Quello che sei, adesso, in questo esordio d'autunno, nel centro pieno dei tuoi sette anni, è questo.
L'ex timidissimo, un poco fragile e insicuro.
Non posso credere che sia tu, a volte, non son certa di quel che vedo.
Perché c'è stato il tuo tempo bambino in cui così tante cose ti facevan paura, e più di tutte te stesso.
Non sono capace, non riesco, non voglio, non ho voglia, non lo farò mai, non lo farò mai più IN TUTTA LA MIA VITA.
E adesso guardati, mentre riemergi piccolo e svelto, solido e concentrato, dall'acqua.
Ascoltati, adesso, quando ti senti forte.
E' facile dirsi forte, più raro sentirsi.
So che questo non durerà per sempre, so che verrà messo in discussione tante volte, che sarà un ricostruirsi caduta dopo caduta, paura oltre paura.
Ma ricordati: lo hai già fatto una volta, ed è il solo - e migliore - inizio.
Il bislacco, logorroico e vagamente psicotico appassionato di storia romana.
Non lo sapevo, quel giorno in macchina, che quel fetente di Annibale avrebbe generato tutto questo.
Altrimenti ci sarei andata più piano.
Non lo sapevi, tu, dell'elmo di Scipio.E non lo hai ancora capito - dannazione - che Canne non stava in Africa.
Ma guardati, oggi, col plastico lego della ricostruzione di Zama.
Domani lo presenti a scuola ai tuoi compagni.
Poretti.
Sei l'identico bambino, fatto e sputato, che 4 anni fa camminava in paese con lo scolapasta in testa.
Sei ancora il drago, la coccinella, il vichingo, Silvano il Mago di Pitigliano, sei tutto quello che vuoi e hai voluto essere.
Sei samurai, un pisello nel baccello, sei la donna più bella del mondo.
Sei pinocchio, ma soprattutto un bambino vero.
Sei tutti i libri che leggi e tutta la musica che ascolti.
Sei il bombarolo, Girardengo, Guizzino, Niels Holgersson e sei pure parecchio Neville Longbottom.
E infine, sei quello che piscia nel bosco, in giardino e al parco.
Quello che non si lava i denti in 13 secondi netti.
Sei ancora il pochino nevrotico e molto isterico mio figlio.
Sei ancora un pivellino.
Sei sempre il pigro, fiacco pappamolliccio che supero in salita.
Fai bene: mi lasci qualcosa ancora per cui sentirmi indispensabile.
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19 settembre 2017
3 dicembre 2015
Qualcosa mi sfugge.
Abbiamo conosciuto la nuova baby-sitter, l'ho invitata per un tè per presentarci e farle prendere confidenza coi bambini.
Lei è stata molto carina: universitaria, giovane ma non ragazzina, dolce senza essere sdolcinata, ferma eppur gentile.
Lui, esagitato come solo un timidissimo può essere, ha fatto cadere una mensola coi suoi quadretti.
Ha saltato sul divano in preda a una crisi di stupidera.
Ha lasciato il tavolo coi biscotti da lei gentilmente offerti senza ringraziare.
Ripreso, ha bofonchiando con la bocca piena come solo un timidissimo e maleducatissimo sa fare.
Ha lanciato giocattoli, di nuovo preda della stupidera, persino più fosca se possibile.
Sgridato e imbarazzato di fronte a un'estranea ha reagito come solo un timidissimo e molto avventatamente sciocco può fare: ha sparato il tappo del vino con la sua balestra di bambù a 20 cm dal mio naso.
Trascinato infine nella sua stanza e ivi lasciato a macerare nella colpa, lo si è sentito per i successivi 20 minuti inneggiare all'odio verso la genitrice, megera colpevole di non capirlo.
Per quei 60 minuti di breve e tragica conoscenza, un Biondino impazzito ha dato più o meno inspiegabilmente il peggio di sé.
Negli ultimi 10 la piccoletta, contagiata dal fratello, ha acceso la tv 20 volte: tutte successive alle 20 in cui gliel'ho spenta. Vista la disfatta, s'è buttata a terra e ha dato sfogo al suo miglior repertorio di urla.
Poco dopo la ragazza ha imboccato il vialetto sorridendo incoraggiante e sventolandomi la mano "a domani!".
Col cazzo, ho pensato.
Questa non la vedo più.
E come darle torto.
Invece stasera sono tornata e li aveva entrambe accoccolati addosso, mentre lei leggeva loro il libro.
"Hanno anche apparecchiato tavola", mi ha detto.
Qualcosa mi sfugge.
Lei è stata molto carina: universitaria, giovane ma non ragazzina, dolce senza essere sdolcinata, ferma eppur gentile.
Lui, esagitato come solo un timidissimo può essere, ha fatto cadere una mensola coi suoi quadretti.
Ha saltato sul divano in preda a una crisi di stupidera.
Ha lasciato il tavolo coi biscotti da lei gentilmente offerti senza ringraziare.
Ripreso, ha bofonchiando con la bocca piena come solo un timidissimo e maleducatissimo sa fare.
Ha lanciato giocattoli, di nuovo preda della stupidera, persino più fosca se possibile.
Sgridato e imbarazzato di fronte a un'estranea ha reagito come solo un timidissimo e molto avventatamente sciocco può fare: ha sparato il tappo del vino con la sua balestra di bambù a 20 cm dal mio naso.
Trascinato infine nella sua stanza e ivi lasciato a macerare nella colpa, lo si è sentito per i successivi 20 minuti inneggiare all'odio verso la genitrice, megera colpevole di non capirlo.
Per quei 60 minuti di breve e tragica conoscenza, un Biondino impazzito ha dato più o meno inspiegabilmente il peggio di sé.
Negli ultimi 10 la piccoletta, contagiata dal fratello, ha acceso la tv 20 volte: tutte successive alle 20 in cui gliel'ho spenta. Vista la disfatta, s'è buttata a terra e ha dato sfogo al suo miglior repertorio di urla.
Poco dopo la ragazza ha imboccato il vialetto sorridendo incoraggiante e sventolandomi la mano "a domani!".
Col cazzo, ho pensato.
Questa non la vedo più.
E come darle torto.
Invece stasera sono tornata e li aveva entrambe accoccolati addosso, mentre lei leggeva loro il libro.
"Hanno anche apparecchiato tavola", mi ha detto.
Qualcosa mi sfugge.
24 marzo 2015
Quel giorno in cui ballavo "cocaine" davanti ai miei figli o Dell'apprendimento.
Dicono che gli insegnanti ricordino soprattutto gli alunni peggiori, i più difficili, quelli che li hanno fatti dannare.
G. invece era...bè: era G.
Bisognerebbe chiederlo, a un insegnante, se è vero.
Io so che alcuni insegnanti devo averli portati all'esasperazione.
Tutti quelli di matematica, ad esempio. Non sono affatto certa mi ricordino con nostalgia.
Mentre forse per R., di italiano, forse per lui io sono stata quello che per me era F. quando davo lezioni private.
A F. spiegavo una volta sola, ed era fatta. Facevamo lezione anche dalle 20 alle 21, dopo 8 h in università, tanto non mi stancavo.
Ero molto grata a F. della sua intelligenza, della sua naturalezza all'apprendimento, grata del suo intuito, della sua sensibilità, della sua straordinaria capacità.
F. mi faceva sentire terribilmente brava.
Ma il fatto è, invece, che quello bravo era lui.
G. invece era...bè: era G.
Inconcludente, iperattivo, distratto, anarchico.
Una faccia di culo che ti vendeva pure tua madre.
G. era bocciato: da un po'.
Dieci minuti di lezione con G. erano fatica pura: erano sfida, richiami continui, soluzioni inventate su due piedi, era andare a braccio sperando funzionasse con la stessa percentuale di successo che vincere alla roulette russa.
Era attendere: lui, me, il sedimentarsi delle informazioni.
Alla fine tuttavia, anche G. è arrivato e mi ha portato il regalo più bello: stupirmi.
A conti fatti, G. mi ha insegnato ad insegnare.
Molto di quello che G. mi ha insegnato sull'insegnamento lo riscontro ancora oggi come genitore.
Ed ecco cosa mi ha insegnato il mio "alunno peggiore":
1. Fattene una ragione. Accetta. Scava, e vedi cosa scopri.
Prendiamo mio nipote: tu gli dici NO, neanche eccessivamente convinta, e lui SMETTE.
Tu gli dici, seria: "ascolta"- e lui, siorri e siorre - ASCOLTA. Giuro.
Tu prendi il biondino, oppure sua sorella -fa lo stesso, la sostanza genetica non cambia- e digli No. No. NO. Hei, Biondino, ascolta: ti ho detto NO. Biondino: NO-O.
Siamo a 4 NO, e ancora no reaction.
I motivi possono essere svariati: le lucciole nel bosco, Mazinga che fa colazione, il fascino inequivocabile del rumore generato dalla testa della sorella che rimbomba sorda contro il pavimento, 3 + 4 che fa sette, sento come una voze familiare che mi chiama -parrebbe, non ne sono zerto ma potrei quasi essere sicuro di sì, quella di mia madre, ma è in fondo davvero necessario che io risponda al suo richiamo SUBITO? probabilmente sì, ma guarda come s'incastrano alla perfezione questi due pezzettini che sembrano gli artigli di Coniglio Feroze, ad esempio. E altre amenità.
Se mio nipote ubbidisce ai miei ordini non è che io sono più brava con lui che con mio figlio: è solo che mia sorella c'ha le botte di culo.
