Emergenza Coronavirus, giorno 28
(Qui si contano i giorni non a partire dal decreto che limita gli spostamenti, ma dalla sospensione effettiva dell'attività didattica)
Pensieri colmi di fastidio, disagio o angoscia, che ti attraversano la mente la notte, o quando guardi le strade vuote dalla finestra. Senza parlare di situazioni pratiche, problemi economici, disagi lavorativi e altre brutte storie, e cercando di sfrondare tutto, in particolare il battage di puttanate mediatiche ai limiti della denuncia per sciacallaggio e lo stalking da parte di gente che, senza esserne stata richiesta, ti contatta di continuo per aggiornarti sui dati (che tu, non essendo analfabeta, ti sei già letta) e dirti cosa devi pensare e quanto ti devi allarmare. Togliendo tutto questo, restano le sensazioni a livello profondo.
Qui siamo in tre, cerchiamo di fare ognuno a modo suo buon viso a cattivo gioco e stiamo reagendo nel modo più sereno possibile, ma anche così... Di tutti e tre vengono fuori paure e resistenze ancestrali: l'Uomo, che non può sentirsi legato da nulla e da nessuno, patisce la claustrofobia dello stare in casa. Castagna, la paladina dei diritti umani, quella che "all cops are bastards", soffre l'idea della limitazione degli spostamenti e dei controlli per la strada come se si fosse sotto una dittatura. La Princi, clandestina dai documenti sempre provvisori, la profuga senza un'identità familiare, si immagina posti di blocco che, in effetti, per ora non esistono, come in un paese in guerra.
Negli ultimi tre giorni, io mi sono ammalata e di nuovo ho percepito, da parte sia mia che degli altri due, reazioni superiori alle aspettative, in fatto di calma, fatalismo e lucidità. Poi, però, ognuno di noi sa di essere spesso a rischio di dare di testa per la propria personale forma di vulnerabilità. Camminando sulle uova, fin qui non abbiamo ancora litigato.
Intanto, a Genova, mia madre esce a fare la passeggiata della salute, da sola, ore 13 e 30, viali e piazze deserte, e commette l'errore di sedersi su una panchina e aprire un giornale. Denuncia penale, anche se lei ha addotto ragioni di salute tra cui osteoporosi, per cui un po' di sole deve prenderlo. I due che l'han fermata erano chiaramente in presenza di una persona che, oltre a qualificarsi come medico, diceva cose sensate, ma ormai l'avevano fermata... Sono arrivati a suggerirle di fare la passeggiata sempre con un sacchetto della spesa in mano. Intanto però dobbiamo cercarci un penalista, e io non mi sono messa a urlare che non ce la faccio a vivere solo un altro minuto in questo paese di pupazzi solo perché, bloccati qua coi genitori distanti da 110 a 120 km di distanza in due diverse regioni, non possiamo permetterci che alcuno di questi genitori abbia anche solo una minima alterazione dell'umore.
L'alterazione dell'umore viene a me, che come sempre fingo che sia tutto okay, poi ecco spiegato perché sono la sola a cui si manifesta qualcosa a livello di salute, mi pare chiaro.
Mio marito mi evita tutto il giorno, ma poi dorme con me. Risultato, di giorno sta a distanza ma è amorevole e sollecito, di mattina appena sveglio ha paura di essersi contagiato e invece di "ciao, come ti senti oggi?" mi apostrofa con "non mi tossire addosso".
Poi mi incontra per casa quando me la sento di alzarmi, e ridiamo. Ridiamo tantissimo, da quando è iniziato tutto questo, il che è incredibile e pressoché indecente data la temperie, eppure saranno le molte ore di sonno, sarà che tra di noi siamo della stessa idea sulla situazione, sarà che abbiamo capito da mesi che insieme ci stiamo davvero volentieri, e non solo quando siamo costretti da forza maggiore, sarà che abbiamo tirato fuori l'intelligenza di prenderla bene, perché sarà ancora lunga. Sarà che siamo anche tanto dispiaciuti per la Princi che non riesce a decollare coi suoi studi, con tutto fermo, e che a sua volta deve cercare costi quel che costi di non scapparci di testa. Siamo belli da vedere come non eravamo da tempo, comunque, tutti e tre.
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giovedì 19 marzo 2020
lunedì 18 aprile 2016
I just wanted to hold you here in my arms
Ho cercato di ricordarmi un momento della mia vita in cui la sensazione di essere fuggiti fosse così forte.
Fughe nella mia vita: poche. Fughe da brava ragazza.
Non so, forse è la volta in cui invece di andare a scuola io e le mie due inseparabili compagne di classe abbiamo preso il treno e siamo andate a Pisa.
Non era una fuga, lo sapevano tutti e io non stavo
scappando da chissà cosa, anzi stavo andando a vedere la Normale di Pisa, nella speranza di potermi mettere in gabbia per anni in una delle più prestigiose università italiane.
Però prendere il treno, di mattina all'ora in cui avremmo dovuto essere sedute nei banchi, tutte e tre insieme, era bello, era allontanarsi da tutto. Per noi tranquille e noiose liceali bastava poco.
Di certo, da quando avevo 16 anni, la prima presenza che avverto al mio fianco, se penso alla fuga, è quella della Tipa.
In fondo è con lei che sono stata all'estero, davvero lontana da tutto. Se penso alla fuga penso ancora ai prati di Leicester o alle colline della Scozia, ai suoi capelli lunghi e profumati, alle interminabili ore di pullman e aeroporti.
La fuga vera però è cominciata con lui.
Fuga era saltare le ore di latino del venerdì mattina, quando eravamo alla specializzazione, io sveglia dalle sette e mezza, "ho la frequenza obbligatoria...": ma poi lui mi baciava di nuovo, e uscire dal cerchio delle sue braccia era impossibile. Fuga era scegliere l'intervallo tra le lezioni del mattino e quelle del pomeriggio per andare a sdraiarsi sui prati in mezzo alle ginestre, sotto i forti di Genova (D'Annunzio ci faceva una pippa, a noi due, altro che scrosci di pioggia sulla pineta, un sole così e il mare blu in lontananza, niente sesso no, ché il sentiero era frequentatissimo, ma la sensazione che il mondo fosse ai nostri piedi, che gli dèi non potessero stare meglio, che l'eternità sarebbe stata questo).
Fuga poi, da sposati, era non correggere i compiti quando era tutto fiorito, ma prendere la macchina e andare a vedere una chiesetta in mezzo al verde, un paesino sperduto, qualunque cosa. Lontani da tutto. Pieni di sogni, un po' persi nel mare di colline, mica tanto sicuri di questa emigrazione in terra aleramica, mica tanto sicuri di esserci davvero davvero sul serio veramente sposati e lasciati dietro tutto e tutti, tanto giovani, un po' troppo soli. Noi due.
Ma anche così, anche mettendo insieme tutti questi ricordi diversi, non riesco a rivedere una sola volta in cui mi sia sentita così lontano da tutto, come ieri.
Ieri la fuga era meravigliosa, perché era la fuga da me stessa, da tutto quello che mi è pesato sulla schiena in questi mesi.
Fuga era il sole, la pioggia, la neve sulle montagne, il non dover dare spiegazioni a nessuno per essere sparita per un'estate intera ed essere tornata.
Fuga era tutto, ieri.
L'asfalto, il divano, il non avere bagagli, il potere tornare in qualsiasi momento, il sapere che alla sera c'era un altro impegno completamente diverso e che sarebbe bastato cambiare scarpe, infilare una giacca e rifare il trucco per essere a proprio agio.
