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lunedì 4 dicembre 2017

Biscotti alla Tahina, i più buoni e magici del mondo




"When you can't look on the bright side,
I will sit with you in the dark"
-The Mad Hatter- 
by Tim Burton



In queste tre settimane ho ricevuto decine di abbracci, virtuali e non, ma mi è mancato quello più importante, negato da un profondo dolore condiviso e da vecchi rancori insospettati, scappati dalle ragnatele della memoria nel momento più terribile. Al dolore profondo e immenso della perdita di Michael, si aggiungeva quello del silenzio di Micol.
Oggi scrivo queste parole con il suo braccio intorno alle mie spalle e se lo scrivo è perchè lei è qui e tutto il resto non conta più.

Che questi fossero i biscotti più buoni del mondo, lo sapevo già. Da quando li conosco li ho fatti e rifatti decine di volte. Quello che non sapevo fino a ieri è che avessero poteri magici.
Succede che ieri mattina mi sono alzata molto presto, prima di tutti, in preda a un forte mal di testa. Mi sono diretta prima verso la macchina del caffé e poi verso la dispensa, con l'intenzione di fare dei biscotti che Sébastien aveva addocchiato sul nuovo libro di Ottolenghi.
Mentre prendevo l'avena, il cocco, il miele e gli altri ingredienti, mi è capitato tra le mani il vasetto di Tahina, in un posto in cui non lo metto mai, e ho notato che l'olio si era separato dal resto. Mi è sembrato un messaggio chiaro, visto che quella Tahina era fuori posto e divisa, proprio come noi. La tahina che uso solo per fare quei biscotti, i suoi biscotti.
In un primo momento l'ho rimessa a posto e ho continuato con i biscotti per Sébastien. Poi qualcosa -o qualcuno- mi ha detto che quel barattolo solitario nel sito sbagliato doveva essere rimescolato per rifare quei biscotti per il quale era destinato.
Unito di nuovo. 
Pesando gli ingredienti, mescolando l'olio con lo zucchero, sentendo l'odore tanto amato del sesamo, ad ogni gesto, pensavo a lei. Alle sue mani fatate che al contrario di me, riescono a farli tutti perfettamente uguali, al suo sguardo, ai suoi occhi verdi che nessun altro ha ereditato in famiglia e soprattutto al suo sorriso e al suo abbraccio che tanto mi mancavano.
Mentre riempivo le placche da forno di palline inevitabilmente diverse, concentrata nei pensieri e nei ricordi, sentendo quell'impasto familiare tra le mani, qualcuno ha bussato alla porta.
Le mani unte e l'orologio che indicava le sei e mezza.
Chi ca...spita può essere a quest'ora una domenica mattina?

Sul pianerottolo c'era l'abbraccio che avevo aspettato per quasi tre settimane.
Lungo, forte, in silenzio. Ci sarà tempo per le parole.

Ti pensavo. Stavo facendo i tuoi biscotti.
Sono magici, ti hanno riportato qui, a me.
Di nuovo unite, come la tahina e il suo olio. 

Ma forse la Tahina era fuori posto e divisa per colpa tua? Sì, dico a te, in alto a sinistra.

Crediate o no ai loro poteri magici, questi biscotti sono favolosi.



Biscotti alla Tahina


ricetta di Micol Hillman

per circa 36 biscotti

110 g di burro (o 120 ml di olio)
100 g di zucchero
150 g di farina

1/2 cucchiaino di lievito in polvere
1 cucchiaino di estratto di vaniglia
120 ml di Tahina
mandorle intere o pelate, una per ogni biscotto





Riscaldare il forno a 180°
Foderare due teglie per biscotti con carta forno.
Sbattere a lungo il burro con lo zucchero in modo da avere un composto leggero e spumoso. Aggiungere il resto degli ingredienti, tranne le mandorle e amalgamare bene.
Fare tante palline e adagiarle sulle teglie. Premere una mandorla su ogni pallina, in modo da incrostarle e appiattire un po' il biscotto.
Infornare 15-20 minuti, fino a doratura. Dipendendo dal forno, se si colorano troppo da un lato, andrà girata la teglia a metà cottura.
Lasciarli raffreddare cinque minuti sulla teglia e poi completamente su una reticola da pasticceria.

