il problema attuale non è più la lotta della democrazia contro il fascismo ma quello del fascismo nella democrazia (G. Galletta)

Amicus Plato, sed magis amica veritas



Visualizzazione post con etichetta centro sinistra. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta centro sinistra. Mostra tutti i post

sabato 27 luglio 2013

Genova, è scontro e rottura in Comune

Tra privatizzazione delle società partecipate e difesa dei "beni comuni"
Una  cosa è stata chiara fin dal momento dell’elezione del Sindaco Doria: il PD non era in grado di concepire che i rapporti di forza all’interno della maggioranza di centro-sinistra erano mutati rispetto alle amministrazioni precedenti dove, gli altri membri della maggioranza erano più simili ai soprammobili di casa, spolverati all’occorrenza ma non determinanti per le scelte strategiche della città.
Non è neanche un mistero che i “poteri forti” della città abbiano trovato una sinergia col PD entrambi accomunati dall’esigenza di conservare nei rispettivi ambiti il controllo politico, sociale ed economico della città stessa.
Se il sindaco Doria ha vinto le elezioni dello scorso anno è perché il fiducioso popolo votante vedeva in lui e nella sua lista l’apripista di un nuovo modo di gestire la politica e l’amministrazione genovese.
E’ con non poca amarezza quindi, che si assiste alla dichiarazione del fallimento del “pubblico” da parte del Sindaco per accondiscendere alle ripetute richieste di “privatizzazioni” delle società partecipate del Comune, stravolgendo il concetto di erogazione di “servizio pubblico” stesso, aprendo nelle forme più o meno invasive capitali privati, quindi per definizione alla ricerca di utili, indipendentemente dalla qualità e della quantità di servizi erogati.
Pensare ad Amiu  in parziale mano di privati, con lo spettro di sentirsi nuovamente aleggiare sulla testa possibili “inceneritori” non rasserena sicuramente gli animi, come non rasserena pensare che altri “beni comuni” possano diventare beni destinati a produrre profitti per pochi.
Per queste ragioni lo strappo che si sta consumando tra Sindaco e PD da una parte e lista Doria, SEL e federazione della sinistra dall’altra è il simbolo tra chi all’interno di una crisi sistemica sceglie il mercato con le sue esclusioni di porzioni di società e chi la soluzione la cerca salvaguardando il bene comune come patrimonio irrinunciabile del vivere e sostenere una città a misura dei suoi abitanti.

Le delibere sono il prodotto della condivisione di contributi e la mediazione tra le diverse posizioni all’interno della maggioranza che ha sostenuto l’elezione del Sindaco. Aver sposato la sola posizione del PD e aver permesso una ricomposizione in sede di commissione di una maggioranza diversa da quella uscita dalle urne, da la cifra del livello di sbandamento che Sindaco e giunta hanno preso.
“E’ un fatto gravissimo che il Sindaco, ascoltando solo una parte della maggioranza abbia avvallato questo documento non concordato. Un atteggiamento davvero scorretto, che per quanto mi riguarda, potrebbe anche portarmi a riflessioni importanti” ha dichiarato al Secolo XIX il capogruppo della lista Doria Enrico Pignone.
Forse, aggiungo io, è giunto il momento di comprendere al di la di facili slogan chi è per i tanto declamati “beni comuni” e chi è per il “mercato”.
Loris


Link collegato

Maggioranza spaccata, Pignone: “Sul bilancio non faremo le ripicche come il Pd” | Notizie e video ultima ora dalla Liguria - TeleNord.

martedì 11 giugno 2013

La Questione Morale (Repubblica, 1981) Intervista a Enrico Berlinguer

l'11 giugno 1984 si spegneva a Padova Enrico Berlinguer. La memoria di chi fu e cosa fu la affido a questa intervista di Eugenio Scalfari su Repubblica del 1981. Naturalmente potrebbero essere molti gli spunti per una spolverata alla memoria, credo però che nelle parole dell'intervista si possa cogliere "la cifra" tra due concezioni "epocali" del fare politica : Quella del tempo di Berlinguer e quella attuale.
Altre considerazioni, il giorno dopo il trionfo dell'astensionismo, ancor prima che l'affermazione nelle amministrative di un "centro-sinistra" dalle varie anime risulta superflua .
Ripetere incessantemente  " Enrico ci manchi" non è un attestato di stima e amore dal carattere nostalgico, ma un preciso atto d'accusa nei confronti di chi ha dilapidato un patrimonio morale e culturale che oggi viviamo materialmente sulla nostra pelle.
admin: Loris




La questione morale
Enrico Berlinguer - Repubblica, 1981 
Intervista a Enrico Berlinguer

«I partiti sono diventati macchine di potere» 

«I partiti non fanno più politica», dice Enrico Berlinguer.