Fuga era vedere lui che sorrideva.
Ma molto di più fuga è stato non farsi domande, non volere risposte, non cercare spiegazioni, non farsi paranoie, anche quando lui non sorrideva. Che vacanza, Dio mio, avere per sei o sette ore il cervello FERMO.
Fughe nella mia vita: poche. Fughe da brava ragazza.
Non so, forse è la volta in cui invece di andare a scuola io e le mie due inseparabili compagne di classe abbiamo preso il treno e siamo andate a Pisa.
Non era una fuga, lo sapevano tutti e io non stavo
scappando da chissà cosa, anzi stavo andando a vedere la Normale di Pisa, nella speranza di potermi mettere in gabbia per anni in una delle più prestigiose università italiane.
Però prendere il treno, di mattina all'ora in cui avremmo dovuto essere sedute nei banchi, tutte e tre insieme, era bello, era allontanarsi da tutto. Per noi tranquille e noiose liceali bastava poco.
Di certo, da quando avevo 16 anni, la prima presenza che avverto al mio fianco, se penso alla fuga, è quella della Tipa.
In fondo è con lei che sono stata all'estero, davvero lontana da tutto. Se penso alla fuga penso ancora ai prati di Leicester o alle colline della Scozia, ai suoi capelli lunghi e profumati, alle interminabili ore di pullman e aeroporti.
La fuga vera però è cominciata con lui.
Fuga era saltare le ore di latino del venerdì mattina, quando eravamo alla specializzazione, io sveglia dalle sette e mezza, "ho la frequenza obbligatoria...": ma poi lui mi baciava di nuovo, e uscire dal cerchio delle sue braccia era impossibile. Fuga era scegliere l'intervallo tra le lezioni del mattino e quelle del pomeriggio per andare a sdraiarsi sui prati in mezzo alle ginestre, sotto i forti di Genova (D'Annunzio ci faceva una pippa, a noi due, altro che scrosci di pioggia sulla pineta, un sole così e il mare blu in lontananza, niente sesso no, ché il sentiero era frequentatissimo, ma la sensazione che il mondo fosse ai nostri piedi, che gli dèi non potessero stare meglio, che l'eternità sarebbe stata questo).
Fuga poi, da sposati, era non correggere i compiti quando era tutto fiorito, ma prendere la macchina e andare a vedere una chiesetta in mezzo al verde, un paesino sperduto, qualunque cosa. Lontani da tutto. Pieni di sogni, un po' persi nel mare di colline, mica tanto sicuri di questa emigrazione in terra aleramica, mica tanto sicuri di esserci davvero davvero sul serio veramente sposati e lasciati dietro tutto e tutti, tanto giovani, un po' troppo soli. Noi due.
Ma anche così, anche mettendo insieme tutti questi ricordi diversi, non riesco a rivedere una sola volta in cui mi sia sentita così lontano da tutto, come ieri.
Ieri la fuga era meravigliosa, perché era la fuga da me stessa, da tutto quello che mi è pesato sulla schiena in questi mesi.
Fuga era il sole, la pioggia, la neve sulle montagne, il non dover dare spiegazioni a nessuno per essere sparita per un'estate intera ed essere tornata.
Fuga era tutto, ieri.
L'asfalto, il divano, il non avere bagagli, il potere tornare in qualsiasi momento, il sapere che alla sera c'era un altro impegno completamente diverso e che sarebbe bastato cambiare scarpe, infilare una giacca e rifare il trucco per essere a proprio agio.
Fuga era vedere lui che sorrideva.
Ma molto di più fuga è stato non farsi domande, non volere risposte, non cercare spiegazioni, non farsi paranoie, anche quando lui non sorrideva. Che vacanza, Dio mio, avere per sei o sette ore il cervello FERMO.
sabato 5 dicembre 2015
The Immaculate Connection
Sapete quando le situazioni stagnano. Stagnano come i piatti da lavare nel lavandino, il maglione slandrato che non vuoi buttare, i giornali vecchi, il bianco da dare.
E un giorno alzi gli occhi e dici: ma sul serio noi viviamo così? No, dai.
A quel punto, se fosse un film si vedrebbe un mutamento radicale nel giro di due giorni. Lei va e si taglia i capelli e li tinge, e va all'attacco del mondo esterno, o lui va e si fa fare un abito su misura e trova lavoro. O lei bussa finalmente alla porta, con le guance e gli occhi accesi, o lui si fa finalmente trovare sotto l'ufficio, con la rosa rossa.
Eccetera. Al cinema l'abbiamo visto tutti.
Ma non siamo al cinema. Se qualcuno decide davvero di cambiare, ci può essere un lento slittamento, o un terremoto subitaneo, ma la fatica, quella che serve veramente, durerà mesi e mesi. Anni e anni. Sarà uno stillicidio. Una tortura della fossa. Un processo di mitridatizzazione. Se acceleri, se aumenti le dosi all'improvviso, muori.
La Fata New Age: Lei quanto resisterà così?
Castagna: Quanto tempo lo ha aspettato, Ulisse, Penelope?
La Bidella di Burro: Può venire un momento?
Castagna: Sì. Oh! Ciao! È successo qualcosa?
L'Uomo: No, ero in giro, ti ho riportato il bancomat.
Castagna, rientrata in classe: ...
I ragazzi: ...Prof? Ma chi era?
Castagna: Mio marito.
I ragazzi: ...
Castagna: ...
I ragazzi: ...
Castagna: Beh, no, è che fa sempre piacere quando ti restituiscono il bancomat.
Castagna: Sono passi avanti. Alla stessa velocità della deriva dei continenti. Ma sono passi avanti
Grande Pagliaccio: Sì, avvisami quando l'India si stacca dal Madagascar.
Poi però vengono giornate come queste. Dicembre. Il mese crudele del fottuto Natale, sì, non riponevamo alcuna speranza in questo mese, noi, nessuno di noi. Invece, qualcosa forse si muove. Sapete quei momenti in cui non solo a una persona, ma a molte, si sblocca la vita. Cigolando, tossendo, sputacchiando come una locomotiva d'epoca. Ma si muove.
Ed è come quando si mette a nevicare.
Piano piano. Senza rumore. Un fiocco, due, dieci. Poi i suoni che si smorzano. Il delicato zucchero a velo che ricopre tutto. E a un certo punto, sta succedendo. È diventato tutto bianco, è inverno, e l'orrore che hai vissuto l'estate scorsa è finito.
Lunedì, Cavallino: È tornato, ora lavoro tutta la settimana, poi nel ponte dell'Immacolata andiamo via.
Castagna: E come stai?
Cavallino: Non lo so.
Venerdì, Cavallino: Allora andiamo.
Castagna: Sviluppi?
Cavallino: No. Sì. No. Non saprei.
Castagna: Partite...
Cavallino: Sì, partiamo. L'hotel è un 4 stelle.
Castagna: Bene. Okay.
Cavallino: ...
Castagna: Okay.
(Oh guarda, Cavallino: fuori è tutto bianco, adesso, lì da te)
Due settimane fa, Sanguedelmiosangue: Torna. Irish Twin torna. In Italia. Mi ha scritto.
Castagna: !!!!!!!!!
SDMS: Non sono agitato.
Castagna: No no.
SDMS: E comunque non ne voglio parlare.
Castagna: Di cosa?
SMDS: Ecco. Vedo che hai capito.