I miei figli sono dei bravi bambini, ma indubbiamente distratti, fortemente testardi, vagamente anarchici, sostanzialmente refrattari alle regole.
Che fare?
a. introdurmi nottetempo in casa di mia sorella per una sostituzione al volo, indi far disperdere le nostre tracce.
b. accettare biondino e compagnia per quello che sono: rispettare le loro inclinazioni, limitare le loro distrazioni, lavorare di cesello con pazienza, imparare a catturare la loro attenzione, invogliarli alla collaborazione attiva.
Ogni tanto, anche, afferrare il biondino per i piedi e tirarlo giù sul pianeta terra.
I miei figli sono un po' stronzi, è vero, ma hanno un loro personalissimo perché, e sta a me ignorarlo in quanto non corrispondente alla mia personalissima idea di "bambino ideale" o coltivarlo facendo leva sulla loro nevrotica, anarco-insurrezionalista, istrionica, sorprendente unicità aspettando che mi sorprendano.
2. Resistere. Resistere sempre.
Prendiamo le volte in cui gli hai detto che non ci si alza da tavola senza il permesso.
Una cifra intorno ai 10 milioni, più o meno.
Non ci credi più neanche tu, ormai lo dici per inerzia, a un loro minimo movimento il tuo braccio scatta da solo afferrandoli per la collottola, la bocca ti si apre tipo automa e la senti scandire le parole roboticamente "se-sei-pieno-dillo-chiedi-e-ti-sarà-dato-ma-non-alzarti-senza-dire-nulla-è-un-atteggiamento-maleducato-io-non-lo-faccio-non-farlo-neanche-tu".
Pensi che non abbia senso, che ormai non serva più.
Pensi oddio parlo come mia madre, anzi no, peggio: io SONO mia madre.
Poi una sera a caso la tua Nina 2enne prenderà il tovagliolino, si asciugherà compostamente le labbra come il clone nano di Bree Van De Kamp e garbatamente ti apostroferà : "Mammina, poppo appammi, peffavoe?" (Mammina, posso alzarmi per favore?).
Durerà poco, ma saprai allora di aver fatto centro.
E d'altra parte anche di avere un consistente problema di fonetica.
3. Il tempo che non conti ma che c'è [ i bambini apprendono anche quando non gli insegni].
Poniamo che zii, nonni e asili complottino contro di te assassinando la cultura musicale dei tuoi figli a suon di cofanetti baby-dance con remix de IlpulcinoPio, Lamacchinadelcapo e LetagliatellediNonnaPina.
Tu non hai i soldi per pagargli un corso di violino con metodo Sukuzi, non hai il tempo di ascoltare con loro sul divano il bauletto dei Beatles, il giorno in cui tu gli metti Santana e loro gridano perché vogliono la gangamstyle pensi di aver fallito. Fondamentalmente perché neanche hai cominciato, a provarci.
E se questi due sono condannati alle paludi musicali del pop italiano, se a 14 anni dalle loro cuffie sentirai uscire nient'altro che Gigi D'Alessio è solo colpa tua, della tua mancanza di tempo, attenzione e di nerbo.
Ma succederà che un bel giorno lo sentirai che parla alla sorella: fidati, quetta è roba per bambini piccoli: ti fazzo accottare un po ' di rock.
Lui toglierà Popoff dallo stereo (quando ha imparato a farlo? chi glielo ha insegnato?), scartabellerà un po' tra i tuoi vecchi CD, ne estrarrà uno in particolare, lo infilerà nello stereo e pigerà play.
Quando dalle casse partirà Smoke On the Water ti torneranno in mente un sacco di dettagli cui non avevi fatto caso, prima.
La voce di Lou Reed andando in stazione, che li addormenta.
Quella volta in cui facevi la scema ballando Cocaine mentre grattuggiavi il grana, e loro si sganasciavano.
La domenica mattina in cui hai messo in loop Rattle and Hum e gli hai detto: Ascolta, ascolta qui quando Bono dice Hei The Edge, play the blues...e poi senti, senti come parte la chitarra?
Ti viene in mente che forse la bellezza non s'insegna, la si vive e basta.
Che c'è una somma di minuti, di ore in cui tu semplicemente vivi con loro, ami in mezzo al loro, fai scelte di fronte a loro, e anche cambi cd in presenza loro, senza la minima intenzione dichiarata e consapevole di insegnare loro qualcosa.
Però quelli - guardacaso- ti guardano, ti osservano. E intanto il tempo passa, sedimenta informazioni, spunti, ispirazioni.
Perchè gli adulti, come i bambini, imparano dagli occhi e dalle orecchie, imparano dalla testa e dal corpo. E poi, imparano anche dal tempo.
Questo post partecipa al blogstorming di genitoricrescono col tema del mese: imparare ad apprendere
Una faccia di culo che ti vendeva pure tua madre.
G. era bocciato: da un po'.
Dieci minuti di lezione con G. erano fatica pura: erano sfida, richiami continui, soluzioni inventate su due piedi, era andare a braccio sperando funzionasse con la stessa percentuale di successo che vincere alla roulette russa.
Era attendere: lui, me, il sedimentarsi delle informazioni.
Alla fine tuttavia, anche G. è arrivato e mi ha portato il regalo più bello: stupirmi.
A conti fatti, G. mi ha insegnato ad insegnare.
Molto di quello che G. mi ha insegnato sull'insegnamento lo riscontro ancora oggi come genitore.
Ed ecco cosa mi ha insegnato il mio "alunno peggiore":
1. Fattene una ragione. Accetta. Scava, e vedi cosa scopri.
Prendiamo mio nipote: tu gli dici NO, neanche eccessivamente convinta, e lui SMETTE.
Tu gli dici, seria: "ascolta"- e lui, siorri e siorre - ASCOLTA. Giuro.
Tu prendi il biondino, oppure sua sorella -fa lo stesso, la sostanza genetica non cambia- e digli No. No. NO. Hei, Biondino, ascolta: ti ho detto NO. Biondino: NO-O.
Siamo a 4 NO, e ancora no reaction.
I motivi possono essere svariati: le lucciole nel bosco, Mazinga che fa colazione, il fascino inequivocabile del rumore generato dalla testa della sorella che rimbomba sorda contro il pavimento, 3 + 4 che fa sette, sento come una voze familiare che mi chiama -parrebbe, non ne sono zerto ma potrei quasi essere sicuro di sì, quella di mia madre, ma è in fondo davvero necessario che io risponda al suo richiamo SUBITO? probabilmente sì, ma guarda come s'incastrano alla perfezione questi due pezzettini che sembrano gli artigli di Coniglio Feroze, ad esempio. E altre amenità.
Se mio nipote ubbidisce ai miei ordini non è che io sono più brava con lui che con mio figlio: è solo che mia sorella c'ha le botte di culo.
I miei figli sono dei bravi bambini, ma indubbiamente distratti, fortemente testardi, vagamente anarchici, sostanzialmente refrattari alle regole.
Che fare?
a. introdurmi nottetempo in casa di mia sorella per una sostituzione al volo, indi far disperdere le nostre tracce.
b. accettare biondino e compagnia per quello che sono: rispettare le loro inclinazioni, limitare le loro distrazioni, lavorare di cesello con pazienza, imparare a catturare la loro attenzione, invogliarli alla collaborazione attiva.
Ogni tanto, anche, afferrare il biondino per i piedi e tirarlo giù sul pianeta terra.
I miei figli sono un po' stronzi, è vero, ma hanno un loro personalissimo perché, e sta a me ignorarlo in quanto non corrispondente alla mia personalissima idea di "bambino ideale" o coltivarlo facendo leva sulla loro nevrotica, anarco-insurrezionalista, istrionica, sorprendente unicità aspettando che mi sorprendano.
2. Resistere. Resistere sempre.
Prendiamo le volte in cui gli hai detto che non ci si alza da tavola senza il permesso.
Una cifra intorno ai 10 milioni, più o meno.
Non ci credi più neanche tu, ormai lo dici per inerzia, a un loro minimo movimento il tuo braccio scatta da solo afferrandoli per la collottola, la bocca ti si apre tipo automa e la senti scandire le parole roboticamente "se-sei-pieno-dillo-chiedi-e-ti-sarà-dato-ma-non-alzarti-senza-dire-nulla-è-un-atteggiamento-maleducato-io-non-lo-faccio-non-farlo-neanche-tu".
Pensi che non abbia senso, che ormai non serva più.
Pensi oddio parlo come mia madre, anzi no, peggio: io SONO mia madre.
Poi una sera a caso la tua Nina 2enne prenderà il tovagliolino, si asciugherà compostamente le labbra come il clone nano di Bree Van De Kamp e garbatamente ti apostroferà : "Mammina, poppo appammi, peffavoe?" (Mammina, posso alzarmi per favore?).
Durerà poco, ma saprai allora di aver fatto centro.
E d'altra parte anche di avere un consistente problema di fonetica.
3. Il tempo che non conti ma che c'è [ i bambini apprendono anche quando non gli insegni].
Poniamo che zii, nonni e asili complottino contro di te assassinando la cultura musicale dei tuoi figli a suon di cofanetti baby-dance con remix de IlpulcinoPio, Lamacchinadelcapo e LetagliatellediNonnaPina.
Tu non hai i soldi per pagargli un corso di violino con metodo Sukuzi, non hai il tempo di ascoltare con loro sul divano il bauletto dei Beatles, il giorno in cui tu gli metti Santana e loro gridano perché vogliono la gangamstyle pensi di aver fallito. Fondamentalmente perché neanche hai cominciato, a provarci.