Note: Potete scegliere se farli con olio o con burro. Questi qui in foto sono fatti con l'olio, ma sono molto più fragili rispetto a quelli fatti con il burro. Però si sciolgono in bocca, dando l'impressione di mangiare qualcosa di quasi etereo. "Si vaporizzano al morso e ti sembra di mangiare nuvole", ha detto la Mai, che ha provato entrambe le versioni.
La pasta con l'olio è anche più difficile da maneggiare e formare, rispetto a quella con il burro e potreste aver bisogno di un paio di cucchiai in più di farina.
Entrambe le versioni sono ottime, ma personalmente preferisco la consistenza finale di quelli fatti con l'olio.


P.S.: Se li provate, tornate qui e lasciateci le vostre impressioni. E se vi accade qualcosa di magico...raccontatecelo!








domenica 10 aprile 2016

Buon viaggio goccina di pasta sablé! (ricetta halavi)




Poco tempo a disposizione prima della partenza.
Un clima non adatto ai biscotti. Quaranta gradi all'ombra o anche di più.
Avevamo messo le mani avanti, avvisando che, forse, non avremmo potuto partecipare.
Poco tempo per pensare una ricetta di farcia, troppo caldo per immaginare una glassa. 
Poi diciamolo, i biscotti non sono il nostro forte.

In realtà non abbiamo fatto nulla di speciale.
Solo una semplicissima sablé alla vaniglia, usando la ricetta di Leonardo di Carlo, che trovate da Dani e Juri. L'unica differenza è che abbiamo usato solo vaniglia e, su consiglio di Dani, per sfidare il caldo indiano, dopo il riposo di 12 ore in frigo, abbiamo sbriciolato la pasta nella planetaria, azionandola pochi secondi con la foglia, in modo da ottenere un impasto malleabile ma ancora freddo. Questo procedimento lo abbiamo fatto quattro volte, mantenendo il resto in frigo.


Abbiamo voluto, tuttavia, con biscotti semplicissimi, raccontarvi una storia, la storia di una goccina, tratta dal libro "Bon voyage petite goute" di Anne Crausaz. Uno dei libri preferiti di Lolo e Sébastien.



Buon Viaggio Goccina




Il gatto mi ha lasciata sola, sul fondo della sua ciotola. Ho deciso di partire.





Grazie al sole, sono diventata leggera.
Così leggera che ho preso il volo verso il cielo, come il vapore del té caldo



Sono andata ad abitare in una nuvola, Pronta per un lungo viaggio.
Faceva così freddo che sono diventata goccia d'acqua.
Il vento mi ha portata molto lontano e molto in alto.
Poi la nuvola si è fermata e non si è più mossa. Io, goccina d'acqua sono diventata...



...un fiocco di neve.



Mi sono posata e al primo raggio di sole sono diventata di nuovo goccia d'acqua


Sono scivolata sui petali, rimbalzata sulle foglie e ho continuato la mia strada.
Ho visitato le profondità della terra



E sono uscita lì, dove il ruscello nasce dalla fonte.
Sono passata per il torrente, la cascata, il fiume.
Ho visto il girino diventare rana,
e ragni camminare sull'acqua.
Ho visto gli uccelli dei fiumi e degli stagni




E son finita per arrivare al mare.
Ho salutato i miei amici delle profondità e sono risalita in superficie.



Poi di nuovo in una nube...era così carica che si muoveva con lentezza
e alla prima collina, si è aperta.



Io, goccina d'acqua, sono caduta sul dorso di una strana pietra...



Una pietra che mi aspettava, credo!



Io non so dove vai e se tornerai,
so solo che sarai sempre qui, o forse lì.

Buon viaggio Goccina!





Testo di Anne Crausaz, tradotto dal francese
Disegni e foto: Burro e Miele.