Ieri, SDMS: Non ci sono per nessuno fino a lunedì okay?
Castagna: Certo. Posso solo chiederti se ha scritto ancora?
SDMS: Sì, ieri.
Castagna: ...
SMDS: Ma io sono anche tranquillo, alla fine.
Castagna: ...
SDMS: E comunque non ne voglio parlare.
Castagna: No.
(Oh guarda, Sanguedelmiosangue: fuori è tutto bianco, adesso, anche lì da te)
Tre giorni fa, la Tipa: E dice che ci dobbiamo riprovare. E che lui se la sente.
Castagna: Bene!
Tipa: Sì. No. Cioè, è che io sono negativa. Non cambierà niente e ormai è così che sarà la nostra vita, basta. Adesso comunque partiamo, per il ponte dell'Immacolata.
(Tipa, guarda, è un fiocco di neve quello?)
Stanotte, Tipa: Da oggi è una storia diversa, ci riproviamo.
(Tipa, guarda quanta neve!!! È tutto bianco anche da te!)
Tre giorni fa, Castagna: Ho tentato di far organizzare la cena in un momento in cui lui era via per lavoro. Ma non ci sono riuscita.
Cavallino, Sanguedelmiosangue, Grande Pagliaccio, Tipa, Agatha, Fata Bionda: ...
Castagna: Eh lo so.
Cavallino, Sanguedelmiosangue, Grande Pagliaccio, Tipa, Agatha, Fata Bionda: E l'Uomo? Glielo dici, all'Uomo?
Castagna: No. Non credo. Non lo so.
Cavallino, Sanguedelmiosangue, Grande Pagliaccio, Tipa, Agatha: SÌ, INVECE!
Castagna: Sì, glielo dico. È meglio. Credo. Non lo so.
Fata Bionda: NO, INVECE!
Castagna: ...
Cavallino, Sanguedelmiosangue, Grande Pagliaccio, Tipa, Agatha, Fata Bionda: Ma non andarci proprio, a 'sta cena?
Castagna: Posso spostare, rimandare, ma non cancellarla: la fanno per rivedere me, tra le altre cose.
Cavallino, Sanguedelmiosangue, Grande Pagliaccio, Tipa, Agatha, Fata Bionda: Ah.
Castagna: Eh. Va bene ci vado, me la levo, dai. E glielo dico, all'Uomo.
Cavallino, Sanguedelmiosangue, Grande Pagliaccio, Tipa, Agatha, Fata Bionda: ...
Castagna: Che poi alla fin fine quella sera lui arriva tardi, ha un impegno prima, quindi posso anche salutarlo di striscio.
Cavallino, Sanguedelmiosangue, Grande Pagliaccio, Tipa, Agatha: ...
Fata Bionda: Lo annulla, l'impegno, lo sai?
Castagna: Aaaaaaagh. Non dire così. Non dirlo.
(Che cazzo ci fanno dei papaveri in fiore a dicembre? No scusate va bene il surriscaldamento globale, ma qui si esagera. Quel periodo è finito. Basta. Fanculo. E poi, non era autunno per sempre, da questo ottobre in poi, nella mia vita?)
L'Uomo, oggi: Ciao, io svegliato ora
Castagna: Ciao. Io sto asciugando capelli
L'Uomo: Tra una mezz'ora arrivo. Hai fatto colazione?
Castagna: ...
Castagna, dopo, a Cavallino, Sanguedelmiosangue, Grande Pagliaccio, Tipa, Agatha, Fata Bionda: Se avevo bisogno di risposte su quella cena, ora ce le ho.
(Ehi, guardate!!! Un fiocco di neve!!!)
E un giorno alzi gli occhi e dici: ma sul serio noi viviamo così? No, dai.
A quel punto, se fosse un film si vedrebbe un mutamento radicale nel giro di due giorni. Lei va e si taglia i capelli e li tinge, e va all'attacco del mondo esterno, o lui va e si fa fare un abito su misura e trova lavoro. O lei bussa finalmente alla porta, con le guance e gli occhi accesi, o lui si fa finalmente trovare sotto l'ufficio, con la rosa rossa.
Eccetera. Al cinema l'abbiamo visto tutti.
Ma non siamo al cinema. Se qualcuno decide davvero di cambiare, ci può essere un lento slittamento, o un terremoto subitaneo, ma la fatica, quella che serve veramente, durerà mesi e mesi. Anni e anni. Sarà uno stillicidio. Una tortura della fossa. Un processo di mitridatizzazione. Se acceleri, se aumenti le dosi all'improvviso, muori.
La Fata New Age: Lei quanto resisterà così?
Castagna: Quanto tempo lo ha aspettato, Ulisse, Penelope?
La Bidella di Burro: Può venire un momento?
Castagna: Sì. Oh! Ciao! È successo qualcosa?
L'Uomo: No, ero in giro, ti ho riportato il bancomat.
Castagna, rientrata in classe: ...
I ragazzi: ...Prof? Ma chi era?
Castagna: Mio marito.
I ragazzi: ...
Castagna: ...
I ragazzi: ...
Castagna: Beh, no, è che fa sempre piacere quando ti restituiscono il bancomat.
Castagna: Sono passi avanti. Alla stessa velocità della deriva dei continenti. Ma sono passi avanti
Grande Pagliaccio: Sì, avvisami quando l'India si stacca dal Madagascar.
Poi però vengono giornate come queste. Dicembre. Il mese crudele del fottuto Natale, sì, non riponevamo alcuna speranza in questo mese, noi, nessuno di noi. Invece, qualcosa forse si muove. Sapete quei momenti in cui non solo a una persona, ma a molte, si sblocca la vita. Cigolando, tossendo, sputacchiando come una locomotiva d'epoca. Ma si muove.
Ed è come quando si mette a nevicare.
Piano piano. Senza rumore. Un fiocco, due, dieci. Poi i suoni che si smorzano. Il delicato zucchero a velo che ricopre tutto. E a un certo punto, sta succedendo. È diventato tutto bianco, è inverno, e l'orrore che hai vissuto l'estate scorsa è finito.
Lunedì, Cavallino: È tornato, ora lavoro tutta la settimana, poi nel ponte dell'Immacolata andiamo via.
Castagna: E come stai?
Cavallino: Non lo so.
Venerdì, Cavallino: Allora andiamo.
Castagna: Sviluppi?
Cavallino: No. Sì. No. Non saprei.
Castagna: Partite...
Cavallino: Sì, partiamo. L'hotel è un 4 stelle.
Castagna: Bene. Okay.
Cavallino: ...
Castagna: Okay.
(Oh guarda, Cavallino: fuori è tutto bianco, adesso, lì da te)
Due settimane fa, Sanguedelmiosangue: Torna. Irish Twin torna. In Italia. Mi ha scritto.
Castagna: !!!!!!!!!
SDMS: Non sono agitato.
Castagna: No no.
SDMS: E comunque non ne voglio parlare.
Castagna: Di cosa?
SMDS: Ecco. Vedo che hai capito.
Ieri, SDMS: Non ci sono per nessuno fino a lunedì okay?
Castagna: Certo. Posso solo chiederti se ha scritto ancora?
SDMS: Sì, ieri.
Castagna: ...
SMDS: Ma io sono anche tranquillo, alla fine.
Castagna: ...
SDMS: E comunque non ne voglio parlare.
Castagna: No.
(Oh guarda, Sanguedelmiosangue: fuori è tutto bianco, adesso, anche lì da te)
Tre giorni fa, la Tipa: E dice che ci dobbiamo riprovare. E che lui se la sente.