«I partiti hanno degenerato e questa è l'origine dei malanni d'Italia».


di : Eugenio Scalfari


* * *


La passione è finita?

Per noi comunisti la passione non è finita. Ma per gli altri? Non voglio dar giudizi e mettere il piede in casa altrui, ma i fatti ci sono e sono sotto gli occhi di tutti. I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello, e non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l'iniziativa: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un "boss" e dei "sotto-boss". La carta geopolitica dei partiti è fatta di nomi e di luoghi. Per la DC: Bisaglia in Veneto, Gava in Campania, Lattanzio in Puglia, Andreotti nel Lazio, De Mita ad Avellino, Gaspari in Abruzzo, Forlani nelle Marche e così via. Ma per i socialisti, più o meno, è lo stesso e per i socialdemocratici peggio ancora...

Lei mi ha detto poco fa che la degenerazione dei partiti è il punto essenziale della crisi italiana.

È quello che io penso.

Per quale motivo?

I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali. Per esempio, oggi c'è il pericolo che il maggior quotidiano italiano, il Corriere della Sera, cada in mano di questo o quel partito o di una sua corrente, ma noi impediremo che un grande organo di stampa come il Corriere faccia una così brutta fine. Insomma, tutto è già lottizzato e spartito o si vorrebbe lottizzare e spartire. E il risultato è drammatico. Tutte le "operazioni" che le diverse istituzioni e i loro attuali dirigenti sono chiamati a compiere vengono viste prevalentemente in funzione dell'interesse del partito o della corrente o del clan cui si deve la carica. Un credito bancario viene concesso se è utile a questo fine, se procura vantaggi e rapporti di clientela; un'autorizzazione amministrativa viene data, un appalto viene aggiudicato, una cattedra viene assegnata, un'attrezzatura di laboratorio viene finanziata, se i beneficiari fanno atto di fedeltà al partito che procura quei vantaggi, anche quando si tratta soltanto di riconoscimenti dovuti.

Lei fa un quadro della realtà italiana da far accapponare la pelle.

E secondo lei non corrisponde alla situazione?

Debbo riconoscere, signor Segretario, che in gran parte è un quadro realistico. Ma vorrei chiederle: se gli italiani sopportano questo stato di cose è segno che lo accettano o che non se ne accorgono. Altrimenti voi avreste conquistato la guida del paese da un pezzo.

La domanda è complessa. Mi consentirà di risponderle ordinatamente. Anzitutto: molti italiani, secondo me, si accorgono benissimo del mercimonio che si fa dello Stato, delle sopraffazioni, dei favoritismi, delle discriminazioni. Ma gran parte di loro è sotto ricatto. Hanno ricevuto vantaggi (magari dovuti, ma ottenuti solo attraverso i canali dei partiti e delle loro correnti) o sperano di riceverne, o temono di non riceverne più. Vuole una conferma di quanto dico? Confronti il voto che gli italiani hanno dato in occasione dei referendum e quello delle normali elezioni politiche e amministrative. Il voto ai referendum non comporta favori, non coinvolge rapporti clientelari, non mette in gioco e non mobilita candidati e interessi privati o di un gruppo o di parte. È un voto assolutamente libero da questo genere di condizionamenti. Ebbene, sia nel '74 per il divorzio, sia, ancor di più, nell'81 per l'aborto, gli italiani hanno fornito l'immagine di un paese liberissimo e moderno, hanno dato un voto di progresso. Al nord come al sud, nelle città come nelle campagne, nei quartieri borghesi come in quelli operai e proletari. Nelle elezioni politiche e amministrative il quadro cambia, anche a distanza di poche settimane.

Veniamo all'altra mia domanda, se permette, signor Segretario: dovreste aver vinto da un pezzo, se le cose stanno come lei descrive.

In un certo senso, al contrario, può apparire persino straordinario che un partito come il nostro, che va così decisamente contro l'andazzo corrente, conservi tanti consensi e persino li accresca. Ma io credo di sapere a che cosa lei pensa: poiché noi dichiariamo di essere un partito "diverso" dagli altri, lei pensa che gli italiani abbiano timore di questa diversità.