Partecipiamo a quattro mani al MTC di aprile
(solo perchè non possiamo farne a meno, ormai)



giovedì 28 gennaio 2016

Mandelbrot. Da Prato all'Europa Centrale, quando la cucina unisce il mondo.







Nel primo Medio Evo, gli italiani cominciarono a preparare dei piccoli pani croccanti chiamati biscotti (cotti due volte), cuocendo parzialmente la pasta e poi tagliandola a metà e in seguito a fette, e ricuocendole brevemente di nuovo nel forno per estrarre l'umidità e ottenere la tipica croccantezza.
Verso il tredicesimo secolo, con l'arrivo dello zucchero in Europa in un uso non solo medicinale, i Toscani di Prato (alcuni storici però parlano di una possibile origine nel Ghetto di Venezia), cominciarono ad aggiungerlo ai loro biscotti, normalmente profumati all'anice, mandorle o nocciole.
Questi biscotti erano in origine duri, non contenevano nessun grasso ed erano in genere mangiati inzuppati nel Vinsanto.
In poco tempo questa preparazione arrivò in Europa Centrale e fu in un primo momento preparata con mandorle amare e chiamata Mandelbrot. Brot vuol dire pane in Tedesco e in Yiddish e Mandel vuol dire mandorla, sempre in entrambe lingue.
Non si sa esattamente quando e come i Cantucci sono stati adottati dagli Askenaziti, ma alla fine del IXX secolo erano certamente conosciutissimi in Europa Centrale, tra ebrei e non ebrei. Come molti altri dolci da forno ebraici, i Mandelbrot sono probabilmente apparsi prima in Germania per poi essere esportati verso l'est.
Ciò che è certo è che i Cantucci diventarono i biscotti preferiti degli Askenaziti. La loro semplice preparazione e la lunga vita di conservazione, li rendevano perfetti per Shabbat o per servirli a ospiti dell'ultimo minuto, in genere accompagnati da un té caldo.
La versione moderna dei Mandelbrot ha le sue origini ai primi del XX secolo, quando l'olio di semi vari, economico e accessibile, arrivò al mercato. Anche il lievito per dolci fu aggiunto alla ricetta nello stesso periodo. In quel momento, i Mandelbrot si separarono totalmente dagli originali Cantucci e divennero più morbidi dei loro antepassati. I fornai inoltre cominciarono a sostituire le mandorle con nuovi ingredienti come uva passa, altra frutta a guscio e persino cioccolato, ma il nome rismase invariabile, anche se di mandorle non ce n'erano.
Divennero talmente popolari, che fu inventata anche una versione di Pessah, in cui invece di farina normale, proibita durante la settimana della Pasqua Ebraica, si usa la farina di Matza, ossia, pane azzimo macinato.
Verso gli anni '40, i Mandelbrot erano un classico nei libri di cucina delle associazioni femminili e di tutti i forni ebraici, ed erano fatti esclusivamente con l'olio o a volte con lo schmatlz, in versioni più ricche ma più rare, ma mai con il burro. Alcuni cuochi li usavano polverizzati nella preparazione dello Strudel, invece del pan grattato.
Negli anni '80, i Mandelbrot sono stati abbondantemente sorpassati dai Cantucci, chiamati più genericamente "Biscotti" fuori dall'ambito italiano.
In America, i negozi "Gourmet" cominciarono a vendere cantucci sotto il nome di "biscotti" ma più nessun prodotto etichettato come mandelbrot. Due piccoli commercianti di mandelbrot negli Stati Uniti, cambiarono il nome del loro prodotto da mandelbrot a biscotti, ma non gli ingedienti, per incrementare le vendite. 
Il nome Mandelbrot entrò in disuso.
Come purtroppo accade con la lingua yiddish e la cultura askenazita.
Tuttavia, per fortuna, in molte famiglie Askenazite, attaccate alle tradizioni, i Mandelbrot si continuano a preparare ancora oggi e a chiamare con il loro nome o Komishbrot, che in yiddish vuol dire "pane buffo". E la tradizione continua.

