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lunedì, dicembre 06, 2021

The Beatles - Get Back di Peter Jackson


Riprendo l'approfondimento che ho scritto ieri per "Libertà" sul doc film sui Beatles, "Get back".

Uno degli eventi più attesi degli ultimi anni, di cui si erano avute alcune interessanti anticipazioni ma che, contro ogni aspettativa, è riuscito ancora una volta, in modo tipicamente beatlesiano, a sorprendere e a cambiare la narrazione e la sostanza della “vera” storia dei Beatles.

Il regista Peter Jackson (al suo attivo pellicole come “Il Signore degli anelli”, “King Kong”, “Lo Hobbit”) ha selezionato tra 60 ore, girate da Michael Lindsay Hogg nel 1969, “riducendole” a sole otto (!), per confezionare uno dei docu film più particolari, nella sua unicità, della storia del rock.

Il film di Lindasy-Hogg, “Let it be”, era già uscito nel maggio 1970 (vincendo un Oscar per la colonna sonora), poco dopo lo scioglimento della band, mostrata in drammatica decadenza.

“Get Back” di Jackson cambia le carte in tavola e ci propone tutt'altra storia, con un gruppo in preda a cambiamenti e scontri personali ma ancora terribilmente vivo e creativo ma che, soprattutto, continua a volersi un sacco di bene.

Due puntualizzazioni sono necessarie: il film è pertinenza (quasi) esclusiva dei fan più sfegatati e profondi conoscitori dei Beatles. Solo loro sono in grado di apprezzare, sopportare, comprendere in pieno la lunghezza del film.
Per il resto del mondo le prove, gli scherzi, i dialoghi, i litigi, le improvvisazioni caotiche, le cover raffazzonate risulteranno insignificanti, noiose e inutili.
In seconda battuta, come si è sempre erroneamente creduto, non è rappresentata “la fine dei Beatles”, che, dopo queste riprese, resteranno insieme ancora per un altro anno, sfornando quello che è presumibilmente il loro capolavoro, “Abbey Road”. “Get back” è invece la ricostruzione del mese di lavoro della band che porterà, il 30 gennaio 1969, al famoso e breve concerto sul tetto della Apple Records, qui interamente documentato.

Si parte dal 2 gennaio 1969, quando Paul, John, George e Ringo si ritrovano in un enorme studio di Twickenham per preparare uno spettacolo, un rientro sulle scene, un ritorno alle origini (“Get back”) della band, dopo anni di voluta assenza dai palchi, una serie di capolavori discografici, l'ascesa nell'Olimpo della musica, arte, cultura, assurti a opera d'arte vivente.
Paul McCartney vuole che la band, dopo i sempre più numerosi contrasti degli ultimi tempi, si ricomponga per sfuggire alla forza centrifuga che sta proiettando ognuno versi altri progetti. Pensa ai Beatles che riprendano in mano gli strumenti e suonino come facevano agli esordi (sette anni prima, solo sette anni, durante i quali hanno cambiato il mondo della musica e non solo), per ritrovare spontaneità, freschezza, genuinità.
E che tutto ciò venga dettagliatamente filmato, dalle prove fino allo show finale. Che, anticipa il preveggente Paul, “tanto sarà il nostro ultimo concerto”.

Il progetto iniziale prevede di esibirsi a Sabrata, in Libia, nei resti del teatro romano. In poco tempo l'idea, pur suggestiva, viene cassata.
Si passerà a un concerto londinese a Regent's Park, a Londra. Ma l'unico a volerlo è lui, agli altri non interessa più risalire su un palco.
Passano i giorni, le tensioni salgono, John sembra assente (con Yoko costantemente a fianco), George infastidito e incattivito, Ringo annoiato.
Paul cerca di stimolarli “Non siamo pensionati del rock”), prende le redini delle prove ma finisce sempre malamente, tra nervosismo (George gli si rivolge, durante un'accesa discussione, in modo sprezzante, “Non mi infastidisci Paul, ormai non mi infastidisci più”), tempo perso, musicisti annoiati.
Alla fine George si alza e lascia il gruppo. “Ci si vede in giro in qualche locale” dice.
La scena è incredibile, i tre sembrano non prendersela, pensano a sostituirlo con Eric Clapton, poi si lasciano andare all'isteria e alla depressione, con occhi lucidi e sconforto palpabile.