Sì, è così, penso proprio a questa vostra conclamata diversità. A volte ne parlate come se foste dei marziani, oppure dei missionari in terra d'infedeli: e la gente diffida. Vuole spiegarmi con chiarezza in che consiste la vostra diversità? C'è da averne paura?

Qualcuno, sì, ha ragione di temerne, e lei capisce subito chi intendo. Per una risposta chiara alla sua domanda, elencherò per punti molto semplici in che consiste il nostro essere diversi, così spero non ci sarà più margine all'equivoco. Dunque: primo, noi vogliamo che i partiti cessino di occupare lo Stato. I partiti debbono, come dice la nostra Costituzione, concorrere alla formazione della volontà politica della nazione; e ciò possono farlo non occupando pezzi sempre più larghi di Stato, sempre più numerosi centri di potere in ogni campo, ma interpretando le grandi correnti di opinione, organizzando le aspirazioni del popolo, controllando democraticamente l'operato delle istituzioni. Ecco la prima ragione della nostra diversità. Le sembra che debba incutere tanta paura agli italiani?

Veniamo alla seconda diversità.

Noi pensiamo che il privilegio vada combattuto e distrutto ovunque si annidi, che i poveri e gli emarginati, gli svantaggiati, vadano difesi, e gli vada data voce e possibilità concreta di contare nelle decisioni e di cambiare le proprie condizioni, che certi bisogni sociali e umani oggi ignorati vadano soddisfatti con priorità rispetto ad altri, che la professionalità e il merito vadano premiati, che la partecipazione di ogni cittadino e di ogni cittadina alla cosa pubblica debba essere assicurata.

Onorevole Berlinguer, queste cose le dicono tutti.

Già, ma nessuno dei partiti governativi le fa. Noi comunisti abbiamo sessant'anni di storia alle spalle e abbiamo dimostrato di perseguirle e di farle sul serio. In galera con gli operai ci siamo stati noi; sui monti con i partigiani ci siamo stati noi; nelle borgate con i disoccupati ci siamo stati noi; con le donne, con il proletariato emarginato, con i giovani ci siamo stati noi; alla direzione di certi comuni, di certe regioni, amministrate con onestà, ci siamo stati noi.

Non voi soltanto.

È vero, ma noi soprattutto. E passiamo al terzo punto di diversità. Noi pensiamo che il tipo di sviluppo economico e sociale capitalistico sia causa di gravi distorsioni, di immensi costi e disparità sociali, di enormi sprechi di ricchezza. Non vogliamo seguire i modelli di socialismo che si sono finora realizzati, rifiutiamo una rigida e centralizzata pianificazione dell'economia, pensiamo che il mercato possa mantenere una funzione essenziale, che l'iniziativa individuale sia insostituibile, che l'impresa privata abbia un suo spazio e conservi un suo ruolo importante. Ma siamo convinti che tutte queste realtà, dentro le forme capitalistiche -e soprattutto, oggi, sotto la cappa di piombo del sistema imperniato sulla DC- non funzionano più, e che quindi si possa e si debba discutere in qual modo superare il capitalismo inteso come meccanismo, come sistema, giacché esso, oggi, sta creando masse crescenti di disoccupati, di emarginati, di sfruttati. Sta qui, al fondo, la causa non solo dell'attuale crisi economica, ma di fenomeni di barbarie, del diffondersi della droga, del rifiuto del lavoro, della sfiducia, della noia, della disperazione. È un delitto avere queste idee?

Non trovo grandi differenze rispetto a quanto può pensare un convinto socialdemocratico europeo. Però a lei sembra un'offesa essere paragonato ad un socialdemocratico.

Bè, una differenza sostanziale esiste. La socialdemocrazia (parlo di quella seria, s'intende) si è sempre molto preoccupata degli operai, dei lavoratori sindacalmente organizzati e poco o nulla degli emarginati, dei sottoproletari, delle donne. Infatti, ora che si sono esauriti gli antichi margini di uno sviluppo capitalistico che consentivano una politica socialdemocratica, ora che i problemi che io prima ricordavo sono scoppiati in tutto l'occidente capitalistico, vi sono segni di crisi anche nella socialdemocrazia tedesca e nel laburismo inglese, proprio perché i partiti socialdemocratici si trovano di fronte a realtà per essi finora ignote o da essi ignorate.