E se questi due sono condannati alle paludi musicali del pop italiano, se a 14 anni dalle loro cuffie sentirai uscire nient'altro che Gigi D'Alessio è solo colpa tua, della tua mancanza di tempo, attenzione e di nerbo.
Ma succederà che un bel giorno lo sentirai che parla alla sorella: fidati, quetta è roba per bambini piccoli: ti fazzo accottare un po ' di rock.
Lui toglierà Popoff dallo stereo (quando ha imparato a farlo? chi glielo ha insegnato?), scartabellerà un po' tra i tuoi vecchi CD, ne estrarrà uno in particolare, lo infilerà nello stereo e pigerà play.
Quando dalle casse partirà Smoke On the Water ti torneranno in mente un sacco di dettagli cui non avevi fatto caso, prima.
La voce di Lou Reed andando in stazione, che li addormenta.
Quella volta in cui facevi la scema ballando Cocaine mentre grattuggiavi il grana, e loro si sganasciavano.
La domenica mattina in cui hai messo in loop Rattle and Hum e gli hai detto: Ascolta, ascolta qui quando Bono dice Hei The Edge, play the blues...e poi senti, senti come parte la chitarra?
Ti viene in mente che forse la bellezza non s'insegna, la si vive e basta.
Che c'è una somma di minuti, di ore in cui tu semplicemente vivi con loro, ami in mezzo al loro, fai scelte di fronte a loro, e anche cambi cd in presenza loro, senza la minima intenzione dichiarata e consapevole di insegnare loro qualcosa.
Però quelli - guardacaso- ti guardano, ti osservano. E intanto il tempo passa, sedimenta informazioni, spunti, ispirazioni.
Perchè gli adulti, come i bambini, imparano dagli occhi e dalle orecchie, imparano dalla testa e dal corpo. E poi, imparano anche dal tempo.
Questo post partecipa al blogstorming di genitoricrescono col tema del mese: imparare ad apprendere
11 febbraio 2015
Il Giorno Feriale.
Il problema del giorno feriale è che - per tutto il mondo- è un giorno in cui la gente lavora.
La gente, quel giorno feriale, si aspetta che tu lavori.
La gente non accetta alternativa.
Bambini ammalati? epidemia di scarlattina? le cavallette?
E' un giorno feriale: la gente ti scrive, ti chiama, ti faxa, ti chatta, ti lancia piccioni.
Il giorno feriale imbruttisce tutti, ma le madri lavoratrici single part-time in particolare.
Bambini ammalati? epidemia di scarlattina? le cavallette?
E' un giorno feriale: la gente ti scrive, ti chiama, ti faxa, ti chatta, ti lancia piccioni.
Il giorno feriale imbruttisce tutti, ma le madri lavoratrici single part-time in particolare.
h. 8:50: avvìo del computer.
h. 9:00:
"Mamma accendiamo tv?"
"Certo, click."
h.10.00
"Mamma, abbiamo fame."
"Toh." (lancio di merendina, oltre la schiena)
h. 10.30
"Caro cliente, mi rincresce aver dovuto posticipare la nostra call di ieri su skype ma tornavo allora dalla pediatra che mi annunciava una sospetta scarlattina, avevo fatto il giro di 2 farmacie e 15 tornanti, erano le 12.30, questi c'avevan fame, avevo appena messo su l'acqua ed era impensabile che di lì a 20 minuti io potessi collegarmi, ho avuto un piccolo imprevisto che mi ha trattenuta fuori ufficio..."
h. 11.40
Ma se mi faccio un'altra mano di rosso sui capelli poi devo schiarire pure le sopracciglia?
h. 12.00
"Mamma, abbiamo fame."
"Toh." (lancio di pezzo di hemmental oltre le spalle)
h. 12.50
"Mamma abbiamo guardato troppa televisione e adesso abbiamo mal di testa."
"Cosa? non pensateci proprio: voi ora rimanete lì. Su-su, poche storie, che devo ancora metter su l'acqua."
h. 13.15
ricordatidichiamarel'estetista, ricordatidichiamarel'estetista, ricordatidichiamarel'estetista, ricordatidichiamarel'estetista.
h. 14.30
"Mamma ci leggi una storia?"
"Non potete giocare?"
"Già fatto, ci stiamo annoiando."
"Ma come? domino? domino lo avete provato? dama? il puzzle? supercluedo? trivial pursuit con la marmotta?"
"Mamma ma che dizi?"
"E' l'ultima mail, giuro, poi arrivo."
h. 13.15
ricordatidichiamarel'estetista, ricordatidichiamarel'estetista, ricordatidichiamarel'estetista, ricordatidichiamarel'estetista.
h. 14.30
"Mamma ci leggi una storia?"
"Non potete giocare?"
"Già fatto, ci stiamo annoiando."
"Ma come? domino? domino lo avete provato? dama? il puzzle? supercluedo? trivial pursuit con la marmotta?"
"Mamma ma che dizi?"
"E' l'ultima mail, giuro, poi arrivo."
Non importa quanti libri di Marcello Bernanrdi voi abbiate letto, non importa quanto tempo cosiddetto di qualità voi abbiate dedicato ai vostri figli.
Pirma o poi Il Giorno Feriale arriva, a ricordarvi che la verità è che siete dei mostri.
Orrendi, stanchissimi, pelosissimi mostri.
Orrendi, stanchissimi, pelosissimi mostri.
14 dicembre 2014
il solito inutile e svilente panico prefestivo.
- n. 2 feste di natale
- n. 1 laboratorio di natale
- n. 5 teglie di biscotti ("visto che non puoi venire al laboratorio di natale". Gettatemi nuda tra le ortiche la prossima volta che mi vedrete scrivere alla rappresentante).
- 10 alla enne richieste incomprensibili da parte di clienti particolarmente dopati sotto natale
- 1 visita per sindrome di Munchhausen
- 1 tentativo di depistaggio all'Istituto Previdenziale allo scopo di farmi ridare i soldi, indi rendermi irreperibile a vita.
- L'ordine di TUTTI i regali su IBS cancellato, data di consegna prevista tra il 29.12 e il 5.01.
No utile, veramente.
- Tutti, ma dico TUTTI i regali da prendere. E io sto a PaeseinCuloaiLombrichi.
Comodo come dire Kuala Lumpur-Esselunga.
- n. 10 giorni prima di non essere più sola. E della suocera.
- H. 5.30 e sto lavorando da 1 h e mezza.
Ma va tutto bene, va tutto bene.
Tipo pensavo Natale sarebbe stato casa in disordine, pigiama e grembiule, farina sul tavolo e pasta fatta in casa. Mi faccio sempre dei bei film, io.
Comunque in qualche modo te li trovo, questi Lego Chima che aspetti da Ottobre.
Quelli, e un paio di guantini rossi, perché non hai chiesto altro e altro non voglio vederti scartare quella mattina, nel tuo pigiama stropicciato.
In qualche modo ci vado, in una libreria vera, e lì -bada bene- vi scelgo dei bei libri, selezionandoli per quando li leggeremo sdraiati coi piedi in aria se non farete gli isterici e se io non urlerò [perché mi spiace avere urlato, oggi. E mamma mi ha detto che è colpa mia, che c'è qualcosa che non va nel mio metodo, che inizio bene e poi mando tutto a puttane. Che voi sentite il mio nervosismo. E io sospetto che sia vero, ma lo rifiuto, e lo temo.]
E quando l'avrò fatto, insieme a tutto il resto, tuo padre tornerà.
E allora sarà Natale.
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3 ottobre 2014
Nella scatola di cartone.
Tempo fa durante la spesa ci fu l'increscioso episodio Lego Chima.
Non so se avete presente: è una serie dei celebri mattonicini dedicata ad un mondo immaginario popolato da grifoni del sole e pseudoscimmie del ghiaccio, in lotta fra loro per il possesso della mitologica terra di Chima.
Lui aveva visto la pubblicità in televisione e da lì era partita la litania del melocompri?melocompri?melocompri?
Gli era stato detto che al momento non se ne parlava, ma che se fosse stato bravo forse avrebbe potuto chiederlo per Natale.
Però poi eccoli lì, tutti in fila sulla scaffalatura conad, accanto alla pizza al taglio 100% plastica e al pongo di peppa pig.
Piantò una scena memorabile.
Ti peego compamelo, ti peeeego non voglio 'ppettare natale, lo vojio subito mamma, LO VOJJJOOO!
Ovviamente non cedetti di mezzo millimetro.
Ovviamente lui piangeva, ovviamente l'intero supermercato ci guardava, ovviamente cercai di calmarlo ferma e a voce controllata, ovviamene l'istinto bieco mi diceva di ribaltarlo, rotearlo in aria e se necessario farlo liscio come un pomodoro pelato. Ovviamente lo trascinai solo il più velocemente possibile fuori dal supermercato.
In macchina partì il cazziatone universale e a casa la punizione, consumata sui gradini del giardino di sotto, col cancelletto chiuso nel recinto dei suoi pensieri.
Quella sera stessa, di ritorno da una passeggiata nel bosco, lui mise mano alla grande scatola di cartone eredità dei cugini più grandi, colma di centinaia di pezzi lego spaiati, appartenenti a serie e modelli diversi tra loro, tutti incompleti. Ci lavorò per tutta la sera, al termine della quale si era costruito i suoi lego chima da solo.
Scelse il rosso per quelli del fuoco e il bianco per quelli del ghiaccio.
