”, richiede una disamina approfondita, proprio perché ogni loro testimonianza è qualcosa di preziosissimo e culturalmente (non solo da un punto di vista strettamente musicale) importante.

Tra l'altro, perfidamente, la canzone esce proprio nel momento in cui i Rolling Stones avevano ritrovato, dopo tanti anni, le prima pagine dei giornali e l'attenzione di tutto il mondo artistico, con il nuovo e più che ottimo album “Hackney diamonds” (a cui partecipa anche Paul McCartney in un brano). Ed ecco arrivare, subito dopo, un inedito dei Beatles e rilegarli per l'ennesima volta in seconda posizione.

“Now and then” è uno dei tre brani, composti e incisi amatorialmente in casa da John Lennon nella seconda metà degli anni Settanta, che Yoko Ono concesse nel 1995 ai tre superstiti Paul, George e Ringo per rivisitarli, risuonarli, mantenendo la traccia vocale dell'amico, riesumando in questo modo la leggenda dei Beatles a venticinque anni dallo scioglimento.
Il tutto per promuovere l'uscita della corposa serie “Anthology” che raccoglieva in tre volumi (e uno stupendo documentario) una lunga serie di inediti e versioni diverse dei loro capolavori, altrimenti reperibili solo su edizioni illegali o sul web.

Alla fine vennero scelte solo “Free as a bird” e “Real love”, in quanto il nastro di “Now and then” era inutilizzabile con le tecnologie dei tempi. Trascorsi quasi trent'anni è stato ora possibile isolare alla perfezione non solo la voce di John (nell'incisione originale sovrastata dal pianoforte) ma di “ripulirla” in modo da farla sentire nitida, presente, inserita nel migliore dei modi nel contesto strumentale.
Anche le chitarre di George sono state recuperate, il brano riarrangiato, risuonato e cantato anche da Paul e Ringo.

L'uscita del brano ha scatenato fan e semplici appassionati, non tanto per la qualità artistica (dignitoso seppure non indimenticabile) ma quanto sulla necessità o opportunità di rispolverare di nuovo il marchio Beatles.

Operazione che personalmente ritengo inutile.

Non apporta nulla di nuovo, è un espediente già sperimentato prima e, al giorno d'oggi, dal risultato abbastanza prevedibile, quanto invece ai tempi era qualcosa di innovativo e sorprendente. Ricordo perfettamente quando uscì “Free as a bird”, stavo guidando nella periferia milanese sotto un fortissimo temporale. La radio annunciò che stava per essere trasmessa la canzone, accostai l'auto al marciapiede, restai in trepida ed emozionata attesa e quando, dopo i primi due colpi di batteria, partì la musica fu un'emozione intensissima che si impossessò di anima, cuore e corpo. Purtroppo non è accaduto di nuovo.

E' una ripetizione, un riproporre un canovaccio già visto e sentito.

Peraltro ampiamente sperimentato in precedenza in altre forme, fin dal 1978 con “An american prayer” in cui i tre Doors rimasti suonarono nuovi brani sotto alcune poesie recitate dal defunto Jim Morrison. O quando Natalie Cole, figlia di Nat King Cole, duettò con il padre (scomparso da una trentina d'anni) nel brano “Unforgettable”. Lo stesso Paul McCartney propone dal vivo un insert della voce (e video) di John Lennon nel brano “I've got a feeling” e gli Who fanno lo stesso rievocando in video le prestazioni sonore dei deceduti ex compagni Keith Moon e John Entwistle.

Tornando al brano è necessario correggere un'inesattezza che è stata ripetuta più volte. Non si tratta di scarti di John Lennon ma di una scelta tra centinaia di brani che Lennon ha continuato a comporre durante i cinque anni di allontanamento dalle scene e dai palchi tra il 1975 e il 1980, decisione drastica e molto controversa, che prese per accudire al meglio il neonato figlio Sean e la moglie Yoko.
Esistono più di duecento brani, le “Dakota tapes”, che John continuò a registrare in forma di demotape nel Residence Dakota di New York, dove abitava e davanti al quale fu assassinato l'8 dicembre 1980.

