"Prof, ma perché il missile è... così???"
"E non lo so, Gioiello... Dell'Extraterrestre almeno sappiamo che è nato dove è nato..."
Il Missile: "Prof, io sono nato quando è esplosa la cosa nucleare."
"Ah ecco."
"Sì, proprio lì dentro."
"Praticamente sei un Simpson."
"E lei dov'è nata prof?"
"Io? Io sono nata nelle profondità dell'inferno."
Poi loro escono, gli occhi pieni di una gioia senza motivi, tutto un magnifico weekend davanti, la mamma o la nonna che li aspetta a casa con la fettina, WhatsApp e la PlayStation pronti a scattare.
La prof torna in aula lungo un corridoio freddo e, quando entra, investita dall'onda di calore corporeo ancora presente, chiude gli occhi e pensa: che buon odore hanno i miei ragazzi.
Alla professoressa comunque ultimamente gliene è successa una, di quelle che succedono quando fioriscono i papaveri ai bordi delle strade e le persone, in piena notte, lasciano cadere i convenevoli e gli orpelli. E tutto è travolto da un profumo inconfondibile d'estate e di buio, quel buio in cui chiudi gli occhi e annusi, senza paura, e i brividi che hai non sono di freddo.
La professoressa l'ha vista passare, questa cosa, cercando di non forzarla dentro un senso, solo di viverla, e scoprendo che poteva arrivare dall'altra parte con un misto di sensazioni, molte delle quali positive, e senza mai la sensazione di aver perso il contatto con la terra. Le ossa si sono un po' scaldate al tepore della verità, ma non si sono spezzate, o sciolte. Non ci vorranno mesi di riabilitazione, stavolta.
Nei momenti in cui prevalgono le sensazioni negative, lo scazzo o qualche senso di incertezza, la professoressa prende la macchina e fa dei lunghi giri sulle colline o in autostrada, ascoltando suo malgrado cinque sei o diciotto volte Ligabue ribadire dall'autoradio che certe donne bastano e che certe donne restano. E pensando che è assolutamente vero. Qualcuno, a cui pesa ammettere che lei è una di queste donne, le ha però confermato di essere consapevole che le donne lo sanno, lo sanno da sempre di cosa stavamo parlando, e lei ha pensato che Ligabue, che non le è mai piaciuto nel modo di cantare, però nei testi ha spesso ragione.
Lei comunque mantiene la sua incrollabile passione per le rock ballad in inglese e quindi la sua definitiva opinione su questa cosa è che finalmente, dopo anni in cui ci si girava intorno, ha assistito a the moment of truth in your lies e che quindi adesso i puntini sulle i sono tutti al loro posto e non c'è bisogno di dire o fare altro perché ormai I know that you feel me somehow, e quindi, anche se every breath you take every move you make io ci esco scema, posso comunque continuare la mia vita a testa altissima e con un bel sorriso. Soprattutto perché the closest to heaven that I'll ever be non sei tu, ma è qualcun altro, è l'Uomo, per sempre e solo l'Uomo, coi suoi pregi e i suoi difetti, i suoi occhi di due verdi diversi, e il suo peso sul materasso alla mia sinistra, il suo abbraccio caldo e il suono della sua voce sono le uniche cure, che mi calmano qualunque cosa succeda, le uniche certezze che voglio ritrovare alla fine di ogni giornata, papaveri o non papaveri.
Visualizzazione post con etichetta friday I'm in love. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta friday I'm in love. Mostra tutti i post
sabato 18 maggio 2019
martedì 24 aprile 2018
Questa parte della mia vita si potrebbe chiamare: casa.
Venerdì
20 aprile
La
professoressa guardò l'ora mentre sfrecciava nel bosco e si disse
che non ce l'avrebbe più fatta ormai a prendere il caffè con
l'Orsone.
Pazienza.
Il
venerdì mattina dell'anno scolastico 2017/2018 è dedicato a
due missioni fondamentali:
1)
sentirsi
una madre meravigliosa, giusto
quei cinque minuti a settimana in cui non si lotta per aggiudicarsi
il Madre di Merda 2018, per il fatto di mettere la sveglia
alle 7 anche se si entra alle 10,45, fare il caffè alla figlia,
darle un bacino e sincerarsi
che abbia quel che le serve per la mattina a scuola, per poi
2)
dire, con
goduria appena celata, "torno ancora un po' di là" e,
mentre la figlia fuma una sigaretta facendo venire l'ora del pullman,
infilarsi a letto per un'altra oretta, in cui si dorme il sonno più
stupendo che ci sia, quello di quando anche l'Uomo non deve alzarsi.
E ricordatevi che io ho sofferto di insonnia a un livello che
clinicamente può bastare per spezzare un fisico, e ho rischiato
seriamente di perdere del tutto e per sempre l'amore della mia vita.
Per cui, ogni minuto che passo serenamente addormentata al suo
fianco, in orari in cui non riuscivo più a dormire da quando avevo
vent'anni, è come un altro giorno che sorge per uno che doveva
finire sulla sedia elettrica e invece è stato graziato. Poi il sonno
viene spesso sostituito, o meglio ancora seguito, dal chiacchierare
sotto le coperte con l'Uomo, e se qualcuno mi ha mai voluto bene e si
è preoccupato per me, dovrebbe origliare e sentire le risate con cui
inizio la giornata. Io amo il venerdì. Se mi dite a chi devo vendere
il mio corpo perchè l'anno prossimo nell'orario di entrambi ricapiti
una mattina così, lo faccio senza pensarci due volte.
Quella mattina, una serie di motivi costringeva a rinunciare al paradisiaco risveglio
del venerdì. Abbassando gli occhi sul telefono, la prof Castagna si
accorse di avere una telefonata del Gigante. Alle otto e cinque di
mattina? Lo richiamò nel primo punto della strada in cui, tra una
coltivazione e un bosco, le tacche del telefono tornavano ad essere
almeno due.
“Scusami,
volevo dirti che la madre di Quantoso'bono è già passata da scuola,
ma le abbiamo detto di tornare dopo, perché tu entravi in servizio
più tardi.”
“Veramente
io sto arrivando, comunque le avevo detto di venire dopo le 9, perché
sapevo che c'eri anche tu.”
“Ah ma io
sono già qua, comunque le ho parlato un po' io, poi però vedila tu,
ha detto di chiamarla al negozio quando siamo pronti.”
“Sono lì
tra 5 minuti.”
Poco dopo, il
Gigante sedeva placidamente tutto solo sulla panchina dell'ingresso.
La Castagna andò a sedersi al suo fianco. Si informarono a vicenda
brevemente su quanto c'era da fare nella mattinata. Poi lui sospirò.
Lei sospirò. Tutti e due sospiravano, per una volta, di
soddisfazione.
“Sono
proprio contenta.”
“Sì,
anch'io, è andata proprio bene.”
”Davvero.”
“Stamattina
sono arrivati, hanno posato le loro cose, quando è suonata la
campanella si sono infilati nelle classi, senza colpo ferire, non li
ho più sentiti, sono a casa loro.” “Meraviglioso.”
“Ora chiama
le mamme.”
“No,
Gigante, fammi aspettare un attimo, volevo salutare i Francesi. Sono
venuta prima anche perché la collega ha detto che mi ha portato un
pensierino che voleva lasciarmi prima di partire.”
Il Gigante
annuì, e restarono lì senza fare assolutamente niente, tutti e due,
per un paio di spettacolari minuti. Poichè entrambi sapevano di
esserselo sudato, questo istante, e sono cose da assaporare, prima di
rimettersi a correre.
3 giorni
prima
La Castagna era
sensualmente immersa in una miriade di temi sparpagliati sul letto
matrimoniale, nella prima giornata veramente calda della stagione
(“Hai presente Demi Moore nelle banconote? Ecco. Io però nei temi”
aveva scherzato con l'Orsone qualche giorno prima, e a lui era andato
di traverso il caffè, si suppone pensando a Demi Moore, comunque
la Castagna si era molto divertita).
Sul gruppo whatsapp di
Scuolina Rosa arrivò un messaggio che diceva: “La ragazzina è in
ambulanza con la sua insegnante, ti raggiunge la Bionda appena l'Inutile
torna da Montechiaro”.
Ovviamente era un errore averlo inviato al gruppo,
ma tutti si agitarono. Venne fuori che la simpatica prova di
resistenza per stroncare i giovani ospiti del gemellaggio (ore di
pullman – pranzo in mensa – salita a piedi al castello con 29
gradi e il sole a picco – discesa nel cuore della collina, a 5
gradi, nel museo ospitato dalle segrete del castello) aveva fatto una
vittima: la piccola R., che avrebbe passato le successive otto ore a
svenire e vomitare a intervalli, per la gioia della sua prof di
italiano e la costernazione dei genitori di Fulminato, che la
aspettavano a casa in quanto famiglia ospitante.
Medico di Paesino di Sogno, pronto soccorso, una notte in pediatria. La prof francese rimase bloccata, dal momento di salire in ambulanza, fino alla mattina dopo, senza vestiti per cambiarsi e senza cena. Mille telefonate e sms dopo, la situazione si presentava così:
Medico di Paesino di Sogno, pronto soccorso, una notte in pediatria. La prof francese rimase bloccata, dal momento di salire in ambulanza, fino alla mattina dopo, senza vestiti per cambiarsi e senza cena. Mille telefonate e sms dopo, la situazione si presentava così:
- bambina francese ricoverata
- prof francese nutrita con panini portati d'urgenza da casa della Brava Crista
- prof Bionda e prof Inutile rientrate a casa dopo aver fatto picchetto in pronto soccorso, sostituite in pediatria da prof Troll e prof Bestia Nera
- prof Castagna che uscendo da yoga va a sua volta a vedere come è finita, trovando i colleghi italiani e francesi finalmente seduti, alle 21,45, davanti a una pizza.