Modellò tigri della neve, slitte e macchinzegni di ogni sorta.
A volte ci penso.
Mio figlio sta lì, nei suoi capricciosi 4 anni, a spiegarmi che i sogni su cui ci ostiniamo hanno il luccichio della plastica nuova, della confezione in scaffale, pre-pensata e pre-digerita apposta per noi: dobbiamo solo pagare, seguire le istruzioni, e non smontarli mai più, né osare perderne un pezzo così per caso.
Mentre i sogni che non osiamo, bé quelli stanno alla rinfusa in un vecchio scatolone di seconda mano sotto i nostri occhi, e non costano nulla.
Eccetto, forse, lo sforzo d'immaginarli.
Non so se avete presente: è una serie dei celebri mattonicini dedicata ad un mondo immaginario popolato da grifoni del sole e pseudoscimmie del ghiaccio, in lotta fra loro per il possesso della mitologica terra di Chima.
Lui aveva visto la pubblicità in televisione e da lì era partita la litania del melocompri?melocompri?melocompri?
Gli era stato detto che al momento non se ne parlava, ma che se fosse stato bravo forse avrebbe potuto chiederlo per Natale.
Però poi eccoli lì, tutti in fila sulla scaffalatura conad, accanto alla pizza al taglio 100% plastica e al pongo di peppa pig.
Piantò una scena memorabile.
Ti peego compamelo, ti peeeego non voglio 'ppettare natale, lo vojio subito mamma, LO VOJJJOOO!
Ovviamente non cedetti di mezzo millimetro.
Ovviamente lui piangeva, ovviamente l'intero supermercato ci guardava, ovviamente cercai di calmarlo ferma e a voce controllata, ovviamene l'istinto bieco mi diceva di ribaltarlo, rotearlo in aria e se necessario farlo liscio come un pomodoro pelato. Ovviamente lo trascinai solo il più velocemente possibile fuori dal supermercato.
In macchina partì il cazziatone universale e a casa la punizione, consumata sui gradini del giardino di sotto, col cancelletto chiuso nel recinto dei suoi pensieri.
Quella sera stessa, di ritorno da una passeggiata nel bosco, lui mise mano alla grande scatola di cartone eredità dei cugini più grandi, colma di centinaia di pezzi lego spaiati, appartenenti a serie e modelli diversi tra loro, tutti incompleti. Ci lavorò per tutta la sera, al termine della quale si era costruito i suoi lego chima da solo.
Scelse il rosso per quelli del fuoco e il bianco per quelli del ghiaccio.
Modellò tigri della neve, slitte e macchinzegni di ogni sorta.
A volte ci penso.
Mio figlio sta lì, nei suoi capricciosi 4 anni, a spiegarmi che i sogni su cui ci ostiniamo hanno il luccichio della plastica nuova, della confezione in scaffale, pre-pensata e pre-digerita apposta per noi: dobbiamo solo pagare, seguire le istruzioni, e non smontarli mai più, né osare perderne un pezzo così per caso.
Mentre i sogni che non osiamo, bé quelli stanno alla rinfusa in un vecchio scatolone di seconda mano sotto i nostri occhi, e non costano nulla.
Eccetto, forse, lo sforzo d'immaginarli.
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18 settembre 2014
La ricerca della felicità.
"Ciao piccolo, com'è andata oggi?"
"Male, malissimo."
"Perché? Cos'è successo?"
"Ho pettato per sbaglio il marchinzegno del mio compagno."
"Oh, capisco. E si è rotto?"
"No, lo ha ricottuito."
"E tu hai chiesto scusa? lo hai aiutato?"
"Sì, lui mi ha detto "hey!" da cattivo, io ho detto "ccusa!ccusa!!", e poi lui mi ha fatto gli occhi stretti."
"Mmm. Bè non mi pare così grave. In fondo ha detto solo "hei", mica ti ha insultato."
"Sì però a me, quando mi fanno gli occhi stretti, mi si rompe la felizità."
Devo ricordarmi di insegnare a mio figlio che la felizità non può e non deve essere un vaso di vetro.
Devo assolutamente insegnargli che la sua sensibilità, la sua bellissima, fantasiosa, profonda, calda sensibilità non può essere qualcosa di così fragile.
Devo davvero mostrargli che quando si ha un dono tanto prezioso non lo si deve lasciare in balìa degli altri, ma tenercelo stretto e coltivarlo, accudirlo, e condividerlo certamente, ma essere pronti a difenderlo coi denti se necessario.
Devo insegnarli che la felizità dipende da lui soltanto, nel suo corrispondere all'idea di sé che vuole essere o nonostante tutto diventare. Nel non tradirsi.
Sarò opportuno dire a mio figlio di credere e avere fiducia nella bellezza degli altri, ma ancora di più nella propria.
Devo ricordarmi di avvisarlo che la nostra bellezza si può macchiare o sbrindellare qua e là, perché bellezza non è perfezione e può capitare di calpestare qualcuno senza volerlo.
Che, tuttavia, poche cose sono davvero irrimediabili, e nella maggior parte dei casi è utile praticare l'umiltà ma in nessuno l'umiliazione.
Poi, in seconda battuta, potrei dirgli che la vita può -stupeficium- essere leggera, senza per questo essere presa con leggerezza.
Che non è che perché tuo figlio torna da scuola con qualche piccola delusione che gli devi partire in tromba col pippone biblico.
Che la lezione migliore sarà sempre la TUA felicità, la TUA umiltà, la TUA forza.
E che in moltissimi casi, comunque, la cosa più saggia da fare potrebbe essere dargli una strapazzata sui capelli e dirgli Non pensarci, hai fatto tutto ciò che dovevi fare, non è davvero così importante, mentre vi svaccate sul divano mangiando cioccolata come non ci fosse un domani.
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24 giugno 2014
Sono tornata e spelo pomodori.
Breve sunto degli ultimi 15 giorni.
- siamo partiti per le vacanze.
- la prima sera mi hanno rubato il cellulare.
- ciò ha fatto sì che non abbia potuto postare piedi abbronzati in ammollo e schiene di bambini impanati ogni 3-4 ore. Siete disperati, immagino.
- hanno ritrovato il mio cellulare, dopo una settimana e a 400 km da dove mi trovavo.
- lui ha preso l'otite, la febbre e l'antibiotico, io sinusite e mal di gola.
- quello piccolo ha fatto amicizia con un seienne di Avellino cui l'eterno mocciolo da troll di Nina causava inesauribile ansia e turbamento:
"Mi scusi, signò, la piccola tiene 'o moccolo."
" Sì lo so."
"E' giallo, e grosso."
"Lo so, un attimo."
"Tiene moccioli molto grandi, 'sta piccolina."
"Dio che ansia, ma non stavi facendo il castello?"
"Eccone un altro, dall'altra narice!"
"Qualcuno me lo porti via."
- quello piccolo è stato oltremodo molesto, capriccioso, villano e lagnoso. I figli degli altri -manco a dirlo- mi sembravano cresciuti a pane e Montessori. Ho meditato e minacciato di riportarlo a casa, toglierli i cartoni serali, toglierli il gelato pomeridiano, toglierli il piatto se non finiva almeno 3 forchettate, toglierli varie ed eventuali.
Francamente, solo a sentire la mia stessa voce che ripeteva sempre le stesse cose, mi sono sfracassata i maroni da sola.
- Nina ha fatto polpette, gran dormite, furoreggiato alla baby dance, mangiato sabbia e temo assaggiato il cadavere di un granchio.
- ho recuperato (culo) il mio cellulare dopo 15 giorni. Dopo 15 minuti ero già connessa. Constatato che non ero guarita.
Nel frattempo il mio orto è diventato una selva, la vite del canada ha invaso il vialetto, i pomodori sono verdi, le lucciole brillano sulla collina, il rampicante sul terrazzo ha fiori a campana color salmone e io sono a casa.
- siamo partiti per le vacanze.
- la prima sera mi hanno rubato il cellulare.
- ciò ha fatto sì che non abbia potuto postare piedi abbronzati in ammollo e schiene di bambini impanati ogni 3-4 ore. Siete disperati, immagino.
- hanno ritrovato il mio cellulare, dopo una settimana e a 400 km da dove mi trovavo.
- lui ha preso l'otite, la febbre e l'antibiotico, io sinusite e mal di gola.
- quello piccolo ha fatto amicizia con un seienne di Avellino cui l'eterno mocciolo da troll di Nina causava inesauribile ansia e turbamento:
"Mi scusi, signò, la piccola tiene 'o moccolo."
" Sì lo so."
"E' giallo, e grosso."
"Lo so, un attimo."
"Tiene moccioli molto grandi, 'sta piccolina."
"Dio che ansia, ma non stavi facendo il castello?"
"Eccone un altro, dall'altra narice!"
"Qualcuno me lo porti via."
- quello piccolo è stato oltremodo molesto, capriccioso, villano e lagnoso. I figli degli altri -manco a dirlo- mi sembravano cresciuti a pane e Montessori. Ho meditato e minacciato di riportarlo a casa, toglierli i cartoni serali, toglierli il gelato pomeridiano, toglierli il piatto se non finiva almeno 3 forchettate, toglierli varie ed eventuali.
Francamente, solo a sentire la mia stessa voce che ripeteva sempre le stesse cose, mi sono sfracassata i maroni da sola.
- Nina ha fatto polpette, gran dormite, furoreggiato alla baby dance, mangiato sabbia e temo assaggiato il cadavere di un granchio.