Lo convinceranno a ritornare e da lì la faccenda cambia radicalmente. Sono tutti più distesi, propositivi, emerge l'imponente figura artistica e creativa di Paul che compone, arrangia, crea in diretta capolavori immortali, rende geniali le bozze degli altri.
In mezzo gli scherzi, le battute, il caustico humor dei quattro che ritrovano unità e voglia di fare e stare insieme. Soprattutto quando si aggiunge Billy Preston, geniale tastierista (suonerà con Stones, Aretha Franklin, Ray Charles, Bob Dylan, Miles Davis, Elton John e mille altri) che passa a salutare i ragazzi (conosciuti ad Amburgo anni prima) e si ritrova di punto in bianco nella band. Osservare la sua faccia quando glielo propongono, così, sui due piedi, e quella dei quattro Beatles, subito entusiasti ad ascoltare quello che suona, è imperdibile.

La sublimazione dell'innocenza.

Ricordiamoci che Billy aveva 23 anni, i “quattro” andavano dai 25 ai 28. Anche se nel nostro immaginario ci appaiono adulti, immortali, saggi e onniscienti erano ancora ragazzi giovanissimi.
La sua presenza rivitalizza la band, nascono nuove canzoni. Nel film ne vediamo la prima scintilla, le progressive modifiche, i reciproci suggerimenti, i cambiamenti, in un lavoro corale, condiviso, in cui ognuno apporta il proprio contributo.
Fino ad avere sotto gli occhi “Let it be”, “The long and winding road”, “Two of us”, “Don't let me down”, “Get Back” e le radici di successivi capolavori come “Something”, “All things must pass”, “Jealous guy”.

La band stringe i tempi, lo show, non ancora definito, si avvicina e alla fine decidono (ennesimo colpo di genio) di farlo sul tetto della Apple, nei cui studi si sono spostati.

Gli dei della musica assurgono al cielo, si avvicinano al divino.

Lasciando a terra l'incredibile fauna che li circonda anche durante le registrazioni (mogli, compagne, fonici, produttori, discografici, fotografi, cameramen, amici in visita, manager, personaggi di vario tipo).
E da lì, il 30 gennaio 1969, in un breve concerto di una manciata di brani, lanciano l'ultimo messaggio al mondo.
E' il momento clou del film (e degli anni Sessanta).
La gente in strada non capisce, sono i Beatles, si sentono ma non si vedono, si crea affollamento, in tanti salgono sui tetti circostanti per avvicinarsi e guardarli insieme (inconsapevolmente) per l'ultima volta, la maggior parte apprezza, in pochi protestano perché la confusione creata “danneggia il commercio”.

I Beatles, a dispetto dei detrattori ignoranti, suonano benissimo, cantano divinamente, diventano un unicum di suono, immagine, creatività.

L'icona Beatles risplende in tutta la sua luminosità, solamente perché sono loro e perché nessun altro è mai stato e mai sarà più come Paul, John, George e Ringo insieme.

Gli anni Sessanta si chiudono e un'epoca irripetibile lascia spazio ad altro (meglio o peggio è pertinenza esclusiva del giudizio personale).
Il capolavoro dei Beatles è stato nello sciogliersi alla fine del decennio di cui sono stati simbolo.
Anche se, emerge chiaro dal film, non ne avevano alcuna intenzione all'epoca.
George confida a John e Yoko di voler fare un album solista con lo scopo di poter aver finalmente lo spazio che ormai meritava ma che nei Beatles non poteva avere, sottolineando che sarà anche un modo per rafforzare l'unità del gruppo.
Alcuni brani, che ritroveremo negli album solisti dei componenti, sono in predicato di entrare nel prossimo album della band.
Il motivo scatenante dello scioglimento emerge, inconsapevolmente, verso la fine del film, quando il manager Allen Klein si offre di gestire gli affari della band.
Paul vorrà il padre della moglie Linda, gli altri tre rifiuteranno e i Beatles finiranno (anche per questo).

E finalmente da queste immagini Yoko Ono, da sempre vituperata e considerata la causa della rottura, viene “scagionata”. E' sempre appiccicata a John ma non interferisce mai, se ne sta in silenzio, legge, prende appunti, fa persino l'uncinetto.
Sostiene la fragilità di John, ne smussa le asperità del carattere. E' costantemente presente ma con dolcezza, mai ingombrante o invasiva.