In secondo luogo, si è sproloquiato, ovviamente a sproposito, sull'utilizzo dell'Intelligenza Artificiale (parola magica che viene associata ormai a qualsiasi novità artistica o tecnologica).
In realtà lavorare, soprattutto nel 2023, con un vecchio nastro, separare gli strumenti e reinciderci altre parti è normale pertinenza di qualsiasi studio di registrazione. Compito di Paul, Ringo e lo staff che li ha seguiti, è stato riprodurre “artificialmente” “quel” suono dei Beatles, renderlo attuale e allo stesso tempo affine alle loro produzioni di cinquanta anni fa.
D'altronde era prassi nelle loro modalità compositive ed esecutive in studio ovvero collaborare, ognuno a modo suo, a ogni brano, apportando il proprio stile e creatività.
L'effetto “Frankestein” è evidente se pensiamo che la voce di un John non ancora quarantenne e le chitarre di George, suonate quando era cinquantenne, vengano affiancate dalle voci degli ultra ottantenni Paul e Ringo.

Un'operazione che apre le porte a mille opzioni per creare “nuove” canzoni mettendo insieme parti strumentali o vocali di chiunque non sia più tra noi, utilizzando nuove registrazioni, realizzando nuove opere, attribuibili, almeno in parte, a grandi star che ci hanno lasciato prematuramente.
Proprio recentemente, altra frontiera che sembra gradita a molte vecchie rockstar, l'ex bassista e compositore dei Pink Floyd ha avuto l'idea (discutibile, se non altro per il modesto e ininfluente risultato finale) di rifare da cima a fondo la loro opera più famosa, venduta e conosciuta, “The dark side of the moon”.
Il problema che evidenzia questa operazione è già noto ma “Now and then” lo palesa in modo clamoroso, trattandosi dei Beatles.

Il “museo del rock” ha sempre più bisogno di nuovi reperti per perpetuare la memoria di un realtà che non esiste più o perlomeno si sta estinguendo.

Ogni anno se ne vanno tra i migliori protagonisti della grande era rock, i sopravvissuti sono nonni che hanno raggiunto o sono in procinto di farlo, gli ottanta anni.
Con tutti i distinguo del caso, è evidente che i grandi classici della musica rock non hanno avuto alcun credibile ricambio nel corso degli ultimi venti/trenta anni.

Certo, sono usciti grandi dischi e molti gruppi si sono accreditati nel migliore dei modi per assurgere all'Olimpo del rock, nel quale però rimangono, intoccabili e immarcescibili quei soliti nomi che ne hanno scritto la storia e i principali capolavori.
Non a caso è ormai uno stillicidio di ristampe di ogni album storico (ma anche episodi minori) con inediti, registrazioni più o meno rare, foto mai viste, rimasterizzazioni, nuovi mix e chi più chi ne ha più ne metta, al fine di sfruttare questa inguaribile nostalgia per un mondo che non c'è più.

Il video che ha accompagnato “Now and then” è, in questo senso, una delle operazioni più imbarazzanti e desolanti mai viste, con Paul e Ringo in studio nel 2023, affiancati dalle immagini in movimento di John e George, estrapolate da riprese del 1967, che “interagiscono” tra di loro.
In tanti lo hanno definito commovente, personalmente non riesco a riguardarlo senza arrossire per loro.
Il perfetto dono confezionato per i nostalgici che rivedono per un attimo i quattro Beatles insieme.

https://www.youtube.com/watch?v=Opxhh9Oh3rg

Un nuovo ennesimo ciondolo e souvenir da posizionare nel suddetto “museo del rock”.
Ma che, ovviamente, non apporta nulla di concretamente nuovo, non contribuisce di certo a muovere una virgola di quello che già conosciamo, diventa, un pur godibilissimo, inutile nostalgico orpello.

mercoledì, aprile 05, 2023

Ringo Starr - It don't come easy / 1970


Uno dei migliori brani incisi da un ex Beatles.
Prevalentemente composto da George Harrison, ne cedette tutti i diritti all'amico Ringo.

