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sabato 16 maggio 2020

Per darvi un'idea, anche approssimata

Ho deciso di postare qui, commentandolo pezzo per pezzo, il testo che stamattina (sabato) 16 maggio alle ore 7 (sì, alle 7, ero sveglia da 40 minuti ed era inutile restare a letto con i pensieri) ho postato sulla piattaforma che usiamo con la mia classe terza. In corsivo quel che vorrei poter scrivere davvero.


"Buongiorno,"

(Ragazzi, mi mancate! State bene? Eh? Che belli che siete, lo sapete che vi mangio con gli occhi tutte le volte che comparite nello schermo? E che quando chiudo la videochiamata ho un groppo in gola?) 

Vecchia bastarda sentimentale.

"ricapitoliamo quanto fatto nelle lezioni di ieri per chi se le è perse."

(Cioè pochissimi di voi, anche se adesso un gruppo deve alzarsi "presto", perché vi vedo dalle 9. Lo sapete quanto sono contenta che non saltiate neanche una lezione, e non parlo di quelli che come l'Irresistibile o Pulcino hanno la supermamma che mette la scuola al primo posto, pioggia o neve, pandemia o terremoto.  Parlo di quelli come te, Strepitoso, lo vedo che non passa mai nessuno in quella cucina, che sei da solo in casa ad annoiarti e ti svegli sei secondi prima della lezione e arrivi spettinato e con la voce da sonno, ma spacchi il secondo e sei preparato, parlo di te Cucciolino che sei sballottato tra casa di mamma nelle campagne di Casale e casa di papà a Torino, parlo di quelli di voi che fanno fatica a scaricare i file o che mi vedono o sentono tutta a scatti, ma non mollano. Sono così fiera di voi, ragazzi. Ho sudato tanto,con tanti colleghi diversi, per farvi stare seduti nei banchi, ora mi state restituendo quasi tutti degli ometti e delle donnine attenti  e responsabili che la prendono sul serio. Mi fate scoppiare d'orgoglio.) 

Vorrei vedere la faccia dei colleghi che li hanno avuti  solo in prima, su tutti l'Orsone.

"Mi scuso per aver dovuto interrompere e rimandare il lavoro, ma questa situazione di connessione da casa ha molti inconvenienti, uno su tutti che le reti e i piani di consumo dei computer privati hanno dei limiti."

(E porca troia non sono gli strumenti tecnologici o le competenze  che ci mancano, non è vero che i docenti sono dei cavernicoli informatici, sono i giga che a stare connessi 12 ore al giorno per mettervi su voti e lezioni partono, mica tutti avevamo il wifi in casa, e non è che in tempi di Covid fosse facile farselo installare da un giorno all'altro.)

"Ieri mattina in ogni gruppo, tranne il quarto che doveva connettersi alle 12"

(quello che porca troia è saltato)

"abbiamo:
- parlato dell'elaborato finale che ciascuno di voi presenterà (recuperiamo lunedì perchè ho bisogno di chiedervi alcune cose a voce, individualmente) e delle materie che non risultano comprese nell'elaborato ma verranno portate all'esame per la breve interrogazione in videochiamata;"

Elaborato "snello", e "breve" videochiamata, su cui un team ristretto composto dalla qui scrivente Castagna, dal Genuino, dalla Pallida, dall'Impeccabile e da Undici lavora da giorni senza più orari, per gestire a  insaputa dei ragazzi il proprio lavoro in 6 materie (di cui 3 mie, così, meglio dirlo) e quello dei colleghi nelle altre, per mezzo di una cosa che ho proposto io, la "madre di tutte le tabelle" condivisa su Drive e aggiornata con amore possessivo da noi tre di lettere, matematica e inglese,  senza permettere agli altri docenti di toccarla, di vederla, addirittura di sapere della sua esistenza, fino a due giorni fa. Per gestire la tabella madre (o santa madre tabella,  o la madre tout court, ormai)  dal lunedì al venerdì iniziamo a scriverci sul gruppo ristretto alle 7,30 e finiamo a mezzanotte. No, meglio se lo dico, anche questo. 


"- parlato di come presentare solo all'orale un argomento del programma di Letteratura (guardate nel sottogruppo Italiano, vado tra un attimo a scrivere le indicazioni e aspettate di aver parlato con me lunedì per decidere quale argomento portare)
- terminato il programma di Letteratura con la spiegazione delle "Operette morali" di Leopardi e con cenni su Positivismo, Naturalismo, Verismo, Simbolismo e Decadentismo (guardate sotto Italiano, entro lunedì avrò caricato tutti i file audio con le spiegazioni, gli appunti e gli esempi)."

Il che significa che ho ripetuto la stessa lezione a tre gruppi (ma dovevano essere 4) quasi con le stesse parole, per una maniacale angoscia di non dare a tutti la stessa preparazione, e adesso nel weekend la ripeterò ancora per registrarla e metterla a disposizione degli assenti. È una roba che,  a metà del terzo giro, fa sentire in trance, come un disco troppo usato, e al tempo stesso da Dio, perché una cosa che mi è successa in questo periodo è stato di rimanere sola con le mie materie, con la mia voce che spiega, e intanto pensare: ma che materie meravigliose insegno?

"Inoltre: guardate nel sottogruppo Storia / Geografia per il quiz su comunismo, fascismo e nazismo e troverete anche nei prossimi giorni l'ultima lezione di Geografia e l'ultimo argomento di Storia."

È  che ne insegno un po' tante, di materie. E anche quest'anno, addirittura  così,  con la pandemia e la didattica a distanza, le ricerche da visionare sono NOVANTASEI. E non me le portano neppure all'orale, perché all'orale c'è il fottuto elaborato.

(E quanto odio scrivere ultimo argomento e ultima lezione, ragazzi. Perché lo avrei detto in classe, e a uno di voi sarebbe scappato detto "Prof, siamo alla fine delle medie, ma ci pensa?". E io avrei fatto quella brusca che non si perde in sentimentalismi e dice "ecco appunto, quasi alla fine, vediamo di arrivarci intanto eh, poi se proprio ci tenete potete rifare l'anno"... e voi siete quel tipo di classe in cui qualcuno avrebbe detto anche "e se ci facciamo bocciare tutti insieme, così stiamo ancora un po' qua?") 

"Nella lezione di lunedì ci occuperemo di finire i giri di interrogazione, prendere gli ultimi accordi per l'elaborato d'esame e andare avanti con i Promessi Sposi."

Perché l'Irresistibile, dopo aver preso un 9 di interrogazione a tappeto sulla guerra mondiale,  alla domanda di un compagno "prossima volta cosa facciamo?" ha deciso che la volta dopo leggevamo i Promessi. E va bene, poi voglio dire, se si chiama Irresistibile ci sarà un perché,  infatti ho detto subito di sì.  

Il culo che mi sono fatta per questa classe. E come ricomincerei domani, dal giorno uno della loro prima media, se potessi. L'ultima classe di Scuolina Rosa, quella che per amore contraccambiato sta al numero 2,  subito sotto l'inarrivabile prima classe in cui ho lavorato lì,  a trent'anni,  e a pari merito con la stupenda terza C degli scompleanni. I miei ragazzi.  Il lato bellissimo è che, lavorando in centro città, molti  li vedrò quando arriveranno o andranno via dalle superiori. Magari per allora non avremo più le mascherine e potremo abbracciarci stretti,  e alcuni di loro mi sovrasteranno con la testa, perché io sarò la solita prof di sempre e loro saranno diventati grandi.




giovedì 16 aprile 2020

Dietro il sipario

Emergenza virus, giorno 51.

Oggi mettevo i voti di poesia a memoria.  La settimana scorsa ho interrogato in videochiamata sui sonetti di Foscolo i miei di terza. Sì lo so, sono indietro, tranquilli che ho già spiegato sia Manzoni che Leopardi. Un terzo della classe l'avevo interrogato quando ancora eravamo persone libere. Dovevo finire il giro. Ho sperato che non barassero. Credo che non lo abbiano fatto. Io sono stata attenta a tutto. Non ho dato il voto a Offendino ("prof gliela posso dire la prossima volta?") né a Fulminato ("Se non ti vedo in faccia non posso  considerarla interrogazione, dimmela per esercitarti"). Non ho pianto sentendo la vocetta delicata della mia preferita, la ragazzina del Marocco, non ho pianto con i vocioni di Strepitoso e del Cardinale, non ho pianto davanti agli occhi scuri dell'Irresistibile. Ma gli endecasillabi di "A Zacinto" sono tosti da reggere, le loro espressioni concentrate e i loro sguardi persi nello sforzo di pensare sono così intensi, che mi sembrava di sentire anche il loro profumo.

Mentre mettevo il voto all'Irresistibile mi chiedevo se sua madre fosse nella stanza, quando lui mi ha ripetuto la poesia. Poi mi sono immaginata la scena. Non era nella stanza, lo so. Era in quella a fianco.  Con la porta aperta.  Con le mani impegnate in qualche lavoro silenzioso, come pulire verdura o spolverare, per ascoltare in segreto la voce del suo bambino ormai alto e grande, che solennemente percorreva la metrica foscoliana.

Qualche mamma mi ha scritto che ascolta volentieri i miei audio, in fondo io parlo di cose belle e accessibili a tutti, ma più che altro penso a quanto sia particolare e interessante, per un adulto che fa un altro mestiere, poter sbirciare nella nostra quotidianità di classe,  nel vissuto di ogni giorno dei loro figli. Sentire il tono con cui rispondono, capire la modalità con cui li mettiamo alla prova. Io li convoco, 6 alla volta, per verificare se stanno studiando, e ragioniamo ad alta voce, i compagni intervengono, io chiedo a uno, e nella chat a fianco qualcun altro scrive iooooooo proooof ioooo la soooo. Io rido felice. Adesso, presi in gruppetto così, col lavoro ben avviato, me li godo. Imparo nuove cose sul nostro modo di lavorare, di incidere solchi nuovi nei loro cervellini. 

Scopro che il gatto della BastianaBaldassarra è sempre lì con lei mentre si connette, vengo interrotta durante un'interrogazione sulle date da un nipotino del Cinghiale ("cosa è successo a Wittenberg nel 1517?" "Baaa ba ba bbaaabbaba." "Eh?"), guardo Codino preparare la pasta con le zucchine mentre ascolta i suoi compagni interrogati sulle dorsali oceaniche ("Ma ci metti la maggiorana?" "Nooo. Il finocchietto essiccato." "Ah, scusa...")

Una mamma passa dietro con la tazza del caffè in mano e mi fa ciao.
Nell'altra stanza, l'Uomo pronuncia cognomi in lingue misteriose e vocine di primini leggono per lui i brani dell'antologia. Mia figlia entra in punta di piedi e si fa il caffè senza sbattere le stoviglie, poi si mette tutta storta per non entrare nell'inquadratura della fotocamera e li spia. "Carini", mi dice dopo. E io mi sciolgo: "Sono meravigliosi, poi c'erano tutti e hanno anche studiato, sai?"

Non sanno che sono probabilmente i miei ultimi alunni a Scuolina Rosa. Né credo arrivino a percepire quanto mi manchino. Ma l'ennesima sfida mi sta facendo sentire di nuovo giovane e piena di voglia di cambiare,  di crescere. Poi ci sono i giorni in cui odio il tavolo di cucina che è diventato  la mia cattedra, odio i mille cavi (caricabatterie,  modem, altro caricabatterie, prolunga, auricolari) che mi intrappolano sul divano come un insetto catturato da un ragno, odio il silenzio e vorrei un intervallo fragoroso, odio l'assenza di orari: ieri, tolte 2 ore per spesa, giro della salute intorno all'isolato e preparazione pasti, ho lavorato dalle 7 e mezza del mattino alle 23.
E, soprattutto, mi sembrano anni che la scuola è questo, e non quel che era prima, che doveva essere.

Eppure, come sempre, è più quel che il mio lavoro mi dà che quello che mi toglie.
Posso farcela, posso fare qualsiasi cosa, se sopravvivo a questo disastro mondiale continuando a insegnare senza perdermi d'animo.

mercoledì 4 aprile 2018

La strega, Belzebù e l'albero

Quantoso'bono, sempre nella sua fase animale strano, me la batteva da giorni, dopo che io avevo spiegato come bonus le ultime cose molto belle apprese nel mio Tibet, in provincia di Pisa.
"Facciamo meditazione?"
"Quando la facciamo, la meditazione?"
"Poi ce la finisce di spiegare, quella cosa della meditazione?"