Dunque, siete un partito socialista serio...

...nel senso che vogliamo costruire sul serio il socialismo...

Le dispiace, la preoccupa che il PSI lanci segnali verso strati borghesi della società?

No, non mi preoccupa. Ceti medi, borghesia produttiva sono strati importanti del paese e i loro interessi politici ed economici, quando sono legittimi, devono essere adeguatamente difesi e rappresentati. Anche noi lo facciamo. Se questi gruppi sociali trasferiscono una parte dei loro voti verso i partiti laici e verso il PSI, abbandonando la tradizionale tutela democristiana, non c'è che da esserne soddisfatti: ma a una condizione. La condizione è che, con questi nuovi voti, il PSI e i partiti laici dimostrino di saper fare una politica e di attuare un programma che davvero siano di effettivo e profondo mutamento rispetto al passato e rispetto al presente. Se invece si trattasse di un semplice trasferimento di clientele per consolidare, sotto nuove etichette, i vecchi e attuali rapporti tra partiti e Stato, partiti e governo, partiti e società, con i deleteri modi di governare e di amministrare che ne conseguono, allora non vedo di che cosa dovremmo dirci soddisfatti noi e il paese.

Secondo lei, quel mutamento di metodi e di politica c'è o no?

Francamente, no. Lei forse lo vede? La gente se ne accorge? Vada in giro per la Sicilia, ad esempio: vedrà che in gran parte c'è stato un trasferimento di clientele. Non voglio affermare che sempre e dovunque sia così. Ma affermo che socialisti e socialdemocratici non hanno finora dato alcun segno di voler iniziare quella riforma del rapporto tra partiti e istituzioni -che poi non è altro che un corretto ripristino del dettato costituzionale- senza la quale non può cominciare alcun rinnovamento e sanza la quale la questione morale resterà del tutto insoluta.

Lei ha detto varie volte che la questione morale oggi è al centro della questione italiana. Perché?

La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell'amministrazione, bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna metterli in galera. La questione morale, nell'Italia d'oggi, fa tutt'uno con l'occupazione dello stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt'uno con la guerra per bande, fa tutt'uno con la concezione della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semmplicemente abbandonati e superati. Ecco perché dico che la questione morale è il centro del problema italiano. Ecco perché gli altri partiti possono profare d'essere forze di serio rinnovamento soltanto se aggrediscono in pieno la questione morale andando alle sue cause politiche. [...] Quel che deve interessare veramente è la sorte del paese. Se si continua in questo modo, in Italia la democrazia rischia di restringersi, non di allargarsi e svilupparsi; rischia di soffocare in una palude.

Signor Segretario, in tutto il mondo occidentale si è d'accordo sul fatto che il nemico principale da battere in questo momento sia l'inflazione, e difatti le politiche economiche di tutti i paesi industrializzati puntano a realizzare quell'obiettivo. È anche lei del medesimo parere?

Risponderò nello stesso modo di Mitterand: il principale malanno delle società occidentali è la disoccupazione. I due mali non vanno visti separatamente. L'inflazione è -se vogliamo- l'altro rovescio della medaglia. Bisogna impegnarsi a fondo contro l'una e contro l'altra. Guai a dissociare questa battaglia, guai a pensare, per esempio, che pur di domare l'inflazione si debba pagare il prezzo d'una recessione massiccia e d'una disoccupazione, come già in larga misura sta avvenendo. Ci ritroveremmo tutti in mezzo ad una catastrofe sociale di proporzioni impensabili.


Il PCI, agli inizi del 1977, lanciò la linea dell' "austerità". Non mi pare che il suo appello sia stato accolto con favore dalla classe operaia, dai lavoratori, dagli stessi militanti del partito...