Ho scelto questa ricetta per conbtribuire alla settimana della cucina ebraica del calendario del cibo italiano dell AIFB, perchè putroppo di cucina ebraica italiana ne so poco, ed è una grande lacuna da colmare. Mi sembrava opportuno, invece, presentarvi una ricetta Ashkenazita, ma che ha le sue origini in Italia, pur avendo ovviamente sofferto cambiamenti naturali, e poi diventata un classico per gli ebrei dell'Europa Centrale e dell'Est e degli emigrati in America.
Da Prato a Varsavia e poi a New York, Toscani e Askenaziti si abbracciano virtualmente e condividono Cantucci o Mandelbrot prepararti in una cucina in India. 
Quando si dice che  la cucina unisce il mondo.




Mandelbrot
(versione moderna)

Una ricetta Polacca più antica (Mandelbroit) è in mio possesso, ma risulta molto secca e dura, senza nessun grasso né lievito e purtroppo non piace a nessuno in casa, solo a me. Deve trattarsi un curioso fattore genetico :)) . Per cui quella che condivido con voi è una versione moderna, con olio e lievito.

Ricetta tratta da "Encyclopedia of Jewish Food", di Gil Marks

per una trentina di mandelbrot:

-280 g di farina
-1 cucchiaino e mezzo di lievito per dolci
-un pizzico di sale
-150 g di zucchero
-2 uova grandi
-120 ml di olio vegetale (io extra vergine di oliva, non molto ashkenazi, ma più salubre)
-1 cucchiaino di estratto di vaniglia , o 3/4 di vaniglia e 1/4 di estraoo di mandorla. (io, i semi di una bacca di vaniglia)
-200 g di mandorle, tritate grossolanamente, preferibilmente leggermente tostate o 170 g di gocce di cioccolato fondente e 100 g di mandorle (io solo mandorle)





Gil Marks omette dei dettagli nel procedimento, quindi ve lo spiego a parole mie, invece di riportare il suo alla lettera. 
Innanzi tutto, se decidete usare una bacca di vaniglia al posto dell'estratto, fendere la bacca in due sulla lunghezza e con un coltellino grattarne i semini. Poi, preparare le mandorle. Tagliarle grossolanamente al coltello e tostarle in una padella senza nessun grasso, a fuoco medio. Lasciarle raffreddare completamente prima di usarle. Le mandorle, possono essere anche preparate il giorno prima e conservate in un contenitore ermetico fino all'uso. Non in frigo, in dispensa.
La farina, noi ebrei la setacciamo tre volte. L'ho setacciata insieme al sale e al lievito. Le uova, si aprono separatamente in una ciotola e si scartano, nel caso abbiano un punto rosso di sangue. Se usate uova bianche, non gallate, il punto rosso è qualcosa di rarissimo da trovare, io uso in genere quelle.
Ora, queste sono usanze nostre, ve le racconto in caso lo facciate per un ospite ebreo, o semplicemente per "sfamare" la vostra eventuale curiosità in materia di kasherut, l'insieme delle regole ebraiche sul cibo.
Una volta che avete pesato e preparato tutti gli ingredienti, potete procedere. Riscaldate il forno a 180°C. Lo zucchero si sbatte vigorosamente con l'olio, fino ad ottenere una specie di emulsione spumosa. Poi, si aggiungono le uova, uno ad uno senza aggiungere il seguente prima che il precedente sia ben incorporato al resto. Quando questo composto è bello liscio, si aggiunge la vaniglia e poi la farina, si mescola fino ad avere una pasta omogenea e poi si incorporano le mandorle.
A questo punto, con le mani infarinate, dare una forma di sfilatino di 5 cm di larghezza, 2,5 cm di altezza e 30 cm di lunghezza. Adagiarlo su una placca da forno unta di olio e infarinata, o semplicemente rivestita di carta-forno. Infornare fino a che diventi dorato e sodo, circa una mezz'ora nel mio forno. Toglierlo dalla placca, passarlo su un tagliere e lasciarlo raffreddare per circa un quarto d'ora.
Abbassare la temperatura del forno a 150°C. Tagliare lo sfilatino a fette trasversali di circa 2 cm di spessore e adagiarle una accanto all'altra su una placca da forno, stavolta senza nessun grasso né farina, completamente pulita e asciutta. Il lato che è stato tagliato, deve toccare la placca.
Riportare in forno fino a che l'umidità sia completamente evaporata e i mandelbrot siano croccanti e dorati. Di nuovo, nel mio forno, circa una ventina di minuti. Ma ogni forno è un mondo a parte, quindi controllate.
I Mandelbrot si possono tenere in congelatore fino a tre mesi. Se li congelate, per scongelarli, basta rimetterli sulla placca da forno direttamente dal congelatore, nel forno preriscadato a 180° per una decina di minuti.
Si possono anche conservare in dispensa, in un contenitore ermetico, per due settimane. Se ci arrivano. :)