Di lì a poco il commento
della Bestia Nera (della? Bestia Nera? sì...) sarebbe stato “Però
siamo proprio uniti quando c'è bisogno” e, poi, al Gigante, la
medesima Bestia Nera avrebbe detto “Mi pare che abbiamo fatto
proprio bella figura, nell'emergenza, e senza che nessuno ci
coordinasse”.
Due giorni prima
Il Presuntuoso, in giro a
fare danni nell'intervallo, come sempre, con Quantoso'bono e Riace,
pensò bene di insultare la Bidella di Burro, dandole della
passeggiatrice.
Ora. Al Gigante puoi fare
molte cose. Ma è un uomo d'altri tempi. Non toccargli nessuna delle
sue donne: mamma moglie figlia, ça va sans dire, ma nemmeno l'ultima
delle supplenti o la più antipatica delle segretarie. I suoi ruggiti
di quel mercoledì li udirono anche i leoni nello Tsavo National
Park, e si impressionarono. Convocò la Castagna da una parte
all'altra del corridoio sovrastando il caos dell'intervallo, e lei
sentì, più che vedere, la presenza attenta dell'Orsone che si
affiancava per accompagnarla. Solo che anche lei come leonessa non
era male, e quindi in due mosse veloci uncinò il ragazzino, che
cercava di capire da che parte gli convenisse girarsi per non farsi
fare troppi lividi, lo precedette davanti alla porta della sala
musica dove il Gigante si era rintanato tuonando, gli disse gelida:
“Tu aspettami qui, fermo” e andò oltre, lasciandolo lì
impietrito in mezzo a una fiumana di ragazzini che si divertivano.
Arrivò fino alla bidella, le chiese come fosse andata, tornò
indietro: l'Orsone ci aveva rinunciato ed era andato in classe, e il
Presuntuoso non era più lì. Per un attimo lo sguardo di Castagna
divenne quello di Ciclope e aprì un buco fumante nel pavimento, nel
punto in cui doveva trovarsi il ragazzo. Poi la prof vide
l'Impeccabile che fissava con le labbra smorte la porta della sala
musica: “E' lì dentro?” “Sì...”
Castagna entrò e, tra lei
e il Gigante, diedero a due voci al Presuntuoso la migliore anteprima
di un cazziatone delle superiori di cui fossero capaci, per poi
proseguire con nota rossa sul registro, trascrizione su diario e
spargimento della notizia in giro tra colleghi.
Perchè il genio aveva
pensato bene di fare la sua uscita la mattina prima di un consiglio
di classe, aggiungendo immediatamente all'ordine del giorno della
riunione un nuovo punto.
Nel pomeriggio, al
consiglio, la Castagna si schierò dicendo all'Orsone: “Io chiedo
una sospensione di tre giorni, stavolta, stammi dietro” e lui le
confermò che avrebbe sostenuto la sua idea. Non immaginava, la
Castagna, che invece non solo il Gigante avrebbe chiesto cinque
giorni, ma avrebbe strigliato tutti i presenti, compresa e
soprattutto lei, per non essere, a suo dire, abbastanza severi con
quella terza. E voleva le teste anche di Quantoso'bono e di Riace,
magari buttarli fuori dalla gita, etc. “Adesso basta fare tanti
sorrisi”, ringhiava. Tanto che la Castagna, un po' avvilita,
mormorò ai colleghi seduti vicino: “Ma se io mi alzo al mattino e
faccio culi tutto il giorno...”, cosa talmente nota a tutti che si
videro varie teste annuire, e persino lo Stronzo di Sostegno, nei
giorni successivi, si sarebbe premurato di dire a Castagna che, con
lei, la terza era inquadratissima. In ogni caso, l'unanimità dei
presenti chiese un provvedimento più duro del solito e Castagna
promise di parlare con le madri degli altri due moschettieri.
Quella sera, dopo molte ore
di scuola e molti discorsi, una stanca ma risoluta Castagna entrò in
casa alle sette e venti, si sciacquò il sudore, si pettinò i
capelli e si trasferì dentro una camicetta di seta e un tailleur gonna color cioccolato, per poi ripartire alle otto e dieci alla volta del
ristorante sulla famosa Piazza del Peccato, a Paesino di Sogno. Non
era entusiasta di andare a cena: Piazza del Peccato era sempre un
luogo a rischio di incontri ravvicinati del tipo meno indicato, la
Fraulein era malata e aveva dato buca, l'Orsone si era ritirato in
buon ordine, essendo in quanto orso assai poco propenso alle serate
sociali.
Ma la cena fu veramente
piacevole e bella: tutti erano contenti di essere andati d'accordo,
di essersi mossi in squadra, sia con l'emergenza salute della piccola
ospite, sia con la questione disciplinare, sia con l'accoglienza dei
colleghi stranieri. Di cui uno, pur insegnando in Francia, parlava
con lo splendido accento dei dintorni di Siena e soppesò, a lungo e
con soddisfazione, il vino, una Barbera di Vinchio, con cui
Bellissimo Padre, il proprietario dell'enoteca, ci stava facendo fare
ulteriore splendida figura.
Un giro di dessert e caffè
più tardi, Castagna usciva a fumarsi una sigaretta con Bellissimo
Padre sotto il portico, e gli diceva quanto era contenta di come
stava girando giù a Scuolina Rosa, e che lui non avesse venduto il
locale. Bellissimo Padre era ormai un amico e non faceva più il
timido quando gli facevano un complimento, almeno non con lei. Lei
guardava una falce sottile di luna sopra il campanile barocco, e
pensava a quanto amava il suo paesino, quella chiesa, quella piazza,
quella vista, quel locale, ogni pietra, ogni albero, ogni filo di
ragno, ogni pennellata di nebbia che si stendeva sulle colline. A
proposito di godersi ognuna della cose che si è rischiato di
perdere.
Un giorno prima
La mattinata di Castagna
era iniziata con un'ora e mezza di chiacchierata, mezza in italiano
mezza in francese, tra lei, due ragazzine straniere di cui una di
Mayotte (ma esistono veramente, allora, i famosi DOM e TOM!) e tutta
la prima dei Gini, che saranno anche Gini ma come ospiti sono
adorabili.
Ma poi ci fu la madre del
Presuntuoso. Cui il Presuntuoso non aveva mica detto di che natura
fosse l'insulto appioppato a Bidella di Burro. Toccò a Castagna (e
come ti sbagli) riferire le parole esatte e vedere la povera donna
scoppiare in lacrime per la vergogna. Fortuna che il Gigante, essendo
impegnato nell'organizzazione della seconda parte della mattinata per
i Francesini (gita a piedi in aperta campagna e picnic a base di
pizza calda servita sul prato di una chiesetta romanica), aveva
chiesto all'Orsone di accompagnarla. Non che di solito servisse
chiederlo. Quaranta minuti di ramanza al ragazzino, pianto della
signora e ragionamenti severi e pacati dopo, Castagna, stavolta da
sola, andò a convocare al telefono la madre di Quantoso'bono, di
nuovo!, e, ancora!, la madre di Riace. Tra la prima e la seconda
telefonata le era venuto un bel mal di stomaco e alla fine della
seconda una delle segretarie le disse: “Meglio se fai una pausa,
sei tutta rossa a chiazze in faccia”. La Castagna non intendeva
morire di problemi circolatori per la fatica somma di comunicare alle
madri succitate “Si ricorda signora che avevamo detto di sentirci
se c'era qualche problema? Ecco, dovrebbe venire a scuola a
parlarmi...”, ma oggettivamente si sentiva male.
Nella stessa mattinata, il vice aprì la porta della terza mentre lei interrogava per chiederle dove fosse mai Belzebù. Assente, rispose lei, lui le abbaiò “poi ti dico” e richiuse la porta. Gli alunni esterrefatti le videro ingoiare un groppo di pianto: altre grane non le avrebbe proprio rette... Lei cercò di dominarsi e disse con un sorriso amaro una frase da registrare negli annali: “La vostra classe è ...una cosa cardiaca.”
Nella stessa mattinata, il vice aprì la porta della terza mentre lei interrogava per chiederle dove fosse mai Belzebù. Assente, rispose lei, lui le abbaiò “poi ti dico” e richiuse la porta. Gli alunni esterrefatti le videro ingoiare un groppo di pianto: altre grane non le avrebbe proprio rette... Lei cercò di dominarsi e disse con un sorriso amaro una frase da registrare negli annali: “La vostra classe è ...una cosa cardiaca.”
Al pomeriggio saggiamente
Castagna decise di non rimanere a scuola a preparare la festa di
addio, ma di passare un momento a casa a riprendersi. Pronti via,
siccome era sola a pranzo e nessuno le chiedeva niente, si addormentò
secca sul divano. Spaccare culi ai ragazzi è faticoso, dare notizie
di merda alle madri è molto peggio.
Al risveglio, il suo
cervello, che era andato a mille per parecchie ore, aveva rallentato
i giri, e all'improvviso ebbe un flash: cosa le aveva detto l'Orsone,
prendendo un caffè nello stanzino, tra una madre in lacrime e un
vicepreside dai denti sguainati? Che avrebbe chiesto a Preside Chic
se valeva per lui la pena fare domanda a Scuolina Rosa per i prossimi
anni, dato che la sua assunzione dipendeva dalla chiamata diretta. E
la Castagna era talmente suonata, dallo sforzo di far rispettare il
regolamento alla sua terza, che neppure gli aveva gettato le braccia
al collo.