Castagna: Bene!
Tipa: Sì. No. Cioè, è che io sono negativa. Non cambierà niente e ormai è così che sarà la nostra vita, basta. Adesso comunque partiamo, per il ponte dell'Immacolata.
(Tipa, guarda, è un fiocco di neve quello?)
Stanotte, Tipa: Da oggi è una storia diversa, ci riproviamo.
(Tipa, guarda quanta neve!!! È tutto bianco anche da te!)
Tre giorni fa, Castagna: Ho tentato di far organizzare la cena in un momento in cui lui era via per lavoro. Ma non ci sono riuscita.
Cavallino, Sanguedelmiosangue, Grande Pagliaccio, Tipa, Agatha, Fata Bionda: ...
Castagna: Eh lo so.
Cavallino, Sanguedelmiosangue, Grande Pagliaccio, Tipa, Agatha, Fata Bionda: E l'Uomo? Glielo dici, all'Uomo?
Castagna: No. Non credo. Non lo so.
Cavallino, Sanguedelmiosangue, Grande Pagliaccio, Tipa, Agatha: SÌ, INVECE!
Castagna: Sì, glielo dico. È meglio. Credo. Non lo so.
Fata Bionda: NO, INVECE!
Castagna: ...
Cavallino, Sanguedelmiosangue, Grande Pagliaccio, Tipa, Agatha, Fata Bionda: Ma non andarci proprio, a 'sta cena?
Castagna: Posso spostare, rimandare, ma non cancellarla: la fanno per rivedere me, tra le altre cose.
Cavallino, Sanguedelmiosangue, Grande Pagliaccio, Tipa, Agatha, Fata Bionda: Ah.
Castagna: Eh. Va bene ci vado, me la levo, dai. E glielo dico, all'Uomo.
Cavallino, Sanguedelmiosangue, Grande Pagliaccio, Tipa, Agatha, Fata Bionda: ...
Castagna: Che poi alla fin fine quella sera lui arriva tardi, ha un impegno prima, quindi posso anche salutarlo di striscio.
Cavallino, Sanguedelmiosangue, Grande Pagliaccio, Tipa, Agatha: ...
Fata Bionda: Lo annulla, l'impegno, lo sai?
Castagna: Aaaaaaagh. Non dire così. Non dirlo.
(Che cazzo ci fanno dei papaveri in fiore a dicembre? No scusate va bene il surriscaldamento globale, ma qui si esagera. Quel periodo è finito. Basta. Fanculo. E poi, non era autunno per sempre, da questo ottobre in poi, nella mia vita?)
L'Uomo, oggi: Ciao, io svegliato ora
Castagna: Ciao. Io sto asciugando capelli
L'Uomo: Tra una mezz'ora arrivo. Hai fatto colazione?
Castagna: ...
Castagna, dopo, a Cavallino, Sanguedelmiosangue, Grande Pagliaccio, Tipa, Agatha, Fata Bionda: Se avevo bisogno di risposte su quella cena, ora ce le ho.
(Ehi, guardate!!! Un fiocco di neve!!!)
mercoledì 14 ottobre 2015
Cioccolato fuso
Una delle due nuove colleghe di Inglese, la Caramella, sta sororizzando con me. Non è niente male, a dire il vero, è una che non gira con un palo nel chiulo come altre colleghe, questa dice "ohccheppalle, oggi devo interrogare!!! Dai ma l'intervallo non può durare così poco, su!" E non disdegna di arrivare a piedi fino al bar per farsi un caffè. Però poi lavora, eh. Si muove bene, ha esperienza.
Solo che ha sororizzato così bene da passarmi la simpatica gastrointestinale che i suoi figli hanno avuto la settimana scorsa.
E qui si vede che le cose sono cambiate di brutto, perché, a parte infilarmi sotto il piumino sabato alle cinque e mezza di pomeriggio e dormire fino alle sette di sera, in realtà me la sono fatta tutta in piedi. Imbottita di antiemetici, sono andata a lavorare, a yoga e anche a cena fuori con il Borbone Gentiluomo e due sue colleghe. E ho portato e riportato la figlia in e da mille posti senza mai chiedere il cambio al marito.
Arrivata a lunedì con al mio attivo 80 ore circa di malessere abbastanza atroce, e le gambe molle, avevo qualche dubbio sul fatto di poter gestire il laboratorio di cucina, da me stessa medesima previsto per martedì.
Essendo, oltretutto, martedì, il giorno in cui due terzi della scuola partivano per l'Expo di Milano, portandosi via quasi tutti i prof, e alla domanda "ma tu per esempio potresti coprire parte del pomeriggio?" io avevo risposto sì, per poi ritrovarmi a firmare tre ore di supplenza di fila e essere l'unico docente presente nell'edificio dopo le ore 15 e 30, con una pluriclasse da trenta persone. Che stranissima sensazione, tra l'altro. Come fosse casa mia, e come fossi persa su una montagna del Bhutan, al tempo stesso. Boh. Arrivando a casa ho avuto una botta di magone. Che sentimentale del cazzo che sto diventando.
Comunque. Ieri mattina, grazie a Dio appena guarita, arrivo con dieci sacchi del supermercato e prendo possesso della cucina. Per due giorni di fila, solo perché io sono la veterana del laboratorio che sa dove mettere le mani e loro invece sono nuove, scattano ai miei ordini prima la Bottadicoca, poi l'Impeccabile, e perfino Fraulein Hitler, oltre a un numero imprecisato di bambinetti più e meno imbranati. Risultato: due quiches di zucchine e crescenza, due crostate, un'enorme torta ebraica al cioccolato e arancia (ricetta veramente spaziale della Bottadicoca), crepes dolci e salate, pere Belle Hélène, muffin cioccolato e banane.
Sarebbe a dire spuntino dolce e salato per tutti i presenti, comprese bidelle e segretarie, ieri mattina; "colazione" di stamattina, intesa come assaggino di crostata e torta al cioccolato, per la mia terza rientrata zuppa dalla tirata milanese sotto la pioggia, e per i prof; altro spuntino per tutta la scuola stamattina; e ce n'è ancora per la "colazione" di domani. Cioè, presi dal sacro fuoco, abbiamo cucinato in tempi e dosi così generosi che è avanzata roba da mangiare, in un edificio pieno di bambini: un record. Satana, che in occasione della preparazione delle crepes sfodera un talento divino, è stato due ore d'orologio davanti ai fornelli, a gestire due padelle insieme. Alcuni non hanno la manualità di sbucciare una pera o fare a rondelle delle zucchine, per non parlare del servire le mie elegantissime pere con cioccolato fuso, panna e gelato dopo averle spatasciate, maltrattate e sbattute nel piatto così tanto da farle assomigliare a un budino dell'ospedale vomitato. Ho detto cose irripetibili su come sarebbero stati espulsi da qualsiasi scuola alberghiera, e invocato lo spirito di Simone Rugiati, che venisse a sfotterli per la loro magra abominevole alla prova di presentazione.
Si sono lasciati maltrattare felici.