Uno dei momenti più esplosivi del film è quando arriva la polizia a sospendere il concerto sul tetto.
Sono due giovani ragazzi che sotto gli elmetti e il piglio autoritario nascondono un caschetto alla Beatles.
Ma devono mantenere fede al loro ruolo.
Imbarazzati, impacciati, probabilmente devastati dall'ingrato compito. Le telecamere li spiano nel loro straziante dilemma.
Un altro elogio all'innocenza.

Tutto intorno esplodono i colori, la naiveté e la freschezza dei protagonisti, l'abbigliamento del pubblico del concerto sul tetto, le pettinature, le minigonne, le giacche a tre bottoni, la sensazione di un mondo nuovo che stava per esplodere.

“Get Back” è un inimitabile ritratto di un'epoca tanto esaltante quanto finita.
E che i Beatles hanno rappresentato, tanto più in queste immagini, in cui li vediamo veri, presenti, “umani” in maniera imbarazzante.
E per questo ancora più vicini e immortali.

lunedì, novembre 29, 2021

Beatles - Get Back



Approfondirò successivamente le impressioni sul film "Get Back" di Peter Jackson.
Queste sono le prime conclusioni e sensazioni.

PREMESSA 1.
Il film è pertinenza (quasi) esclusiva degli hardcore fan dei BEATLES.
Solo loro sono in grado di apprezzare, (sopportare), comprendere in pieno, le OTTO ore di film.
Presumibilmente per il resto del mondo le prove, gli scherzi, i dialoghi, i litigi, le improvvisazioni caotiche, le cover raffazzonate risulteranno insignificanti,noiose e inutili.

PREMESSA 2.
Dopo queste riprese i Beatles proseguiranno la carriera per un altro anno, incidendo il capolavoro "Abbey Road" (probabilmente il loro migliore album) e il singolo con gli inediti "The ballad of John & Yoko"/"Old Brown Shoe".
Non si tratta di conseguenza di immagini che documentano la "fine della band".

Il film ha una perfetta logica, poco comprensibile all'inizio.
Ovvero la ricostruzione (inconsapevole), certosinamente dettagliata, del concerto sul tetto del 30 gennaio 1969, che passa attraverso una lunga serie di progetti e idee, progressivamente disattese ed eliminate.

Si parte da un gruppo distrutto, indifferente, annoiato, tenuto in piedi solamente da Paul, alla ritrovata voglia, freschezza, energia dei quattro che recuperano l'unità dei primi tempi e la gioia di stare insieme e di volerlo fare ancora a lungo.
In mezzo giganteggia Macca, per la sua spaventosa capacità creativa, produttiva, ingegnosa nel sapere scrivere e arrangiare.

Infine:
i colori, la naiveté dei protagonisti e di chi sta loro intorno, l'abbigliamento del pubblico del concerto sul tetto, le pettinature, le minigonne, le giacche a tre bottoni, la sensazione di un mondo nuovo che stava per esplodere.
Un incredibile ritratto di un'epoca.

E inoltre:
i Beatles sapevano suonare benissimo, raffinati quandi necessario, duri quando serviva, armonie vocali da brividi, senso del groove innato, Billy Preston sublime a unire la band, una spanna su tutti.

Ultima:
Love Yoko.

mercoledì, ottobre 27, 2021

Beatles in Mongolia



Durante il regime comunista che governò la Mongolia, soprattutto negli anni 70 e 80, la maggior parte delle musiche provenienti dall'Occidente furono bandite.

La musica rock (in particolare quella dei Beatles) divenne così clandestina e veniva ascoltata di nascosto, in particolare in una zona ai tempi periferica di Ulan Bator.

Dove oggi (diventata zona centrale moderna di shopping e uffici, nel terzo distretto del quartiere di Cingeltei) sorge un monumento (progettato dall'architetto B.Denzen) dedicato proprio ai Beatles, in rappresentanza simbolica di quei suoni e di quel periodo, eretto con una colletta dagli abitanti della zona.

mercoledì, ottobre 20, 2021

The Beatles - Let It Be Special Edition: Super Deluxe Editions



Ennesimo raschiamento del barile BEATLES che continua a dare materiale in abbondanza a fan e ammalati dei Fab Four.

Delle session di "Let it be" esistono ore ed ore di registrazioni (ampiamente disponibili su centinaia di bootleg), non propriamente esaltanti.
Con questa nuova operazione si recuperano un po' di frattaglie, alcue buone, altre trascurabili a cui Giles Martin aggiunge il remix 2021 della versione originale che guadagna maggiore pulizia e brillantezza ma è materia per audiofili e superfan.