Rinfrancata dalla
prospettiva di non essere mai più sola a fare fronte alle grane,
Castagna si mise un paio di comodi e freschi buddha pants, una
maglietta e i sandali e partì per scuola. Il bidello Guaglione, in
canottiera nera, appendeva festoni e palloncini. La Zuccherina di
Arte e l'Impeccabile preparavano cartelloni e bandierine con un
gruppo di Francesini. Gli altri giocavano a squadre in palestra, sul
prato e sul campo da beach volley (sì lo so, siamo troppo avanti ad
avere un campo da beach volley in mezzo ai vigneti, che volete farci,
è o non è la Valle delle Meraviglie?). Il Gigante preparava la
musica sulla LIM e ordinava pizze al telefono. Castagna e le altre
prof spacchettarono quintali di cibo, comprato o preparato dalle
famiglie, e disposero tutto in bella mostra nell'auditorium.
Arrivarono le famiglie ospitanti, i professori francesi, i colleghi,
e intanto Castagna scomparve in un bagno e ne uscì con vestitino
nero a fiorami, calze a rete e tacco medio, suscitando nel bidello
Guaglione il commento: “Eccallà, agge sbagliate tutte cose,
m'aviva a purtà nu frac”.
Poi ci fu la festa, e a
partire dalla famiglia di Fulminato, che voleva farsi la foto tutta
insieme con le due ragazzine francesi ospiti, tutti si fecero il
servizio fotografico, persino le prof con un gargantuesco carrello di
dolci, e poi sedute tutte in cerchio a finire la serata. Castagna
aveva supervisionato tutta la sera il pc della LIM, sul quale i
ragazzi francesi caricavano da Youtube brutti rap nordafricani,
canzoni semioscene in spagnolo e altra roba poco condivisibile (una
su tutte “Dame tu cosita” e annesso video con mosse trombatorie).
Poi i ragazzi erano quasi tutti usciti sul prato e lei aveva
iniziato a riordinare, mettendosi come soundtrack una più ascoltabile
“Love the way you lie”. Era allora comparso un ragazzino francese
con capelli disordinati e faccina sfigata, che educatamente chiesto
il permesso in italiano aveva digitato una sua scelta. “Revolution”.
Dei Beatles. La mandibola di Castagna si era sfracellata sul
pavimento della sala. Visto che questa prof pareva favorevole a un
po' di revival, il tipetto le aveva subito dopo proposto con mille
erre rotanti: “Questo è mio gRRRRupo pRRRefeRRRRito, eh?” e
aveva caricato i Police. “Message in a bottle”. Veramente. Lacrime. Commossa,
la prof gli aveva alzato il volume. Più tardi era passato ai Led
Zeppelin, ma a quel punto era definitivamente il suo mito.
La serata terminò con
professoresse stanche e felici, che avevano già mangiato la torta
panna pan di Spagna e semifreddo di fragole, ma mentre riordinavano
la cucina si sbafavano facendo le fusa i resti delle leggendarie
quiches della moglie del Gigante. Ore ventidue, cancelli chiusi,
scuola buia. Tutti soddisfatti.
A ciò si deve il fatto
che, la mattina dopo, mezz'ora prima di ripiombare nei casini
disciplinari, la Castagna chiedesse al Gigante un attimo di tregua, e
una meritata degustazione del sapore di cose ben fatte che aleggiava
per la scuola. E poco più tardi si attardasse un momento sulla
porta, insieme al Guaglione che fingeva di essere uscito per spazzare
il marciapiede, a guardare il pullman francese, che faceva manovra
nel piazzale e portava lontano, verso casa loro, trentacinque
ragazzini contenti. E, di nuovo, a pensare a quanto profonde fossero
ormai le sue radici in quella piccola sconosciuta fettina di Paradiso.
Casa.
Casa.
Etichette:
era il mio destino,
friday I'm in love,
home,
staring at the sun
venerdì 23 giugno 2017
Non è un problema mio...
Glielo
hai detto, strillato, sibilato, scandito, ripetuto fino allo
stordimento delle tue corde vocali e dei loro neuroni, che dovevano
prenderla sul serio, e mannaggia ragazzi siete in terza, e insomma
come ve lo dobbiamo dire che qua non si gioca, e su che tra cinque
minuti siete alle superiori e vi fanno vedere loro, e vestitevi
decentemente per venire a scuola e rileggete prima di consegnare e
fate attenzione e non studiate all'ultimo e ripetete a voce alta.
Poi
ti sei richiusa a riccio: ragazzi basta, io quel che dovevo
insegnarvi ormai l'ho fatto, siamo alla fine, adesso vediamo cosa
fate, praticamente non è più un problema mio.
E
sono passati uno per uno. Così hai visto dove era caduto il seme e
si era seccato, e dove era caduto e aveva messo un germoglio. Gente
che viene all'esame in calzoncini da volley e canottierina, e gente
che si presenta in camicia, o vestitino, coi capelli tirati su da
donnina perbene, col trucco, con la maglia ultimo grido delle vetrine
della Torino bene. Gente che porta una ciofeca di cartellina mezza
mangiata dai topi, e gente con progettini di Tecnica ben curati,
gente con la ricerchina di Educazione Motoria ancora in brutta con le
correzioni della prof a matita, e gente con un piccolo book e in
copertina la foto mentre salta un ostacolo o segna un goal. Gente che
non distingue Stalin da Giolitti e gente che si studia dei
collegamenti autonomi tra le attiviste birmane per i diritti della
donna e Emmeline Pankhurst.
Alcuni
di cui abbiamo detto in coro: no ma ci ha preso per il culo tre anni,
dai, non può uscire con il sette, uffa. E altri per i quali io, la
Coordinatrice Carogna, la Regina delle Rompicoglioni che non fa mai
un complimento, mi sono alzata per una stretta di mano e il giusto
riconoscimento per il bel percorso fatto. Gente che singhiozzava in
corridoio dopo, e gente che arrivava sudaticcia ma col sorriso. Un
paio di conati di vomito, e uno che chiede di andare in bagno prima
di iniziare, ma anche i ragazzi della comunità di solito tanto
timidi che prendono in mano la situazione e spiegano con sicurezza le
loro slide alla LIM.
Tutti
senza eccezione terrorizzati quando dovevano iniziare con me, che
chiedevo tre materie senza argomento a scelta, la maggior parte che
non aveva studiato abbastanza, qualcuno che sorprendeva piacevolmente
per la fluidità del passaggio da un tema all'altro, che poi è la
cosa che con me di sicuro devono imparare meglio, o cambiano sezione.
Poi
la Gnocca che, quando le stringo la mano e le dico a bassa voce: “E'
stato un vero piacere” capisce il seguito della frase: “E' stato
un vero piacere avere in classe la tua testa dura come il marmo,
vedere il tuo sguardo puntare alla risposta, essere lì quando eri in
lacrime, quando eri sicura di te, quando hai smesso di mangiare,
quando ti sei mangiata i più bravi della classe con la tua
intelligenza e la tua classe, ogni volta che ti sei tagliata i
capelli, quando hai fatto impazzire tua madre perchè con la media
del nove le hai detto che da grande vuoi fare la tatuatrice, e
insomma essere la tua prof per due anni”. E i suoi occhi neri
enormi diventano ancora più grandi e si riempiono di stelline e
stiamo per piangere, ma la mando via, che il cognome comincia per V
ed è l'ultima, siamo stanchi, fanno mille gradi e dobbiamo ancora
sentire Satana, che, bocciato due volte sempre dalla sottoscritta, si
presenta con quattro materie dopo aver fatto a calci nel culo il
progetto scuola lavoro. E non fa il cretino, per venti minuti
consecutivi della sua vita, e poi va via guardandomi per la prima
volta con sincero affetto, invece che con la solita espressione da
stronzo sbruffone. (Sei il suo incubo peggiore, mi ha detto una volta
sua madre. Beh, anche lui era il mio.)
La
Gnocca andrà all'artistico e invece Carotina, che non è capace,
allo scientifico, dove la butteranno fuori. La Regina degli Elfi
andrà al linguistico dove non durerà un mese perchè non studia
mai, e Mammina all'istituto geometri quando dovrebbe andare al
classico. Ma non è un problema mio, giusto?
L'Albarino
è il primo a usare il mio numero di telefono per scrivermi, appena
si chiude la sessione, ancor prima che io sia arrivata alla mia tanto
desiderata doccia: sono stato felice di stare in questa scuola e mi
sono trovato benissimo con lei, mi mancherà, verrò a trovarla
presto. Quello mi dà il colpo di grazia. Il mio alunno tipo: il
calciatore carino, che non ha mai tempo per studiare perchè è
troppo impegnato a allenarsi, spostarsi in trasferta e andare a
donne, ma poi incontra me e, dopo un po' che me lo lavoro, si sbatte
per arrivarmi con la poesia a memoria studiata in modo impeccabile e
capire meglio che può i collegamenti tra economia e politica.
Oramai, quando arrivano le maestre a presentare i nuovi alunni, e
dicono di un maschietto: ah questo non studia, sarebbe anche bravo ma
è sempre a calcio, ha in testa solo il pallone... le colleghe
scoppiano a ridere e esclamano: questo è della Castagna! Diventerà
famoso, ogni tanto (spero non proprio sempre, dai) sbaglierà i
congiuntivi e sposerà una velina. Ma non è un problema mio,
dicevamo, appunto.