Ora. Nella lista dei motivi per cui non me ne posso andare da Scuolina Rosa figurano: il fatto di attraversare i corridoi con addosso un grembiule, in mano un vassoio di muffin caldi, della farina su una guancia, attorniata dai ragazzini che hanno il cioccolato fuso fin sulle sopracciglia; il momento splendido in cui chiedendo educatamente permesso ("se lo dite in giro, vi faccio sospendere") mi ficco in bocca il cucchiaio con cui abbiamo spalmato la marmellata di pesche o la Nutella e vedo le faccine illuminarsi di simpatia; la mezz'oretta di calma in cui restano in pochi a pulire e magari si parla a cuore aperto del più e del meno, senza ruoli, senza cattedra; la scoperta di un alunno che in classe si agita come un posseduto o si distrae di niente, e in cucina invece è preciso, sereno, a suo agio. Sono giornate di felicità intensa e innocente. Il massimo dei massimi è ricevere nel frattempo la visita di un prof in pensione, o di un exalunno grande: che, regolarmente, alla vista della cucina inondata di marmocchietti imbranati e al riempirsi le narici del profumo di crostata e biscotti, ha un momento proustiano e si commuove.
Di stamattina mi resterà la prima mezz'ora. Quando sono arrivata in seconda, ho visto che erano in pochi perché, dopo le dodici ore di file, visita in piedi, e pioggia battente, molti stamattina erano a pezzi e non si sono alzati. Allora ho annullato il tema in classe e preferito continuare con le ricette tutti insieme.
"Prima però voglio sapere una cosa. Brad, l'hai tirata tu la matita che è finita in faccia a Orsetta, vero?"
Ecco, Brad Pitt quello vero, da piccolo, quando lo sgridavano e si vergognava tanto che gli veniva da piangere, ve lo figurate quanto poteva essere da mangiare di baci? Questo qua appunto era così. Occhi azzurri pieni di lacrime, deglutizione faticosa, pallore mortale. Annuisce muto e attende il destino che, sicuramente, a giudicare dalla sua espressione disperata, sta per polverizzargli la famiglia, la casa, la vita.
Il destino in questo caso sono io, e detesto iniziare la giornata facendo piangere un dodicenne. Ma dura lex etc. Quindi dico in termini semplificati al ragazzino che credo che sia poco furbo, dopo che i tuoi ti hanno spostato da ScuolaFiga dei Quartieri Alti, dove morivi d'ansia, in una scuola tranquilla dove stai bene con la tua classe, portare a casa una nota che dice chiaro che te ne approfitti e esageri.
Posso vedere, come se avesse la fronte di cristallo, che Brad Pitt pensa a una punizione esemplare tipo accademia militare e si chiede se sia il caso di fare testamento. Invece faccio una cosa strana e gli chiedo di scriversi la nota da solo, cosa che fa, in calligrafia ordinata, riuscendo a non bagnare la pagina di lacrime, perché tiene i denti stretti e risponde solo a cenni, ma guardandomi con un'espressione che dice "oh no ti prego mi sento una merda, mi stavi anche simpatica e non volevo deluderti, oddio scusa, come ho potuto". Roba che io mi devo allontanare di corsa dal suo banco, altrimenti gli stamperei un bacio secco in fronte e gli comprerei le caramelle.
"Informo i miei genitori che l'altro giorno durante la lezione ho tirato una matita che è arrivata in faccia alla mia compagna F. Non ho detto che ero stato io e così ho fatto prendere una nota sul registro a tutta la classe." Gliela firmo, gli chiedo di portarla controfirmata, andiamo in cucina.
"Adesso qualcuno porta le crostate alla mia terza" dico.
"VADO IOOOO" strillano.
"Ah no, vado io" rispondo, "altrimenti finisce come ieri, che alcune crepes sono partite ma non sono mai arrivate..."
Poi ci ripenso: "No anzi, ci mando Brad Pitt. Che ne ha già combinata una e adesso non si sognerebbe mai di farmene un'altra, vero?"
Che bello, vedere le nuvole sparire dagli occhi azzurri. Parte come un soldatino. Per il resto della mattinata, ce l'avrò attaccato al fianco destro come un'ombra, al bancone della cucina, in mezzo a dieci ragazzini ululanti che si fanno dire le cose sei volte eseguirà, in un silenzio trappista, qualsiasi mia richiesta nell'attimo in cui la formulerò, e non lo sentirò mai nemmeno respirare.
Vado a omaggiare di persona la terza, durante la distribuzione della crostata. La Boscaiola ha già fatto capolino in cucina per salutare, sorridendo. La Vagabionda, quando arrivo in classe, mi viene incontro a braccia tese. "Bisogno di coccole?" chiedo sorpresa. "Sììì." E mi ritrovo così sollevata di vederle lì tutte e due, contente di essere a scuola, che la abbraccio davvero.
Stasera, in salotto da noi asciugano sullo stenditoio una dozzina di grembiuli. Domani lezione, ora basta giocare col Dolceforno, cazzo siamo indietro, scattare, fuori i quaderni. Pomeriggio coi genitori in riunione e, mannaggia, non ho scritto i Pdp e neanche i progetti, scadenza per la presentazione: domani, vacca maiala. Eh. Qualcuno vuole un muffin?
Ah scusate. Guardate con che grembiule si è presentato Satana, per la serie: paraculi fin da piccoli. Ma, in effetti, è il Michelangelo delle crepes, per cui gli abbiamo perdonato il full frontal.
Essendo, oltretutto, martedì, il giorno in cui due terzi della scuola partivano per l'Expo di Milano, portandosi via quasi tutti i prof, e alla domanda "ma tu per esempio potresti coprire parte del pomeriggio?" io avevo risposto sì, per poi ritrovarmi a firmare tre ore di supplenza di fila e essere l'unico docente presente nell'edificio dopo le ore 15 e 30, con una pluriclasse da trenta persone. Che stranissima sensazione, tra l'altro. Come fosse casa mia, e come fossi persa su una montagna del Bhutan, al tempo stesso. Boh. Arrivando a casa ho avuto una botta di magone. Che sentimentale del cazzo che sto diventando.
Comunque. Ieri mattina, grazie a Dio appena guarita, arrivo con dieci sacchi del supermercato e prendo possesso della cucina. Per due giorni di fila, solo perché io sono la veterana del laboratorio che sa dove mettere le mani e loro invece sono nuove, scattano ai miei ordini prima la Bottadicoca, poi l'Impeccabile, e perfino Fraulein Hitler, oltre a un numero imprecisato di bambinetti più e meno imbranati. Risultato: due quiches di zucchine e crescenza, due crostate, un'enorme torta ebraica al cioccolato e arancia (ricetta veramente spaziale della Bottadicoca), crepes dolci e salate, pere Belle Hélène, muffin cioccolato e banane.
Sarebbe a dire spuntino dolce e salato per tutti i presenti, comprese bidelle e segretarie, ieri mattina; "colazione" di stamattina, intesa come assaggino di crostata e torta al cioccolato, per la mia terza rientrata zuppa dalla tirata milanese sotto la pioggia, e per i prof; altro spuntino per tutta la scuola stamattina; e ce n'è ancora per la "colazione" di domani. Cioè, presi dal sacro fuoco, abbiamo cucinato in tempi e dosi così generosi che è avanzata roba da mangiare, in un edificio pieno di bambini: un record. Satana, che in occasione della preparazione delle crepes sfodera un talento divino, è stato due ore d'orologio davanti ai fornelli, a gestire due padelle insieme. Alcuni non hanno la manualità di sbucciare una pera o fare a rondelle delle zucchine, per non parlare del servire le mie elegantissime pere con cioccolato fuso, panna e gelato dopo averle spatasciate, maltrattate e sbattute nel piatto così tanto da farle assomigliare a un budino dell'ospedale vomitato. Ho detto cose irripetibili su come sarebbero stati espulsi da qualsiasi scuola alberghiera, e invocato lo spirito di Simone Rugiati, che venisse a sfotterli per la loro magra abominevole alla prova di presentazione.