I restanti quattro CD contengono 45 outtakes, inediti, jam session, parlati.
Buona parte francamente inutile, tra chiacchiere, dialoghi, sequenze di accordi, qualche prova, un po' di scherzi, versioni simili alle conosciute.

Il CD Apple Sessions contiene una alternate take molto affascinante di "Two of us" (una delle migliori canzoni degli ultimi Beatles), un po' meno riuscita una fiacca "Let it be" (con "Please please me" piano e voce di Paul come intro) e altri brani come "For your blue", "Ive got a feeling", "One after 909" - più rock 'n' roll e cruda - "Dig a pony", in versioni simili a quelle conosciute.
Carina la "Get back" un po' jammata, inutile la strumentale "I me mine" in medley con "Wake up little Susie" degli Everly Brothers.

Molto più interessante Get Back – Rehearsals and Apple Jams.
Le registrazioni sono qualitativamente scarse ma contengono piccole gemme, come "All things must pass" che di lì a poco titolerà il triplo solista di George e John che fa ascoltare "Gimme some truth", in versione acustica ed embrionale.
La band prova un po' di brani che finiranno su "Abbey Road" come una bella "She came in through the bathroom window", una noiosa e sgangherata "Oh darling", le bozze di "Something" e qualche briciola come la jam su "The walk" di Jimmy McCracklin e il classico blues "Without a song" (ripreso anche da Frank Sinatra).
Si chiude con una bella versione di "Let it be" con testo leggermente diverso.

Get Back LP contiene invece il mix fatto da Glyn Johns (che tra Who, Stones, Kinks e il meglio della scena brit beat aveva lavorato un po' con tutti), rifiutato dalla band e che sarebbe dovuto essere l'album "Get back".
Per fortuna abbandonato.
Molto meglio la ridondanza di Spector e l'esclusione di ciò che avrebbe dovuto rappresentare la spontaneità di una sorta di live in studio.
Trascurabile se non come documento.

Il quinto CD Let It Be EP propone due mix del 1970 di Glyn Johns entrambi riuscitissimi, sia "Across the universe" che una potentissima "I me mine" oltre al remix 2021 di "Let it be" e "Don't let me down".

Come sempre noi Beatlesiani apprezziamo ma si tratta di materiale non di rado già noto e che aggiunge poco alla grandezza di Paul, John, George e Ringo.

venerdì, settembre 10, 2021

I Beatles e Kabir Bedi



E' appena uscita l'autobiografia Stories I Must Tell (Westland Books) di Kabir Bedi, il noto interprete di Sandokan.
In cui racconta di un incontro/intervista con i BEATLES nel 1966.
Molto divertente e naif.

Nel 1966, di ritorno da un tour a Manila a Londra, i Beatles fecero una sosta di tre giorni a Delhi.
Kabir Bedi, ai tempi giornalista freelance di 20 anni di All India Radio è riuscito a ottenere un'intervista con i quattro per 30 minuti bluffando con il loro manager, Brian Epstein, che era stata richiesta dal governo indiano.
L'intervista non andò mai in onda e Kabir lasciò la radio, spostandosi a Mumbai, dove ha lavorato in aziende pubblicitarie e in seguito è diventato un modello e un attore.

"Nel 1966, l'anno in cui li intervistai, i Beatles erano diventati uno dei gruppi di maggior successo nella storia della musica pop. La “Beatlemania” imperversava in tutto il mondo.
Ed eccomi qui, un fan pazzo appena uscito dal college, che li intervistava nella loro stanza d'albergo, l'unico giornalista indiano che riusciva a mettersi in contatto con loro.
Ero un fan dal 1963, l'anno in cui mi sono iscritto al college, dopo che mi hanno lasciato senza fiato con I Want to Hold Your Hand e She Loves You.
Nel 1964, ho adorato il loro Hard Day's Night. Ma Yesterday, nel loro album del 1965 Help, mi ha convertito in un fan sfegatato.
Il loro ultimo album è stato Rubber Soul.

È vero che Rubber Soul ha venduto oltre un milione di copie nei suoi primi dieci giorni?
Paul: Questo è quello che ho sentito anch'io

Adoro "Michelle", è una canzone così tenera. Cosa ti ha spinto a dargli un titolo francese? Era una ragazza che conoscevi?"
No, no, niente del genere. L'avevo composta molto tempo fa. È una canzone d'amore... Michelle sembrava romantica...