mercoledì 21 dicembre 2011

Biscotti speziati gluten free per Babbo Natale...e la vera storia del celiaco più famoso del mondo



Non ve lo immaginavate vero? Ebbene sì, il fantastico Babbo Natale è celiaco, chi lo avrebbe mai detto o sospettato, e per quelli che dicono che la celiachia è una nuova moda, vi assicuro che lui lo sa da qualche centinaio di anni... Oggi vi racconto la sua storia.
Tanto tempo fa Babbo Natale era un uomo normale, aveva una casa, un lavoro, come tutti, insomma, solo che stava spesso male, aveva dolori lancinanti allo stomaco e non capiva fin quando i medici gli dissero che era celiaco. Immaginate il colpo per quest'uomo così goloso. Ma presto scoprì che mangiare gluten free era in realtà facile e saporito e fu felice. Fino a Natale. Eh sì, per chè a Natale nessuno pensava a lui, nessuno lo invitava più o se lo invitavano gli chiedevano di pensare a farsi da mangiare da sè, alla faccia dell'unione spirituale della festa. Eppure è così facile, pensava, cucinare bene e gustoso senza glutine, ma non vogliono neanche imparare. E ogni Natale fu la stessa storia fino a quando decise di dare una svolta alla sua vita. Fu così che decise che la notte e il giorno di Natale sarebbe sparito di casa e avrebbe passato il suo tempo distribuendo regali alle persone buone. Cominciò prima a regalare a chi soffriva della stessa sua intolleranza e a chi avesse un cuore così grande da pensare a loro durante le feste. Chi avrebbe invitato un celiaco a casa, parente o amico che sia, e avrebbe cucinato per lui, avrebbe così ricevuto un regalo sorpresa, da quest'omone vestito di rosso, come la rabbia e come l'amore, che si intrufolava nottetempo nelle case passando per i caminetti...quante scottature per amore! Anni dopo cominciò a regalare a tutte le persone buone indistintamente e la gente cominciò a lasciargli biscotti per ringraziare dei doni.
E voi vi chiederete...ma questi biscotti glutinosi chi li mangiava, allora? Semplice: le renne! Le golosissime renne fedeli che lo accompagnavano nel suo giro per il mondo.
Quest'anno Babbo Natale, urtato da articoli che definiscono la celiachia come una moda e da storie di celiaci incompresi dalle famiglie e dagli amici durante queste feste, ha deciso di nuovo di lasciare un regalo più grande e sostanzioso a chi pensasse all'amico, parente o vicino celiaco, perchè il gluten free non è una moda, ma una necessità e ci si soffre, soprattutto in questi tempi.
Fate felice babbo Natale quest'anno. Regalategli questi biscotti senza glutine perchè possa mangiarli anche lui e...non dimenticate di lasciare anche qualcosa alle renne!

Biscotti speziati gluten free per Babbo Natale

Ingredienti per circa due dozzine di biscotti:

100 gr di farina di riso*
100 gr di farina di mais*
50 gr di mandorle polverizzate
250 gr di burro*
125 gr di zucchero a velo*
125 gr di fecola (di mais o patate)*
3 bacche di cardamomo
2 baccche di pepe di jamaica
2 cucchiaini di cannella in polvere*
2 chiodi di garofano
2 cucchiaini di zenzero in polvere*

*verificare che siano ingredienti gluten free sul prontuario del AIC, o sulla confezione, se no, Babbo Natale non vi lascia il regalo! 