Si sono lasciati maltrattare felici.
Ora. Nella lista dei motivi per cui non me ne posso andare da Scuolina Rosa figurano: il fatto di attraversare i corridoi con addosso un grembiule, in mano un vassoio di muffin caldi, della farina su una guancia, attorniata dai ragazzini che hanno il cioccolato fuso fin sulle sopracciglia; il momento splendido in cui chiedendo educatamente permesso ("se lo dite in giro, vi faccio sospendere") mi ficco in bocca il cucchiaio con cui abbiamo spalmato la marmellata di pesche o la Nutella e vedo le faccine illuminarsi di simpatia; la mezz'oretta di calma in cui restano in pochi a pulire e magari si parla a cuore aperto del più e del meno, senza ruoli, senza cattedra; la scoperta di un alunno che in classe si agita come un posseduto o si distrae di niente, e in cucina invece è preciso, sereno, a suo agio. Sono giornate di felicità intensa e innocente. Il massimo dei massimi è ricevere nel frattempo la visita di un prof in pensione, o di un exalunno grande: che, regolarmente, alla vista della cucina inondata di marmocchietti imbranati e al riempirsi le narici del profumo di crostata e biscotti, ha un momento proustiano e si commuove.
Di stamattina mi resterà la prima mezz'ora. Quando sono arrivata in seconda, ho visto che erano in pochi perché, dopo le dodici ore di file, visita in piedi, e pioggia battente, molti stamattina erano a pezzi e non si sono alzati. Allora ho annullato il tema in classe e preferito continuare con le ricette tutti insieme.
"Prima però voglio sapere una cosa. Brad, l'hai tirata tu la matita che è finita in faccia a Orsetta, vero?"
Ecco, Brad Pitt quello vero, da piccolo, quando lo sgridavano e si vergognava tanto che gli veniva da piangere, ve lo figurate quanto poteva essere da mangiare di baci? Questo qua appunto era così. Occhi azzurri pieni di lacrime, deglutizione faticosa, pallore mortale. Annuisce muto e attende il destino che, sicuramente, a giudicare dalla sua espressione disperata, sta per polverizzargli la famiglia, la casa, la vita.
Il destino in questo caso sono io, e detesto iniziare la giornata facendo piangere un dodicenne. Ma dura lex etc. Quindi dico in termini semplificati al ragazzino che credo che sia poco furbo, dopo che i tuoi ti hanno spostato da ScuolaFiga dei Quartieri Alti, dove morivi d'ansia, in una scuola tranquilla dove stai bene con la tua classe, portare a casa una nota che dice chiaro che te ne approfitti e esageri.
Posso vedere, come se avesse la fronte di cristallo, che Brad Pitt pensa a una punizione esemplare tipo accademia militare e si chiede se sia il caso di fare testamento. Invece faccio una cosa strana e gli chiedo di scriversi la nota da solo, cosa che fa, in calligrafia ordinata, riuscendo a non bagnare la pagina di lacrime, perché tiene i denti stretti e risponde solo a cenni, ma guardandomi con un'espressione che dice "oh no ti prego mi sento una merda, mi stavi anche simpatica e non volevo deluderti, oddio scusa, come ho potuto". Roba che io mi devo allontanare di corsa dal suo banco, altrimenti gli stamperei un bacio secco in fronte e gli comprerei le caramelle.
"Informo i miei genitori che l'altro giorno durante la lezione ho tirato una matita che è arrivata in faccia alla mia compagna F. Non ho detto che ero stato io e così ho fatto prendere una nota sul registro a tutta la classe." Gliela firmo, gli chiedo di portarla controfirmata, andiamo in cucina.
"Adesso qualcuno porta le crostate alla mia terza" dico.
"VADO IOOOO" strillano.
"Ah no, vado io" rispondo, "altrimenti finisce come ieri, che alcune crepes sono partite ma non sono mai arrivate..."
Poi ci ripenso: "No anzi, ci mando Brad Pitt. Che ne ha già combinata una e adesso non si sognerebbe mai di farmene un'altra, vero?"
Che bello, vedere le nuvole sparire dagli occhi azzurri. Parte come un soldatino. Per il resto della mattinata, ce l'avrò attaccato al fianco destro come un'ombra, al bancone della cucina, in mezzo a dieci ragazzini ululanti che si fanno dire le cose sei volte eseguirà, in un silenzio trappista, qualsiasi mia richiesta nell'attimo in cui la formulerò, e non lo sentirò mai nemmeno respirare.
Vado a omaggiare di persona la terza, durante la distribuzione della crostata. La Boscaiola ha già fatto capolino in cucina per salutare, sorridendo. La Vagabionda, quando arrivo in classe, mi viene incontro a braccia tese. "Bisogno di coccole?" chiedo sorpresa. "Sììì." E mi ritrovo così sollevata di vederle lì tutte e due, contente di essere a scuola, che la abbraccio davvero.
Stasera, in salotto da noi asciugano sullo stenditoio una dozzina di grembiuli. Domani lezione, ora basta giocare col Dolceforno, cazzo siamo indietro, scattare, fuori i quaderni. Pomeriggio coi genitori in riunione e, mannaggia, non ho scritto i Pdp e neanche i progetti, scadenza per la presentazione: domani, vacca maiala. Eh. Qualcuno vuole un muffin?
Ah scusate. Guardate con che grembiule si è presentato Satana, per la serie: paraculi fin da piccoli. Ma, in effetti, è il Michelangelo delle crepes, per cui gli abbiamo perdonato il full frontal.
venerdì 26 dicembre 2014
Morning has broken
L'Uomo e la Princi dormono. Castagna veglia, complice il sugo rigorosamente non sgrassato del favoloso manzo in umido alla romana del consorte. Che un po', alle quattro e mezza di mattina, torna alla ribalta. Troppo impegnativo per il mio pancino quasi vegetariano. Oggi brodino, neh.
Non lo so se è andata bene.
A tratti, siamo stati un po' tristi, un po' in ansia e un po' scazzati. In altri momenti siamo stati sereni e allegri.
Però siamo stati insieme tutto il giorno. Il che è bello da matti.
Oggi l'Uomo compie gli anni, la Princi vuole cominciare i compiti delle vacanze e Castagna, visto che era in piedi alle cinque, si è sparata una ventina di livelli di un nuovo gioco di gestione tempi.
Fuori c'è tutto gelato. Domani danno neve. Qui siamo al sicuro, per un breve istante. Vorrei fermare il tempo, ma non si può.
Non lo so se è andata bene.
A tratti, siamo stati un po' tristi, un po' in ansia e un po' scazzati. In altri momenti siamo stati sereni e allegri.
Però siamo stati insieme tutto il giorno. Il che è bello da matti.
Oggi l'Uomo compie gli anni, la Princi vuole cominciare i compiti delle vacanze e Castagna, visto che era in piedi alle cinque, si è sparata una ventina di livelli di un nuovo gioco di gestione tempi.
Fuori c'è tutto gelato. Domani danno neve. Qui siamo al sicuro, per un breve istante. Vorrei fermare il tempo, ma non si può.
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Dio che male,
l'ossigeno non è un optional,
staring at the sun
giovedì 31 luglio 2014
Dominare la materia e dominare i pensieri
Nella
vita ci sono persone che maneggiano bene gli oggetti, che non si
spaventano di fronte alla fatica fisica, che sanno come comportarsi
nelle situazioni pratiche.