Alla fine, dopo giorni di prove scritte a raffica, la Castagna ha trovato un momento adatto. Ma, ha specificato, meditazione è un'altra cosa. Ha detto che avrebbe spiegato solo un piccolo esercizio di concentrazione, in quanto utile ai fini del lavoro scolastico, e di scordarsi i mantra o il muro bianco degli zen. "Svuotate il banco."

Hanno fissato per 60 secondi un oggetto messo sul banco. La gomma, un astuccio, un pacchetto di fazzoletti, un evidenziatore, un portachiavi. Si sono impegnati sul serio. Io osservavo i volti. Mimosa a un certo guardava me, Wonder Woman si grattava la testa.

Poi hanno provato col banco vuoto. Occhi aperti. Occhi chiusi. Occhi aperti. Molto bello da vedere. Un gran silenzio. Visetti sereni. Anche il collega di sostegno ci si è messo. Pover'uomo. A volte, a forza di lavorare insieme, finisco a pensare che gli voglio anche bene.

Abbiamo commentato insieme le sensazioni fisiche, le distrazioni mentali, il flusso di pensieri. L'Avvocato: "Io veramente pensavo se la segreteria era aperta, per andare a chiamare per l'autorizzazione di oggi pomeriggio."

Erano affascinati. Ovviamente ne volevano ancora. Ho detto che non sono cose da prendere alla leggera e che non voglio trovarmi un genitore ad accusarmi di indottrinarli al buddhismo. Ma adesso, mentre scrivo, mi viene in mente che oltre ai mantra esistono i sankalpa e quelli, lo sanno bene anche nelle grandi aziende moderne, servono a motivarsi, a focalizzare, a essere efficaci. Proverò a proporne alcuni. Anzi, farò i bigliettini e ognuno si sceglierà il suo. Va beh. Fingiamo sempre di non sapere che ho passato metà delle vacanze di Pasqua a lavorare e che domani è l'ultimo giorno utile per esercitarsi prima delle maledette Invalsi online, e pensiamo al futuro. Per il momento ho detto loro che non ho niente contro il far vedere alcuni esercizi yoga utili al lavoro scolastico, così come anni fa ho fatto vedere l'albero a una classe che affrontava un momento di paura di tutto.

"E com'è l'albero prof?" sono scattati. "Eh, bisogna levarsi le scarpe, per farlo bene..." Voci maschili indignate: "Ah no no, allora no." "Ma non adesso, non oggi, veniamo una volta che ci siamo accordati, coi calzini puliti e i piedi appena lavati, uffa come siete anche voi però... dai, una volta ci mettiamo d'accordo e lo proviamo." "Ma non ce lo può far vedere lei intanto?" "Sì ma mi serve un..." "IO!!!!!" ha urlato Belzebù, e si è teletrasportato al mio fianco vicino alla cattedra. Non l'ho neanche visto, tanto s'è mosso in fretta. E ci siamo bilanciati, prima su un piede poi sull'altro, sotto lo sguardo attento dei suoi compagni. "Cosa fa la tua gamba, R.? Sta ferma?" "No, trema!" "E va bene così, altrimenti saresti già caduto..."

Ho spiegato loro che se vogliono capire cosa si intende per flusso mentale devono provare shavasana, che fa paura a un sacco di gente. Per il nome (e infatti i maestri spesso la chiamano, gentilmente, in sanscrito, o con una pseudotraduzione tipo "posizione del riposo" o "della quiete", quando i due nomi tradizionali sono "posizione della morte" e "posizione del cadavere", e io alle mie alunne lo dico: pensate a quando tutte le cose per cui vi incazzate oggi non saranno più affar vostro). E perché la mente non sta ferma un attimo. E ho detto loro che alcuni in shavasana si alzano, si agitano, si fanno venire l'ansia, o piangono, o dormono. Hanno capito benissimo.

"Se volete, la prossima volta che abbiamo tempo dopo un periodaccio di prove, ci portiamo un telo per sdraiarci, ci esercitiamo un po' sulla concentrazione e ve lo faccio anche fare, il cadavere, insieme ad altre piccole cose come l'albero, che ci insegnano qualcosa sulla fiducia in noi stessi."
"Sì ma prof" è spuntato Belzebù, tornato al banco, dove evidentemente stava rimuginando da un pezzo su un problema più estetico che igienico: "il pavimento è sporco, se mi metto in calzini poi mi fa schifo rimetterli nelle scarpe..." "E noi ci portiamo un paio di calzini apposta per fare yoga, no?" "Giusto, prof" mi ha detto, guardandomi come fossi una grande saggia.





venerdì 23 giugno 2017

Non è un problema mio...

Glielo hai detto, strillato, sibilato, scandito, ripetuto fino allo stordimento delle tue corde vocali e dei loro neuroni, che dovevano prenderla sul serio, e mannaggia ragazzi siete in terza, e insomma come ve lo dobbiamo dire che qua non si gioca, e su che tra cinque minuti siete alle superiori e vi fanno vedere loro, e vestitevi decentemente per venire a scuola e rileggete prima di consegnare e fate attenzione e non studiate all'ultimo e ripetete a voce alta.

Poi ti sei richiusa a riccio: ragazzi basta, io quel che dovevo insegnarvi ormai l'ho fatto, siamo alla fine, adesso vediamo cosa fate, praticamente non è più un problema mio.

E sono passati uno per uno. Così hai visto dove era caduto il seme e si era seccato, e dove era caduto e aveva messo un germoglio. Gente che viene all'esame in calzoncini da volley e canottierina, e gente che si presenta in camicia, o vestitino, coi capelli tirati su da donnina perbene, col trucco, con la maglia ultimo grido delle vetrine della Torino bene. Gente che porta una ciofeca di cartellina mezza mangiata dai topi, e gente con progettini di Tecnica ben curati, gente con la ricerchina di Educazione Motoria ancora in brutta con le correzioni della prof a matita, e gente con un piccolo book e in copertina la foto mentre salta un ostacolo o segna un goal. Gente che non distingue Stalin da Giolitti e gente che si studia dei collegamenti autonomi tra le attiviste birmane per i diritti della donna e Emmeline Pankhurst.

Alcuni di cui abbiamo detto in coro: no ma ci ha preso per il culo tre anni, dai, non può uscire con il sette, uffa. E altri per i quali io, la Coordinatrice Carogna, la Regina delle Rompicoglioni che non fa mai un complimento, mi sono alzata per una stretta di mano e il giusto riconoscimento per il bel percorso fatto. Gente che singhiozzava in corridoio dopo, e gente che arrivava sudaticcia ma col sorriso. Un paio di conati di vomito, e uno che chiede di andare in bagno prima di iniziare, ma anche i ragazzi della comunità di solito tanto timidi che prendono in mano la situazione e spiegano con sicurezza le loro slide alla LIM.

Tutti senza eccezione terrorizzati quando dovevano iniziare con me, che chiedevo tre materie senza argomento a scelta, la maggior parte che non aveva studiato abbastanza, qualcuno che sorprendeva piacevolmente per la fluidità del passaggio da un tema all'altro, che poi è la cosa che con me di sicuro devono imparare meglio, o cambiano sezione.

Poi la Gnocca che, quando le stringo la mano e le dico a bassa voce: “E' stato un vero piacere” capisce il seguito della frase: “E' stato un vero piacere avere in classe la tua testa dura come il marmo, vedere il tuo sguardo puntare alla risposta, essere lì quando eri in lacrime, quando eri sicura di te, quando hai smesso di mangiare, quando ti sei mangiata i più bravi della classe con la tua intelligenza e la tua classe, ogni volta che ti sei tagliata i capelli, quando hai fatto impazzire tua madre perchè con la media del nove le hai detto che da grande vuoi fare la tatuatrice, e insomma essere la tua prof per due anni”. E i suoi occhi neri enormi diventano ancora più grandi e si riempiono di stelline e stiamo per piangere, ma la mando via, che il cognome comincia per V ed è l'ultima, siamo stanchi, fanno mille gradi e dobbiamo ancora sentire Satana, che, bocciato due volte sempre dalla sottoscritta, si presenta con quattro materie dopo aver fatto a calci nel culo il progetto scuola lavoro. E non fa il cretino, per venti minuti consecutivi della sua vita, e poi va via guardandomi per la prima volta con sincero affetto, invece che con la solita espressione da stronzo sbruffone. (Sei il suo incubo peggiore, mi ha detto una volta sua madre. Beh, anche lui era il mio.)

La Gnocca andrà all'artistico e invece Carotina, che non è capace, allo scientifico, dove la butteranno fuori. La Regina degli Elfi andrà al linguistico dove non durerà un mese perchè non studia mai, e Mammina all'istituto geometri quando dovrebbe andare al classico. Ma non è un problema mio, giusto?

L'Albarino è il primo a usare il mio numero di telefono per scrivermi, appena si chiude la sessione, ancor prima che io sia arrivata alla mia tanto desiderata doccia: sono stato felice di stare in questa scuola e mi sono trovato benissimo con lei, mi mancherà, verrò a trovarla presto. Quello mi dà il colpo di grazia. Il mio alunno tipo: il calciatore carino, che non ha mai tempo per studiare perchè è troppo impegnato a allenarsi, spostarsi in trasferta e andare a donne, ma poi incontra me e, dopo un po' che me lo lavoro, si sbatte per arrivarmi con la poesia a memoria studiata in modo impeccabile e capire meglio che può i collegamenti tra economia e politica. Oramai, quando arrivano le maestre a presentare i nuovi alunni, e dicono di un maschietto: ah questo non studia, sarebbe anche bravo ma è sempre a calcio, ha in testa solo il pallone... le colleghe scoppiano a ridere e esclamano: questo è della Castagna! Diventerà famoso, ogni tanto (spero non proprio sempre, dai) sbaglierà i congiuntivi e sposerà una velina. Ma non è un problema mio, dicevamo, appunto.

E si avvicinano i saluti con la Proprio Brava di Arte, la Pallida di Inglese, il Magnifico di sostegno, la Spessa di Tecnica, il Genuino di Matematica, e altri che è un peccato lasciare. Giovani, bravi e simpatici. Per mercoledì prossimo, io e il Magnifico che siamo, ahimè, praticamente inseparabili in queste ultime giornate, abbiamo organizzato la cena di fine anno, e sarà indimenticabile, e però sarà poi la penultima volta che ci vedremo e il giorno dopo, al collegio docenti, saluti e buone ferie, e vi auguriamo di trovare una cattedra dove volete, e speriamo di rivedervi (non proprio tutti, no, un paio possono tornare da dove sono venuti, e il Magnifico, se trovasse uno splendido incarico a tempo indeterminato in un posto non troppo scomodo, per esempio, non so, in provincia di Osaka, sarebbe perfetto, così non ci toccherebbe rivederci proprio più e la chiuderemmo lì, che sul serio non è stata facilissima la gestione dell'amicizia, devo dire). Con un'ansia paurosa che ci tocchino persone meno in gamba l'anno prossimo, manco a dirlo la mia prossima terza come punto di riferimento sarà meglio che prenda me, perchè cambiano di nuovo metà dei prof per la trentamilionesima volta, mentre io, che avevo solo Geografia in prima, poi anche Italiano in seconda, adesso mi prenderò anche Storia, e lì si vedrà se mi vogliono davvero così bene. Ma d'altra parte continuiamo a trattare la sezione A come quella dei fighi e le altre come pattumiera, basta vedere come è stata fatta la prossima prima, e se questa è la gestione  fintofurba di tutti i presidi non è un problema mio, anzi, io è lì che mi diverto, nel mandare a bagasce le previsioni delle maestre e dei colleghi delle altre sezioni.