Consideri i toni più morbidi di Rubber Soul come una nuova direzione nella tua musica?
Abbiamo provato un sacco di nuovi suoni, il nostro prossimo album potrebbe spingere più in là un paio di confini.

Stava parlando di Revolver, uno dei loro album più innovativi, uscito un mese dopo. Aveva una musica più radicale e innovativa con Eleanor Rigby, I'm Only Sleeping e il giocoso Yellow Submarine.

Puoi dirmi cosa devo aspettarmi? Sperando in uno scoop di qualche tipo.
Non proprio, Paul scosse la testa affabilmente. Dovrai solo aspettare. Ma è un buon album.

Sono un po' indiano
George Harrison mi fece un cenno verso di lui mentre pizzicava un sitar. Il suo amore per il sitar lo aveva reso "l'indiano" tra i Beatles.
Volevo sondare il suo rapporto con l'India e lo spiritualismo indiano.

Ci hai entusiasmato tutti suonando il sitar in Norwegian Wood.
Ha accettato il mio complimento con un cenno del capo e un sorriso.
È la prima volta che un sitar viene suonato in una canzone occidentale?
Non riesco a pensare a nessun altro, ha risposto con un accenno di sorriso. Mi piacerebbe usarlo di più.

Successivamente, ha usato il sitar in modo molto più creativo in Love You To e Tomorrow Never Knows, entrambi nell'album Revolver.
Per i suoni sitar di Strawberry Fields ha effettivamente usato uno swarmandal, noto come "l'arpa indiana".
Come chitarrista solista dei Beatles, era sempre alla ricerca di nuovi suoni.

Porti sempre con te il tuo sitar?
No. Ne compro uno qui.

Qui a Delhi? Annuì mentre lo posava delicatamente.
È buono.

Quello era un mini-scoop. E indovina un po'? George Harrison compra i suoi sitar a Delhi!

Sei influenzato da Ravi Shankar?
È un grande musicista. Sono molto impressionato da lui. L'ho incontrato solo di recente.

Hai intenzione di passare più tempo con lui?
Ho molto da imparare da lui.

Ho letto che ti interessa molto la filosofia indiana…
L'induismo è come un oceano... ho letto Vivekananda.

Swami Vivekananda?
Vivekananda era famoso in Occidente da quando aveva parlato dell'induismo al Parlamento mondiale delle religioni a Chicago.

È per questo che ti chiamano l'indiano dei Beatles?
Sorrise dolcemente. Non sono indiano…
Se cerchi una via, tutte le religioni ce l'hanno.
Puoi dire che sono un po' indù.
Spero di tornare con i ragazzi un giorno.


Sono passato a Ringo Starr, uno dei migliori batteristi al mondo.
Era assorbito dai suoi giornali, eppure si rivolgeva a me con cordialità.
C'era un calore seducente nei suoi occhi che mi faceva piacere.
Mi sono connesso con lui a livello umano.
Sembrava un uomo per natura onesto.
Ma aveva solo una battuta, o una parola, per ogni domanda che facevo.

Avevi sempre voluto essere un batterista?
Sì.

Avevi una canzone preferita?
Le ballate.

Cosa sapevi dell'India?
Non tanto.

Hai un messaggio per Peter Best, che hai sostituito come batterista dei Beatles?
No.

Mi ha guardato con aria interrogativa e mi ha chiesto:
Come sei arrivato qui?
Gli ho detto quanto fosse stato difficile aggirare Epstein, ma non come l'avevo fatto.
La cosa lo divertiva molto.
Poi, mi sono complimentato con il suo modo di suonare la batteria in Day Tripper.
Mi ha salutato con un sorriso di ringraziamento.

Sono passato a John Lennon. Ma non era ancora pronto per me.
Non ho ancora finito con questo signore, disse John, indicando l'uomo in abito scuro. È il manager di BOAC (la British Airways oggi).

Non posso credere che io stia parlando con John Lennon.
John sorrise e io mi sciolsi.
Quanti anni hai? chiese.

Ventuno. Sono appena uscito dal college. Lavoro per All India Radio.
È una bella età. In quel periodo formammo i Beatles.

Veramente? Non mi ero reso conto che fosse così giovane in quel momento. Avresti mai immaginato di essere così famoso?
Ogni musicista vuole essere famoso.

Cosa significa 'Day Tripper'?"
Mi guardò con una certa sorpresa.
Beh...una specie di... come un filosofo del fine settimana.