Noi sostenemmo che il consumismo individuale esasperato produce non solo dissipazione di ricchezza e storture produttive, ma anche insoddisfazione, smarrimento, infelicità e che, comunque, la situazione economica dei paesi industializzati -di fronte all'aggravamento del divario, al loro interno, tra zone sviluppate e zone arretrate, e di fronte al risveglio e all'avanzata dei popoli dei paesi ex-coloniali e della loro indipendenza- non consentiva più di assicurare uno sviluppo economico e sociale conservando la "civiltà dei consumi", con tutti i guasti, anche morali, che sono intrinseci ad essa. La diffusione della droga, per esempio, tra i giovani è uno dei segni più gravi di tutto ciò e nessuno se ne dà realmente carico. Ma dicevamo dell'austerità. Fummo i soli a sottolineare la necessità di combattere gli sprechi, accrescere il risparmio, contenere i consumi privati superflui, rallentare la dinamica perversa della spesa pubblica, formare nuove risorse e nuove fonti di lavoro. Dicemmo che anche i lavoratori avrebbero dovuto contribuire per la loro parte a questo sforzo di raddrizzamento dell'economia, ma che l'insieme dei sacrifici doveva essere fatto applicando un principio di rigorosa equità e che avrebbe dovuto avere come obiettivo quello di dare l'avvio ad un diverso tipo di sviluppo e a diversi modi di vita (più parsimoniosi, ma anche più umani). Questo fu il nostro modo di porre il problema dell'austerità e della contemporanea lotta all'inflazione e alla recessione, cioè alla disoccupazione. Precisammo e sviluppammo queste posizioni al nostro XV Congresso del marzo 1979: non fummo ascoltati.

E il costo del lavoro? Le sembra un tema da dimenticare?

Il costo del lavoro va anch'esso affrontato e, nel complesso, contenuto, operando soprattutto sul fronte dell'aumento della produttività. Voglio dirle però con tutta franchezza che quando si chiedono sacrifici al paese e si comincia con il chiederli -come al solito- ai lavoratori, mentre si ha alle spalle una questione come la P2, è assai difficile ricevere ascolto ed essere credibili. Quando si chiedono sacrifici alla gente che lavora ci vuole un grande consenso, una grande credibilità politica e la capacità di colpire esosi e intollerabili privilegi. Se questi elementi non ci sono, l'operazione non può riuscire.


«La Repubblica», 28 luglio 1981 



domenica 7 aprile 2013

C’è urgenza di una “Sinistra di Governo”


C’è urgenza di una “Sinistra di Governo”

L’evoluzione della crisi “politica istituzionale” sta prendendo l’inevitabile strada del “peggio”.
Grazie anche al nichilismo talebano del M5S la strada del megainciucio con la benedizione del Colle sta profilandosi come quell’operazione chirurgica riuscita benissimo ma col paziente deceduto.
Se è valido il concetto che se uno non c’è non può essere il colpevole di quanto avviene, in questo caso sicuramente varrà la regola che gli assenti hanno sempre torto.

Ovviamente si sta parlando della “Sinistra di Governo”, della grande assente dalla politica istituzionale parlamentare italiana.
E’ da dopo l’ultimo segretario del Partito Comunista Italiano, Alessandro Natta, che la cultura della sinistra è stata travolta dall’autoreferenzialità, dal migliorismo politico, dalla svendita al neo liberismo di quei contenuti che, anche nell’errore (come il nuovo modello di sviluppo) , conteneva nella sua dimensione l’emancipazione dei ceti meno abbienti, per usare un termine forse non coniugabile oggi, l’emancipazione del proletariato.
E’ indubbio che oggi abbiamo in mano tutti gli strumenti per riscrivere ed armonizzare il rapporto tra lavoro e capacità di reddito con l’ambiente e il diritto alla salute. Oggi è però anche indubbio che la capacità dei poteri economico/finanziari di condizionare le politiche nazionali e transnazionali non conosce opposizione essendosi radicati interessi nella politica e nei mezzi di raccolta di consenso.
Su alcuni valori abbiamo basato il nostro essere di sinistra, soprattutto sul nostro essere Antifascisti, nel voler tutelare gli strati sociali più deboli e nell’essere convinti difensori della Carta Costituzionale come patto fondante della coesistenza tra cittadini e Stato.
Dal dopoguerra, da quando la macchina dello Stato ritornò nelle mani dei vecchi funzionari che avevano semplicemente cambiato la casacca, dal pnf alla Democrazia Cristiana,  la sinistra ha avuto un rapporto con lo Stato giustamente sospettoso. Sarebbe mai stato possibile accettare passivamente gli insabbiamenti e i depistaggi di inchieste come “Portella delle ginestre”, i fatti di giugno e luglio del 60,  Peteano, i tentativi di golpe di Borghese, piazza Fontana, piazza della Loggia…..ecc ? Il tema della legalità, mentre venivano perseguitati antifascisti, lavoratori e studenti equivaleva parlare di corda in caso dell’impiccato .
Oggi, insieme all’antifascismo, alla difesa del lavoro e dei diritti dei lavoratori  nel principio della sostenibilità, la legalità diventa essenziale nel momento in cui il tentativo di eliminare la fenomenologia mafiosa diventa arma essenziale per la difesa della democrazia  e di una sana economia per uno sviluppo economico e sociale rispettoso di tutto ciò che ci circonda.
Parlando di 180 miliardi il fatturato delle attività criminali in Italia è ovvia la capacità di condizionamento di un regime politico, e diventa immediato pensare quale può essere l’unica organizzazione internazionale in grado si gestire grossi flussi finanziari che determinano la buona o cattiva salute economica di uno Stato o di un continente.