E
si avvicinano i saluti con la Proprio Brava di Arte, la Pallida di
Inglese, il Magnifico di sostegno, la Spessa di Tecnica, il Genuino
di Matematica, e altri che è un peccato lasciare. Giovani, bravi e
simpatici. Per mercoledì prossimo, io e il Magnifico che siamo,
ahimè, praticamente inseparabili in queste ultime giornate, abbiamo
organizzato la cena di fine anno, e sarà indimenticabile, e però
sarà poi la penultima volta che ci vedremo e il giorno dopo, al
collegio docenti, saluti e buone ferie, e vi auguriamo di trovare una
cattedra dove volete, e speriamo di rivedervi (non proprio tutti, no,
un paio possono tornare da dove sono venuti, e il Magnifico, se
trovasse uno splendido incarico a tempo indeterminato in un posto non
troppo scomodo, per esempio, non so, in provincia di Osaka, sarebbe
perfetto, così non ci toccherebbe rivederci proprio più e la
chiuderemmo lì, che sul serio non è stata facilissima la gestione
dell'amicizia, devo dire). Con un'ansia paurosa che ci tocchino
persone meno in gamba l'anno prossimo, manco a dirlo la mia prossima
terza come punto di riferimento sarà meglio che prenda me, perchè
cambiano di nuovo metà dei prof per la trentamilionesima volta,
mentre io, che avevo solo Geografia in prima, poi anche Italiano in
seconda, adesso mi prenderò anche Storia, e lì si vedrà se mi
vogliono davvero così bene. Ma d'altra parte continuiamo a trattare
la sezione A come quella dei fighi e le altre come pattumiera, basta
vedere come è stata fatta la prossima prima, e se questa è la
gestione fintofurba di tutti i presidi non è un problema mio, anzi, io è lì
che mi diverto, nel mandare a bagasce le previsioni delle maestre e
dei colleghi delle altre sezioni.
Ah,
e a proposito di spiazzare i colleghi, oggi ho firmato la mia prima
lode all'esame, per Mickey Mouse e la sua splendida R arrotata.
“PRRofessoRRRessa ma se lei fosse stata pRResente alloRRa avRRebbe
pRRefeRRIto esseRRe il RRRe di FRRRRancia o l'impeRRatRRRice
d'AustRRRRia?” “Mickey, scusa tanto eh, ma io sarei stata la
regina d'Inghilterra.” “Ah già, pRRof, è veRo.” Oh Dio questo
ragazzino mi mancherà.
Peter
Pan, per giorni, prima che finissero le lezioni, mi ha chiesto se mi
sarebbe mancato, no prof che io sono il suo alunno preferito, vero o
no che il suo preferito l'ha fatta dannare, eh prof. Non sapevo
davvero che alcuni di loro ci stessero così male, all'idea di non
sentire le mie strida ogni giorno. Di sicuro Peter è un altro per
cui la mattina valeva la pena scendere dal letto, anche con trentotto
di febbre. Ma non lo sa, che non è lui il mio alunno preferito, e
anche se oggi molti di loro avrei voluto tenermeli altri due anni, è
stato solo quando l'Adorabile ha varcato la soglia per andarsene che
il mio cuore ha distintamente fatto: cric, e si è incrinato.
L'Adorabile che dopo essere stato il bambino perfetto, bravo in
tutto, primo in tutto, atletico, elegante, indiscutibile, quest'anno
ha preso dei cinque, detto a voce alta “non ho studiato”, e
dormito sul banco, senza vergogna,durante la lettura integrale di
“Rosso Malpelo”. E quindi quando io mi sono alzata e gli ho
stretto la mano, invece che sgridarlo per la preparazione non
approfondita all'esame e il tema raffazzonato, non se lo aspettava
proprio, perchè lui, per definizione, è T. e T. è inappuntabile,
se non è inappuntabile là fuori lo aspetta una famiglia che lo fa
sentire di merda, ma io ho provato a spiegarlo alla mamma e, se lei
non ha capito, non è un problema mio: lui per me è perfetto così.
mercoledì 7 giugno 2017
E si dia inizio alla riflessione sulla scuola, come promesso
Li sto per salutare.
Qualcuno ciondola in classe durante l'intervallo, o mi si appiccica in corridoio. Sanno che sono le ultime ore in cui sarò la loro prof. Lo so anche io, li ho sgridati fino a perdere la voglia di sentire la mia stessa voce, li ho brutalizzati con prove a sorpresa, ho fatto ramanzine di 45 minuti, ho detto di loro che erano regrediti invece di migliorare, li ho minacciati di cose orrende che succederanno alla maggior parte di loro appena metteranno piede alle superiori... e poi gli ho regalato la tripletta di lezioni Freud-Nietzsche, Pascoli-D'Annunzio, Pirandello-Svevo, che con classi intelligenti non fallisce mai, e infatti loro, a me, hanno regalato una decina di ore di attenzione rapita, inesausta, di osservazioni intelligenti, di domande sensate, di commenti entusiasti.
"Prof, ho la pelle d'oca!!!" ha detto Mammina capendo il problema dell'identità in Pirandello. "Oddio, ma è orrendo!!!" ha detto qualcun altro. "Figata!!!" sui lapsus di Freud. L'Albarino mi ha fatto notare che oggi, invece di dire una parola per un'altra, si invia un sms o si condivide una cosa su WhatsApp alla persona sbagliata... e gli ho risposto che è verissimo, e che io sono campionessa nazionale di figuracce fatte così. L'ultima con il Magnifico, e scusate se è poco, io se mi smerdo mi smerdo dalla testa ai piedi, è un talento naturale.
Ho detto loro di chiudere gli occhi, mentre facevo notare come ne "La sera fiesolana" il cielo al tramonto si trasforma nel viso di una donna con grandi occhi scuri. Brad Pitt non li ha riaperti per alcuni minuti. Si sono bevuti "La pioggia nel pineto" (mannaggia, aveva appena smesso di piovere, stavolta), il caso di Miss Lucy, "Rosso Malpelo" integrale, senza saltare una riga (persino quelli della comunità, che di bambini maltrattati ne sanno qualcosa, ma non avevano mai seguito un'ora e un quarto di letteratura senza neanche il testo davanti).
Quest'anno ero talmente concentrata sul sopravvivere, in bilico tra un matrimonio governato da leggi assurde, una famiglia con mille casini, troppe cose da seguire e la costante, testarda ricerca della felicità, che vedevo solo la fine del programma, delle valutazioni, delle burocrazie sempre più devastanti, sia cartacee che elettroniche... e solo una volta finito di interrogare mi sono finalmente goduta questi momenti, in cui all'improvviso una terza che ha cazzeggiato per otto mesi ha recuperato lo smalto, l'acume, la voglia di capire, che caratterizzava lo stesso gruppo classe in seconda.
Ora me li terrei ancora due settimane solo per coccolarli, parlare con loro uno per uno, gestire le loro ansie nel lasciare il nido. Invece parlerò solo con l'Adorabile, perché ne ha bisogno, e con l'Orientale, perché la bocciamo.
Comunque, stanno per arrivare le mie sudate riflessioni sul modo di insegnare le materie, almeno le mie, a quindici anni dalla mia prima classe e dieci anni dal passaggio in ruolo.
Parto mettendo qui i presupposti su cui baso quanto dirò, e intanto vediamo che dite di quelli, poi io proseguo. Non subito, perché ho finito gli scrutini oggi, e sono sfinita. Ma a breve, in questi venti giorni che mi separano dalle ferie, e da un nuovo importante traguardo: insegnare (finalmente!!!) yoga.
Ecco qua:
Dato di fatto n. 1
Qualcuno ciondola in classe durante l'intervallo, o mi si appiccica in corridoio. Sanno che sono le ultime ore in cui sarò la loro prof. Lo so anche io, li ho sgridati fino a perdere la voglia di sentire la mia stessa voce, li ho brutalizzati con prove a sorpresa, ho fatto ramanzine di 45 minuti, ho detto di loro che erano regrediti invece di migliorare, li ho minacciati di cose orrende che succederanno alla maggior parte di loro appena metteranno piede alle superiori... e poi gli ho regalato la tripletta di lezioni Freud-Nietzsche, Pascoli-D'Annunzio, Pirandello-Svevo, che con classi intelligenti non fallisce mai, e infatti loro, a me, hanno regalato una decina di ore di attenzione rapita, inesausta, di osservazioni intelligenti, di domande sensate, di commenti entusiasti.
"Prof, ho la pelle d'oca!!!" ha detto Mammina capendo il problema dell'identità in Pirandello. "Oddio, ma è orrendo!!!" ha detto qualcun altro. "Figata!!!" sui lapsus di Freud. L'Albarino mi ha fatto notare che oggi, invece di dire una parola per un'altra, si invia un sms o si condivide una cosa su WhatsApp alla persona sbagliata... e gli ho risposto che è verissimo, e che io sono campionessa nazionale di figuracce fatte così. L'ultima con il Magnifico, e scusate se è poco, io se mi smerdo mi smerdo dalla testa ai piedi, è un talento naturale.
Ho detto loro di chiudere gli occhi, mentre facevo notare come ne "La sera fiesolana" il cielo al tramonto si trasforma nel viso di una donna con grandi occhi scuri. Brad Pitt non li ha riaperti per alcuni minuti. Si sono bevuti "La pioggia nel pineto" (mannaggia, aveva appena smesso di piovere, stavolta), il caso di Miss Lucy, "Rosso Malpelo" integrale, senza saltare una riga (persino quelli della comunità, che di bambini maltrattati ne sanno qualcosa, ma non avevano mai seguito un'ora e un quarto di letteratura senza neanche il testo davanti).
Quest'anno ero talmente concentrata sul sopravvivere, in bilico tra un matrimonio governato da leggi assurde, una famiglia con mille casini, troppe cose da seguire e la costante, testarda ricerca della felicità, che vedevo solo la fine del programma, delle valutazioni, delle burocrazie sempre più devastanti, sia cartacee che elettroniche... e solo una volta finito di interrogare mi sono finalmente goduta questi momenti, in cui all'improvviso una terza che ha cazzeggiato per otto mesi ha recuperato lo smalto, l'acume, la voglia di capire, che caratterizzava lo stesso gruppo classe in seconda.
Ora me li terrei ancora due settimane solo per coccolarli, parlare con loro uno per uno, gestire le loro ansie nel lasciare il nido. Invece parlerò solo con l'Adorabile, perché ne ha bisogno, e con l'Orientale, perché la bocciamo.
Comunque, stanno per arrivare le mie sudate riflessioni sul modo di insegnare le materie, almeno le mie, a quindici anni dalla mia prima classe e dieci anni dal passaggio in ruolo.