Passare lo zucchero a velo e le spezie nel mixer per polverizzare quelle intere e dopo passare al setaccio per eliminare eventuali residui. Lavorare lo zucchero speziato con il burro e poi unire il resto degli ingredienti. Amalgamare il tutto e formare una palla di pasta. Stendere la pasta su un piano infarinato con un'altezza di circa 5 mimmimetri e tagliare con le forme preferite. Mettere i biscotti ritagliati su una placca da forno imburrata e infornare in forno già caldo a 180° C durante una ventina di minuti, o fino a che i bordi siano dorati.


lunedì 25 aprile 2011

Cookies alla fragola, doppio cioccolato e macadamia...e scrivere





Scrivere è il mio modo di farmi udire senza parlare, di trascrivere sentimenti fra le linee di coloro che hanno la sensibilità di captarli. Scrivere è urlare in silenzio quel che ho dentro, trasformare in parole tutte quelle lacrime che che si aggrappano forte alle ciglia senza cadere mai.
"Scrivilo, perchè le parole dette se le porta via il vento" è una frase che ripetevo spesso da bambina, quando qualcuno mi prometteva qualcosa, per quella mia paura che tutto svanisse di colpo e di ritrovarmi ancora una volta abbandonata, con promesse accumulate come un mucchio di gabbiani di cartapesta, belli e perfetti, ma che non volano. 
Scrivere è anche rendere le cose eterne, come un momento, un personaggio incontrato, o un piccolo istante che mi sussurra una storia che devo assolutamente raccontare agli altri.
Scrivere è anche trasformare, con la stessa magia di uno scultore che da un blocco di pietra tira fuori una sirena, uno scatto di un gatto in una libreria o di un acquarellista in un angolo di strada, diventano una storia da raccontare che cerco di regalarvi, insieme all'opera culinaria.
La cucina, le immagini e le parole sono il centro di ciò che sono e trasmetto attraverso queste pagine virtuali. 
Scrivere è la somma del mio vissuto, di una vita che zampilla insieme all'inchiostro di una penna, mentre mangio un biscotto con l'altra mano.




Cookies alla fragola, doppio cioccolato e macadamia

Ingredienti per circa 60-70 cookies
200 gr di burro
150 gr di zucchero di canna non raffinato
150 gr di zucchero semolato
2 uova
300 gr di farina
1 cucchiaino di lievito per dolci
un pizzico di sale
100 gr di fragole disseccate
100 gr di cioccolato fondente a pezzetti
100 gr di cioccolato bianco a pezzetti
100 gr di macadamia pelata e grossolanamente tritata




Accendere il forno a 190°C.
Sbattere il burro insieme allo zucchero di canna, zucchero semolato e le uova, fino ad ottenere una consistenza leggera. Incorporare la farina, il lievito e il sale. Con l'aiuto di una spatola, incorporare poi il cioccolato, le fragole e la macadamia. Sulla placca da forno, formate con un cucchiaino dei piccoli monticoli di impasto a distanza di circa 5 cm fra loro.
Infornare circa 10 minuti o fino a che siano dorati.

Alcuni consigli:
  • non ungete la placca, altrimenti i biscotti scivoleranno durante la cottura e si attaccheranno l'uo all'altro. Vi assicuro che anche con la placca non imburrata, si staccheranno benissimo.
  • se dovete infornarlie in vari tempi, fate raffreddare la placca prima di fare nuovi molticoli d'impasto, altrimenti perderanno la forma.
  • quando toglierete i biscotti dal forno, vi sembreranno molto molli. lasciateli raffreddare un poco sulla placca e poi toglieteli con l'aiuto delicato di una spatola di metallo. Una volta tiepidi, raggiungeranno la croccantezza che li caratterizza.
  • Conservate i biscotti in un recipiente ermetico in un luogo fresco e secco per conservarne la fragranza per vari giorni.