Ah, e a proposito di spiazzare i colleghi, oggi ho firmato la mia prima lode all'esame, per Mickey Mouse e la sua splendida R arrotata. “PRRofessoRRRessa ma se lei fosse stata pRResente alloRRa avRRebbe pRRefeRRIto esseRRe il RRRe di FRRRRancia o l'impeRRatRRRice d'AustRRRRia?” “Mickey, scusa tanto eh, ma io sarei stata la regina d'Inghilterra.” “Ah già, pRRof, è veRo.” Oh Dio questo ragazzino mi mancherà.
Peter Pan, per giorni, prima che finissero le lezioni, mi ha chiesto se mi sarebbe mancato, no prof che io sono il suo alunno preferito, vero o no che il suo preferito l'ha fatta dannare, eh prof. Non sapevo davvero che alcuni di loro ci stessero così male, all'idea di non sentire le mie strida ogni giorno. Di sicuro Peter è un altro per cui la mattina valeva la pena scendere dal letto, anche con trentotto di febbre. Ma non lo sa, che non è lui il mio alunno preferito, e anche se oggi molti di loro avrei voluto tenermeli altri due anni, è stato solo quando l'Adorabile ha varcato la soglia per andarsene che il mio cuore ha distintamente fatto: cric, e si è incrinato. L'Adorabile che dopo essere stato il bambino perfetto, bravo in tutto, primo in tutto, atletico, elegante, indiscutibile, quest'anno ha preso dei cinque, detto a voce alta “non ho studiato”, e dormito sul banco, senza vergogna,durante la lettura integrale di “Rosso Malpelo”. E quindi quando io mi sono alzata e gli ho stretto la mano, invece che sgridarlo per la preparazione non approfondita all'esame e il tema raffazzonato, non se lo aspettava proprio, perchè lui, per definizione, è T. e T. è inappuntabile, se non è inappuntabile là fuori lo aspetta una famiglia che lo fa sentire di merda, ma io ho provato a spiegarlo alla mamma e, se lei non ha capito, non è un problema mio: lui per me è perfetto così.

lunedì 22 febbraio 2016

Bollettino (di guerra) dalla Valle delle Meraviglie - parte prima

Che dire. Sono dispiaciuta, perché le mie questioni personali sono talmente brutte, intricate, dolorose e, anche logisticamente, incasinate, che sta passando l'anno senza che io vi racconti quasi niente della Valle delle Meraviglie, di Scuolina Rosa, degli exalunni grandi e piccoli, del fott fantomatico ministero (che Satana l'abbia in gloria, possibilmente masticando le anime dei sottosegretari all'istruzione e di parecchi altri politicanti come fossero noccioline, diciamo come intermezzo tra un morso di Bruto e uno di Cassio). Insomma, non vi dico più niente della scuola.

E vi dico poco anche della famiglia, degli amici, addirittura degli animali di famiglia.

Che forse sarebbero i più facili da raccontare. Il cane è sempre senza un occhio. La gatta è sempre più obesa, cinghiala, balenottera, vacca. Stanno benone, le ragazze.
Il gatto, come prognosi, doveva morire. Più o meno un mese fa.
Invece esce dal bagno sparato al mattino, mrrrrrah mrrrrahhh mrrrr mrrr mrrrah. Mangia. Gioca. Fa le fusa. Oppone fiera resistenza alla vista del trasportino, perché andiamo avanti da settimane così, che ogni tre giorni siamo dal veterinario, per iniezione di antibiotico, disinfezione e simpatico (conato) nettoyage professionale (altro conato) della (doppio conato con tosse) piaga (sudori freddi e occhi voltati) sul fianco. Ora. Lui è un signore. E a casa, alla vista del batuffolo di cotone e della bottiglietta dell'etere, corre via, ma poi se lo segui dice: mrh, e si posiziona sul fianco giusto, per farsi disinfettare. Sta anche fermo mentre lo disinfettiamo. Ma adesso di tutti questi medici che lo tocchignano e gli piantano aghi nella schiena si è giustamente rotto le palle. Anche perché lo visitano in tre o quattro alla volta, il nostro miracolato. Che non si capisce come (o meglio, io lo so, come: con l'amore infinito di Castagna, dell'Uomo e della Princi) sta combattendo da solo, senza chirurgia, contro un sarcoma. Per ora Ciccio-sarcoma 3-0, due interventi riusciti e un ciclo di antibiotico/disinfettante andati bene. Poi vedremo.
Fa tutto l'Uomo, a dire il vero. Io mi limito a cambiare dozzine di volte la sabbietta e gli asciugamani nella cuccia, a lavare dei pavimenti, a piangere come una fontana quando la ferita peggiora e a cercare scuse patetiche per non andare mai dal veterinario. Perché mi viene da vomitare o anche da svenire, con quel cazzo di tavolo di metallo e il gatto da tener fermo. A casa, invece, sono più coraggiosa, medicare lo medico anche io, siamo drogati dall'etere tutti e due a pari merito io e l'Uomo, sembriamo Michael Caine ne Le regole della casa del sidro. Forse è merito dell'etere se io di notte a volte dormo addirittura.

Ma  dicevamo della Valle delle Meraviglie. La statale è sempre lì, il campanile anche, Scuolina Rosa regge con le sue crepe nei muri, i suoi alberelli, la magnolia e la panchina dedicate alla Compagna Collega nel cortile interno. Castagna, a sua volta, regge. Sul lavoro, almeno.

I piccini di prima sono già un po' meno piccini. Ma sono un bagaglio umano disperante tra hc, dsa, ees, non certificati, certificati per tutt'altro genere di problemi, nevrotici, mettici poi quelli infantili quelli distratti quelli un po' stranieri quelli un po' arrivati ora dal Sud quelli con le famiglie ai limiti della sopravvivenza e quelli che non sanno come sono girati... e avrai la Bottadicoca che viene a dirmi, scoraggiatissima: "ehm io giovedì faccio un recupero a gruppi ma avrei bisogno di spaccare la classe in due... perché ho convocato solo quelli che avevano bisogno, ma sono ventidue su ventisei... puoi aiutarmi?"
E beh.
A me piacciono, i piccini. Non so perché, ma con una singola ora a settimana riesco meglio in quella classe che in terza. Certo, devo mio malgrado fare le interrogazioni programmate, perché per interrogarli li porto fuori nell'ora di Storia (aggratis, of course). Ma mi rifaccio coi giri di domandine e con gli scritti. Insomma, a fine quadrimestre i registri di seconda e terza erano un macello. Quello di prima, immacolato, 4 voti a testa in perfetto ordine. Loro mi apprezzano. Io me li coccolo con lo sguardo perché so che l'anno prossimo me li prendo per almeno due materie. Sono piccoli, sono troppi, e uno da solo (Belzebù, non a caso) basta per farci sudare tutti, anche la Generala, la Bottadicoca e la Secca. Ma mi stanno istintivamente simpatici.

La terza si trascina. Non hanno mai avuto voglia di fare un cazzo. Ma sono un po' come una banda di amici che ciondolano sul muretto in piazza. Vengono a scuola se e quando gli va. Ne mancano cinque o sei ogni giorno, poi uno o due si fanno portare a casa per malesseri non ben diagnosticati, uno o due arrivano dopo per decine di prelievi /visite dentistiche / vaccinazioni, vai a sapere. Hanno l'apparecchio, le tette, gli ormoni, una vaga paura dell'esame, qualche idea sulle superiori. Insomma, sono una terza. Non la mia terza migliore. Ma sono lì.

L'amore, quello tormentato, viscerale, morboso, pieno di liti, gelosie, ripicche, botte di ti lascio e ti riprendo e non ti lascerò mai, è scoppiato per la seconda.
La seconda è epocale.
La seconda mi farà morire. Ma morirò felice.

Una lezione in seconda C dovrebbero farla tutti durante il tirocinio. Quattro quinti degli specializzandi lascerebbero di colpo l'insegnamento. Il restante quinto  si immolerebbe in una fiammata di gloria, in un'estasi mistica da fachiro.

Esco con i vestiti da strizzare, fasciata nel mio sudore, a meno che non ci sia il riscaldamento rotto. Sono faticosissimi.

A sinistra c'è Diddl, che sta sulla sua poltronissima a rotelle. E parla col prof di sostegno: "Nnnhaaa aaah nnn nnnnnn aaaa" (traduzione: mi sto divertendo un sacco, dai fammi ancora il solletico con la matita). Stiamo faticosamente imparando, noi adulti e i compagni, a coinvolgerlo nelle lezioni. Non è semplice e ci vuole tempo. Lui capisce. Siamo noi che abbiamo poco tempo, poca pazienza e scarsa immaginazione e non sappiamo fargli le domande. Sua madre, donna splendida, ha altri due figli, sani per fortuna. Quella di mezzo si chiama come la mia.

Di fianco a Diddl un banco solo, per semplicità di movimento, con un compagno di banco che ruoterà ogni settimana, quando lui rientrerà a scuola dopo un intervento. Per ora, in banco con lui c'è Deboroh (chi legge Ratman capirà).

Di fronte a me ci sono l'Albarino, Orsetta Marrone, Carotina, Tarzan.
Una prima fila d'eccellenza, in cui i due più nevrotici della classe sono faticosamente tenuti a bada dai due più gentili e tonni al tempo stesso. Carotina, che tra parentesi fa coppia fissa con quel figo blasé di Attimo Fuggente, è talmente agitata che all'Albarino stava per venire l'esaurimento nervoso, a forza di cercare di tenerla ferma e attenta. Allora ho messo Orsetta in mezzo e lui sta meglio.

L'Albarino, che mi venera come fossi la Madonna della Guardia, per la verità io potrei metterlo anche in una comoda fila dietro. Nel senso che nelle mie materie si prepara come un pazzo e prende dei bei voti. Ma la Bottadicoca è disperata perché la sua matematica ha delle falle che sembrano la Fossa delle Marianne. Quindi sta davanti. Poi va beh, è anche vero che vive in trasferta dietro alla squadra di calcio in cui gioca, fa i compiti in macchina e in pullman, con una mamma tremendamente drastica. Per dire, lei viene al colloquio una mattina e: "AH GUARDI IO NON NE POSSO PIU' EH!!!!!!!! A. MI DISTRUGGE, MA POSSO IO STARGLI DIETRO TUTTO IL GIORNO COSI', E LO PRENDI E LO RIPORTI E LA PARTITA E L'ALLENAMENTO E POI NON TI FA I COMPITI SE NON GLI STAI ADDOSSO ORE, E INSOMMA!!!!!!!!!!!! LEI CAPISCE VERO CARA???"
"Sì, effettivamente, signora, in quanto coordinatrice devo dirle che le colleghe si lamentano, ha delle lacune e deve recuperare... anche se devo dire che le mie materie, salvo qualche volta che l'ho beccato a bruciapelo, di solito le sa, anzi, si è già fatto interrogare di tutto..."
"E PER FORZA EH!!! MA CARA MA IO LO AMMAZZO SE NON SI ORGANIZZA EH!!!!! NO VOGLIO DIRE!!!!!"
"Senta, se lei crede lo farei venire un attimo di qua, perché l'altro giorno ha fatto il furbo con la collega e ha sostenuto di non avere il libro con gli esercizi, poi però gliel'ho chiesto io (la Madonna della Guardia ndr) ed è saltato fuori, allora vorrei fargli un po' di predica... così vi capite un attimo anche voi due..."
Arriva l'Albarino (jeansino firmato, polina firmata con il collettino su, felpina tinta unita firmata, scarpine firmate, taglio di capelli firmato, scommetto che sono firmati anche i fazzoletti di carta in cui soffia l'aristocratico nasino) e appena entrato dalla porta in sala prof saluta sua madre, sembrando al mille per cento un cadetto di una scuola militare del 1930: "Buongiorno mamma".
No dico, l'ultimo che ho sentito salutare così maman era il principe Franz, in "Sissi". Pensavo sbattesse i tacchi e le baciasse la mano.
"Riposo, A. No, scusa, voglio dire, parliamo un attimo del tuo lavoro scolastico..."
Io parlo con calma. Mi è simpatico da morire, bacia la terra su cui cammino, cerca sempre di migliorarsi e non gli posso rimproverare di perdersi fosse solo una sillaba delle mie lezioni. Alla fin fine invece di sgridare lui tento di rabbonire la terribile genitrice. Ci riesco, eh. Ma circa un'ora dopo l'Albarino accusa malessere, si fa venire a prendere (dal papà) e va a casa a rimettere l'anima. Oh ma tu guarda, un giovane cadetto emotivo.
Da questo colloquio resto traumatizzata anche io. Quando la settimana scorsa il piccoletto si è fatto venire un'epistassi grandiosa, mi sono molto innervosita: è rientrato in classe dopo un quarto d'ora abbondante di sciacqui nel lavandino (con schizzi di sangue modello American Horror Story, me che - cercando di mascherare la nausea e il giramento di testa - gli premevo un fazzoletto bagnato sul collo e Riace che, con le sue mani come pale, nude, in pieno rispetto delle norme igieniche, gli levava di torno pile di fazzoletti sporchi e gli dava quelli puliti), si è molto educatamente seduto, ripiegando in modo impeccabile le maniche della maglia che si erano un po' macchiate, e poi ha iniziato a diventare biaaaaaaaaaaanco biaaaaaaaanco, nonostante la carnagione scura. Al che io: "Albarino, scusa, ma ti senti bene?"
Gesto virile della manina: tutto sotto controllo. Poi appoggia con studiatissima nonchalance un braccio sul banco e, fingendo la massima attenzione al testo che stiamo leggendo, si puntella la fronte. Io inizio a immaginare la madre che arriva, chiamata perché il pargolo ha sbattuto la fronte sul banco perdendo i sensi di colpo: "AHHH MA IO NON SO, MA MI DICA LEI CARA, MA CHE VITA E' QUESTA EH????? ADESSO ANCHE LO SVENIMENTO A SCUOLA, MA SIAMO IMPAZZITI???? HA ANCHE MACCHIATO LA RALPH LAUREN, NO, DICO!!!!!!!!!!!!!!!"
Per fortuna dopo un po' il povero gagnetto riprende colore. Io, invece, che il mal di stomaco da vista del sangue me lo faccio immancabilmente venire a emergenza finita, sono sempre più verdastra. E se svenissi io? "AAAH CARA, MA E' TUTTA COLPA DI A.!!!!!! MA INSOMMA, COME SI PERMETTE DI IMPRESSIONARLA SANGUINANDO COME UN MAIALE????? IO QUEL RAGAZZINO LO AMMAZZO!!!!!!"