- ho recuperato (culo) il mio cellulare dopo 15 giorni. Dopo 15 minuti ero già connessa. Constatato che non ero guarita.
Nel frattempo il mio orto è diventato una selva, la vite del canada ha invaso il vialetto, i pomodori sono verdi, le lucciole brillano sulla collina, il rampicante sul terrazzo ha fiori a campana color salmone e io sono a casa.
25 aprile 2014
lezioni, qua e là.
buongiorno anche a te, amore.
"Mamma quando tu muori io vado a vivee in zittà con papà e lo zio A."
pugni atomizi.
"Mamma mi ha mossicato un ragno e mi ha passato i potei di Mazinga"
"Quello era l'Uomo Ragno."
"Z'ho anche il pugno atomico."
"Ottimo."
"Ora peò mi devi bazae tre votte, per rompee l'incantesimo."
"Come mai? e i pugni atomici?"
"Pecchè io pefeicco essere me ttesso."
più o meno.
"Te lo ricordi che festa è oggi? ricordi cosa ti ha spiegato mamma?"
"Sì che me lo ricordo."
"Che festa è?"
"Della felizità."
siamo noi questo piatto di grano.
In paese vive A.
Siccome il padre di A. era fascista, e siccome dopo la guerra ci andavan giù pesante, e siccome per la famiglia non fu una passeggiata.
Siccome A. ha una passione per la storia e gli eventi bellici, per i corpi militari e i documentari sulla Guerra Fredda, allora tutti credono che A. sia fascista.
Siccome è più facile, siccome pare logico, siccome sarebbe strano il contrario, siccome lui è silenzioso e non dice nulla, lo credono tutti, financo i suoi parenti.
Siccome io non sono quella gran furbona che m'atteggio d'essere, siccome son banale come tutti gli altri, siccome il luogo comune è comodo, siccome dài si capisce, sarà uno di quei simpatizzanti nostalgici, lo credevo anch'io.
Siccome la vita è tutto fuorché banale, siccome la storia siamo noi, siamo noi padri e figli, siamo noi bella ciao che partiamo, allora lo incroci mentre sparge un intruglio di aceto e sapone per piatti sulle rose ("dice che funziona, contro i pidocchi") e sorridendo ti fa: "Ah, auguri. Buon 25 Aprile."
"Mamma quando tu muori io vado a vivee in zittà con papà e lo zio A."
pugni atomizi.
"Quello era l'Uomo Ragno."
"Z'ho anche il pugno atomico."
"Ottimo."
"Ora peò mi devi bazae tre votte, per rompee l'incantesimo."
"Come mai? e i pugni atomici?"
"Pecchè io pefeicco essere me ttesso."
più o meno.
"Te lo ricordi che festa è oggi? ricordi cosa ti ha spiegato mamma?"
"Sì che me lo ricordo."
"Che festa è?"
"Della felizità."
siamo noi questo piatto di grano.
In paese vive A.
Siccome il padre di A. era fascista, e siccome dopo la guerra ci andavan giù pesante, e siccome per la famiglia non fu una passeggiata.
Siccome A. ha una passione per la storia e gli eventi bellici, per i corpi militari e i documentari sulla Guerra Fredda, allora tutti credono che A. sia fascista.
Siccome è più facile, siccome pare logico, siccome sarebbe strano il contrario, siccome lui è silenzioso e non dice nulla, lo credono tutti, financo i suoi parenti.
Siccome io non sono quella gran furbona che m'atteggio d'essere, siccome son banale come tutti gli altri, siccome il luogo comune è comodo, siccome dài si capisce, sarà uno di quei simpatizzanti nostalgici, lo credevo anch'io.
Siccome la vita è tutto fuorché banale, siccome la storia siamo noi, siamo noi padri e figli, siamo noi bella ciao che partiamo, allora lo incroci mentre sparge un intruglio di aceto e sapone per piatti sulle rose ("dice che funziona, contro i pidocchi") e sorridendo ti fa: "Ah, auguri. Buon 25 Aprile."
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26 marzo 2014
Spiritualità. O di lombrichi, o catechisti ciellini.
Qualche giorno fa è passato il prete a benedire casa.
La signora che lo accompagnava aveva chiesto poco prima a Susibita se le desse fastidio che passassero, dal momento che sa come lei la pensi su certe cose e che però questo sacerdote era nuovo di queste parti e stava cercando di conoscere un po' tutti in paese.
Susibita aveva risposto che no, non le dava fastidio, ci mancherebbe - che la porta di casa sua era sempre stata aperta a tutti, tanto più a qualcuno che porta la benedizione, che in fin dei conti altro non è che un augurio, un buon augurio.
E che non farli entrare -soprattutto- le sarebbe sembrato un po' come quelli che espongono il bollino sul cancello "grazie, ma siamo una famiglia cattolica" che è una cosa che Susibita ha sempre trovato alquanto agghiacciante.
Però quando poi il prete è arrivato si è chiesta se non avesse sbagliato - perché non poteva non recitare il padre nostro dal momento che erano lì in tre e che non era come quando passano i testimoni di Geova e lei mette su un caffè e intanto piega i panni e intanto gli spiega che no, non trova affatto misericordioso il dio biblico, ma manco buono, ma manco giusto se è per questo e che una cosa come quella che fa ad Abramo con quel povero disgraziato di Isacco è semplicemente immonda -spiacente- ma immonda per quel che la riguarda.
Qui insomma è diverso, ne va anche di coerenza di fronte ai bambini, si è detta.
E infatti quando ha chiesto al piccoletto di raggiungerli in salotto per salutare e ascoltare un signore che dice una preghierina quello le ha risposto che no, lui la preghierina non l'avrebbe detta mai, ma proprio MAI E POI MAI, testuali parole. Che poi dico, mica la devi dire tu - gli ha specificato Susibita, puoi anche solo ascoltare quello che ha da dire lui, ma quello niente, s'è messo a giocare e non lo si è più visto.
Poi Susibita è tornata indietro e quell'altro, quello alto, le ha detto: "Non guardarmi, ha preso tutto da te, io non c'entro: sono pure stato chirichetto, io." - l'ipocrita.
E' stato chierichetto tipo per un giorno, dopodiché è tornato a casa da sua madre e ha dichiarato che lui non lo avrebbe MAI PIU' fatto in vita sua, che quella cosa di prendere ordini dal prete non gli andava per nulla a genio.
Insomma nel mentre della benedizione Susibita s'è fatta pippe mentali tutto sommato abbastanza consuete considerato il soggetto, e ha cominciato a temere l'effetto boomerang, quello per cui gli errori che fai ti si ritorcono tutti contro prima o poi, amplificati.
Un po' come in quel racconto della Munro in cui una madre cresce la figlia con metodi educativi un po' hippie e vagamente agnostici e quella -raggiunta la maggiore età- per compensare la mancanza di spiritualità nell'infanzia, si fa prendere da una setta di santoni e sparisce nel nulla finché la madre ormai ottantenne non scopre che comunque è viva, sposata con 5 figli ma non si rivedranno mai più.
Che dici a 'sto punto faceva il chirichetto a 11 anni che era meglio.
Poi c'è anche la suocera che a Susibita lo dice sempre che a 'sti bambini un po' di spiritualità gliela dovrebbe pur passare, e lei a risponderle che spiritualità non è necessariamente religione.
Comunque dopo la Munro un po' Susibita se la fa sotto che magari la Nina a 17 anni -che so- prende il treno e va a fare la Papa Girl in Piazza San Pietro.
Però poi ha guardato Magù raccogliere le lumachine dalla strada, per non farle schiacciare dalle macchine. E i lombrichi, pure.
Questo bambino piccolo e ignaro che salva i più piccoli tra gli animali: i più viscidi, diciamolo.
Questo bambino che si spiega da solo la vita: "si nasse, si vive e poi si muore. E' la natura, è fatta così. Io però non muoio, pecchè sono un cavalie(r)e e cavaliei -mamma- non muoiono mai."
Questo bambino che trema quando sogna che qualcuno faccia del male agli occhi di suo padre.
Questo bambino che dice " mi si è 'pezzato il cuore, mamma".
Questo bambino- rasente il fanatico- con gli occhi pallati preda del fascino morboso del germoglio:
"Pecchè non èsse, mamma? Io lo appetto, ma lui non èsse."
"Non riesci a vederlo mentre esce, lo vedi quando è già spuntato: è troppo lento."
"Ma io lo appetto, mamma, stai tanquilla."
Questo bambino qui, che ha più spiritualità lui nell'unghia dell'alluce sinistro di un intero esercito di catechisti ciellini.
E s'è un po' tranquillizzata.
La signora che lo accompagnava aveva chiesto poco prima a Susibita se le desse fastidio che passassero, dal momento che sa come lei la pensi su certe cose e che però questo sacerdote era nuovo di queste parti e stava cercando di conoscere un po' tutti in paese.
Susibita aveva risposto che no, non le dava fastidio, ci mancherebbe - che la porta di casa sua era sempre stata aperta a tutti, tanto più a qualcuno che porta la benedizione, che in fin dei conti altro non è che un augurio, un buon augurio.
E che non farli entrare -soprattutto- le sarebbe sembrato un po' come quelli che espongono il bollino sul cancello "grazie, ma siamo una famiglia cattolica" che è una cosa che Susibita ha sempre trovato alquanto agghiacciante.