"I wrote this song with the one and only George Harrison." (Ringo)

Inzialmente intitolato You Gotta Pay Your Dues nel febbraio 1970 ne venne inciso un demo ad Abbey Road, durante le registrazioni delll'album solo di Ringo "Sentimental journey" con George alla chitarra acustica ed elettrica, Ringo alla batteria, Klaus Voormann al basso, Stephen Stills al pianoforte, Peter Ham e Tom Evans dei Badfinger ai cori.

Nel demo si sentono chiari i cori "Hare Khrisna", che nella versione definitiva saranno mixati a volume più basso, meno percettibile, sotto l'assolo di chitarra.
In cabina di regia George Martin.

It don't come easy demo cantato da George Harrison
https://www.youtube.com/watch?v=5k8jSRZpitc

La versione definitiva fu completata successivamente, l'8 marzo, con Mal Evans al tamburello e Ron Cattermole al sax e alla tromba, ai Trident Studios e con l'aggiunta della traccia vocale di Ringo e un pianoforte di Gary Wright in ottobre .

Fu pubblicato nell'aprile 1971 e raggiunse il quarto posto delle classifiche inglesi e americane e il primo in Canada.

Versione finale
https://www.youtube.com/watch?v=bvEexTomE1I

Fu eseguito live al Concerto for Bangladesh nell'agosto 1971.

It don't come easy, live al Concert for Bangladesh
https://www.youtube.com/watch?v=LyqCV51HH0o

Ringo Starr lo ha costantemente inserito nei suoi live act a partire dalla sua prima All Starr Band del 1989 con Joe Walsh, Nils Lofgren, Dr. John, Billy Preston, Rick Danko, Levon Helm, Clarence Clemons, Jim Keltner.

https://www.youtube.com/watch?v=lDHOY8Zmo2o

Nel testo un cenno (consapevole) alla recente pessima fine dei Beatles e uno sguardo al futuro:
Dimentica il passato e tutti i tuoi dolori
Il futuro non durerà, presto sarà il tuo domani
Non chiedo molto, voglio solo fiducia
E sai che non è facile


Molto interessante e particolare la facciata B "Early 1970" un country rock (con George alla chitarra e piano e Kalus Voorman al basso) il cui testo fa esplicito riferimento agli altri tre Beatles. Al brano collaborò inizialmente anche John Lennon a livello di produzione. Ringo suona anche la chitarra acustica e il dobro.

Early 1970
https://www.youtube.com/watch?v=WEcgA2hzlWQ

Lives on a farm, got plenty of charm, beep, beep.
He's got no cows but he's sure got a whole lotta sheep.
And brand new wife and a family,
And when he comes to town,
I wonder if he'll play with me.
Laying in bed, watching tv, cookie!
With his mama by his side, she's japanese.
They scream and they cried, now they're free,
And when he comes to town,
I know he's gonna play with me.
He's a long-haired, cross-legged guitar picker, um-um.
With his long-legged lady in the garden picking daisies for his soup.
A forty acre house he doesn't see,
'Cause he's always in town
Playing for you with me.
I play guitar, a - d - e.
I don't play bass 'cause that's too hard for me.
I play the piano if it's in c.
And when I go to town I wanna see all three,
And when I go to town I wanna see all three,
And when I go to town I wanna see all three.

giovedì, gennaio 19, 2023

I 54 strumenti suonati da Paul McCartney


Il sito reddit.com si è preso la briga di contare gli strumenti suonati da PAUL MCCARTNEY:
CINQUANTAQUATTRO
(con qualche forzatura).