Con questa ricetta e la prima foto del post vorrei partecipare al Contest di Ambra, anche se non è proprio una tavola apparecchiata, ma una mise en place che semplicemente parla di me e mi somiglia.

venerdì 4 marzo 2011

Gli Hamantashen...e il festival di Purim: divertimento e riflessione

"Polvere sei e polvere tornerai, ma fra una polvere e l'altra, un buon bicchiere non fa mai male"
-Proverbio Yiddish-

E uno o piuttosto più bicchieri, diventano a Purim non solo un piacere, ma anche un comandamento.
Sì, immaginate una festa nella quale divertirsi, mangiare e bere alcolici sia una mitzvà, ovvero, una legge da rispettare, un dovere da compiere. 
Purim è una specie di carnevale ebraico in cui ci si maschera, si fanno commedie e parodie, shcerzi e burle, si mangia e si bevono alcolici celebrata tutti i 14 del mese di Adar, cadendo quest'anno il 20 marzo.
Si tratta senza dubbio della festa più allegra del calendario ebraico, nonchè la più divertente e che coinvolge sin modo particolare i bambini, una grande ironia dentro l'ironia...poichè ciò che viene commemorato è la storia di uno dei complotti più violenti descritti nei libro di Ester. 
In poche parole, si narra della vittoria della regina ester contro il malvagio Amman, che aveva ideato un diapolico complotto per stermianre gli ebrei.
 Paradossalmente, la festa più amata dai bambini ebrei ricorda tutti gli anni la nascita di un 'antisemitismo che accompagnerà tristemente il popolo ebraico attraverso la  storia. Per molti dunque, Purim non solo ha il significato di festa e divertimento ma anche del dovere di ricordo dell'antisemitismo e delle numerose persecuzioni: da Amman a Torquemada fino a Eichmann e Hitler.

Quattro sono le mitzvot durante il festival di Purim:
La lettura in Sinagoga del libro di Ester: ogni volta che viene letto il nome di Amman, il pubblico, spesso travestito e mascherato sbatter i piedi e fa chiasso, come per cancellarne il nome o farlo fuggire per sempre.
Far la festa: Sebbene il Talmud inculca agli ebrei la sobrietà e la temperanza, a Purim si fa l'eccezione. La tradizione e il comandamento fuole che siu festeggi fra familiari e amici e che ci si alzi da tavola brilli abbastanza da non sapere più riconoscere la parola "maledetto" dalla parola "benedetto".
Mandare regali agli amici: Sono regali di cibo pronto da consumare, tutto cotto, normalmente dei dolci, frutta candita o secca e vini raffinati. È tradizione che i regali non siano mai dati personalmente e i bambini, normalmente sono gli entusiasti messaggeri. Gli uomini regalino agli uomini e le donne alle donne.
Donare ai poveri: In sinagoga a Pourim si raccoglie danaro per i più bisognosi,per compiere con la richiesta di Ester di aiutare i poveri. È dentro la coscienza di ognuno fare un gesto di altruismo quel giorno, sia verso una persona o verso un'associazione caritativa.

Una piccola riflessione: il libro di Ester è l'unico in cui il nome di D-o non è mai citato. Tuttavia, si ha l'impressione di assistere a una serie di combinazioni, ma il caso in realtà, non è che la non visibilità della divina provvidenza, di un D-o  nascosto, ma cha ha in mano, come abile burattinaio, tutte le corde e le sorti della della storia. A Lui, grazie.

Nella tradizione askenazita (la colonia di ebrei sviluppatasi nell'est europeo) il simbolo culinario di Purim sono senza dubbio gli hamantashen.
Il loro nome deriva probabilmente dal Yiddish tashn o dal tedesco taschen e dal nome del villano Amman, chiamato in Yiddish Hamman, significando letteralmente Tasche di Amman, raffigurando le tasche del malvagio che si presume erano piene di denaro illecito.
Guardate come lo spirito ebraico fa sì che dei loro nemici si facciano dei biscotti e che del loro amaro passsato,se ne festeggi il lato dolce.