Sì lo so. Ho descritto solo la prima fila di centro. Anzi, mi sono dilungata solo su uno dei cocchi, e non è nemmeno il mio prediletto, lì dentro. Ecco, diciamo che per ognuno di loro potrei scrivervi un romanzo così. Capito cosa dico, quando sostengo che la seconda è una roba da batticuore costante?

Alla prossima puntata.

Nella fila dietro:
Satana, lo Stuonato, Peter Pan, Attimo Fuggente.
Ancora dietro: Sorrisona e Brad Pitt.

Laterale alla mia destra:
davanti, Nosferatu, Sveglia, Stringa.
Dietro, la Gnocca e l'Adorabile.
Dietro ancora, Mickey Mouse e Mammina.
In fondo, Riace e Paperino.






mercoledì 14 ottobre 2015

Cioccolato fuso

Una delle due nuove colleghe di Inglese, la Caramella, sta sororizzando con me. Non è niente male, a dire il vero, è una che non gira con un palo nel chiulo come altre colleghe, questa dice "ohccheppalle, oggi devo interrogare!!! Dai ma l'intervallo non può durare così poco, su!" E non disdegna di arrivare a piedi fino al bar per farsi un caffè. Però poi lavora, eh. Si muove bene, ha esperienza.
Solo che ha sororizzato così bene da passarmi la simpatica gastrointestinale che i suoi figli hanno avuto la settimana scorsa.
 
E qui si vede che le cose sono cambiate di brutto, perché, a parte infilarmi sotto il piumino sabato alle cinque e mezza di pomeriggio e dormire fino alle sette di sera, in realtà me la sono fatta tutta in piedi. Imbottita di antiemetici, sono andata a lavorare, a yoga e anche a cena fuori con il Borbone Gentiluomo e due sue colleghe. E ho portato e riportato la figlia in e da mille posti senza mai chiedere il cambio al marito. 
Arrivata a lunedì con al mio attivo 80 ore circa di malessere abbastanza atroce, e le gambe molle, avevo qualche dubbio sul fatto di poter gestire il laboratorio di cucina, da me stessa medesima previsto per martedì.
Essendo, oltretutto, martedì, il giorno in cui due terzi della scuola partivano per l'Expo di Milano, portandosi via quasi tutti i prof, e alla domanda "ma tu per esempio potresti coprire parte del pomeriggio?" io avevo risposto sì, per poi ritrovarmi a firmare tre ore di supplenza di fila e essere l'unico docente presente nell'edificio dopo le ore 15 e 30, con una pluriclasse da trenta persone. Che stranissima sensazione, tra l'altro. Come fosse casa mia, e come fossi persa su una montagna del Bhutan, al tempo stesso. Boh. Arrivando a casa ho avuto una botta di magone. Che sentimentale del cazzo che sto diventando.

Comunque. Ieri mattina, grazie a Dio appena guarita, arrivo con dieci sacchi del supermercato e prendo possesso della cucina. Per due giorni di fila, solo perché io sono la veterana del laboratorio che sa dove mettere le mani e loro invece sono nuove, scattano ai miei ordini prima la Bottadicoca, poi l'Impeccabile, e perfino Fraulein Hitler, oltre a un numero imprecisato di bambinetti più e meno imbranati. Risultato: due quiches di zucchine e crescenza, due crostate, un'enorme torta ebraica al cioccolato e arancia (ricetta veramente spaziale della Bottadicoca), crepes dolci e salate, pere Belle Hélène, muffin cioccolato e banane.
Sarebbe a dire spuntino dolce e salato per tutti i presenti, comprese bidelle e segretarie, ieri mattina; "colazione" di stamattina, intesa come assaggino di crostata e torta al cioccolato, per la mia terza rientrata zuppa dalla tirata milanese sotto la pioggia, e per i prof; altro spuntino per tutta la scuola stamattina; e ce n'è ancora per la "colazione" di domani. Cioè, presi dal sacro fuoco, abbiamo cucinato in tempi e dosi così generosi che è avanzata roba da mangiare, in un edificio pieno di bambini: un record. Satana, che in occasione della preparazione delle crepes sfodera un talento divino, è stato due ore d'orologio davanti ai fornelli, a gestire due padelle insieme. Alcuni non hanno la manualità di sbucciare una pera o fare a rondelle delle zucchine, per non parlare del servire le mie elegantissime pere con cioccolato fuso, panna e gelato dopo averle spatasciate, maltrattate e sbattute nel piatto così tanto da farle assomigliare a un budino dell'ospedale vomitato. Ho detto cose irripetibili su come sarebbero stati espulsi da qualsiasi scuola alberghiera, e invocato lo spirito di Simone Rugiati, che venisse a sfotterli per la loro magra abominevole alla prova di presentazione.
Si sono lasciati maltrattare felici.

Ora. Nella lista dei motivi per cui non me ne posso andare da Scuolina Rosa figurano: il fatto di attraversare i corridoi con addosso un grembiule, in mano un vassoio di muffin caldi, della farina su una guancia, attorniata dai ragazzini che hanno il cioccolato fuso fin sulle sopracciglia; il momento splendido in cui chiedendo educatamente permesso ("se lo dite in giro, vi faccio sospendere") mi ficco in bocca il cucchiaio con cui abbiamo spalmato la marmellata di pesche o la Nutella e vedo le faccine illuminarsi di simpatia; la mezz'oretta di calma in cui restano in pochi a pulire e magari si parla a cuore aperto del più e del meno, senza ruoli, senza cattedra; la scoperta di un alunno che in classe si agita come un posseduto o si distrae di niente, e in cucina invece è preciso, sereno, a suo agio. Sono giornate di felicità intensa e innocente. Il massimo dei massimi è ricevere nel frattempo la visita di un prof in pensione, o di un exalunno grande: che, regolarmente, alla vista della cucina inondata di marmocchietti imbranati e al riempirsi le narici del profumo di crostata e biscotti, ha un momento proustiano e si commuove.

Di stamattina mi resterà la prima mezz'ora. Quando sono arrivata in seconda, ho visto che erano in pochi perché, dopo le dodici ore di file, visita in piedi, e pioggia battente, molti stamattina erano a pezzi e non si sono alzati. Allora ho annullato il tema in classe e preferito continuare con le ricette tutti insieme.
"Prima però voglio sapere una cosa. Brad, l'hai tirata tu la matita che è finita in faccia a Orsetta, vero?"
Ecco, Brad Pitt quello vero, da piccolo, quando lo sgridavano e si vergognava tanto che gli veniva da piangere, ve lo figurate quanto poteva essere da mangiare di baci? Questo qua appunto era così. Occhi azzurri pieni di lacrime, deglutizione faticosa, pallore mortale. Annuisce muto e attende il destino che, sicuramente, a giudicare dalla sua espressione disperata, sta per polverizzargli la famiglia, la casa, la vita.
Il destino in questo caso sono io, e detesto iniziare la giornata facendo piangere un dodicenne. Ma dura lex etc. Quindi dico in termini semplificati al ragazzino che credo che sia poco furbo, dopo che i tuoi ti hanno spostato da ScuolaFiga dei Quartieri Alti, dove morivi d'ansia, in una scuola tranquilla dove stai bene con la tua classe, portare a casa una nota che dice chiaro che te ne approfitti e esageri.
Posso vedere, come se avesse la fronte di cristallo, che Brad Pitt pensa a una punizione esemplare tipo accademia militare e si chiede se sia il caso di fare testamento. Invece faccio una cosa strana e gli chiedo di scriversi la nota da solo, cosa che fa, in calligrafia ordinata, riuscendo a non bagnare la pagina di lacrime, perché tiene i denti stretti e risponde solo a cenni, ma guardandomi con un'espressione che dice "oh no ti prego mi sento una merda, mi stavi anche simpatica e non volevo deluderti, oddio scusa, come ho potuto". Roba che io mi devo allontanare di corsa dal suo banco, altrimenti gli stamperei un bacio secco in fronte e gli comprerei le caramelle.
"Informo i miei genitori che l'altro giorno durante la lezione ho tirato una matita che è arrivata in faccia alla mia compagna F. Non ho detto che ero stato io e così ho fatto prendere una nota sul registro a tutta la classe." Gliela firmo, gli chiedo di portarla controfirmata, andiamo in cucina.

"Adesso qualcuno porta le crostate alla mia terza" dico.
"VADO IOOOO" strillano.
"Ah no, vado io" rispondo, "altrimenti finisce come ieri, che alcune crepes sono partite ma non sono mai arrivate..."
Poi ci ripenso: "No anzi, ci mando Brad Pitt. Che ne ha già combinata una e adesso non si sognerebbe mai di farmene un'altra, vero?"
Che bello, vedere le nuvole sparire dagli occhi azzurri. Parte come un soldatino. Per il resto della mattinata, ce l'avrò attaccato al fianco destro come un'ombra, al bancone della cucina, in mezzo a dieci ragazzini ululanti che si fanno dire le cose sei volte eseguirà, in un silenzio trappista, qualsiasi mia richiesta nell'attimo in cui la formulerò, e non lo sentirò mai nemmeno respirare.

Vado a omaggiare di persona la terza, durante la distribuzione della crostata. La Boscaiola ha già fatto capolino in cucina per salutare, sorridendo. La Vagabionda, quando arrivo in classe, mi viene incontro a braccia tese. "Bisogno di coccole?" chiedo sorpresa. "Sììì." E mi ritrovo così sollevata di vederle lì tutte e due, contente di essere a scuola, che la abbraccio davvero.

Stasera, in salotto da noi asciugano sullo stenditoio una dozzina di grembiuli. Domani lezione, ora basta giocare col Dolceforno, cazzo siamo indietro, scattare, fuori i quaderni. Pomeriggio coi genitori in riunione e, mannaggia, non ho scritto i Pdp e neanche i progetti, scadenza per la presentazione: domani, vacca maiala.  Eh. Qualcuno vuole un muffin?

Ah scusate. Guardate con che grembiule si è presentato Satana, per la serie: paraculi fin da piccoli. Ma, in effetti, è il Michelangelo delle crepes, per cui gli abbiamo perdonato il full frontal.