Parto mettendo qui i presupposti su cui baso quanto dirò, e intanto vediamo che dite di quelli, poi io proseguo. Non subito, perché ho finito gli scrutini oggi, e sono sfinita. Ma a breve, in questi venti giorni che mi separano dalle ferie, e da un nuovo importante traguardo: insegnare (finalmente!!!) yoga.
Ecco qua:
Dato di fatto n. 1
I RAGAZZI NON FANNO PIU' I COMPITI A
CASA.
Dato di fatto n. 2
I RAGAZZI NON LEGGONO PIU'.
Dato di fatto n. 3
I RAGAZZI, IN COMPENSO, SCRIVONO DI
NUOVO.
Dato di fatto n. 4
I RAGAZZI SANNO ANCORA COME SI STUDIA,
MA NON SONO PIU' CAPACI DI SPIEGARSI A VOCE.
Dato di fatto n. 5
NON E' CON LA LIM, LE SLIDE E LE
PIATTAFORME ONLINE CHE RISOLVEREMO IL PROBLEMA.
Dato di fatto n. 6
I RAGAZZI SONO ANCORA CURIOSI DI COSE
BELLE E DIFFICILI
venerdì 28 novembre 2014
"Prof, ha tradito la B?"
Ieri vado a prendere la figlia e la trovo con Elfetto Femminista. Ebbene sì, la mia prediletta, litigiosa, indipendente, sarcastica alunna di tanti anni fa. Che oggi è fiera della scuola e del lavoro che fa, e di essere un membro attivo dello sportello studenti. E adesso, nello sportello ci s'è infilata la Princi: attirata dal concetto di sportello, ma anche dalle barbute grazie di tale Orso Gentile. Che le manda su Whatsapp canzoni deliziose, in cui si dice che, a eventuale suo cenno, correrebbe a salvarla e proteggerla, asciugherebbe ogni sua lacrima da qui all'eternità, etc etc. ("Ma gli hai risposto?" "No!" "Sei una brutta persona, lo sai?")
Però, la brutta persona allo sportello ci va, e religiosamente.
Orso Gentile, essendo stato presente il primo giorno che la responsabile dello sportello ha intervistato la Princi sulla sua storia, mi ha adottato prima di conoscermi. L'altro giorno io faccio squillare il telefono della Princi perché all'appuntamento non la trovo, lei è nel bar lì vicino, e dice: "Uh, devo andare, c'è mia mamma." Lui: "Tua mamma quella... lei?" "Sì, certo!" "Allora vengo anch'io, devo conoscerla."
E per l'ennesima volta mi ritrovo di fronte un bestione più alto di me, dalla stretta di mano sicura e dal sorriso smagliante. Dovete sapere che, da quando la Princi frequenta le superiori in un istituto dove ci sono termoidraulici, meccanici ed elettrotecnici, io non posso più attraversare il centro senza essere investita da un'ondata di sorrisi e cenni di saluto provenienti da marcantoni di vario colore, prevalentemente nordafricani, tutti invariabilmente giganteschi (anche a mia figlia piacciono solo gli uomini alti) e, a questa stagione, poiché imbacuccati di sciarpe piumini e berrettoni, ancora più titanici che d'estate. Perché, non so se sia il discorso dell'affidamento, ma pare che tutti sti diciasset-diciot-diciannovenni, maschi e femmine, ci tengano tantissimo a conoscere i genitori della loro nuova amica. Io non mi ricordo di essere stata altrettanto socievole con gli adulti, quando ero una diciassettenne. Loro tutti a farmi sorrisi fotonici e stringermi la mano. Poi mi è anche venuto il pensiero, alla quarantesima manona virile, che molti di loro cerchino di ingraziarsi mammina per arrivare alla Principessa. Orso Gentile, in tal caso, ha fatto parecchio punteggio con me, perché scambia anche volentieri due parole e fa oggettivamente sdraiare dal ridere, anche a conoscerlo da tre minuti.
Ieri quindi arrivo, intravedo la mia polpettina dal berrettino di lana nera, laggiù, e, come lei si sposta per venirmi incontro, si muovono anche gli altri: Elfetto, Orso, più diverse appendici in divisa da tamarri.
Ci facciamo come al solito due risate appoggiati alla mia macchina, e viene fuori che io ora insegno nella C.
Elfetto, un po' risentita: "Prof, ha tradito la B?"
"Beh, le ho provate tutte, A, B, C, ma alla fine io nella C voglio stare."
Orso Gentile si informa del perché.
"Perché sai com'è l'alfabeto? A, B, C. Arrivati alla C, gli alunni sono... come dire... la C non è un posto per gente che ama vincere facile. A me piace."
E infatti la C è sempre quel che è. Adorabile terza non esclusa.
Ieri festa per salutare la collega Pianista, di sostegno, che se ne va a casa col suo pancino ormai bello tondo. Torte, dolci, bibite, pupazzetti di peluche, regalini, ricordi fotografici non autorizzati di cui uno, gigantesco, con tutta la classe, preso da uno Svacco insolitamente scattante, che è salito su una sedia posta sopra ad un banco, prima che io facessi in tempo ad accorgermene.
Poi due ore di Storia. Al termine delle quali Svacco deve copiarmi per punizione tre pagine, per oggi. Scatto, due. E Svampo, quattro.
Lo so cosa volete sapere: ma Sgamo no, non ha preso la punizione. Ha preso direttamente quattro di Storia.
Puccettosi finchè volete, ma quando è l'ora di basta, basta.
Peraltro stamattina Svacco mi aspettava in corridoio, smagliante, coi suoi occhi verdi come una primavera della Transilvania e il quadernone, tutto distrutto nella copertina ma ordinatissimo all'interno, con le pagine copiate. "E sa che copiando ho anche imparato un sacco di cose?"
In classe, Scatto arriva con due pagine che sembrano scritte da uno che dondolasse sul quaderno stando appeso al soffitto per le caviglie. E Svampo non solo ha le quattro pagine ben ricopiate, ma lo interrogo di Promessi Sposi e la sa. La sa bene. Sceglie persino le parole.
Sgamo ascolta dal corridoio, dove è stato sbattuto perché non si riusciva a placarlo. Ogni tanto alza la mano e risponde al posto degli interrogati, col vocione che rimbomba, per il resto del tempo dichiara il suo amore alle bidelle. Tutte e tre. Lui è così. Stamattina la Botta di Coca mi diceva:"Sai, in terza ho finito di spiegare la riproduzione, la fecondazione e il parto" ("Sei una donna coraggiosa", ho commentato io) "e Sgamo era tutto esaltato e andava dicendo che lui è lo spermatozoo vincente. Inutile spiegargli che tutti noi siamo spermatozoi vincenti. Sosteneva di essere stato il più veloce."
Però, la brutta persona allo sportello ci va, e religiosamente.
Orso Gentile, essendo stato presente il primo giorno che la responsabile dello sportello ha intervistato la Princi sulla sua storia, mi ha adottato prima di conoscermi. L'altro giorno io faccio squillare il telefono della Princi perché all'appuntamento non la trovo, lei è nel bar lì vicino, e dice: "Uh, devo andare, c'è mia mamma." Lui: "Tua mamma quella... lei?" "Sì, certo!" "Allora vengo anch'io, devo conoscerla."
E per l'ennesima volta mi ritrovo di fronte un bestione più alto di me, dalla stretta di mano sicura e dal sorriso smagliante. Dovete sapere che, da quando la Princi frequenta le superiori in un istituto dove ci sono termoidraulici, meccanici ed elettrotecnici, io non posso più attraversare il centro senza essere investita da un'ondata di sorrisi e cenni di saluto provenienti da marcantoni di vario colore, prevalentemente nordafricani, tutti invariabilmente giganteschi (anche a mia figlia piacciono solo gli uomini alti) e, a questa stagione, poiché imbacuccati di sciarpe piumini e berrettoni, ancora più titanici che d'estate. Perché, non so se sia il discorso dell'affidamento, ma pare che tutti sti diciasset-diciot-diciannovenni, maschi e femmine, ci tengano tantissimo a conoscere i genitori della loro nuova amica. Io non mi ricordo di essere stata altrettanto socievole con gli adulti, quando ero una diciassettenne. Loro tutti a farmi sorrisi fotonici e stringermi la mano. Poi mi è anche venuto il pensiero, alla quarantesima manona virile, che molti di loro cerchino di ingraziarsi mammina per arrivare alla Principessa. Orso Gentile, in tal caso, ha fatto parecchio punteggio con me, perché scambia anche volentieri due parole e fa oggettivamente sdraiare dal ridere, anche a conoscerlo da tre minuti.
Ieri quindi arrivo, intravedo la mia polpettina dal berrettino di lana nera, laggiù, e, come lei si sposta per venirmi incontro, si muovono anche gli altri: Elfetto, Orso, più diverse appendici in divisa da tamarri.
Ci facciamo come al solito due risate appoggiati alla mia macchina, e viene fuori che io ora insegno nella C.
Elfetto, un po' risentita: "Prof, ha tradito la B?"
"Beh, le ho provate tutte, A, B, C, ma alla fine io nella C voglio stare."
Orso Gentile si informa del perché.
"Perché sai com'è l'alfabeto? A, B, C. Arrivati alla C, gli alunni sono... come dire... la C non è un posto per gente che ama vincere facile. A me piace."
E infatti la C è sempre quel che è. Adorabile terza non esclusa.
Ieri festa per salutare la collega Pianista, di sostegno, che se ne va a casa col suo pancino ormai bello tondo. Torte, dolci, bibite, pupazzetti di peluche, regalini, ricordi fotografici non autorizzati di cui uno, gigantesco, con tutta la classe, preso da uno Svacco insolitamente scattante, che è salito su una sedia posta sopra ad un banco, prima che io facessi in tempo ad accorgermene.