Però quando poi il prete è arrivato si è chiesta se non avesse sbagliato - perché non poteva non recitare il padre nostro dal momento che erano lì in tre e che non era come quando passano i testimoni di Geova e lei mette su un caffè e intanto piega i panni e intanto gli spiega che no, non trova affatto misericordioso il dio biblico, ma manco buono, ma manco giusto se è per questo e che una cosa come quella che fa ad Abramo con quel povero disgraziato di Isacco è semplicemente immonda -spiacente- ma immonda per quel che la riguarda.
Qui insomma è diverso, ne va anche di coerenza di fronte ai bambini, si è detta.
E infatti quando ha chiesto al piccoletto di raggiungerli in salotto per salutare e ascoltare un signore che dice una preghierina quello le ha risposto che no, lui la preghierina non l'avrebbe detta mai, ma proprio MAI E POI MAI, testuali parole. Che poi dico, mica la devi dire tu - gli ha specificato Susibita, puoi anche solo ascoltare quello che ha da dire lui, ma quello niente, s'è messo a giocare e non lo si è più visto.
Poi Susibita è tornata indietro e quell'altro, quello alto, le ha detto: "Non guardarmi, ha preso tutto da te, io non c'entro: sono pure stato chirichetto, io." - l'ipocrita.
E' stato chierichetto tipo per un giorno, dopodiché è tornato a casa da sua madre e ha dichiarato che lui non lo avrebbe MAI PIU' fatto in vita sua, che quella cosa di prendere ordini dal prete non gli andava per nulla a genio.
Insomma nel mentre della benedizione Susibita s'è fatta pippe mentali tutto sommato abbastanza consuete considerato il soggetto, e ha cominciato a temere l'effetto boomerang, quello per cui gli errori che fai ti si ritorcono tutti contro prima o poi, amplificati.
Un po' come in quel racconto della Munro in cui una madre cresce la figlia con metodi educativi un po' hippie e vagamente agnostici e quella -raggiunta la maggiore età- per compensare la mancanza di spiritualità nell'infanzia, si fa prendere da una setta di santoni e sparisce nel nulla finché la madre ormai ottantenne non scopre che comunque è viva, sposata con 5 figli ma non si rivedranno mai più.
Che dici a 'sto punto faceva il chirichetto a 11 anni che era meglio.
Poi c'è anche la suocera che a Susibita lo dice sempre che a 'sti bambini un po' di spiritualità gliela dovrebbe pur passare, e lei a risponderle che spiritualità non è necessariamente religione.
Comunque dopo la Munro un po' Susibita se la fa sotto che magari la Nina a 17 anni -che so- prende il treno e va a fare la Papa Girl in Piazza San Pietro.
Però poi ha guardato Magù raccogliere le lumachine dalla strada, per non farle schiacciare dalle macchine. E i lombrichi, pure.
Questo bambino piccolo e ignaro che salva i più piccoli tra gli animali: i più viscidi, diciamolo.
Questo bambino che si spiega da solo la vita: "si nasse, si vive e poi si muore. E' la natura, è fatta così. Io però non muoio, pecchè sono un cavalie(r)e e cavaliei -mamma- non muoiono mai."
Questo bambino che trema quando sogna che qualcuno faccia del male agli occhi di suo padre.
Questo bambino che dice " mi si è 'pezzato il cuore, mamma".
Questo bambino- rasente il fanatico- con gli occhi pallati preda del fascino morboso del germoglio:
"Pecchè non èsse, mamma? Io lo appetto, ma lui non èsse."
"Non riesci a vederlo mentre esce, lo vedi quando è già spuntato: è troppo lento."
"Ma io lo appetto, mamma, stai tanquilla."
Questo bambino qui, che ha più spiritualità lui nell'unghia dell'alluce sinistro di un intero esercito di catechisti ciellini.
E s'è un po' tranquillizzata.
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16 dicembre 2013
Non sai quanto.
"Smettila di tirare quel coso, ho detto."
"No che non la 'mmetto."
"Cooosaaa??"
"Ho detto no che non la 'mmetto."
"Ti ho già spiegato che è pericoloso, non voglio più ripeterlo. Smettila ORA."
"Non è pericoloso: tu sei pericolosa!"
"Su questo non c'è dubbio, tesoro. Non sai quanto."
"No che non la 'mmetto."
"Cooosaaa??"
"Ho detto no che non la 'mmetto."
"Ti ho già spiegato che è pericoloso, non voglio più ripeterlo. Smettila ORA."
"Non è pericoloso: tu sei pericolosa!"
"Su questo non c'è dubbio, tesoro. Non sai quanto."
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11 settembre 2013
Il latte, i biscotti, i criceti morti e tutto ciò che serve sapere.
Ho letto questa cosa ieri, seguendo un link di un link da non so quale profilo twitter.
Ovviamente non sono riuscita più a recuperare la blogger che l'ha postato ma ho ritrovato il testo googlando.
Sono i giorni appropriati per pubblicarlo, magari tutti lo conoscete già ma io l'ho letto solo ieri.
Mi ha fatto sorridere.
Come tutte le cose belle, un po' tristi, e molto vere.
La massima parte di ciò che veramente mi serve sapere su come vivere,
cosa fare e in che modo comportarmi l'ho imparata all'asilo.
La saggezza non si trova al vertice della montagna degli studi superiori,
bensì nei castelli di sabbia del giardino dellinfanzia.
Queste sono le cose che ho appreso:
Dividere tutto con gli altri.
Giocare correttamente.
Non fare male alla gente.
Rimettere le cose al posto.
Sistemare il disordine.
Non prendere ciò che non è mio.
Dire che mi dispiace quando faccio del male a qualcuno.
Lavarmi le mani prima di mangiare.
I biscotti caldi e il latte freddo fanno bene.
Condurre una vita equilibrata: imparare qualcosa,
pensare un po' e disegnare, dipingere, cantare,
ballare, suonare e lavorare un tanto al giorno.
Fare un riposino ogni pomeriggio.
Nel mondo, badare al traffico, tenere per mano
e stare vicino agli altri.
Essere consapevole del meraviglioso.
Ricordare il seme nel vaso: le radici scendono,
la pianta sale e nessuno sa veramente come e perché,
ma tutti noi siamo così.
I pesci rossi, i criceti, i topolini bianchi e
persino il seme nel suo recipiente:
tutti muoiono e noi pure.
Non dimenticare, infine, la prima parola che ho imparato,
la più importante di tutte: guardare.
Tutto quello che mi serve sapere sta lì, da qualche parte: le regole Auree, l'amore, l'igiene alimentare, l'ecologia, la politica e il vivere assennatamente.
Basta scegliere uno qualsiasi tra questi precetti, elaborarlo in termini adulti e sofisticati e applicarlo alla famiglia, al lavoro, al governo, o al mondo in generale, e si dimostrerà vero, chiaro e incrollabile.
Pensate a come il mondo sarebbe migliore se noi tutti,
l'intera umanità, prendessimo latte e biscotti ogni pomeriggio alle tre e ci mettessimo poi sotto le coperte per un pisolino, o se tutti i governi si attenessero al principio basilare di rimettere ogni cosa dove l' hanno trovata e di ripulire il proprio disordine.
Rimane sempre vero, a qualsiasi età, che quando si esce nel mondoè meglio tenersi per mano e rimanere uniti.
di Robert Fulghum
Ovviamente non sono riuscita più a recuperare la blogger che l'ha postato ma ho ritrovato il testo googlando.
Sono i giorni appropriati per pubblicarlo, magari tutti lo conoscete già ma io l'ho letto solo ieri.
Mi ha fatto sorridere.
Come tutte le cose belle, un po' tristi, e molto vere.
La massima parte di ciò che veramente mi serve sapere su come vivere,
cosa fare e in che modo comportarmi l'ho imparata all'asilo.
La saggezza non si trova al vertice della montagna degli studi superiori,
bensì nei castelli di sabbia del giardino dellinfanzia.
Queste sono le cose che ho appreso:
Dividere tutto con gli altri.
Giocare correttamente.
Non fare male alla gente.
Rimettere le cose al posto.
Sistemare il disordine.
Non prendere ciò che non è mio.
Dire che mi dispiace quando faccio del male a qualcuno.
Lavarmi le mani prima di mangiare.
I biscotti caldi e il latte freddo fanno bene.
Condurre una vita equilibrata: imparare qualcosa,
pensare un po' e disegnare, dipingere, cantare,
ballare, suonare e lavorare un tanto al giorno.
Fare un riposino ogni pomeriggio.
Nel mondo, badare al traffico, tenere per mano
e stare vicino agli altri.
Essere consapevole del meraviglioso.
Ricordare il seme nel vaso: le radici scendono,
la pianta sale e nessuno sa veramente come e perché,
ma tutti noi siamo così.
I pesci rossi, i criceti, i topolini bianchi e
persino il seme nel suo recipiente:
tutti muoiono e noi pure.
Non dimenticare, infine, la prima parola che ho imparato,
la più importante di tutte: guardare.
Tutto quello che mi serve sapere sta lì, da qualche parte: le regole Auree, l'amore, l'igiene alimentare, l'ecologia, la politica e il vivere assennatamente.
Basta scegliere uno qualsiasi tra questi precetti, elaborarlo in termini adulti e sofisticati e applicarlo alla famiglia, al lavoro, al governo, o al mondo in generale, e si dimostrerà vero, chiaro e incrollabile.
Pensate a come il mondo sarebbe migliore se noi tutti,
l'intera umanità, prendessimo latte e biscotti ogni pomeriggio alle tre e ci mettessimo poi sotto le coperte per un pisolino, o se tutti i governi si attenessero al principio basilare di rimettere ogni cosa dove l' hanno trovata e di ripulire il proprio disordine.