 

lunedì 15 giugno 2015

Unsullied

Mi becca che lo guardo sorridendo. Siccome l'ho maltrattato, sgridato. minacciato e scrollato via con aria di sufficienza tutto l'anno, oltre ad averlo sospeso, ricambia il sorriso per un istante, ma poi abbassa prudentemente gli occhi. Li rialza: sto ancora sorridendo, lo sto ancora guardando e visibilmente sto parlando di lui con la collega di sostegno. Si scioglie come un cioccolatino in forno e mi fa una faccetta interrogativa, molto dolce, senza l'ombra dell'abituale sicumera.

Stavo appunto dicendo alla collega che lui, come altri suoi compagni, è straniero ma scrive bene, in italiano, e soprattutto, mentre gli altri fanno evidenti sforzi di attenzione, per comporre le frasi, lui come tutto il resto anche scrivere lo fa di getto, senza pensare; senti, scorrendo i suoi testi, la naturalezza del suo modo di esprimersi, leggero ma efficace. Le dico che ha dei buoni risultati in tante cose, che per lui sarebbe tutto facile, se ne avesse voglia, ma non riesco a dirlo con tono scocciato, ormai la mia missione con lui e con gli altri è finita, li guardo andare via e auguro a ciascuno di tirare fuori il meglio che ha, alla prossima occasione. Col cuore, glielo auguro. E poi a lui, che sta passando un momento tanto delicato, mi verrebbe voglia di fare tanti discorsi, ho paura di aver fatto male, poco, troppo, non lo so.

Così, per una volta, consapevole di aver avuto i nervi tesi a lungo, nelle ultime settimane, per la questione tra la collega e lui, e di averlo forse tenuto a distanza per un nervosismo che avrei dovuto rivolgere a lei, decido di dedicargli attenzione, affetto, un momento tutto per lui. Parlargli, a bordo campo, l'ultimo giorno di scuola, è stato una buona cosa, per me soprattutto, che non riuscivo più a guardarlo, attanagliata dall'imbarazzo. Oggi posso sorridergli dal posto giusto, quello che anche la collega avrebbe dovuto mantenere.

Di lì a poco,  viene a consegnarmi il tema d'esame.

"Ha visto la frase sul mio profilo, prof?"
"No, quale? Whatsapp?"
"Sì. Ci ho messo la frase che mi ha detto lei."
"Quale?" chiedo, ma lo so già.
"Quella della Ferrari. Che io ho una Ferrari..."
"...in garage, sì, è vero..."
"...ma che devo imparare a guidarla."
Allora mi hai sentito. Questa frase gliel'ho detta a settembre.
Sguardo di reciproca stima. Attimo di pace in un visetto di solito molto tormentato.

Posa il tema, firma, io metto l'ora di consegna, si sporge dietro la cattedra come per salutare la collega di sostegno che è oltre la mia sedia. E invece si china e mi avvolge appena, per un nanosecondo, in un abbraccio rispettoso, tenerissimo.
"...LEVATI.", gli ringhio. Ridacchia e se ne va.

Non riesco più a spiccicare una sillaba, né a mettere a fuoco i fogli che ho davanti, per diversi minuti.
La collega non deve avergli fatto troppo danno, se sa ancora essere così. Speriamo. Speriamo. Quest'ultimo periodo me lo porterò addosso tutta la vita, come un tatuaggio.



giovedì 11 giugno 2015

Il meglio al mondo

Alla prima ora


La prima cosa che vedo è Svampo che svetta, titanico, sugli altri, con un accappatoio verde. Subito dopo Sgamo, con accappatoio verde acqua.  Ma immediatamente la mia attenzione viene distratta da Svacco. In gonna fucsia, maglia rosa con strappi sulla schiena da cui si intravede un reggiseno nero, trucco smoky degli occhioni verdi, rossetto rosso brillante, e un signor paio di tette. Seguito dal Pagliuzza che sfoggia, sul suo esile fisico dai piedoni sconfinati, un paio di leggings grigi e un vestitino grigio con la parte alta elegantemente paillettata. E c'ha le tette pure lui, ma più piccole, commisurate alla sua taglia. E per finire Scatto, che sopra ai pantaloncini di jeans ha una canottierina bianca con le paillettes azzurre, niente tette ma l'ombelico a vista.
Alcune delle ragazze invece, le più femminili e tranquille, hanno cappellini, occhialazzi e catenazze da rapper e girano in gruppo, con sorrisi elfici che smentiscono la loro appartenenza a una crew di periferia.


Tempo venti minuti sto facendo il tifo in palestra per la III C che disputa un triangolare di pallavolo, e sulla mia guancia destra spicca uno stampo di labbra color rosso brillante. Ahem. ("Posso?" ha rispettosamente chiesto Svacco, che voleva provare a lasciare il timbro, e, visto che funzionava, ha timbrato subito dopo anche il collo di Scatto e poi ha tentato senza successo di limonarsi Uomo Saggio).


Alla seconda ora


La terza C perde il torneo e la collega mette su una versione bruttissima di "We are the world", sulla quale invita le terze a salutarsi. Scoppiano in singhiozzi le prime ragazzine, ma si commuovono anche Uomo Saggio e Vento del Nord. Un abbraccio via l'altro, cominciamo a dirci addio, ma è presto.
In attesa del saggio di musica c'è un primo intervallo. All'improvviso la Nonna mi chiede di andare con lei e io mi rendo conto che stanno convergendo sull'aula conferenze, da tutti i punti della scuola, i ragazzi di terza, gli stessi che negli ultimi giorni si facevano rincorrere per tutto l'edificio perchè tra una lezione e l'altra si smaterializzavano sghignazzando, come il gatto di Lewis Carroll.
Arrivano tutti, chiudono la porta e mi mettono seduta in prima fila, poi accendono la LIM e parte un video con tutte le foto, dalla torta fatta per l'arrivo di Waanaagsan alla festa di Halloween, dai saluti alla Pianista che andava in maternità al mio compleanno, fino alla giornata dell'Eleganza con tutti noi infighettati che leggiamo poesie. Quando penso che il video sia finito, compare una scena di mari tropicali, e scorre la scritta: "Ma non possiamo concludere così, senza nemmeno una frase...". Mentre mi preparo all'impatto di una frasona cosmica, cominciano a scorrere righe colorate e mi rendo conto, con reale senso di stordimento, che ognuno di loro ha messo la sua dedica, e sono tutte diverse. Gente come Sandra Bullock, la cui voce avrò sentito tre volte in tutto l'anno, che mi ringrazia per esserci stata sempre quando aveva bisogno. Svacco che mi apostrofa per nome e mi scrive un mezzo poema, ma la dedica di Sgamo è ancora più lunga, e quella di Scatto contiene le scuse per avermi fatto morire di fatica a tenerlo buono (e me le ha anche scritte sulla foto di classe... io sulla sua ci ho scritto "a uno dei più abominevoli e adorabili chiodi della mia bara"). Una sola frase affettuosissima da Svampo, Waanaagsan che mi assicura che non mi dimenticherà, tante altre cose belle, da tutti, finchè non vedo più niente e dietro di me si sente tirare su col naso rumorosamente, allora mi volterei ad coccolare le ragazzine in lacrime, ma Giudiziosa deve ancora leggermi il bigliettino con la dedica di tutti, che mi stronca definitivamente. Insomma, riesco praticamente solo a balbettare un grazie e mi si buttano tutti addosso per farsi abbracciare.
Santa Madonna. L'ho detto io che ero cotta persa di loro fin dalla prima settimana, ma questo è molto di più di quel che mi aspettavo.


Alla terza ora


Il saggio di musica è molto più spettacolare degli altri anni. Ci sono delle ragazzine di seconda che cantano come angeli, un grosso gruppo di alunni che suonano la chitarra classica, qualcuno che ci dà giù pesante di chitarra elettrica, poi Frecciolina che suona un brano di Bach alla tastiera, e Svacco che, sempre con la mise da Pretty in pink, le tette e gli occhi truccati, esegue alla perfezione una sonata con cui ha appena vinto il premio solista del concorso Asti Musica. Viene giù l'auditorium a forza di applausi per ogni pezzo cantato o suonato, finchè l'ultimo è "All about that bass" e balliamo tutti.


Alla quarta ora


Mi chiamano in seconda, dove Lentiggini piange disperato, con intorno una cerchia di amici altrettanto affranti, perchè, dopo averci sbeffeggiato per mesi con "Tanto io torno in Romania! Me ne vado! L'anno prossimo non ci sono più!" e aver risposto "No!" tutte le volte che io gli raccomandavo di scriverci e farsi vivo, adesso in Romania ci torna davvero e gli si spezza il cuore.


Alla quinta ora


Sto urlando  "Vaiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii vaaaaaaaiiiiii!" ogni volta che Waanaagsan tocca palla e attraversa tutto il campo da calcio, dribblando ragazzini alti un terzo di lui, per insaccocciare un goal in porta. Viene di sua spontanea volontà a battermi il cinque appena finita la partita, con un sorriso esausto e fierissimo.


Prendo da parte Sgamo e gli dico di stare fuori dai guai, di non confondere gli scherzi coi problemi, di stare attento. Non gli dico di cosa parlo. Ma lui lo sa, credo. Prova a fare lo strafottente ("m'ha fatto commuovere prof"), ma secondo me ha sentito.


Alla sesta ora


Ultimi saluti sulla porta della scuola. La campanella. Esce gente, della mia terza e di altre, con gli occhi gonfi, e qualcuno dei prof commenta: "Eh sì ci stanno proprio male in questa scuola". Poi da uno dei pullmini ancora fermo e già strapieno scende Sgamo di corsa, di nuovo in braghette con l'accappatoio verde, per darmi un altro abbraccio, ma dietro di lui è sceso anche Scatto, talmente veloce che non l'ho visto arrivare, e così mi ritrovo presa in mezzo a due e a questo punto ci riescono, a farmi scoppiare in lacrime. E appena mi mollano questi, mi ritrovo avvolta da Uomo Saggio, e poi singhiozzando mi si avvinghia la Nonna, e anche Vento del Nord, con il suo faccione buono, scende correndo mentre il pullmino ingrana la marcia, mi stritola un'ultima volta.


E infine, come altri anni, la polvere della strada li inghiotte, e io resto lì a barcollare con una strana smorfia in faccia.















giovedì 4 giugno 2015

E la razza umana è piena di passione

"Cosa stai facendo, Svampo?"
"Ennò è che non viene, aspetti... vieni? Dai? Scendi?"
La lucertola in effetti sta scendendo lungo il muro.
"No. COSA stai facendo, Svampo?"
"Ehm."
"Stai facendo l'ultimo tema dell'anno. Anzi delle medie. Perciò concentrati, invece di parlare con un geco."
Risatine.
Poi si piegano sui fogli, che oggi sono appoggiati sopra un quadernone sulle ginocchia, perché siamo in giardino, la classe era un altoforno.

Io riabbasso la testa sulle ricerche di Geografia. Alla mia destra Scatto tenta di dondolare sulla sedia, mangiare la biro, tenere in equilibrio i fogli sulle gambe nervose, ridacchiare, fare il tema e ascoltare i passerotti sull'albero. Alla mia sinistra Svacco, con gli occhi sempre più verdi nel viso abbronzato e l'aria annoiata, perde tempo a guardare il cielo, i compagni, le sue stesse mani, le piante e me. Lo guardo con espressione interrogativa e un po' scocciata. Mi fa un sorriso. E va avanti imperterrito, dorato, olimpico, a non fare un cazzo.

Lascio vagare lo sguardo. Giudiziosa con la sua aria saggia. La Nonna che ride perché è felice di essere viva, intelligente e ironica. Waanagsan che scrive. Waanagsan che scrive? Sì. Il titolo della traccia chiedeva di parlare dell'esperienza di avere a che fare con persone di lingua diversa dalla propria, e lui ne sa qualcosa.

Sgamo che si affaccia dalla finestra del corridoio per chiedermi una parola, lui l'ho dovuto esiliare in classe da solo perché rompeva.
"Si può dire a parole e gesticolazioni?"
"Va bene a parole e gesti, Sgamo."
"Bella, prof."
Torna dentro.