Poi due ore di Storia. Al termine delle quali Svacco deve copiarmi per punizione tre pagine, per oggi. Scatto, due. E Svampo, quattro.
Lo so cosa volete sapere: ma Sgamo no, non ha preso la punizione. Ha preso direttamente quattro di Storia.
Puccettosi finchè volete, ma quando è l'ora di basta, basta.
Peraltro stamattina Svacco mi aspettava in corridoio, smagliante, coi suoi occhi verdi come una primavera della Transilvania e il quadernone, tutto distrutto nella copertina ma ordinatissimo all'interno, con le pagine copiate. "E sa che copiando ho anche imparato un sacco di cose?"
In classe, Scatto arriva con due pagine che sembrano scritte da uno che dondolasse sul quaderno stando appeso al soffitto per le caviglie. E Svampo non solo ha le quattro pagine ben ricopiate, ma lo interrogo di Promessi Sposi e la sa. La sa bene. Sceglie persino le parole.
Sgamo ascolta dal corridoio, dove è stato sbattuto perché non si riusciva a placarlo. Ogni tanto alza la mano e risponde al posto degli interrogati, col vocione che rimbomba, per il resto del tempo dichiara il suo amore alle bidelle. Tutte e tre. Lui è così. Stamattina la Botta di Coca mi diceva:"Sai, in terza ho finito di spiegare la riproduzione, la fecondazione e il parto" ("Sei una donna coraggiosa", ho commentato io) "e Sgamo era tutto esaltato e andava dicendo che lui è lo spermatozoo vincente. Inutile spiegargli che tutti noi siamo spermatozoi vincenti. Sosteneva di essere stato il più veloce."
Etichette:
aaaaaah beh,
friday I'm in love,
home,
li adoro
venerdì 19 settembre 2014
L'erba voglio
Adesso, la sera indosso il bite. Azzurrino e ingombrante. Ma utile, anche se la notte poi a un certo punto si perde sotto il cuscino.
E' che mettermelo, e poi magari scordare che l'ho indossato e dire cose tipo "shcusha domani a xhe hora essshhhi?" all'Uomo o "'l'hai shpentho il shellularhe?" alla Princi, mi fa sentire una ragazzina con l'apparecchio. E mi fa allegria.
Perché ci ho rinunciato. Più le mie amiche mi mettono in guardia, più le cose intorno a me si fanno pericolanti e complesse, più io semplifico.
Le parole le ascolto, i dubbi mi vengono, le domande me le faccio. Piango quando meno me lo aspetto. L'altro giorno ho mollato un pugno sulla scrivania della Psicofata.
Ma poi sopravvivo, e sorrido. Come un'idiota. Col bite celestino in bocca.
Mi metto il vestito più corto che ho per andare in ospedale da mia zia, non per fare la scema coi medici, ma solo perché nel loculo dove l'hanno spostata il sole picchia tutto il pomeriggio e perché poi quando torno a casa devo lavare tutto, essendoci in reparto ben due infezioni gravi che circolano. Meglio un singolo vestitino leggero che asciuga subito, piuttosto che due o tre pezzi.
Poi esco dall'ospedale per andare a comprarle il gelato panna e amarene e mi godo il sole sulle gambe.
Cerco ogni possibile tipo di conforto e non mi nego niente. Mi prendo tutto quello che posso.
Dico chiaro cosa voglio. Se l'Uomo non mi ascolta, glielo ripeto. Se il fato non mi ascolta, riprovo.
E' che voglio troppe cose diverse e le voglio tutte con un desiderio bruciante, un amore privo di logica e un istinto certo di non poter essere sopito. Sto cambiando e non ho intenzione di
reprimermi finchè non ho capito dove vado, a cosa portano queste ore di veglia nella notte.
Oggi poi.
Oggi sono andata a scuola e dovevo digerire una di quelle notizie che ti fanno desiderare la lobotomia immediata appena le incameri nel tuo incredulo comprendonio.
L'ennesimo incidente, sempre nello stesso punto della statale. Ma finire sotto un pullman di linea a diciassette anni, quando nelle foto su Facebook c'è quel sorriso, ci sono quelle braccia teneramente strette intorno alla fidanzatina, quell'espressione indifesa... Io ricordo di lui solo il bambinetto con gli occhi chiari che a volte ho visto per mano alla mia alunna, tanto tempo fa. Oggi ho cercato le sue foto e riconosciuto i lineamenti, lo sguardo. Due giorni fa era il re del mondo in sella alla sua moto.
Oggi i suoi amici si mettono d'accordo per vedersi in un parcheggio e portargli un fiore da lasciare su un guardrail. Sulla strada ha già piovuto e i segni non si vedono più.
E io vado a scuola: e li guardo uno per uno. E non mi sta bene il pensiero che si alzino dai banchi, escano un giorno mentre sono belli e forti e cazzari e affetti da ridarella congenita, e magari il giorno dopo qualcuno di loro possa non tornare. Anche il meno spiritoso, il più rompicoglioni, il più anonimo tra loro, quello che conosco da dieci giorni e di cui ancora non ho memorizzato il nome, sembra un tesoro inestimabile stamattina. Mi metto in cattedra e spiego la questione operaia, i fattori del clima, il romanzo di fantascienza. E intanto li guardo e sento la mia voce farsi più calda. Li avvolgo nelle mie parole come se fossero uno scudo. Consapevole che non serve a niente, che il fascino della velocità, la convinzione di essere immortali sono connaturati all'età più bella della vita, e che in qualche orribile ingiusto modo è anche sano che sia così.
In sala professori sul muro c'è la foto della Compagna Collega. Hanno disfatto il piccolo altarino alla memoria che si ergeva nell'atrio, riposto la coppa vinta dai ragazzi al torneo che le hanno intitolato, tolto la roba dal suo cassetto. Ma la foto è stata appesa lì, sopra i computer. Esattamente di fronte alla sedia su cui mi siedo io da anni quando metto in ordine il registro. E' impossibile spiegare che senso di presenza, di speranza, addirittura di felicità mi dia alzare gli occhi e trovarla lì, eppure come sia ancora atroce il dolore di non poter più parlare con lei, sentire la sua voce, vederla ridere.
Poi vado a prendere la Princi e, mentre penso a lei che mi aspetta sotto la pioggerella, mi sento sopraffatta fino a farmi venire le lacrime per quanto sono fortunata. Mi sembra così gigantesco che adesso ci lascino in pace e finalmente siamo noi tre senza comunità, senza servizi sociali, senza rotture di palle.
Poi passa da casa l'Uomo, e dopo pranzo ci assopiamo abbracciati per pochi minuti. E nel sonno lo stringo forte come ultimamente mi capita di fare, e sì, sogno ancora l'altro, ma intanto so, anche dormendo, intorno a chi sto tenendo le braccia, e non riesco a pentirmi di sognare uno e tenere l'altro così vicino, è tutto più forte di me, tutto irrinunciabile: chi di voi sa cosa si prova? solo io su tutto il pianeta? no, non credo. Ma anche fosse, è quel che ora provo, e tutto questo è essere vivi. E io voglio sentirmi così: con le emozioni che mi attraversano una dopo l'altra come grandi onde oppure, in una giornata come oggi, con la pelle che formicola appena, ma costantemente, per il passaggio di troppa vita, di troppa morte, di troppo amore, di troppo desiderio, di troppo dolore, tutto che mi passa a fianco, intorno, attraverso.
Le braccia spalancate di mia zia che mi saluta dal suo letto bianco.
Le risate dei ragazzi.
I fiori sulla statale.
Il pallino verde della chat che si illumina.
Il coraggio di ricominciare anche oggi.
Le piccole cose che rendono pieno di bellezza ogni istante in cui non mento a me stessa.
L'erba voglio non cresce neanche nel giardino del re.
Ma sono riuscita finalmente, in quattro mesi e mezzo, a riassumere in un senso compiuto quel che è successo, a trovare il perché. E ora comunque vada la freccia è scoccata e vuole volare.
E' che mettermelo, e poi magari scordare che l'ho indossato e dire cose tipo "shcusha domani a xhe hora essshhhi?" all'Uomo o "'l'hai shpentho il shellularhe?" alla Princi, mi fa sentire una ragazzina con l'apparecchio. E mi fa allegria.
Perché ci ho rinunciato. Più le mie amiche mi mettono in guardia, più le cose intorno a me si fanno pericolanti e complesse, più io semplifico.
Le parole le ascolto, i dubbi mi vengono, le domande me le faccio. Piango quando meno me lo aspetto. L'altro giorno ho mollato un pugno sulla scrivania della Psicofata.
Ma poi sopravvivo, e sorrido. Come un'idiota. Col bite celestino in bocca.
Mi metto il vestito più corto che ho per andare in ospedale da mia zia, non per fare la scema coi medici, ma solo perché nel loculo dove l'hanno spostata il sole picchia tutto il pomeriggio e perché poi quando torno a casa devo lavare tutto, essendoci in reparto ben due infezioni gravi che circolano. Meglio un singolo vestitino leggero che asciuga subito, piuttosto che due o tre pezzi.
Poi esco dall'ospedale per andare a comprarle il gelato panna e amarene e mi godo il sole sulle gambe.
Cerco ogni possibile tipo di conforto e non mi nego niente. Mi prendo tutto quello che posso.
Dico chiaro cosa voglio. Se l'Uomo non mi ascolta, glielo ripeto. Se il fato non mi ascolta, riprovo.
E' che voglio troppe cose diverse e le voglio tutte con un desiderio bruciante, un amore privo di logica e un istinto certo di non poter essere sopito. Sto cambiando e non ho intenzione di
reprimermi finchè non ho capito dove vado, a cosa portano queste ore di veglia nella notte.
Oggi poi.