Filosofo del fine settimana?
Sai... persone che non fanno le cose regolarmente.

Posso farti una domanda personale? Se devi, disse, guardingo.

Fumi hashish o erba?
Gli occhi di John si strinsero nei suoi occhiali rotondi.
Stai cercando di mettermi nei guai, amico?
Non conosco le leggi da queste parti. Alcuni musicisti fumano, altri no. Giudicali dalla loro musica.


A giudicare dalla tua musica, sì Scosse la testa, ma calorosamente.
Prossima domanda? disse, volendo chiudere l'argomento.

E l'LSD?
Non l'avevo provato, anche se ero curioso.
Che ne dici?
Ora sembrava sulla difensiva, tutto il suo calore svanito.

Hai mai provato l'LSD?
No, non l'ho fatto. disse John bruscamente.
E chiariamo una cosa, vero? Non mi piacciono le persone che diffondono storie del genere. Può essere pericoloso.
So che vuoi uno scoop, ragazzo.
Non ti biasimo.
Ma qui non posso aiutarti.


Posso abbracciarti?
Lo evitò con grazia.
Mi cinse con un braccio e mi guidò alla porta.
Paul salutò da lontano.
George era ancora concentrato sul suo sitar.
Ringo stava leggendo le sue carte.
Stavo camminando sulle nuvole mentre lasciavo la loro stanza.
Avevo incontrato i miei dei, i Beatles.

mercoledì, settembre 08, 2021

Il tour degli Wings nelle università / Wings University Tour



Nel 1972, con i neo costituiti WINGS, PAUL MC CARTNEY decise di realizzare il progetto concepito ma da subito rifiutato dagli tre, di riportare i BEATLES in tour in piccoli locali, alla fine degli anni 60, per ritrovare l'urgenza e l'immediatezza degli esordi.
La faccenda finì nelle caotiche session di "Let it be" prima che i Fab Four si sciogliessero rumorosamente.

“Volevo salire su un furgone e fare un concerto senza pubblicità in un sabato sera a Slough Town Hall o in un posto del genere. Ci chiamiamo Rikki e i Red Streaks o qualcosa del genere entriamo e suoniamo. Non ci sarebbe la stampa e non ne parleremmo a nessuno. Ma John pensava che fosse un'idea stupida".

Le prove del tour durarono qualche giorno, dal 2 al 7 febbraio 1972, all' Institute of Contemporary Arts (ICA) di Londra.
Poi Paul, la moglie Linda, Denny Laine, Henry McCullough e Denny Seiwell partirono in furgone in giro per l'Inghilterra suonando, senza preavviso né pubblicità nelle università che decidevano di accoglierli.
Biglietti a mezza sterlina e proventi divisi equamente tra i membri del gruppo.
Paul si sorprese di dovere maneggiare di nuovo soldi contanti dopo tanti anni in cui qualunque spesa era coperta da manager o accompagnatori.

"Avevamo deciso che saremmo tornati al punto di partenza.
Nessun grande tour, non prenoteremo nemmeno gli hotel, tutti in un furgone - la band, i bambini, i cani - prendemmo l'autostrada e trovavamo un posto dove suonare.
Volevamo suonare nelle università e la nostra idea era di entrare e dire: "Vuoi che suoniamo per te?" Era così semplice e folle.
Il nostro roadie entrava, trovava qualcuno dell'Unione degli Studenti e diceva: "Ho Paul McCartney nel furgone, con la sua band Wings. Vuoi che suonino per te?' 'Sì, certo, dimmene un'altra' 'No, davvero. Vieni a vedere'. Lo studente usciva al furgone e dicevo "Ciao, sì, sono io. Suoneremo per te se vuoi'.


I concerti furono sempre affollati, applauditi, intensi, rock 'n' roll.

"Avevamo solo undici canzoni, mezzora di musica, così ripetevamo i brani.
Il tour è stata una prova pubblica. Non volevo ripartire con i Wings dalla Royal Albert Hall davanti ai critici con la penna affilata, pronti a giudicare. I Beatles erano guanti vecchi e comodi: li infilavi e basta ed ehi, e succedeva tutto.
I Wings erano nuovi guanti – dovevi romperli. Prima di certi concerti Linda improvvisamente pensava: 'Dio, in cosa mi sono cacciato qui?' Da fotografa è stata improvvisamente in una band con me. Follia."


"Per noi era solo per fare esperienza di strada. Ci siamo presentati in questi posti ed è stato pazzesco.
Non volevo un supergruppo e nemmeno ricreare il clima dei Beatles ma imparare qualcosa di nuovo".