Uomo Saggio, il solo e l'unico col 10 e lode di Storia (a Shanghai, me lo son dovuta andare a prendere), vuole sapere se esiste una pietra preziosa nera. Gli dico agata, onice. "Ma è una parola brutta." Poi vuole sapere come si chiama il bianco dell'occhio. "Sclera, credo."
Ripete, deluso, che è una brutta parola. Intanto Scatto: "Io sono sclerato! C'entra?"
Verremo poi a sapere che Uomo Saggio cercava un modo poetico per descrivere gli occhi neri di una ragazza.
Prima che qualcuno indaghi, fa un sorriso orientale molto pudico e afferma: "Ma è una storia inventata, prof". Lo lascio in pace. Poi guardo Sandra Bullock, che è talmente bella che ci si potrebbe combattere una guerra, per averla, e ha gli occhi come due liquidi pozzi di pece, e mi chiedo se ho azzeccato.

Gli altri non li sento, sono concentratissimi, ammucchiati lì sulle seggioline che tengono, chissà perché, tutte vicine, come un gruppetto di uccellini posato sullo stesso ramo.

Sono talmente uniti che sembrano tutti fratelli. È un peccato che debbano dividersi. Anche da me. Il Pagliuzza è in gemellaggio Italia Francia da due giorni e già mi manca.

Il loro regalo per me, al ritorno dalla gita in Umbria, era una penna d'oca con la sua boccetta d'inchiostro. Mi ha di nuovo stordito come mi conoscano bene. Ci vuole una bella festa per finire questa annata straordinaria, ma abbiamo un problema tra colleghi molto grave di cui magari vi dirò, più avanti, e non so se sia il caso di organizzare. Peraltro non mi preoccupo, con questi la rimpatriata si fa sicuramente anche più avanti, e non una volta sola.

Capitano, le classi dove ti fai degli amici. A quelli di Latino ho dato il diplomino e in fondo ho messo una frase sull'amicizia di Cicerone. Quando gliel'ho tradotta si sono quasi commossi.

E adesso siamo pronti al rush finale. Io e i puccettosi alla conquista dell'esame di terza.











martedì 17 marzo 2015

La giornata dell'eleganza - continua

Avendo dischiuso il mistero della nostra iniziativa balzana ai colleghi, abbiamo ricevuto alcune reazioni positive (la Bottadicoca che la mette sul competitivo, appunto, la Corazziera, che fa l'ora alternativa a Religione quindi è nel consiglio di classe, e il Borbone Gentiluomo, che non c'entra con la classe ma gioca volentieri, che tenero) e parecchissime facce perplesse. 

Io sono la prima a essere dubbiosa sull'utilità didattica di tale mattinata. Ma poi ho pensato di trasformarla in un'occasione per sbloccare un po' i più timidi, dando loro un momento di straniamento dall'abituale silenzioso stato di sfiga e mettendo in mano a ciascuno un microfono per la lettura di un brano poetico o teatrale a scelta totalmente libera. Vediamo se l'abito fa il monaco: e facciamo passerella, sì, ma culturale. 

La Bottadicoca ci ha messo del suo, pretendendo che la Giornata dell'Eleganza (come l'avevano battezzata intanto a mia insaputa) sia preceduta dalla Mattina della Pulizia. E approfittando per fare una bella lezione sull'igiene personale, che da Converse marce a Gregory Peck in effetti la strada è tanta. 

Ma il meglio è stata la reazione entusiastica della Bambolina Baciapile, la collega di Religione carinissima e giovanissima di cui sono tutti innamorati, in primis il Borbone Gentiluomo. 
Perché, da quando ci si è infilata lei stamattina, abbiamo scoperto come risolvere il problema di vestire elegante Waanaagsan, che, vivendo in una comunità per rifugiati politici, non è che abbia questo guardaroba. 
E così sabato prossimo dalla Valle delle Meraviglie caleranno sulla città i tremendi, destinazione: outlet di una nota fabbrica tessile della zona, a seguire: merenda insieme a me e alla Bambolina, giro per la città etc. Waanaagsan, che era assente, è stato da me interpellato su Whatsapp, scrivendo così per la seconda volta pubblicamente sul gruppo (la prima è stata settimana scorsa, quando era ricoverato in ospedale), e ha incredibilmente detto sì. Così sarà coinvolto, vestito e un po' coccolato, e ne approfitteremo per vederlo un po' uscire con i visi pallidi. 

Povero Waanaagsan. Che io mi porterei a casa volentieri. Soprattutto quando penso che è stato male e si è fatto da solo un ricovero in ospedale, tornando ancora più magro, ma un pochino più comunicativo coi compagni e con me, ora che ha osato risponderci su Whatsapp. E intanto che vi scrivo questa cosa sono in piscina col tablet appannato dall'aria caldoumida, e davanti a me la Princi sta facendo intere corsie a dorso, sempre più brava e sempre più forte, così io penso che ci vorrebbe per ogni ragazzino qualcuno che lo guarda nuotare, che gli compra una camicia bianca per le occasioni importanti. E che piccola goccia nel mare di tutto quello che serve può fare uno scherzo partito dalla sempiterna tuta di un bambino romeno. 

E poi, a parte tutto, secondo me di questa terza ci porteremo via tutti quanti dei ricordi bellissimi. 

La Giornata dell'Eleganza

Tutto è iniziato a causa di Svacco.

Dovete sapere che Svacco è un ragazzo bellissimo. E' uno di quei Romeni un po' moldavi, biondo chiaro, con la pelle lattea e gli occhi verdi come le foreste. Ma soprattutto ha un che di stiloso, che richiama i begli attori di una volta, quelli come Gregory Peck o Paul Newman, che non erano palestrati come i figoni di adesso, ma erano fatti bene, con le spalle grandi, e si sapevano muovere.
Peccato che Svacco, come dice il nome, più che muoversi, si trascini.
Solo che una volta, che non era mollemente adagiato come un gatto pigro nel banco, ma mi è comparso sulla porta della seconda all'improvviso, ho avuto una visione di lui in smoking, stile James Bond. Sarebbe proprio perfetto. Non che adesso saprebbe indossarne uno, ma tra qualche anno sarà proprio così, una bellezza un po' rétro, anche se forse la cammufferà a fatica con la barba lunga e i capelli rasta, come farebbe qualsiasi altro diciassettenne biondo.

Per queste riflessioni oziose sui futuri sviluppi dei miei pulcini, una volta che si parlava di abbigliamento, mi sono permessa di prendere affettuosamente in giro il giovincello perchè, come facevano notare i suoi compagni, è sempre in tuta. Ho detto scherzando che nutrivo dubbi sulla presenza di un paio di jeans nel suo armadio. E il biondino s'è piccato, mi ha fatto il gesto di aspettare, e: "All'esame vengo in giacca e cravatta, prof."
Non l'avesse mai detto.

"No!!! L'ultimo giorno di scuola, prof, veniamo tutti vestiti fighi!"
"Dai!"
"Ma fighi sul serio eh! Cravatta! Camicia!"
"Sììì dai così ci facciamo la foto!!!"

Memore degli ultimi giorni di scuola già vissuti a Scuolina Rosa (pizza, patatine, Cocacola scossa e stappata a fare la fontana, pratone del campo sportivo, crema solare, sudore, erba, polvere, gavettoni) sconsiglio fortissimamente di mettersi roba elegante. Affermo che è meglio farsi una foto vestiti fighi quando fa ancora fresco.

Detto fatto, fissiamo per il 31 marzo, mi ingiungono di presentarmi in abito da cerimonia, tacchi, acconciatura da signora, e su Whatsapp imperversano foto di loro al matrimonio della zia / alla cresima della sorella / al battesimo del cuginetto e scambi di opinioni: ma gonna o pantaloni? si preoccupa Giudiziosa; tacchi o stivali? chiede Sandra Bullock; e se mettessimo l'abitino, ma con le Converse? chiede Nail Art, postando foto di Kristen Stewart appunto così combinata a un galà; infatti le ragazze creano il gruppo Whatsapp intitolato "Converse e vestiti, il top" e poco dopo si scopre che Svacco ha tentato di crearne uno maschile intitolato "I fighi eleganti", ma gli altri glielo fanno chiudere subito, che c'hanno una reputazione da difendere in paese. Comunque il povero Svacco è andato in crisi perchè nessuno ha risposto seriamente alla sua fatidica domanda: ma papillon o cravatta? La quale rivela peraltro che, oscuramente, percepisce di essere una bellezza di una volta. Il Pagliuzza invece è preoccupato per il budget, dice che se si compra dei pantaloni seri dopo la foto non li userà mai più. Io dico che non voglio che spendano soldi, ma che comunque qualcosa di serio in casa ce l'hanno per forza, sai mai, un matrimonio, un funerale, la laurea del cugino, dai! E comunque si presteranno le cose tra loro. Il vero problema se mai è prestare delle scarpe al Pagliuzza medesimo, che peserà trentasei chili ma ha lo stesso numero di piede di Michael Jordan (le scarpe del quale sono al Museo della Calzatura di Vigevano, perchè sono tra le più grandi mai realizzate al mondo). Il Re del Tevere si chiede se tagliarsi i baffi per l'occasione, ma riceve un secco no da tutti, maschi e femmine. Altri ammettono riluttanti: "Oh, però io il nodo alla cravatta non... cioè, è tipo un casino!!!" e le ragazze con gli occhi a forma di cuore giurano che loro sono capaci e ci penseranno loro.

Ma aspettate, che non finisce qui. Perché la cosa doveva essere imbarazzantemente limitata a loro e me. Io avevo tentato un "Beh ma la foto la facciamo anche con gli altri prof, no?" e loro secchi: "No."

Ma poi... esatto, avete indovinato. La Bottadicoca ci ha scoperti.
E la Bottadicoca, lo sapete, è una che ama la scianca, cioè la gara senza quartiere.
Il pomeriggio dopo aver scoperto che lo sa anche lei, confido ai ragazzi: "Sono molto preoccupata. Secondo me, la collega ha un Armani nero con spacco e non ha paura di usarlo."
Risate. Mi giurano, i lecchini, che sarei comunque più bella io, anche vestita di stracci, ma non è vero, la Bottadicoca fa la sua porca figura vestita bene, è solo che insegna Matematica, mentre io sono avvolta dall'aura dorata letteraria e dalla gloria fulgente delle battaglie che spiego.

Prima che pensiate che mi sono completamente rincoglionita, però, lasciate che vi racconti anche che piega interessante sta prendendo questo stupido gioco a me completamente sfuggito di mano.








giovedì 22 gennaio 2015

Anche se parlo poco di scuola

Questo è veramente un anno interessante, scolasticamente.

Con una seconda che sembra il circo dei freaks e una terza viscerale, ormonale, tempestosa e bellissima.  

É che rispetto al passato ho così POCO tempo per scrivere.

Alcuni rapidi istanti di bellezza però è impossibile negarveli. Come quando il ragazzino arrivato due mesi fa da Bahia vede la neve per la prima volta, a metà di una mattina di lezione. Tutti a coccolarselo e lasciarlo uscire in cortile e sorridergli felici. Il vicepreside, all'uscita,  si incarica personalmente di ficcargli la prima manata di neve giù per il colletto. Castagna pensa per la milionesima volta che lei il suo vicepreside lo ama. Il ragazzino è talmente eccitato e sconvolto che non si rende conto che è mercoledì, non giovedì, e lascia partire tutti i pullmini. Poi si impanica rendendosi conto che non ha la mensa e le lezioni pomeridiane, e che nessuno può venirlo a prendere. Dimentica il poco italiano che sa e balbetta in portoghese, per l'agitazione. Castagna deve scendere a Genova sotto la nevicata e sta andando via, il vice chiama la madre del piccolo mulatto e si incarica di portarlo a casa. Castagna parte sotto i fiocchi morbidi e gelidi, pensando al viaggio in macchina tra le colline candide che farà questo ragazzo, e sapendo perfettamente come se la godrà il vice, che sarà testimone dei suoi commenti e dei suoi occhi sgranati.

mercoledì 17 dicembre 2014

Epifanie

Poiché certe cose le puoi fare solo con alcune classi, finisce che ti accorgi di che classe hai davanti dai testi opzionali che scegli. Shakespeare l'ho fatto recitare solo solo alla terza di Bel Ragazzo Pacato e Enfant Terrible, ho dettato "Ti amo" di Stefano Benni solo alla terza di Piccola Dorrit e dell'Incontenibile, spiegato le Operette morali solo a quelli dello scorso anno, un'altra, la mia prima terza a Scuolina Rosa, l'ho portata a vedere Pirandello, con una sola seconda sono arrivata fino in cima al Paradiso dantesco.
Non stiamo a dire dei film. Ken Loach scomodato una singola volta per i miei indimenticati di III B, perché dovevo farlo vedere a Giovane Lupo. "Il nome della rosa" solo per Punta di Diamante. Eccetera.