Rimane sempre vero, a qualsiasi età, che quando si esce nel mondoè meglio tenersi per mano e rimanere uniti.
di Robert Fulghum
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2 maggio 2013
Vademecum per bi-madri lavoratrici single p.t.
La bi-madre lavoratrice single p.t. è single part-time, di solito infrasettimanalmente, accoppiata di prassi in formula week end, sfigata quasi sempre.
La single p.t. si becca le due cozze sul groppone dai 3 ai 5 giorni (e notti) a settimana e nel fine settimana deve pure mediare tra un bellissimo film di fantascienza che tipicamente le fa cagare e un film qualunque che contempli persone e non androidi, un qualunque filo conduttore, possibilmente un lieto fine perché al sabato sera il lieto fine se lo merita, o se proprio non abbiamo nessuna delle precedenti, almeno la presenza tipo di benicio del toro, che so io.
Comunque.
Ci tengo a precisare che il seguente decalogo è strettamente personale, e pur tuttavia chi ve lo offre nutre la speranza che possa essere di aiuto a qualche sparuta imbesuita bimadre o madre con panza bis in arrivo che -come la sottoscritta 1 anno fa- si guarda la panza, poi guarda il primogenito, riguarda la panza, riguarda il primogenito e poi spera di svegliarsi sudata, sollevata ma soprattutto 25enne.
Le regole sono poche, ma fondamentali.
- Prima regola: non si parla del fight club. Seconda regola: non dovete mai parlare del fight club.
Haem, ok. cazzata. reload.
- Prima regola: il tempo non si moltiplica. Se ne avevate poco con uno solo, non aumenterà col secondo. La buona notizia è che non è necessariamente drasticamente ridotto come ve lo state immaginando. Il processo è semplice: si chiama riorganizzazione. Ognuno ha la sua, ma ci stanno dentro gli incastri tra i sonni dell'una e il bagnetto dell'altro, la pappa per lei e shaun the sheep per lui.
I primi tempi datevi tempo, bisogna riassettarsi. Shaun the sheep in questo è fondamentale, god save shaun the sheep.
- Seconda regola: la gelosia esiste, non fingete di non vederla. Diffidate di chi non l'ammette. Magù chiede di Nina, gioca con Nina, sbaciucchia Nina ma quando può la prende ripetutamente a mazzate in testa. Così, giusto per non perdere l'abitudine. Il mio consiglio è: quello piccolo, soprattutto i primissimi mesi, ha necessità molto basilari: assolvetele. E poi passate al primo: il suo mondo è più ricco, più complesso e anche più minaccioso. E' adesso che ha bisogno di voi per interpretarlo.
Errore commesso da Susibita: Nina nasce, Susibita si divide tra i due ma non basta: Magù si trasforma sotto i suoi occhi in una specie di rospo con tendenze violente, ingrugnito, rabbuito, infelice. Susibita ci rimane malissimo, non riconosce più il suo splendido dolcissimo bambino sognatore. Dov'è finito? chi me l'ha preso? Partono le pippe mentali, più o meno inconsce. Nessuno. Nessuno l'aveva preso. Stava solo sperimentando il suo primo amore, il suo primissimo dolore. E non c'è niente, nulla più di quello che state già facendo (tempo, coccole, gioco, rimprovero dolce ma fermo e balblablabla) per rassicurarlo: semplicemente deve fare proprio quella cosa lì. Quella cosa che non volete vedergli fare. Deve passare attraverso il suo primo piccolo, gigante dolore. La chiamano vita, e credo di aver imparato che non siamo qui per sottrarli al dolore, alla paura. Siamo qui per tenergli la mano.
Capito questo, fine delle pippe, Magù ritorna gradualmente in sè.
- Terza regola: Orari. Routine. Sequenza di azioni. Uguale a sè stessa fino alla morte ma che da morte certa mi salva ogni giorno.
Aiuta loro, aiuta voi, dà ritmo alla giornata, dà senso agli eventi: lavarsi le mani, mangiare, cartoni, spegni cartoni, lavarsi, nanna.
Soprattutto: alle 9, o giù di lì, sarete LIBERI. Prima o poi.
- Quarta regola: le regole valgono sempre e per entrambi. Sì, anche per la frugoletta piccina-picciò. Altrimenti non sono regole. Sono poche e sono chaire: non gli stiamo chiedendo di risolvere una funzione a doppia matrice, solo di non scaccolarsi sulla sorella, per dire.
I capricci si prevengono, se non si riesce a prevenirli e degenerano s'ignorano: dureranno pochi minuti, oppure dureranno molto minuti, e saranno interminabili. Ma la volta dopo dureranno di meno. E poi meno ancora. E poi non ve lo chiederanno più (la tv, il cioccolato, il libro, la focaccia etc etcetc). Passerà un po' di tempo e poi ricominceranno da capo. Contenti?
No ok, l'idea è che poi la smettano.
In questo vi remeranno contro mariti, zii senza figli e soprattutto nonni. Ma non voi non cedete, non cedete mai, perché - secondo me- avete ragione voi.
- Quinta regola: coinvolgeteli. I grandi, dico. Sui 3 anni possono a loro modo rendersi utili: non è assurdo che "sparecchino" portando piatto e posate sul lavandino. E' un messaggio che gli state dando, più che il fine di avere chissà quale sgravio: il messaggio che famiglia è stare insieme, divertirsi, mangiare, e sì, anche aiutarsi. Io ti aiuto, tu mi aiuti, siamo tutti felici. Patti chiari e amicizia lunga.
- Sesta regola, quella che mi piace di più: flessibilità. Buon senso. Che vuol dire che esistono le eccezioni, che gli angoli possono arrotondarsi, che voi non siete superwoman e fanculo le regole.
Che ogni momento o fase o anche giornata è a sè. Che quello che vale con lui non necessariamente vale per lei. Che quello che ti riesce benissimo una sera quella dopo non riesce più, o riesce con il doppio della fatica e del tempo. Vuol dire accettare e accettarsi. Non farne un dramma.
Vuol dire, ad esempio, che stasera alle 9 ero ben lontana dall'essere libera.
Vuol dire che per 3 mesi non sono andata al supermercato da sola con loro due perché lui era un disastro.
Allora ho lasciato passare il tempo e poi oggi in sordina ci ho riprovato e lui mi ha pesato i limoni.
Che io ero pronta a mollare il carrello e scappare a casa, per dire.
Occhei, quindi io ora ho scritto e sono discretamente stanca: pensateci su, fregatevene, usatele o ignoratele.
A volte funzionano, a volte no. Io le ho fatte mie, voi ne avrete altre: in tal caso, sarei felice di conoscerle.
La single p.t. si becca le due cozze sul groppone dai 3 ai 5 giorni (e notti) a settimana e nel fine settimana deve pure mediare tra un bellissimo film di fantascienza che tipicamente le fa cagare e un film qualunque che contempli persone e non androidi, un qualunque filo conduttore, possibilmente un lieto fine perché al sabato sera il lieto fine se lo merita, o se proprio non abbiamo nessuna delle precedenti, almeno la presenza tipo di benicio del toro, che so io.
Comunque.
Ci tengo a precisare che il seguente decalogo è strettamente personale, e pur tuttavia chi ve lo offre nutre la speranza che possa essere di aiuto a qualche sparuta imbesuita bimadre o madre con panza bis in arrivo che -come la sottoscritta 1 anno fa- si guarda la panza, poi guarda il primogenito, riguarda la panza, riguarda il primogenito e poi spera di svegliarsi sudata, sollevata ma soprattutto 25enne.
Le regole sono poche, ma fondamentali.
- Prima regola: non si parla del fight club. Seconda regola: non dovete mai parlare del fight club.
Haem, ok. cazzata. reload.
- Prima regola: il tempo non si moltiplica. Se ne avevate poco con uno solo, non aumenterà col secondo. La buona notizia è che non è necessariamente drasticamente ridotto come ve lo state immaginando. Il processo è semplice: si chiama riorganizzazione. Ognuno ha la sua, ma ci stanno dentro gli incastri tra i sonni dell'una e il bagnetto dell'altro, la pappa per lei e shaun the sheep per lui.
I primi tempi datevi tempo, bisogna riassettarsi. Shaun the sheep in questo è fondamentale, god save shaun the sheep.
- Seconda regola: la gelosia esiste, non fingete di non vederla. Diffidate di chi non l'ammette. Magù chiede di Nina, gioca con Nina, sbaciucchia Nina ma quando può la prende ripetutamente a mazzate in testa. Così, giusto per non perdere l'abitudine. Il mio consiglio è: quello piccolo, soprattutto i primissimi mesi, ha necessità molto basilari: assolvetele. E poi passate al primo: il suo mondo è più ricco, più complesso e anche più minaccioso. E' adesso che ha bisogno di voi per interpretarlo.
Errore commesso da Susibita: Nina nasce, Susibita si divide tra i due ma non basta: Magù si trasforma sotto i suoi occhi in una specie di rospo con tendenze violente, ingrugnito, rabbuito, infelice. Susibita ci rimane malissimo, non riconosce più il suo splendido dolcissimo bambino sognatore. Dov'è finito? chi me l'ha preso? Partono le pippe mentali, più o meno inconsce. Nessuno. Nessuno l'aveva preso. Stava solo sperimentando il suo primo amore, il suo primissimo dolore. E non c'è niente, nulla più di quello che state già facendo (tempo, coccole, gioco, rimprovero dolce ma fermo e balblablabla) per rassicurarlo: semplicemente deve fare proprio quella cosa lì. Quella cosa che non volete vedergli fare. Deve passare attraverso il suo primo piccolo, gigante dolore. La chiamano vita, e credo di aver imparato che non siamo qui per sottrarli al dolore, alla paura. Siamo qui per tenergli la mano.