La scaletta

Lucille
Give Ireland Back to the Irish
Blue Moon of Kentucky
Seaside Woman
Help Me Darling
Some People Never Knowv The Mess
Bip Bop
Say Darling
Smile Away
My Love
Henry's Blues
Wild Life
Give Ireland Back to the Irish
Long Tall Sally

Il tour:
9 February 1972 Nottingham England University of Nottingham
10 February 1972 York Goodricke College Dining Hall
11 February 1972 Kingston upon Hull Hull University West Refectory
13 February 1972 Newcastle upon Tyne Newcastle University: Havelock Hall Refectory
14 February 1972 Lancaster Lancaster University
16 February 1972 Leeds Leeds Town Hall
17 February 1972 Sheffield Sheffield University
18 February 1972 Salford University of Salford
21 February 1972 Birmingham Birmingham University
22 February 1972 Swansea Wales Swansea University
23 February 1972 Oxford England Oxford University

Tre brani dal tour, band in grande forma.
https://www.youtube.com/watch?v=pZ21uKdf5L4

venerdì, agosto 06, 2021

George Harrison - All things must pass



Prevedibile e consueta super ristampa nel cinquantesimo anniversario dell'uscita di "All Things Must Pass" di GEORGE HARRISON (in realtà l'anniversario cadeva a novembre 2020).

Il tutto con la produzione del figlio Dhani Harrison e il remix di Paul Hicks (che ha lavorato con Beatles, Rolling Stones, John Lennon).
In ottemperanza con una dichiarazione di George Harrison del 2001:
“I still like the songs on the album and believe they can continue to outlive the style in which they were recorded,it was difficult to resist re-mixing every track.
All these years later I would like to liberate some of the songs from the big production that seemed appropriate at the time”.


L'operazione è, come sempre, discutibile ma è innegabile che dona più chiarezza a come lo abbiamo sempre ascoltato, togliendo parte del "riverbero" che aveva messo in abbondanza Phil Spector e che George aveva finito per non tollerare più.

Ci sono ottime versioni diverse e più brevi di "Isn't a pity", il curioso demo iniziale di "My Sweet Lord", varie alt takes e una serie di inediti abbozzati nelle lunghe e fruttuose session del tempo che, come puntualmente accade, non aggiungono nulla di nuovo.

La versione superdeluxe contiene 70 brani, 42 dei quali inediti o alternate takes con 8 CD, 5 vinili, libri, libretti e foto.

mercoledì, maggio 05, 2021

Norman Parkinson e i Beatles



Nel settembre 1963, durante le registrazioni del secondo album dei BEATLES, "With the Beatles", il celebre fotografo di moda NORMAN PARKINSON fu invitato alle session per cogliere la band durante il loro lavoro in studio.

Con il suo assistente rimediò solo una pellicola in bianco e nero perché i negozi erano chiusi...

Abitualmente la band evitava di avere "intrusi" durante le registrazioni ma fece un'eccezione.
Peraltro erano nella loro tipica e travolgente modalità lavorativa: avevano appena registrato un concerto per lo show radiofonico "Saturday Club al Playhouse Theatre a London, suonato al "Fairfield Halls" a Croydon e a Blackpool e stavano per partire per Preston.

Foto semplici, come sempre iconiche, all'indomani del primo grandissimo successo, "She loves you", che li aveva portati, di nuovo, dopo "From me to you", al primo posto delle classifiche.

venerdì, settembre 11, 2020

I Beatles attori


JOHN LENNON in "How I won the war".


GEORGE HARRISON in "Shangai Surprise" e "All you need is cash".


PAUL MCCARTNEY in "Eat the rich" e "Pirati dei Caraibi".


RINGO STARR in "Alice in Wonderland", "Candy", That'll be the day"


I BEATLES hanno intuito fin da subito il potenziale promozionale della cinematografia e del video e , tra i primi, vi si sono dedicati con molta attenzione.
Sono noti i vari film (più o meno riusciti) che li hanno visti come protagonisti e anche produttori e il nutrito numero di video clip, spesso di grandissima qualità e innovazione.

Parecchi anche i tentativi in qualità di attori, soprattutto dopo lo scioglimento.

Incominciò JOHN LENNON nel 1967 con "How I won the war", satira pacifista sulla Seconda Guerra Mondiale, segnalandosi come buon attore, perfettamente a suo agio.
In seguito produsse con Yoko Ono alcuni film sperimentali.