Nella prossima settimana sarà presentato ufficialmente il nuovo movimento di Antonio Ingoia dopo l’esaurimento del soggetto elettorale “Rivoluzione Civile”, programma politico e nome usciranno in una conferenza stampa. Quello che si può comprendere oggi è che questo soggetto, insieme ad altri avrà il compito di ricostruire uno spazio per una Sinistra di Governo.
Loris


ps. la vittoria di Marino alle primarie Romane sono sicuramente un segnale positivo per la costruzione del soggetto politico della Sinistra di governo.



venerdì 29 marzo 2013

Quel bisogno di Sinistra


L’impasse era prevedibile, la ricerca spasmodica di uno spazio “moderato”, che tradotto in linguaggio politico significa centrismo, e la parlamentarizzazione dell’antipolitica nichilista, dopo anni di progressivo astensionismo hanno stabilizzato un quadro di ingovernabilità tale che qualsiasi tipo di soluzione che verrà intrapresa troverà maggioranze reali nel paese relegate al ruolo di sudditanza assolutamente passiva. Alla faccia della democrazia e di un rilancio della buona politica.
Sono due gli elementi evidenti di questo quadro politico: il fallimento per inadeguatezza del sistema politico bipolare e conseguentemente la debolezza della proposta politica del PD.
Nella rincorsa ad accondiscendere a quell’elettorato più incline alla “crescita felice” nell’illusione che le risorse siano infinite, mentre sempre più ampie sono le masse di lavoratori precari ai quali “spremere” presente e futuro, lo strabismo politico ha fatto si di trascurare progressivamente quelle componenti sociali che hanno da sempre riposto nella “Sinistra” la rappresentanza politica, ancor prima che parlamentare.
Per la seconda volta, il “voto utile” è solo servito a rafforzare soggetti politici che nulla hanno a che fare con la Sinistra e neanche con quelle “moderate” centriste che solo geometricamente si collocano in ambiti di centro-sinistra.

In questi anni, dal passaggio della “Bolognina” ad oggi, sono state diverse le rappresentazioni di una “sinistra” ora alternativa, ora radicale ma scarsamente rappresentativa sul piano di larghi strati sociali. Più propensa a trovare spazi nelle tipologie dei “comitati” che generatrice di lotte che non fossero di mera difesa.

La costruzione di una “Sinistra di governo” è pertanto la sfida sulla quale misurarci nei prossimi mesi e anni.
Le interlocuzioni con SEL e il PD diventano gli snodi necessari per ricomporre un quadro politico che riporti, lavoro, sviluppo sostenibile e legalità al centro del dibattito.

Lo spazio, post elettorale, aperto da Antonio Ingoia può contribuire alla costruzione del contenitore dove far convergere queste istanze della Sinistra di Governo. Le manovre in atto per la formazione di un “governo” e il conseguente assetto per l’elezione del Presidente della Repubblica sono il termometro immediato sul “bisogno” reale di Sinistra.
Loris

venerdì 14 dicembre 2012

Ognuno è il prodotto della propria cultura, della propria educazione e della propria formazione. Io sono figlio di mio padre


"Ognuno è il prodotto della propria cultura, della propria educazione e della propria formazione. Io sono figlio di mio padre, della sua cultura, della sua educazione e della sua formazione. Sono anche figlio del dolore che l’interruzione traumatica di questo flusso di concetti ha richiesto per ricomporre quella cultura, quella educazione e quella formazione.
(15 dicembre 1964 – 15 dicembre 2012)"

Ieri sono comparse le cifre sulla stima della ricchezza in Italia. Fonte dei dati è la Banca d’Italia, quindi , dati definibili attendibili.
La metà più povera delle famiglie italiane detiene il 9,4% della ricchezza totale mentre il 10% più ricco detiene il 45,9. Se non fosse la Banca d’Italia uno potrebbe dire che è uno slogan dei No-global.
Un altro dato sempre fornito dall’istituto di Via Nazionale è l’ammontare del debito pubblico, che a ottobre ha sfondato i duemila miliardi di euro.
La chicca dei numeri però arriva nel momento in cui qualcuno scrive che il debito per famiglia è di 82.000 euro. Ovviamente gli 82.000 sono uguali sia per coloro che detengono il 9,4 di ricchezza sia per coloro che hanno il 45,9.