Oggi sono andata a scuola e dovevo digerire una di quelle notizie che ti fanno desiderare la lobotomia immediata appena le incameri nel tuo incredulo comprendonio.
L'ennesimo incidente, sempre nello stesso punto della statale. Ma finire sotto un pullman di linea a diciassette anni, quando nelle foto su Facebook c'è quel sorriso, ci sono quelle braccia teneramente strette intorno alla fidanzatina, quell'espressione indifesa... Io ricordo di lui solo il bambinetto con gli occhi chiari che a volte ho visto per mano alla mia alunna, tanto tempo fa. Oggi ho cercato le sue foto e riconosciuto i lineamenti, lo sguardo. Due giorni fa era il re del mondo in sella alla sua moto.
Oggi i suoi amici si mettono d'accordo per vedersi in un parcheggio e portargli un fiore da lasciare su un guardrail. Sulla strada ha già piovuto e i segni non si vedono più.
E io vado a scuola: e li guardo uno per uno. E non mi sta bene il pensiero che si alzino dai banchi, escano un giorno mentre sono belli e forti e cazzari e affetti da ridarella congenita, e magari il giorno dopo qualcuno di loro possa non tornare. Anche il meno spiritoso, il più rompicoglioni, il più anonimo tra loro, quello che conosco da dieci giorni e di cui ancora non ho memorizzato il nome, sembra un tesoro inestimabile stamattina. Mi metto in cattedra e spiego la questione operaia, i fattori del clima, il romanzo di fantascienza. E intanto li guardo e sento la mia voce farsi più calda. Li avvolgo nelle mie parole come se fossero uno scudo. Consapevole che non serve a niente, che il fascino della velocità, la convinzione di essere immortali sono connaturati all'età più bella della vita, e che in qualche orribile ingiusto modo è anche sano che sia così.
In sala professori sul muro c'è la foto della Compagna Collega. Hanno disfatto il piccolo altarino alla memoria che si ergeva nell'atrio, riposto la coppa vinta dai ragazzi al torneo che le hanno intitolato, tolto la roba dal suo cassetto. Ma la foto è stata appesa lì, sopra i computer. Esattamente di fronte alla sedia su cui mi siedo io da anni quando metto in ordine il registro. E' impossibile spiegare che senso di presenza, di speranza, addirittura di felicità mi dia alzare gli occhi e trovarla lì, eppure come sia ancora atroce il dolore di non poter più parlare con lei, sentire la sua voce, vederla ridere.
Poi vado a prendere la Princi e, mentre penso a lei che mi aspetta sotto la pioggerella, mi sento sopraffatta fino a farmi venire le lacrime per quanto sono fortunata. Mi sembra così gigantesco che adesso ci lascino in pace e finalmente siamo noi tre senza comunità, senza servizi sociali, senza rotture di palle.
Poi passa da casa l'Uomo, e dopo pranzo ci assopiamo abbracciati per pochi minuti. E nel sonno lo stringo forte come ultimamente mi capita di fare, e sì, sogno ancora l'altro, ma intanto so, anche dormendo, intorno a chi sto tenendo le braccia, e non riesco a pentirmi di sognare uno e tenere l'altro così vicino, è tutto più forte di me, tutto irrinunciabile: chi di voi sa cosa si prova? solo io su tutto il pianeta? no, non credo. Ma anche fosse, è quel che ora provo, e tutto questo è essere vivi. E io voglio sentirmi così: con le emozioni che mi attraversano una dopo l'altra come grandi onde oppure, in una giornata come oggi, con la pelle che formicola appena, ma costantemente, per il passaggio di troppa vita, di troppa morte, di troppo amore, di troppo desiderio, di troppo dolore, tutto che mi passa a fianco, intorno, attraverso.
Le braccia spalancate di mia zia che mi saluta dal suo letto bianco.
Le risate dei ragazzi.
I fiori sulla statale.
Il pallino verde della chat che si illumina.
Il coraggio di ricominciare anche oggi.
Le piccole cose che rendono pieno di bellezza ogni istante in cui non mento a me stessa.
L'erba voglio non cresce neanche nel giardino del re.
Ma sono riuscita finalmente, in quattro mesi e mezzo, a riassumere in un senso compiuto quel che è successo, a trovare il perché. E ora comunque vada la freccia è scoccata e vuole volare.
sabato 14 giugno 2014
Temi d'esame e altre vicende
E'
andata così: ero lì tranquilla che facevo le mie cose e sono
stata rapita dagli alieni. Pare che sia stata via tutto sommato solo
qualche settimana, ma io non mi ricordo più bene, il tempo è
trascorso in modo strano.
Un
giorno poi ve lo racconto.
Ora
scusate, mi hanno appena sbarcato giù, non ho le idee tanto chiare
su cosa mi sia successo e su come riprendere la vita che facevo
prima.
Mi
hanno spiegato che mentre ero via c'era un ologramma di me che ha
fatto fare alla terza A il tema d'esame.
E
infatti sulla mia agenda verde sono comparsi degli appunti, che
condivido volentieri con voi.
1.
Catapultata alle superiori. Le mie, nel 1993.
"Prof?
Ma facciamo prima francese o inglese?"
"Non
lo so, vado a chiedere."
"Okay,
mi dicono che martedì avete prima il compito di inglese, poi quello
di francese, il che va bene, così su inglese siete belli freschi"
Il
Malinconelfo in fondo all'aula: "Francese si studia
nella mezz'ora di pausa"
Dylan si gira dal primo banco e lo fissa severamente: "Francese si studia?"
Dylan si gira dal primo banco e lo fissa severamente: "Francese si studia?"
2. Paraculi
si nasce
Prof.
Castagna: "Ora potete iniziare a consegnare, ma mi raccomando,
c'è ancora un'ora di tempo, rileggete con calma e datemi il tema
solo quando siete sicuri di aver controllato tutto. Non è una
gara"
Dylan
McKay: "No no, io consegno e vado, che ho lasciato la play in
pausa."
3.
Anime gemelle, io e Atreiu, l'ho sempre detto
dal
tema di Atreiu:
"Mi
mancherà l'odore della scuola"
4.
Cosa resterà
dal
tema della Isinbayeva:
"Mi
mancheranno i loro sorrisi, perchè sì, tutti i professori almeno
una volta in questi anni hanno sorriso"
...e
come si faceva a non sorridere.
Etichette:
e finalmente l'esame,
facce come il culo,
friday I'm in love,
li adoro
mercoledì 28 maggio 2014
Last days together
Atreiu è caduto giocando a calcio e s'è fratturato una spalla. Gira in maglietta, ma poi se la leva perchè ha caldo, resta in canotta con il tutore imbottito di gommapiuma dietro le clavicole magre e piagnucola: "Ma io mi annoio... Posso giocare a pallone? posso correre? posso andare in palestra? non ci so stare, fermo!"
"Poverino" dice allora qualche giovane voce femminile sognante, mangiandosi con gli occhi tutto il pacchetto, capelli lunghi, spalle bianche, lentiggini e sorriso storto.
La Castagna, che lo trovava bellissimo anche quando era un ragno ossuto di undici anni, se la ride, perchè sapeva che le ragazze lo avrebbero capito quando era quasi troppo tardi.
Lo sdoganamento della canottiera avvenuto a causa di Atreiu libera il Malinconelfo da ogni inibizione, e anche lui dopo qualche giorno si schiera a scuola smanicato. Sparisce ogni traccia di tenerezza per Atreiu, in compenso la Bambola e Pocahontas, che siedono in banco a destra e a sinistra degli ormai significativi bicipiti del Malinconelfo, faticano visibilmente a concentrarsi. Pocahontas, coi suoi liquidi occhi neri pieni di passione, si devasta a contemplarlo con evidente compiacimento, mentre la Bambola, sempre più di porcellana e assolutamente integerrima, abbassa pudicamente le ciglia scure mordendosi il labbro inferiore.
Lui si stiracchia pigramente, se la ride, interviene nelle lezion e becca delle botte di "bravissimo" e "molto bene" che rovina immediatamente con battute inascoltabili. Tutte a sfondo sessuale. Finchè un giorno la Castagna esclama: "Basta! Trovategli una donna! Vede allusioni dappertutto, aiutatelo!" e da quella volta, quando lei chiama per rispondere da posto: "Malinconelfo?" qualcun altro chiosa: "Sesso!" e tutti scoppiano a ridere.
La Castagna spiega Nietzsche, Freud, Jung, Pascoli, D'Annunzio, Svevo, Pirandello, fa la miglior lezione sulla Pioggia nel pineto che le sia mai uscita, con la classe si parla di tutto, di ansie, del coraggio delle scelte, del dionisiaco, del suicidio, dell'inconscio, della schizofrenia, del sentirsi liberi di vivere la propria vita, delle convenzioni sociali, e Castagna vede gli occhi di parecchi illuminarsi, sente le rotelle dei cervelli che girano, ascolta domande difficili e profonde, vede sbottare in confessioni gente insospettabile, sbattere ciglia bagnate di lacrime su occhi solitamente strafottenti.
In primo banco, dove è avvitato saldamente da un mesetto per un suo ordine secco, Dylan McKay le sorride. Le sorride con gli occhi pieni di luce. Perchè ora che praticamente non può distrarsi sta finalmente attento. E' sempre stronzo. Ma sembra il protagonista di Limitless, con la pillola dell'intelligenza. Fa funzionare tutti i neuroni, notoriamente di qualità, alla massima potenza. Si esalta. "Bella" o "Spettacolo" dice quando becca una cosa in anticipo, e sorride. Finalmente. Poi si commuove, qua e là, su tematiche che lo toccano da vicinissimo, come la problematica dell'identità frammentata di Uno, nessuno e centomila. Butta la testa tra le braccia sul banco e copre col ciuffo gli occhioni pieni di pensieri. Poi torna su e alza la mano per rispondere. La Castagna gli ha pubblicamente giurato morte e devastazione all'esame, per essere arrivato fino a un mese e mezzo dalla fine della terza senza sforzarsi per un cazzo di alzare le medie e poi aver preso dei nove, da vero bastardo. Ma è pazza di lui e non ce la farà a mortificarlo, se si presenta all'esame così. Non quanto aveva pensato all'inizio.