"Il colombre" con relativo riassunto, dopo aver fatto "Frankenstein" e visto "Frozen river", può voler dire solo una cosa. Per questa terza io ho preso una vera e propria cotta.

Oggi tra l'altro ho avuto alcune epifanie.

1) Di' loro che possono barare, e staranno alle regole

Ho chiesto di riassumere il racconto. Solitamente lo faccio fare in classe, ma per un'improvvisa ispirazione ho detto: "Potete cercare un riassunto pronto su Internet, tanto lo so che lo fate. Ma se scegliete di copiare dalla rete, semplicemente ditemelo e mettete in calce il nome del sito."

Risultato? Praticamente tutti hanno fatto da soli. Sandra Bullock ha preso da studenti.it e era un testo ben scritto, ma troppo lungo. Vento del Nord ha esordito con: "Il mio è di Yahoo! Answer, e fa schifo".
Abbiamo analizzato gli errori. Un bel lavoro. Poi ne abbiamo letti tre o quattro originali. E Sgamo ha presentato, in sei righe scritte tutte storte, il Riassunto con la R maiuscola. Sfrondando ogni dettaglio pratico e centrando i concetti.

2) Quando c'è il coup de foudre, non c'è niente da fare

Perfetto è una parola che nel mio dizionario a scuola non esiste. Ma è uscita da sola dalle mie labbra, e solo dopo mi son resa conto che forse dire a Sgamo che il suo riassunto era perfetto poteva costituire un danno.
Sgamo scrive il mio nome sulla condensa dei vetri in mezzo ai cuori e annusa il suo libro dopo avermelo prestato per sentire il mio profumo. Lo fa platealmente, tipo presa per il culo, ma comunque il suo scanzonato modo di stalkerarmi ha un che di inquietante, perché quando poi gli faccio mezzo complimento, o lo sgrido male, vedo passare cose sincere nei suoi occhi. Capita, coi ragazzi della sua età. Di sicuro ha bisogno che ci interessiamo di lui e di essere preso per i neuroni, anche se ce li ha aggrovigliati in modo disordinato con gli ormoni.

Stamattina al mio commento sul suo lavoro credo che abbia sputato il cuore sul banco. Non lo so, perché non l'ho guardato. Ma poi ho cambiato posto per far fare una cosa alla lavagna, mi sono andata a sedere in fondo all'aula e lui ha spostato la sedia accanto alla mia: "noo prof mi metto lì voglio starle vicino". Nel frattempo Svacco prendeva il mio posto in cattedra, insieme a Svampo. Io li ho lasciati fare perché erano stati bravissimi per tutta l'ora di storia E per tutta quella di letteratura. Comunque mi aspettavo che Sgamo mi desse come al solito il tormento a commentare tutto, una volta seduto al mio fianco. Invece era zitto e fermo come un monaco zen.
Il potere di un aggettivo.

3) E se fosse che certi testi li scelgo anche in base a cose mie?

" Poi secondo me quella di Stefano Roi non è stata una vita sprecata. Se mai, una vita fraintesa. Ma se lui avesse voluto avrebbe potuto stare lontano dal mare. Invece continuava a tornarci, a sentire 'la tentazione dell'abisso'. È  che aveva visto il suo destino, e dopo non poteva più farne a meno."
Cazzo. A volte quando spiego mi faccio degli autogoal.

venerdì 28 novembre 2014

"Prof, ha tradito la B?"

Ieri vado a prendere la figlia e la trovo con Elfetto Femminista. Ebbene sì, la mia prediletta, litigiosa, indipendente, sarcastica alunna di tanti anni fa. Che oggi è fiera della scuola e del lavoro che fa, e di essere un membro attivo dello sportello studenti. E adesso, nello sportello ci s'è infilata la Princi: attirata dal concetto di sportello, ma anche dalle barbute grazie di tale Orso Gentile. Che le manda su Whatsapp canzoni deliziose, in cui si dice che, a eventuale suo cenno, correrebbe a salvarla e proteggerla, asciugherebbe ogni sua lacrima da qui all'eternità, etc etc. ("Ma gli hai risposto?" "No!" "Sei una brutta persona, lo sai?")
Però, la brutta persona allo sportello ci va, e religiosamente.
Orso Gentile, essendo stato presente il primo giorno che la responsabile dello sportello ha intervistato la Princi sulla sua storia, mi ha adottato prima di conoscermi. L'altro giorno io faccio squillare il telefono della Princi perché all'appuntamento non la trovo, lei è nel bar lì vicino, e dice: "Uh, devo andare, c'è mia mamma." Lui: "Tua mamma quella... lei?" "Sì, certo!" "Allora vengo anch'io, devo conoscerla."
E per l'ennesima volta mi ritrovo di fronte un bestione più alto di me, dalla stretta di mano sicura e dal sorriso smagliante. Dovete sapere che, da quando la Princi frequenta le superiori in un istituto dove ci sono termoidraulici, meccanici ed elettrotecnici, io non posso più attraversare il centro senza essere investita da un'ondata di sorrisi e cenni di saluto provenienti da marcantoni di vario colore, prevalentemente nordafricani, tutti invariabilmente giganteschi (anche a mia figlia piacciono solo gli uomini alti) e, a questa stagione, poiché imbacuccati di sciarpe piumini e berrettoni, ancora più titanici che d'estate. Perché, non so se sia il discorso dell'affidamento, ma pare che tutti sti diciasset-diciot-diciannovenni, maschi e femmine, ci tengano tantissimo a conoscere i genitori della loro nuova amica. Io non mi ricordo di essere stata altrettanto socievole con gli adulti, quando ero una diciassettenne. Loro tutti a farmi sorrisi fotonici e stringermi la mano. Poi mi è anche venuto il pensiero, alla quarantesima manona virile, che molti di loro cerchino di ingraziarsi mammina per arrivare alla Principessa. Orso Gentile, in tal caso, ha fatto parecchio punteggio con me, perché scambia anche volentieri due parole e fa oggettivamente sdraiare dal ridere, anche a conoscerlo da tre minuti.

Ieri quindi arrivo, intravedo la mia polpettina dal berrettino di lana nera, laggiù, e, come lei si sposta per venirmi incontro, si muovono anche gli altri: Elfetto, Orso, più diverse appendici in divisa da tamarri.
Ci facciamo come al solito due risate appoggiati alla mia macchina, e viene fuori che io ora insegno nella C.
Elfetto, un po' risentita: "Prof, ha tradito la B?"
"Beh, le ho provate tutte, A, B, C, ma alla fine io nella C voglio stare."
Orso Gentile si informa del perché.
"Perché sai com'è l'alfabeto? A, B, C. Arrivati alla C, gli alunni sono... come dire... la C non è un posto per gente che ama vincere facile. A me piace."

E infatti la C è sempre quel che è. Adorabile terza non esclusa.
Ieri festa per salutare la collega Pianista, di sostegno, che se ne va a casa col suo pancino ormai bello tondo. Torte, dolci, bibite, pupazzetti di peluche, regalini, ricordi fotografici non autorizzati di cui uno, gigantesco, con tutta la classe, preso da uno Svacco insolitamente scattante, che è salito su una sedia posta sopra ad un banco, prima che io facessi in tempo ad accorgermene.
Poi due ore di Storia. Al termine delle quali Svacco deve copiarmi per punizione tre pagine, per oggi. Scatto, due. E Svampo, quattro.
Lo so cosa volete sapere: ma Sgamo no, non ha preso la punizione. Ha preso direttamente quattro di Storia.
Puccettosi finchè volete, ma quando è l'ora di basta, basta.

Peraltro stamattina Svacco mi aspettava in corridoio, smagliante, coi suoi occhi verdi come una primavera della Transilvania e il quadernone, tutto distrutto nella copertina ma ordinatissimo all'interno, con le pagine copiate. "E sa che copiando ho anche imparato un sacco di cose?"
In classe, Scatto arriva con due pagine che sembrano scritte da uno che dondolasse sul quaderno stando appeso al soffitto per le caviglie. E Svampo non solo ha le quattro pagine ben ricopiate, ma lo interrogo di Promessi Sposi e la sa. La sa bene. Sceglie persino le parole.
Sgamo ascolta dal corridoio, dove è stato sbattuto perché non si riusciva a placarlo. Ogni tanto alza la mano e risponde al posto degli interrogati, col vocione che rimbomba, per il resto del tempo dichiara il suo amore alle bidelle. Tutte e tre. Lui è così. Stamattina la Botta di Coca mi diceva:"Sai, in terza ho finito di spiegare la riproduzione, la fecondazione e il parto" ("Sei una donna coraggiosa", ho commentato io) "e Sgamo era tutto esaltato e andava dicendo che lui è lo spermatozoo vincente. Inutile spiegargli che tutti noi siamo spermatozoi vincenti. Sosteneva di essere stato il più veloce."



mercoledì 1 ottobre 2014

Un antichissimo gioco

La situazione di triangolazione Bottadicoca – Sgamo – Castagna si complica visibilmente di giorno in giorno.

Oggi è stata una giornata in cui il mio mestiere e quello dell'archeologo che spolvera sassi con la pazienza di Giobbe mostravano poche differenze.
Voglio dire, fai lezione in seconda sul Cid Campeador e vorresti dettare e parlare con il tuo solito entusiasmo ma devi risolvere mille belinate pratiche: e non ho il testo e non ho gli appunti e non va bene la fotocopia e la fotocopiatrice è rotta e la stampante non funziona e l'assistente comunale e la collega di sostegno vanno resettate e messe al lavoro ogni giorno come se fosse il primo e quello che non ha capito e quella che è indietro e quello che non ha il quaderno e il vicepreside che entra e quello che doveva portare la nota firmata e quella che deve andare in bagno.

Ma dopo la quarta ora (miraggio di ora buca, in cui mi avanzava eccezionalmente il tempo di chiacchierare con Bottadicoca, il Beneducato, che è uno dei due nuovi di matematica, e Stepford Wife, una delle due nuove di Lettere) la vita s'è fatta più interessante.

D'improvviso la Bottadicoca si mette a ululare. Di nuovo a proposito di Sgamo. Ma non che finirà al riformatorio e che è un maleducato etc: tutt'altro.
Ulula di piacere. Sta battendo la mano su un compito scritto.
“Ma... ma... ma GUARDA cos'ha fatto questo quaaaaaa!!! Guarda! Qui c'era un procedimento che non aveva studiato, e è arrivato al risultato da solo, per tutt'altra strada, da solo ti dico, guarda che ragionamento... Beneducato vieni qui che tu sai di cosa parlo, guarda, GUARDA che roba, questo è... è... ERANO ANNI CHE NON VEDEVO UNA COSA DEL GENERE!!!”
Io sorrido.