Capito questo, fine delle pippe, Magù ritorna gradualmente in sè.
- Terza regola: Orari. Routine. Sequenza di azioni. Uguale a sè stessa fino alla morte ma che da morte certa mi salva ogni giorno.
Aiuta loro, aiuta voi, dà ritmo alla giornata, dà senso agli eventi: lavarsi le mani, mangiare, cartoni, spegni cartoni, lavarsi, nanna.
Soprattutto: alle 9, o giù di lì, sarete LIBERI. Prima o poi.
- Quarta regola: le regole valgono sempre e per entrambi. Sì, anche per la frugoletta piccina-picciò. Altrimenti non sono regole. Sono poche e sono chaire: non gli stiamo chiedendo di risolvere una funzione a doppia matrice, solo di non scaccolarsi sulla sorella, per dire.
I capricci si prevengono, se non si riesce a prevenirli e degenerano s'ignorano: dureranno pochi minuti, oppure dureranno molto minuti, e saranno interminabili. Ma la volta dopo dureranno di meno. E poi meno ancora. E poi non ve lo chiederanno più (la tv, il cioccolato, il libro, la focaccia etc etcetc). Passerà un po' di tempo e poi ricominceranno da capo. Contenti?
No ok, l'idea è che poi la smettano.
In questo vi remeranno contro mariti, zii senza figli e soprattutto nonni. Ma non voi non cedete, non cedete mai, perché - secondo me- avete ragione voi.
- Quinta regola: coinvolgeteli. I grandi, dico. Sui 3 anni possono a loro modo rendersi utili: non è assurdo che "sparecchino" portando piatto e posate sul lavandino. E' un messaggio che gli state dando, più che il fine di avere chissà quale sgravio: il messaggio che famiglia è stare insieme, divertirsi, mangiare, e sì, anche aiutarsi. Io ti aiuto, tu mi aiuti, siamo tutti felici. Patti chiari e amicizia lunga.
- Sesta regola, quella che mi piace di più: flessibilità. Buon senso. Che vuol dire che esistono le eccezioni, che gli angoli possono arrotondarsi, che voi non siete superwoman e fanculo le regole.
Che ogni momento o fase o anche giornata è a sè. Che quello che vale con lui non necessariamente vale per lei. Che quello che ti riesce benissimo una sera quella dopo non riesce più, o riesce con il doppio della fatica e del tempo. Vuol dire accettare e accettarsi. Non farne un dramma.
Vuol dire, ad esempio, che stasera alle 9 ero ben lontana dall'essere libera.
Vuol dire che per 3 mesi non sono andata al supermercato da sola con loro due perché lui era un disastro.
Allora ho lasciato passare il tempo e poi oggi in sordina ci ho riprovato e lui mi ha pesato i limoni.
Che io ero pronta a mollare il carrello e scappare a casa, per dire.
Occhei, quindi io ora ho scritto e sono discretamente stanca: pensateci su, fregatevene, usatele o ignoratele.
A volte funzionano, a volte no. Io le ho fatte mie, voi ne avrete altre: in tal caso, sarei felice di conoscerle.
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io mamma?
9 marzo 2013
Siccome sono una gnè-gnè.
Io credo siano
reazioni interessanti e mò vi spiego pure come mai, che state tutti
lì ad aspettare solo il mio parere su questa cosa, lo so.
Un uomo non ha un
giorno lui dedicato. Perchè ne ha già 364?
Se un uomo salta su
e dice Cià, comincio un corso di aggiornamento
professionale due sere a settimana a nessuno, ma proprio a
nessuno viene in mente di rispondergli OHMMIODDIO. E i bambini?
Come fai coi bambini??
Al mio compagno che
lavora fuori casa e torna nel fine settimana nessuno ha mai detto Sì
ma attenzione eh, perchè guarda che i bimbi son piccini una volta
sola, poi li rimpiangi.
Lui s'è magari
posto il problema da solo, ma non gli è stato sollevato: sottilmente
ma sostanzialmente diverso.
E queste -signore e
signori miei- son le quisquiglie.
Perchè poi c'è la
questione -tragica- della violenza: in casa, sul lavoro, dentro alla
televisione, sui cartelloni pubblicitari per le strade.
Persino quella
piccola, quella sporcacciona, sul tram, in fila alla cassa. Di quella
non parliamone neanche perchè che sarà mai? Mica t'ha
palpeggiata, no? Tutto sto casino per due paroline, datti una calmata
bella eh, che mica ce l'hai solo te.
Però io penso una
cosa.
Penso che l'8 Marzo
un senso e un valore ce l'abbia.
Penso che ancora ci
serva. Purtroppo verrebbe da dire, ma non necessariamente.
Perchè non è che
perchè non siamo più nel '43 allora il 27 Gennaio è inutile e
invece che ascoltare 'sto 90antenne mi vado a fare un birrino.
E tra l'altro qui siamo ben lontani dalla meta, quindi fate voi.
Perchè ci sono
storie, atteggiamenti, mentalità che hanno bisogno di memoria, che non bisogna lasciare
al buio.
Perchè ci sono
persone da celebrare, mentalità da cambiare, miti da sfatare, mostri
da fermare.
Perchè ci sarà
sempre chi su certe date ci speculerà, chi le svilirà, chi le
ridurrà a nulla.
Ma nulla non sono:
sono state scelte per celebrare persone, per creare reti, per
generare attenzione, per registrare memorie.
E forse infine,
alla fine di tutto – se dio vuole – produrre educazione, cultura.
Perchè in questo
giorno posso decidere di uscire a ubriacarmi con le amiche e guardare
un poveraccio in tanga, oppure accendere il cervello e pensare a lei,
a lei o a loro.
E poi alzarmi,
guardare mia FIGLIA, guardare mio FIGLIO e disegnare insieme a loro –
tutti e due -una strada nuova.
Per esempio a partire da piccolo,
futile dettaglio che io il corso due volte alla settimana per un
saaacco di mesi vuoi vedere che lo faccio? Chetticredi.
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29 gennaio 2013
Sono solo siocchezze.
"Adesso stai lì seduto tranquillo e pensi bene a quelli che hai fatto."
"Dai, veni qui."
"No, sono ancora arrabbiata, mi deve prima passare, poi ne riparliamo."
"Io sono u bambino gande. Sono u gande cassiatoe. Un bimbo cassiatoe."
Silenzio, indifferenza assoluta. Lei mette a posto la cucina.
"I cassiatoi non vanno in punissione, sono gandi."
Silenzio, indifferenza assoluta. Lei rifà il letto.
"Sai mamma, ti fassio la ppemuta."
"No grazie, non voglio la spremuta. Questo non è il momento di voltarla fuori, è il momento per rimanere lì e imparare a chiedere scusa."
"Ccusa. Mamma ccusa."
"Va bene, basta che adesso tu faccia il bravo, ok?"
"Okkei, io sono un gande cassiatoe."
"Sì, è vero. Sei un grande cacciatore. Ma anche i grandi e i cacciatori vanno in punizione quando fanno delle cose sbagliate, sai?"
"Ma io sono gande!"
"Appunto. Sei grande: devi comportareti bene allora. Come un bravo cacciatore grande."
"No die siocchezze, mamma. Io sono un nanetto della ppemuta."
Se tuo figlio ti esaurisce e poi la volta fuori che è un piacere, se vive con la cuffietta in testa, se ti sequestra la pompetta del cappuccino asserendo che è il suo trapano per l'estrazione della spremuta intonando EEeii hhoooo, andiam-andiam-andiamo a lavorar, se passa con nonchalance dal ruolo di cassaitoe a quello del nano in miniera non ti devi preoccupare, nè farti domande: sono solo siocchezze.
"Dai, veni qui."
"No, sono ancora arrabbiata, mi deve prima passare, poi ne riparliamo."
"Io sono u bambino gande. Sono u gande cassiatoe. Un bimbo cassiatoe."
Silenzio, indifferenza assoluta. Lei mette a posto la cucina.
"I cassiatoi non vanno in punissione, sono gandi."
Silenzio, indifferenza assoluta. Lei rifà il letto.
"Sai mamma, ti fassio la ppemuta."
"No grazie, non voglio la spremuta. Questo non è il momento di voltarla fuori, è il momento per rimanere lì e imparare a chiedere scusa."
"Ccusa. Mamma ccusa."
"Va bene, basta che adesso tu faccia il bravo, ok?"
"Okkei, io sono un gande cassiatoe."
"Sì, è vero. Sei un grande cacciatore. Ma anche i grandi e i cacciatori vanno in punizione quando fanno delle cose sbagliate, sai?"
"Ma io sono gande!"
"Appunto. Sei grande: devi comportareti bene allora. Come un bravo cacciatore grande."
"No die siocchezze, mamma. Io sono un nanetto della ppemuta."
Se tuo figlio ti esaurisce e poi la volta fuori che è un piacere, se vive con la cuffietta in testa, se ti sequestra la pompetta del cappuccino asserendo che è il suo trapano per l'estrazione della spremuta intonando EEeii hhoooo, andiam-andiam-andiamo a lavorar, se passa con nonchalance dal ruolo di cassaitoe a quello del nano in miniera non ti devi preoccupare, nè farti domande: sono solo siocchezze.
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