Ho sempre guardato affascinata le mani di mio padre e di mio zio che riparavano cose, o addirittura le creavano da quel che a me poteva parere nulla, un pezzo di legno, una scatola di cartone, una staffa di metallo. Mi sono sempre lasciata stregare da coloro che dominano la materia.
Io,
che invece appartengo alla categoria di quanti sono più a loro agio
nel dominare le idee, da ragazzina mi ingegnavo di fare, in camera
mia, piccole riparazioni, piantare qualche chiodo, risistemare
lampade, fissare oggetti. Oggi ci ho perso completamente la mano; in
compenso, tra i miei molti traslochi e la mia vita complessa, con
diverse case cui badare, non ci ho perso l'occhio. Nelle varie
situazioni in cui era necessario arredare uno spazio, sono stata
quasi sempre io a trovare la soluzione buona, sia con i mobili
preesistenti interpretati o posizionati in modo diverso, sia con la
progettazione intera della stanza. Poi però resto impotente di
fronte ai fili della luce che pendono senza un lampadario attaccato,
o allo zoccolo che si stacca. Io vengo dal Medioevo, tutto ciò che
prevede l'uso della corrente elettrica, a meno che non sia un
frullatore, un lettore dvd o una macchina del pane, mi terrorizza, e
il trapano per me è uno strumento di morte.
Mi piacerebbe, al mattino, ancora in pigiama e subito dopo il caffè bollente, cioè quando il mio cervello è al massimo della chiarezza, poter dare indicazioni a uno stuolo di esperti artigiani per sistemare le cose che vanno aggiustate o modificate.
Ci
pensavo oggi che, in piedi dalle 7.45, alle 10.30 mi sono fermata,
constatando con un filo di mal di schiena e una notevole
soddisfazione che ho smontato due letti, pulito tutta la casa,
stirato e rigovernato l'impossibile.
Quassù
davanti ai monti, dopotutto, faccio la vita che a volte sogno, in
città, quando sono sommersa dal lavoro: di mattina la casalinga, di
pomeriggio la studiosa, o viceversa, e in mezzo qualche bella
passeggiata. Non dico che potrei vivere così. Ma quando le mie
giornate sono un incubo di appuntamenti fuori fin dalle sette e venti
del mattino, e a casa ci arrivo solo per buttare in pentola due
surgelati e poi crollare sul divano davanti a un film, mi mancano le
splendide energie che mi vengono fuori a 1500 metri, con una bella
notte di sonno alle spalle (ebbene sì. Alla barriera di Rivoli,
stavolta, l'insonnia è rimasta al casello e io sono venuta su a
recuperare ore e ore di stragodutissimo riposo notturno: e menomale.
Dopo questa primavera riflettevo sulle mie chances di morire di
infarto prima dei quaranta per pura carenza di sonno.)
Certo,
per carità, stare tutto il giorno a casa ha i suoi difetti. Per
esempio, i miei tre animali: quando lavoriamo, la maggior parte del
tempo possediamo un cane che se ne sta tranquillamente in cucina,
salvo fare le sue passeggiatine o stare sdraiata vicino a me davanti
alla tele, e due gatti la cui principale occupazione è dormire sul
terrazzo o sul letto. Qui, invece, possediamo un cane che ogni
ventidue minuti va dalla finestra, guarda i meravigliosi boschi fuori
e supplica di uscire, e quando esce si rotola nella terra e mangia
quintali di erbe selvatiche, che poi bisogna stare ben attenti che
vomiti prima di tornare a casa. E possediamo una gatta che cammina
maldestramente su tutti i davanzali e i cornicioni (al quinto piano)
e che perde quantità di pelo incredibili su poltrone e divani.
Quando non è occupata a disfare sistematicamente l'impagliatura
delle sedie. E un gatto che ha una smodata passione (con due diverse
ciotole di acqua fresca a disposizione) per ficcarsi a testa in giù
nel gabinetto per bere, e poi con le fottutissime zampine bagnate
fare il giro di bidet, bordo vasca, lavandino, pavimenti. Stamattina,
peraltro, è offesissimo, perchè è andato a curiosare nel catino
dove ho messo in candeggina un pigiama e io l'ho preso al volo e gli
ho lavato le zampe prima che se le leccasse. Ovviamente mi ha
graffiata. Adesso mi guarda, con espressione di somma delusione,
dalla poltrona di papà. Sembra chiedersi dove possa aver sbagliato
con me.
Però
questa casa io la amo. Questa casa contiene il più alto tasso di
ricordi felici di cui io possa disporre sulla faccia del pianeta. Ci
ho portato qualsiasi persona cui volessi bene: fidanzati, amici,
parenti. Ci ho curato qualsiasi dolore, e persino quest'estate sta
funzionando. L'altro giorno la Princi, lasciandomi come al solito
stordita da quanto mi assomiglia, mi ha detto: “Qui si pensa meglio
che a casa, si pensa perfino troppo, i primi giorni fa quasi paura.”
Le ho detto che mi ha fatto lo stesso effetto quando sono venuta qui
a novembre, da sola e con tante preoccupazioni che riguardavano lei,
e anche quando sono stata su la prima volta dopo la morte di mio
padre. Non potevo dirle che più di recente sono stata qui con mio
cugino, che mi ha assistito come una convalescente mentre cercavo di
riprendermi dalla mia pessima esperienza di infedeltà coniugale, e
che qui ho toccato il fondo più nero della mia tristezza. Né che
poco più tardi ci sono stata con lei e ho trovato le parole giuste
per chiarire e per iniziare a lasciar andare la sofferenza. O che,
l'ultima volta che siamo stati su tutti e tre insieme, anche l'Uomo
in qualche modo ha iniziato a riprendersi e abbiamo ricominciato a
dormire abbracciati stretti. Lei queste cose non le sa e va bene
così. Ma questa casa è il Posto Buono della mia vita. Forse per
questo sono sempre intenta a pulirla e migliorarla. E quando mi siedo
e guardo i risultati del mio lavoro domestico sono infinitamente più
felice che in qualsiasi altro posto al mondo.
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martedì 21 gennaio 2014
Il pasto delle pantere
Era una normale pausa pranzo del martedì, al baretto, ma si svolgeva, come di solito al martedì, in assenza di barbagianni, beghine, portinaie e baciapile. Solo noi due cougar, direbbe la mia amica Cavallino, che si è recentemente specializzata in letteratura mommyporn, e una new entry, del tutto ignara di essersi ficcata in un grosso guaio accettando il tirocinio a Paesino di Sogno.
“Ma tu, esattamente, quanti anni
hai?” chiese Dolcebionda, la collega nuova di educazione fisica con
cui, dal primo giorno, Castagna è diventata amicissima.
Il tirocinante, normalissimo ragazzo
castano con pizzetto, dal sorriso allegro, al suo primissimo giorno
di esperienza nella scuola, rispose: “Venticinque.”
Sia Castagna che Dolcebionda rimasero
con la tazzina di caffè a mezz'aria, poi si guardarono tra loro e in
coro dissero: “Oh... ma che carino!!!”, con quello che la mia giovane segretaria definirebbe un altissimo indice di pucciosità.