Dopo un anno di governo Monti non siamo sicuramente diventati degli economisti, ma sicuramente siamo in grado di comprendere qual è il livello delle nostre tasche e riusciamo sempre più a comprendere perché in un anno si è voluto massacrare lo stato sociale attraverso il taglio alle pensioni e alla sanità, violare i diritti acquisiti dei lavoratori (art.18), precarizzare ulteriormente il lavoro, elargire sovvenzioni alla scuola privata a scapito di quella pubblica e infine (solo per una questione di sintesi) mantenere i privilegi alla chiesa cattolica tassando indiscriminatamente il 90% degli italiani.

Si comprende fin troppo bene perché non è stata fatta una patrimoniale, e si comprende, perché la si vive che i segni di una ripresa sono al di la da venire. Non solo, ma nel momento in cui ci dovesse essere, i primi a sentirla saranno il 10 % più ricco.

Due dichiarazioni una di ieri di Bersani, e una di oggi di D'Alema credo vadano lette con la logica dei numeri della Banca d’Italia. Il desiderio di aprire al centro e al professore dopo l’eventuale vittoria da parte del PD è la conferma che il 10% continuerà ad essere tutelato mentre il restante 90 % sarà quello che continuerà con le lacrime e il sangue, con i posti di lavoro che saltano, con gli indebitamenti personali che crescono e lo stato attraverso i suoi tentacoli (Equitalia) potrà pignorare e depredare ulteriormente .
D'Alema invece ha affermato che non sarebbe “morale” una candidatura del professore. Tradotto in volgare dovrebbe significare che lo hanno sponsorizzato, gli hanno fatto fare tutto ciò che voleva rendendosi complici del furto di futuro alla maggioranza degli italiani e ora, dopo che hanno dato rassicurazioni che non si modificherà niente di ciò che Monti aveva già deciso, lui non vuole mollare il giocattolo al PD, a Bersani e al suo mentore D'Alema. La domanda è: - ma cosa cambia?

Conclusione: grazie per aver avuto una cultura, una educazione, una formazione che mi permette di comprendere le ingiustizie e le iniquità e mi schiera dalla parte di chi lavora e lotta. Ognuno ha i propri maestri, altri invece spezzano volutamente il proprio fusto dalle radici che alimentano delle proprie origini. Restano in vita ma di fatto sono dei mostri.

Loris




giovedì 9 giugno 2011

4 SI' "per quelli che passeranno"

Dicono che il tempo cambi le cose, ma in realtà le puoi cambiare solamente tu.
(Andy Warhol)




Ti è piaciuto l'articolo? Vota Ok . Grazie Mille! Puoi votare le mie notizie anche in questa pagina.

lunedì 20 settembre 2010

Veltroni, Rosy Bindi e...Lombroso

...e' da quando ieri ho letto la notizia e visto questa foto su Repubblica.it che il dubbio mi logora...

La Bindi scommette che "il litigio" all'interno dei democratici "finirà presto", perché "chi ha iniziato, ha capito di aver sbagliato".

Senza necessariamente andare a scomodare le teorie del Lombroso Quanti guardando questa foto potrebbero affermare che ha capito?
.......ma solo di aver sbagliato?


BEGIN

Share |

Lettori fissi

networkedblogs

DISCLAIMER


Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità . Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001.
L'autore del blog non è responsabile del contenuto dei commenti ai post, nè del contenuto dei siti "linkati".

Alcuni testi o immagini inserite in questo blog sono tratte da internet e, pertanto, considerate di pubblico dominio; qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d'autore, vogliate comunicarlo via E-mail. Saranno immediatamente rimosse.

Some text or image, in this blog, were obtained via internet and, for that reason, considered of public domain. I have no intention of infringing copyright. In the case, send me an E-mail and I will provide immediately.