Ingredienti per circa 3 dozzine di biscotti
4 uova
250 gr di zucchero
125 ml di olio
il succo di un limone
la buccia grattuggiata di un limone
1 cucchiaio di estratto di vaniglia
 500 gr di farina
2 cucchiaini di lievito in polvere
300 gr di marmellata di ciliegie, di fragole e di albicocche

La frolla di questi biscotti non si fa quasi mai con il burro, ma con l'olio per poter mangiarli in qualsiasi momento della giornata, anche dopo un pasto con pietanze a base di carne. La legge ebraica vieta di mischiare latte e derivati con carni nello stesso pasto o che questi alimenti entrino in contatto tra loro.
Gli hamantashen più tradizionali sono ripieni di una pasta fatta a base di semi di papavero, di composta di frutta o di marmellata variata. Io quest'anno ho scelto quest'ultima opzione. Ce ne sono anche di meno tradizionali, ripieni di crema, cioccolato o Nutella.



Accendere il forno a 180° e imburrare delle placche da forno o vassoi appositi per biscotti.
Battere leggermente le uova con lo zucchero e Aggiungere il resto degli ingredienti e mischiare bene fino ad amalgamare bene. Dividere la pasta in varie parti e stenderla non troppo sottile e tagliare dei dischi di 4 o 5 centimetri. Su ogni disco, porre mezzo cucchiano di ripieno.
Per dare la forma di triangolo, piegare due lati in modo da formare una punta e poi chiudere piegando il terzo lato. Sigillare con le mani i tre angoli.
Infornare a 180° durante 20 minuti.





Hag Purim Sameah!

Francesca nel suo contest domanda "Il tuo Carnevale com'è?"
Il mio Carnevale si chiama Festival di Purim, una festa dove è lecito e comandato il divertimento, ma anche la riflessione spirituale. Una festa in cui si mangia e si beve fino a più che la sazietà , quando il giorno prima si ha digiunato.
Una ricorrenza per riflettere sul  passato, presente e futuro di popolo oppresso.

E IL MIO CARNEVALE HA VINTO IL PRIMO PREMIO DEL CONCORSO!



mercoledì 2 marzo 2011

Sablés agli agrumi...per accendere sorrisi

Ci sono persone che sanno dare agli altri un esempio di amore e costanza. Persone che anche davanti a una situazione cruda, sanno mantenere la speranza nel cuore, come Caris





E anche dai bambini abbiamo molto da imparare, sanno sorridere davanti alle avversità, fra un capriccio e un altro, per accendere un sorriso basta loro a volte solo un fiore.


 


 Ma per i bambini del Santa Lucia sarei disposta a far scendere la luna, e chiederle il favore di raccontare le sue storie, quel che ha visto nello spazio immenso durante milioni anni, storie avvincenti, racconti calmi d'amore e ninne nanne interplanetarie per farli addormentare.




E accenderei altri milioni di stelle, per illuminare la notte per chi ha paura del buio o per raccoglierle in un barattolo di vetro ,da mettere sotto il letto o nell'armadio per spaventare quei mostri che si annidano li dentro e scacciarli con luce e magia di polvere di stelle.


 


 Se solo potessi... ma non ho altro da donar loro che la speranza, un desiderio forte, un augurio per la vita, il mio cuore...





...e  la ricetta di questi biscotti:

Per circa due dozzine di sablées (frollini)
250 gr di farina
250 gr di burro
125 gr di zucchero a velo
125 gr di fecola di mais (maizena)
le bucce di un mandarino, un'arancia e un limone

Mischiare il burro con lo zucchero e le bucce degli agrumi grattuggiate. Aggiungere il resto degli ingredienti e lavorare. All'inizio l'impasto sembrerà sabbia, ma non preoccupatevi, continuando a lavorare tutti gli ingredienti si amalgameranno e si formerà una bella palla di pasta. La pasta si divide, si stende al grossore desiderato (io 1/2 cm) e si ritaglia a piacere.
Infornare in forno caldo a 180° fino a che i bordi siano dorati.




E questa è la mia ricetta per i bambini del Santa Lucia, con la speranza e una preghiera verso l'Altissimo, che si trovi una soluzione che ne eviti la chiusura. Per il sorriso dei bambini.