Poi me ne vado in terza, dove per il momento sono solo passata a restituire gli ultimi quaderni delle vacanze, e mi metto a interrogare di Geografia. Finita l'interrogazione devo spiegare, c'è un po' di agitazione in classe al rientro dall'intervallo, aspetto che si calmino per partire, ma appena apro bocca vengo interrotta. Si alza un braccio lunghissimo nell'angolo in fondo, e Sgamo mi fa: “Prof, deve mettermi la nota.”
“Perchè?” mi allarmo io. Ma non vedo niente, solo che sta finendo di masticare uno snack.
“Perchè non ho fatto i compiti delle vacanze.”
In effetti lui è l'unico, a parte il suo compagno con il sostegno, che non ha nemmeno fatto finta di aver lasciato a casa i quaderni. Non li ha fatti, punto, e me lo ha detto. Solo che ora siamo al primo di ottobre e lui vuole la nota.
“E vuoi che ti metta la nota?”
“Sì.”
“Perchè vuoi la nota, Sgamo?”
“Perchè è stato un errore non fare i compiti delle vacanze.”
“Sì. Parlerò coi genitori di tutto, anche dei compiti delle vacanze, per questo li ho controllati. Ma ho già detto che è una scelta vostra, esercitarvi di meno nelle vacanze. Invece da adesso prenderete note se non fate i compiti che assegno io.”
Insiste, spiazzato.
Io colgo l'occasione per fare la mossa d'apertura di un antichissimo gioco, che probabilmente hanno giocato già gli australopitechi, maschi con femmine, genitori con figli, capi con subalterni. So cosa devo fare.
“Ti piacerebbe, adesso, che ti dessi una nota. Ma io non te la metto. Problema tuo.”

Il risultato è di gran lunga più spettacolare del previsto.
Intanto, comincio a spiegare e Sgamo trova la scusa di sedersi vicino ad un compagno che è senza libro per passare in prima fila.
Poi, inizia:
“Posso leggere io, prof?”
“Posso andare io a mostrare sulla cartina?”
“Posso rispondere io?”
Quando per la terza volta dico di no, Sgamo arriva, lo giuro, al “la prego, prof”.
Mi giro con aria interrogativa.
“Per favore, devo farmi perdonare.”
Lo lascio un momento a sfrigolare sotto il mio sguardo pensoso.
“Sarai perdonato quando prenderai nove di Storia, Sgamo.”
“Perfetto. Quando mi interroga?”
“Ahahah. Tu non crederai mica che io i nove di Storia li dia via come confetti, vero?”
Si zittisce. Ma s'è anche calmato.
Finisco la lezione e ce ne andiamo.

Eh sì, beh, anche io erano anni che non vedevo una cosa del genere. So esattamente chi mi ricorda. Vediamo se qualcuno dei lettori di vecchia data indovina.

martedì 23 settembre 2014

La collega nuova

Il primo giorno di scuola, nelle classi campeggiano sopra le lavagne delle allegre lettere di carta, colorate a pennarello di colori sgargianti, in varie fantasie.
BENVENUTI, recitano le lettere in prima.
BENTORNATI, in seconda.
BUON INIZIO, in terza.

Castagna: "Che carino, chi l'ha fatto?"
La classe: "La prof di mate!!!" in coro, entusiasti.
Castagna: "La prof di...? Oh. Oh ma che idea gentile."

Viene fuori che la nuova collega ha messo i figli con pennarelli etc a preparare le letterine.
Inoltre, passando nelle classi dopo di lei, si trovano sulla lavagna, i primi giorni, accattivanti giochini di logica, problem solving, indovinelli.
"Ci ha fatto giocare!!!" esclamano, con gli occhi iniettati di fanatismo, i più piccoli.

Umm.
La Castagna viene punta da un attimo di gelosia, diciamo un po' come se fosse a cena con l'Uomo dopo una giornata intera passata a depilarsi farsi maschere mettersi in tiro etc e al tavolo a fianco venisse a sedersi, anche struccata, Penelope Cruz.
Poi riflette che avere una collega brava è comunque un vantaggio, vuoi mettere con quel coglione avariato che ci è capitato l'anno scorso dopo la morte della Compagna, e si dice che non è il caso di mettersi a fare la reginetta scalzata dal trono, mica siamo in una puntata di O.C.

Peraltro, la nuova collega arriva, obiettivamente, ovunque.
Il terzo giorno: "Perché da me facevamo un bellissimo progetto di educazione all'affettività etc etc e venivano tre volte dal consultorio, sai potremmo coordinarlo con Educazione Fisica e Italiano, no? Chiamiamo, facciamo richiesta? Chiami tu? Chiamo io?"
Il quinto giorno sta già calcolando con Castagna come rivoluzionare i banchi in terza C: "No no Pagliuzza deve stare davanti, guarda sempre fuori dalla finestra, si distrae, e questa bambina non sta mai con nessuno, e questo ragazzo dove lo mettiamo che è così alto? Ti va bene? Li sposto io? Li sposti tu?"
Il sesto sta imperversando sulle diagnosi di DSA: "Eh ma questa è del 2009, bisogna rivederla, chiamiamo i genitori o direttamente la neuropsichiatria? Come funziona?"
Tutte cose sane, belle e vere. E' che la collega, diciamo, è un filino in botta di coca. Parla a mille parole al secondo, di dieci cose, e ascolta poco, anche se non si può dire che pesti i calli a nessuno, io sono la coordinatrice in terza, e in terza lei fa correttamente capo a me.
Il decimo giorno mi presta un libro. Che mi aveva catechizzato a leggere il giorno prima, parlandomi del fatto che la terza va scossa, va svegliata, va messa in moto. In effetti ha ragione, sulla terza, ed il libro era interessante, era Serra, "Gli sdraiati". Diciamo che avere la collega di Matematica che mi presta un libro, dopo aver discusso con me di titoli da dare da leggere ai ragazzi, ed essersi mostrata aggiornata e all'altezza, mi scuote abbastanza.

Un po' affascinata, un po' divertita, attendo di vedere se si smorzerà, il suo entusiasmo iniziale, ma penso di no, da cose che colgo nei discorsi a proposito della sua vita fuori: e la figlia che sta a Milano da sola a dodici anni perché balla alla Scala, e loro che leggono i classici della letteratura per ragazzi insieme, e gli sport del figlio, e questo e quello: insomma, Bree Van De Kamp con il cestino di muffin fatti in casa, bordato di nastri. Non è gnocca, solo, è normale. Però insomma, tende un attimo al perfezionismo. E' oggettivamente simpatica, Bottadicoca, a parte essere appunto un po' sopra le righe.

Castagna, come sapete, quest'anno è partita motivata, anche perché seppellirsi nel lavoro, stare con la Princi e studiare sono le sole cose che le alleviano la confusione mentale e sentimentale dell'ultimo periodo. Peraltro, dopo due settimane, con la zia ricoverata in reparto lazzaretto, la madre che sclera, la badante che impazza, tutte le cose da fare dietro alla Princi e i discorsi da sviscerare con l'Uomo, le magnifiche tentazioni di farsi del male cosmico che talvolta le levano ancora il sonno dopo tutto questo tempo, e la commercialista rientrata dalle ferie come una tigre che ha saltato pasto per giorni, diciamo che il ritmo della ripresa ora va assestandosi sulla velocità di crociera.

Così stamattina sono lì con una pilazza di compiti delle vacanze vistati, il telefono che mi ricorda ogni dieci minuti con un fastidioso tictac che devo riprovare a chiamare l'assistente sociale per inserire la Zia Buona in casa di riposo, una prova di geografia appena stampata, il dettato da preparare, una barretta di cioccolato e un insopprimibile desiderio di dormire, magari dopo una bella trombata (oui, et bien? era quello cui stavo pensando), o almeno almeno di sopperire alla stanchezza con un'accoppiata tossica di caffè e nicotina.
Entra come una palla di cannone la collega in sala prof. Ne approfitto per restituirle il libro e lei, in un nanosecondo, fa l'analisi del capitolo che le è piaciuto di più, io rispondo a tono (la descrizione del negozio di felpe firmate a Milano è a tutti gli effetti un capolavoro), lei riparte. Sparisce all'orizzonte in una nuvola di parole.

Più tardi, mentre Castagna supplica il caffè moscio della macchinetta di entrare in circolo e farla funzionare, e si rassegna a tirare le righe divisorie sul registro cartaceo autoprodotto, visto che non c'è più tempo per iniziare altri lavori grossi, ripiove la Bottadicoca in sala prof e stavolta ha lo smalto leggermente appannato.
"Di' un po', ma stamattina ho interrogato Sgamo e Svacco, sai che voti ho dato? Quattro al cinque e quattro, Sgamo aveva studiato tutta l'ora prima sulle ginocchia ma non la sapeva, Svacco è stato zitto: zitto ti dico, non-una-parola. E di là in seconda, c'era da recuperare il debito di Scienze, e il Bambino più Grasso e Nocciolina erano assenti, tutti e due."
Occhio verde di Castagna che, dalle profondità del suo rimuginare, la considera bonariamente.
"Così non ci siamo eh. Non ci siamo."

Cara collega.
Tu sei una ventata di energia, ci servivi. Ma sappi che non è che qua le cose non si facciano (vedi educazione sessuale): si fanno come si riesce. Spesso si riesce male. Perché si sprofonda in queste resistenze dei ragazzi, dei colleghi, dei dirigenti, dei genitori. Poi io mi tiro le mie soddisfazioni lo stesso, eh. Ma i muffin fatti in casa, il nastro intorno al cesto, non so se funzioneranno, qua. E' più discorso di acqua che scava la roccia.

Di mio, io a Sgamo la prima nota sul diario gliel'avevo messa venerdì all'ultima ora.
Senza alzare la voce, ma avvisandolo che se mi prende per i fondelli si caccia in guai grossi. Veda lui, scemo non lo è.
Come disse una volta la preside precedente, azzeccandoci proprio: "Non sono qua per essere amata."

Sia messo a verbale che venerdì, comunque, all'uscita è venuto a trovarci Atreiu. Sempre più diafano e sempre più magro e sempre col capello da gentiluomo scapigliato, con una piega della bocca più decisa e un sorriso trionfante dopo la sua prima settimana al liceo classico: e mi ha afferrata per una spalla e abbracciata stretta in mezzo al flusso di alunni di terza che mi scorrevano intorno.
"Ti piace il liceo?"
"Sì, i professori sono bravissimi, le ore di greco poi mi volano, non me ne accorgo nemmeno."
Splendeva di orgoglio come l'elmo corrusco di Ettore. Ma mai quanto me, che ero addirittura senza parole. Il povero ragnetto sconsolato di tre anni fa. Eccolo lì, che torna scuotendosi di dosso la polvere del campo di battaglia, poi fa una faccia buffa però, e confessa: "Mi manca tantissimo la scuola" guardando con genuino affetto le mura che ci circondano.

Mi volto, c'è il Gigante che arriva con un'altra classe, e lo vede nella mischia, e si illumina. Mi faccio da parte e sorrido.

Domattina a Sgamo gliene dico quattro io. E anche a Svacco.






















sabato 14 giugno 2014

Temi d'esame e altre vicende


E' andata così: ero lì tranquilla che facevo le mie cose e sono stata rapita dagli alieni. Pare che sia stata via tutto sommato solo qualche settimana, ma io non mi ricordo più bene, il tempo è trascorso in modo strano.

Un giorno poi ve lo racconto.

Ora scusate, mi hanno appena sbarcato giù, non ho le idee tanto chiare su cosa mi sia successo e su come riprendere la vita che facevo prima.

Mi hanno spiegato che mentre ero via c'era un ologramma di me che ha fatto fare alla terza A il tema d'esame.

E infatti sulla mia agenda verde sono comparsi degli appunti, che condivido volentieri con voi.

1. Catapultata alle superiori. Le mie, nel 1993.

"Prof? Ma facciamo prima francese o inglese?"

"Non lo so, vado a chiedere."

"Okay, mi dicono che martedì avete prima il compito di inglese, poi quello di francese, il che va bene, così su inglese siete belli freschi"

Il Malinconelfo in fondo all'aula: "Francese si studia nella mezz'ora di pausa"
Dylan si gira dal primo banco e lo fissa severamente: "Francese si studia?"

2. Paraculi si nasce

 Prof. Castagna: "Ora potete iniziare a consegnare, ma mi raccomando, c'è ancora un'ora di tempo, rileggete con calma e datemi il tema solo quando siete sicuri di aver controllato tutto. Non è una gara"

Dylan McKay: "No no, io consegno e vado, che ho lasciato la play in pausa."

 

3. Anime gemelle, io e Atreiu, l'ho sempre detto

dal tema di Atreiu:

"Mi mancherà l'odore della scuola"

 

4. Cosa resterà

dal tema della Isinbayeva:

"Mi mancheranno i loro sorrisi, perchè sì, tutti i professori almeno una volta in questi anni hanno sorriso"

 

...e come si faceva a non sorridere.