A volte, guardando ognuno di loro, la Castagna si fa prendere da un insopprimibile desiderio che l'anno finisca immediatamente. Sono stati di gran lunga la classe più faticosa della sua carriera. Ma anche se in questo blog i più nominati sono stati sempre gli stessi cinque o sei, in realtà sono tutti indimenticabili. Praticamente nemmeno uno è stato banale o trasparente. E tutti, tutti le han fatto sputare sangue, in un modo o nell'altro.
Fanno la foto di classe. Qualcuno dice: "Prof, è l'ultima foto insieme!" e c'è un momento di silenzio e pomi d'Adamo che vanno su e giù tutti in sincronia. "Ah no, eh? Piangiamo tutti l'ultimo giorno", li scrolla lei. Intanto, pensa che l'ultimo giorno farà meglio a portarsi il phon e un cambio completo di abiti, perchè questa classe il gavettone finale glielo fa per forza, e lei stavolta se lo prenderà senza protestare.
"Poverino" dice allora qualche giovane voce femminile sognante, mangiandosi con gli occhi tutto il pacchetto, capelli lunghi, spalle bianche, lentiggini e sorriso storto.
La Castagna, che lo trovava bellissimo anche quando era un ragno ossuto di undici anni, se la ride, perchè sapeva che le ragazze lo avrebbero capito quando era quasi troppo tardi.
Lo sdoganamento della canottiera avvenuto a causa di Atreiu libera il Malinconelfo da ogni inibizione, e anche lui dopo qualche giorno si schiera a scuola smanicato. Sparisce ogni traccia di tenerezza per Atreiu, in compenso la Bambola e Pocahontas, che siedono in banco a destra e a sinistra degli ormai significativi bicipiti del Malinconelfo, faticano visibilmente a concentrarsi. Pocahontas, coi suoi liquidi occhi neri pieni di passione, si devasta a contemplarlo con evidente compiacimento, mentre la Bambola, sempre più di porcellana e assolutamente integerrima, abbassa pudicamente le ciglia scure mordendosi il labbro inferiore.
Lui si stiracchia pigramente, se la ride, interviene nelle lezion e becca delle botte di "bravissimo" e "molto bene" che rovina immediatamente con battute inascoltabili. Tutte a sfondo sessuale. Finchè un giorno la Castagna esclama: "Basta! Trovategli una donna! Vede allusioni dappertutto, aiutatelo!" e da quella volta, quando lei chiama per rispondere da posto: "Malinconelfo?" qualcun altro chiosa: "Sesso!" e tutti scoppiano a ridere.
La Castagna spiega Nietzsche, Freud, Jung, Pascoli, D'Annunzio, Svevo, Pirandello, fa la miglior lezione sulla Pioggia nel pineto che le sia mai uscita, con la classe si parla di tutto, di ansie, del coraggio delle scelte, del dionisiaco, del suicidio, dell'inconscio, della schizofrenia, del sentirsi liberi di vivere la propria vita, delle convenzioni sociali, e Castagna vede gli occhi di parecchi illuminarsi, sente le rotelle dei cervelli che girano, ascolta domande difficili e profonde, vede sbottare in confessioni gente insospettabile, sbattere ciglia bagnate di lacrime su occhi solitamente strafottenti.
In primo banco, dove è avvitato saldamente da un mesetto per un suo ordine secco, Dylan McKay le sorride. Le sorride con gli occhi pieni di luce. Perchè ora che praticamente non può distrarsi sta finalmente attento. E' sempre stronzo. Ma sembra il protagonista di Limitless, con la pillola dell'intelligenza. Fa funzionare tutti i neuroni, notoriamente di qualità, alla massima potenza. Si esalta. "Bella" o "Spettacolo" dice quando becca una cosa in anticipo, e sorride. Finalmente. Poi si commuove, qua e là, su tematiche che lo toccano da vicinissimo, come la problematica dell'identità frammentata di Uno, nessuno e centomila. Butta la testa tra le braccia sul banco e copre col ciuffo gli occhioni pieni di pensieri. Poi torna su e alza la mano per rispondere. La Castagna gli ha pubblicamente giurato morte e devastazione all'esame, per essere arrivato fino a un mese e mezzo dalla fine della terza senza sforzarsi per un cazzo di alzare le medie e poi aver preso dei nove, da vero bastardo. Ma è pazza di lui e non ce la farà a mortificarlo, se si presenta all'esame così. Non quanto aveva pensato all'inizio.
A volte, guardando ognuno di loro, la Castagna si fa prendere da un insopprimibile desiderio che l'anno finisca immediatamente. Sono stati di gran lunga la classe più faticosa della sua carriera. Ma anche se in questo blog i più nominati sono stati sempre gli stessi cinque o sei, in realtà sono tutti indimenticabili. Praticamente nemmeno uno è stato banale o trasparente. E tutti, tutti le han fatto sputare sangue, in un modo o nell'altro.
Fanno la foto di classe. Qualcuno dice: "Prof, è l'ultima foto insieme!" e c'è un momento di silenzio e pomi d'Adamo che vanno su e giù tutti in sincronia. "Ah no, eh? Piangiamo tutti l'ultimo giorno", li scrolla lei. Intanto, pensa che l'ultimo giorno farà meglio a portarsi il phon e un cambio completo di abiti, perchè questa classe il gavettone finale glielo fa per forza, e lei stavolta se lo prenderà senza protestare.
giovedì 20 marzo 2014
Ora non esageriamo con il transfert
Che poi ti accorgi che il tuo ultimo post era un po' peso, con la malattia straziante del padre il richiamo pauroso alla malattia di un figlio il piccolo spavento per l'alunna svenuta e il grosso groppo in gola del rimando alla pagina della Pellona. Tipo che la povera Susibita, dopo aver letto, si sentiva una cacca perchè si era tolta di torno per tre ore e mezza la piccola Nina dopo una varicella e aveva provato sollievo (è noto che io non ho figli piccoli, ma posso, ve lo giuro, figurarmi che anche Madre Teresa, dopo aver sperimentato tre settimane di reclusione di un infante con bollicine pruriginose, diventi leggermente desiderosa di trovare qualcuno che le dia il cambio e tornarsene di corsa dai suoi lebbrosi!)
Comunque, quando "lanciate" con un sospiro di sollievo il sangue del vostro sangue all'asilo o altrove, lo fate perchè vi potete fidare. E sapete di potevi fidare perchè esistono figure di riferimento che non sono la mamma, per fortuna.
A questo proposito, vorrei elencarvi alcune domande che ho ascoltato ieri dopo aver parlato con la terza dell'orale d'esame.
Dylan McKay: "Prof, ma sa quando ci diceva che quello che ha fatto niente tutto l'anno i prof lo torturano di domande e gli altri della commissione intanto stanno zitti e non lo aiutano?"
E io: "Dylan, come mai ti interessa questo argomento?"
Olivia: "Prof, ma se per esempio io ho un professore che mi odia... cioè, la Compagna Collega mi ha detto che vado male e all'esame mi farà domande difficilissime?"
E io: "Perchè, Olivia, la Compagna Collega te lo dice a marzo? se fosse veramente intenzionata a trattarti male non pensi che starebbe zitta e poi ti farebbe delle carognate all'esame? perchè ti avvisa due mesi prima?"
Dylan, con tono di ovvietà: "Volpe, te lo dice adesso per spaventarti, così ti dai da fare, no?"
Atreiu: "Prof... potrebbe farmi da mamma?"
Euh, beh, dai, adesso.
-------------------------------------------------------------------------------------------------------------
(Voi lo sapete, direi, che quando questi andranno via, tra tre mesi, io resterò giorni e giorni senza mangiare e bere, a ululare di disperazione e solitudine alla luna, come un cazzo di coyote impazzito. Mi si porteranno via l'anima, questi.)
Comunque, quando "lanciate" con un sospiro di sollievo il sangue del vostro sangue all'asilo o altrove, lo fate perchè vi potete fidare. E sapete di potevi fidare perchè esistono figure di riferimento che non sono la mamma, per fortuna.
A questo proposito, vorrei elencarvi alcune domande che ho ascoltato ieri dopo aver parlato con la terza dell'orale d'esame.
Dylan McKay: "Prof, ma sa quando ci diceva che quello che ha fatto niente tutto l'anno i prof lo torturano di domande e gli altri della commissione intanto stanno zitti e non lo aiutano?"
E io: "Dylan, come mai ti interessa questo argomento?"
Olivia: "Prof, ma se per esempio io ho un professore che mi odia... cioè, la Compagna Collega mi ha detto che vado male e all'esame mi farà domande difficilissime?"
E io: "Perchè, Olivia, la Compagna Collega te lo dice a marzo? se fosse veramente intenzionata a trattarti male non pensi che starebbe zitta e poi ti farebbe delle carognate all'esame? perchè ti avvisa due mesi prima?"
Dylan, con tono di ovvietà: "Volpe, te lo dice adesso per spaventarti, così ti dai da fare, no?"
Atreiu: "Prof... potrebbe farmi da mamma?"
Euh, beh, dai, adesso.
-------------------------------------------------------------------------------------------------------------
(Voi lo sapete, direi, che quando questi andranno via, tra tre mesi, io resterò giorni e giorni senza mangiare e bere, a ululare di disperazione e solitudine alla luna, come un cazzo di coyote impazzito. Mi si porteranno via l'anima, questi.)
Etichette:
friday I'm in love,
home,
li adoro,
ma mi faccia il piacere
Iscriviti a:
Post (Atom)