GEORGE HARRISON si occupò invece di produzioni, finanziando anche ottimi film come "Shangai Surprise" (con Madonna e Sean Penn) in cui compare in un breve cameo.
Si spese economicamente anche per i "Monthy Pithon" comparendo nel loro divertentissimo "All you need is cash" (in una scena esilarante) parodia della storia dei Beatles.

PAUL MCCARTENY appare brevemente in "Eat the rich" del 1987, in "Pirati dei Caraibi" del 2017 mentre produsse e interpretò (con anche Ringo Starr) il disastroso "Give My Regards to Broad Street" nel 1984.

La carriera da attore ha invece entusiasmato RINGO STARR che non si è certo risparmiato, grazie alla sua classica verve (auto)ironica, recitando in parecchi film e telefilm. Lo ricordiamo in particolare in "Candy" del 1968, in "That'll be the day" nel 1973, in "Ringo" (in cui recita con il nome di Ognir Rrats) del 1978 per la TV americana e nella parte della tartaruga in "Alice nel paese delle meraviglie" del 1985.

giovedì, aprile 09, 2020

34 Montagu Square, Marylebone, London



Un appartamento londinese in un cui l'epica del rock ha raggiunto livelli eccelsi.
Al 34 Montagu Square, Marylebone RINGO STARR affittò, nel 1965, un piano terra e seminterrato (a un paio di km da Abbey Road) dove gli altri Beatles (e amici di passaggio a Londra) erano soliti fare sosta.

Paul Mc Cartney lo subaffittò da Ringo poco tempo dopo, vi registrò il demo di "I'm Looking Through You" (dove Ringo suona l'Hammond!), lavorò a vari brani tra cui "Eleanor Rigby" e trasformò il seminterrato nel quartier generale della Zapple Records, la succursale sperimentale della Apple, utilizzata anche per registrare uno spoken word di William Burroughs.

Successivamente passò ai Fool (il collettivo psichedelico che collaborò a lungo con i Fab Four), a Jimi Hendrix (buttato poi fuori da Ringo a causa dei suoi eccessi) e al suo manager, bassista degli Animals, Chas Chandler, mentre per tre mesi (dal giugno 1968 in poi) fu affittato da John e Yoko che vi scattarono le foto per l'album "Two virgins".

I due (che lasciarono l'appartamento in condizioni pietose) subirono anche un'irruzione della polizia alla ricerca di droga, trovando 200 grammi di hashish con relativo arresto e condanna pecuniaria.

Stanco di tutto ciò Ringo lasciò l'affitto nel 1969.

Anche l'ambasciata svizzera che aveva sede sul retro dell'appartamento lamentò la continua presenza di fan dei Beatles e relative scritte (ritenute talvolta troppo scurrili).

E' stata affissa una targa, alla presenza di Yoko Ono, che lo classifica come luogo storico.
Nel 2002 Noel Gallagher provò ad acquistarla ma fu battuto sul prezzo da Reynold D'Silva proprietario della Silva Screen Group, specializzata in colonne sonore.

venerdì, marzo 27, 2020

Beatles - I want you (she's so heavy)



Uno dei brani più particolari dei Beatles, composto da John ma frutto di un lavoro corale.
Un rock blues dalle tinte hard che sfuma a tratti in atmosfere jazzy e si chiude con un taglio brusco.
Un testo minimale (14 parole, ripetute ossessivamente per i quasi otto minuti di brano).

"I want you" esalta la maturità dei Beatles, capaci di inoltrarsi in ogni territorio sonoro e musicale, traendone sempre il massimo dell'originalità (vedi ad esempio il "rumore bianco" inserito nei tre minuti finali con il Moog).

Un muro di chitarre, Ringo e Paul all'apice dell'espressività, Billy Preston preziosissimo, la voce disperata di John ("When you're drowning, you don't say, 'I would be incredibly pleased if someone would have the foresight to notice me drowning and come and help me.' You just scream." dichiarò a "Rolling Stone").

BEATLES - I want you
https://www.youtube.com/watch?v=tAe2Q_LhY8g

Grande versione di Alvin Lee dei Ten Years After con George Harrison alla slide.
https://www.youtube.com/watch?v=2RHPpW1iuis

Buona versione di Eddie Hezel con Bootsy Collins al basso.
https://www.youtube.com/watch?v=pNuCnyjt_gg
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