Basso
Chitarra (Acoustic, Electric, 12-String, Flamenco, Classical, Spanish, Lap Steel, Cigar Box)
Mandolino
Ukulele (RAM [1971])
Banjo
Autoharp (Chaos & Creation In The Backyard [2005])
Violino (Flowers In The Dirt [1989]
Violoncello "Blue Jay Way" e in "Chaos & Creation In The Backyard" [2005]
Contrabbasso
Sitar (Off The Ground [1993]
Bouzouki (New [2013]
Ngoni (New [2013] Track 14: Get Me Out Of Here)
Piano (Acoustic & Electric)
Synthesizer
Mellotron
Electric Organ
Clavichord
Harpsichord (Acoustic & Electric) New [2013] e Give My Regards To Broad Street [1984]
Spinetta
Celeste (New [2013] in Alligator e Road in Flowers In The Dirt [1989]
Batteria
Tambourine, Claves, Cowbell, Maracas)
Timpani
Triangle (Chaos & Creation In The Backyard [2005])
Chimes
Congas
Bongos
Bells (Tubular & Handshake) in Chaos & Creation In The Backyard [2005] and The Beatles [1968]
Handclaps, finger-snaps, foot-taps, knee-slaps, vocal bassline - "I will")
Gong
Vibrafono (Flaming Pie [1997])
Vibrachimes (Chaos & Creation In The Backyard [2005])
Glockenspiel
Xylofono
Woodblock
Güiro
Washboard
Recorder Flauto (Magical Mystery Tour [1967] Track 2: The Fool On The Hill), (Chaos & Creation In The Backyard [2005])
Harmonica
Kazoo
Concertina
Flageolet (flauto)
Ocarina
Harmonium
Melodica
Voce
Fischio
Vocoder
Wine Glass
Flugelhorn
Tromba
Woodsaw
Play-Me-A-Song Book
Tape Loops

mercoledì, giugno 15, 2022

I biglietti dei concerti dei Beatles


I biglietti per andare a vedere i BEATLES non erano particolarmente a buon prezzo se rapportati a un costo odierno.

Prima di diventare famosi vederli al Cavern era gratis ma con il successo venne introdotto un biglietto .
Per il loro ultimo concerto nel locale di Liverpool (dopo circa 300!!!), il 3 agosto 1963, il prezzo era di 9 Shillings e 6 Pence (15 dollari attuali).


A Kansas City il 17 settembre 1964 il prezzo era di 8.50 dollari (corrispettivo attuale 70 dollari).


Sei mesi prima a Washington costava poco più della metà, 4.50 dollari.


Molto meno in Inghilterra, lo stesso anno, una sterlina (25 dollari attuali).


Nell'ultimo concerto allo Shea Stadium di San Francisco il cachet fu di 304.000 dollari corrispondente a 2.818.000 dollari odierni!


Nell'agosto del 1965 i BEATLES suonarono a San Diego al Balboa Stadium.
I biglietti costavano, a seconda della posizione $3.50, $4.50 e $5.50.

Spettatori 17.013, biglietti invenduti 10.001.
I Beatles intascarono 50.000 dollari garantiti + una percentuale prestabilita sui biglietti (scarsi) per un totale di 50.135 dollari.

Interessante l'analisi dei costi sostenuti per il concerto.
Sound system rental: $725.20
Stage construction: $249
Nurses at stadium: $40
Ambulance service at stadium: $25
House light man: $20
Posters: $7.80
Tips to stage crew, policemen and firemen: $130

I Beatles chiesero una tastiera, due casse di soda pop, Kentucky Fried Chicken, tre televisioni portatili; quattro lettini e set di lenzuola pulite, cinque bottiglie d'acqua da un gallone; 10 dozzine di bicchieri di carta e 24 panini assortiti.
Il costo totale per il loro cibo nel backstage è stato di $ 33,96.
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