Dopodichè Dolcebionda estrasse
dall'iPhone la foto del maestro di sci di suo figlio, ventitreenne
valdostano dalla barba bionda, e disse: “Guarda cosa non è.”,
mostrando il bel figliolo alla collega Castagna, e anche al
tirocinante, che chiameremo Barbatello, visto che non è sbarbato. Al
che Castagna, assolutamente serafica, spiegò al giovanotto: “Scusa
eh, sai, siamo alle soglie dei quaranta, per le donne della nostra
età tutto quello che sta tra i venti e i trenta è assolutamente
delizioso”. E Barbatello non fece una piega, sorridendo.
Castagna, pensando al livello medio di umorismo dei colleghi di Scuolina Rosa, ringraziò per la
duecentomilionesima volta Jemanjà, Pallade Atena e Vajrayogini che
Celhoduro avesse chiesto il trasferimento alle superiori, e si disse
che, forse, arrivare all'età in cui puoi dire un po' quel cazzo che ti
pare, e a chiunque, meritava proprio il viaggio.
martedì 10 dicembre 2013
Del diventare una stronza
Di recente mi sono
lamentata con la preside, dicendo che noi coordinatori siamo oberati
di impegni e che non può chiedere sempre tutto agli stessi. Inoltre
ho chiesto di essere esonerata da alcune cose e che ci sia qualcuno
che fa i verbali e le altre menate che di solito si scaricano sul
prof di italiano, come se fosse l'unico in grado di scrivere.
Ho mandato a zero due
conti in banca su tre per le tasse di famiglia e, dopo ponderata
riflessione, ho tenuto su quello che uso io quotidianamente i soldi della vendita
della'appartamento a Sanguedelmiosangue. Perchè devo pagare altre tasse,
altri conti di tutti, ma anche perchè mi servono una macchina nuova,
i soldi per il primo Natale in famiglia della Princi, un po' di
margine per il festival e sì, anche tremila euro per cose mie. Eh.
Sì. Tanto a meno di me non possono fare comunque, i miei parenti, e
io mi sono rotta i coglioni di girare con uno scassone, non voglio la
Ferrari, solo una macchina che non perda i pezzi mentre va. E le cose
mie sono le cose che mi permettono di non impazzire. E, ripeto, di me
gli altri hanno bisogno. Quindi io devo essere viva, e sana di mente.
Stamattina prima delle 9 e
mezza avevo già dato disposizioni su: ritiro atti Equitalia
depositati in Comune, fax e posta da smistare, un contratto
d'affitto, due trasporti di oggetti e beni da Genova a Asti, un
minirinfresco, una certificazione energetica, lo spostamento di un
appuntamento con la psicologa della Princi, la sopravvivenza
alimentare e domestica dell'intera famiglia.
Persone coinvolte: mio
cugino, il mio migliore amico, mia madre, la mia commercialista, la
psicologa dell'ASL, la mia segretaria, mio marito, mia figlia, il
nostro grafico dell'Asti Film Festival, il geometra, la panettiera.
Resta inteso che oggi
pomeriggio piomberò sui malcapitati che allestiscono gli spazi per
le proiezioni del festival e darò ordini anche a loro, ma nel
frattempo devo come al solito far filare 45 studenti, e mi sa che
dovrò mettere in stand by una ditta di ristrutturazioni a cui devo
dei soldi.
La mia risposta, quando
qualcuno mi chiede una cosa, ultimamente varia da
a) ora non me ne posso
occupare
a
b) lo faccio fare a ...
a
c) richiedimelo venerdì quando ho tempo
oppure
d) fino alla settimana
prossima non se ne parla nemmeno.
A volte mi fermo a pensare
che, se io smisto tutto quel che devo fare su tante persone, e
bisogna aggiungerci le Fate che mi stirano e mi puliscono casa, Frau
Bluecher che mi gestisce la zia e vari altri collaboratori
occasionali, vuol dire che nella mia vita ci sono un po' troppe cose
per una persona sola.
Più spesso, mi guardo
allo specchio e penso: toh guarda, sto diventando una stronza.
E poi: cazzo, se avessi
saputo che funzionava così bene, ci sarei diventata già anni fa.
Il punto, miei cari, è
che di notte non dormo nel tentativo di organizzare tutto, ma una
volta sorto il sole, dopo aver messo dei paletti, delle recinzioni,
dato ordini, mandato altri a fare cose, usato i soldi per sbattermi
di meno e avere più tempo, quando mi siedo finalmente sul divano ho
la testa sgombra. Non sapevo neanche più cosa volesse dire, avere la
testa sgombra dalle grane. Dentro ci sono perfino dei pensieri, delle
emozioni, dei desideri. Ho delle idee magnifiche e delle belle
intuizioni, solo che ultimamente avevo sempre troppo sonno o troppa
fretta per rendermene conto
Questo post è dedicato
alla Frenci, a Cavallino, alla Tipa e a tutte quelle donne che devono
piantare dei paletti e delle recinzioni per sopravvivere. Io sono la
prova vivente che dopo si sorride di più.
venerdì 13 settembre 2013
Dacci oggi il nostro zen quotidiano
Con
un paio di blogamiche, dai primi di gennaio abbiamo dato inizio alla
sana abitudine di appuntarci, per ogni giorno, almeno un istante
positivo. Può essere una lunga doccia rigenerante, un piccolo regalo
che ci siamo fatte, un momento di pace con la famiglia, un dettaglio
del panorama, qualcosa che abbiamo mangiato con gusto; spesso è una
bella barzelletta, un pisolino rubato, una sigaretta fumata
lentamente, una mezz'ora di lettura di un buon libro alla sera. O
anche un angolo di bosco dove abbiamo parcheggiato la macchina per
lasciarci andare a un pianto liberatorio.
Funziona.
Dopo
un duemiladodici spaventoso, la collezione di attimi buoni sta
facendo sembrare il duemilatredici molto veloce, sopportabile, anche
simpatico. E' un'abitudine che fa bene.
Adesso
io e l'amico Grande Pagliaccio ne abbiamo instaurata un'altra.
Abbiamo entrambi problemi di soldi da gestire, famiglie
complicatissime, giornate allucinanti, problemi di insonnia e tanti
chilometri da percorrere ogni settimana. Da anni ci facciamo coraggio
con lunghe chiamate durante i viaggi, saluti su Facebook al mattino
molto presto e sms nelle ore più tremende della notte.
E
un giorno gli ho detto che ero stufa di rispondere alla domanda “come
stai?” con il solito “stanca”. Io sono SEMPRE stanca e ne ho,
sei giorni su sette, ottime ragioni. Il settimo sto recuperando per
gli altri sei, anche se magari è un giorno tranquillo. Ma da quando
ci si è lanciati nell'affido familiare non sono più esistiti
settimi giorni. Così non voglio più rispondere che sono stanca,
perchè si sa, che sono stanca. E a lui non voglio più chiedere
“come va?” perchè, purtroppo, la sequela infinita di problemi
tra cui deve barcamenarsi ogni settimana, da anni, prevede di rado
una risposta positiva.
Non
potendo cambiare le risposte, abbiamo stabilito di cambiare le
domande.
Così
ora, verso sera, può capitare che io mandi o riceva un sms di questo
tenore:
“Oggi
hai mangiato qualcosa di buono? Hai il naso che ti cola? Ti sei
lavato/a i piedi?”
O
anche:
“Oggi
hai sentito almeno due amici? Hai nominato i coccodrilli in un
discorso? Hai scompigliato i capelli a tuo/a figlio/a? Hai
accarezzato un cane?”
Oppure,
se non ci sentiamo da un po':
“Questa
settimana hai trombato? Hai letto un buon libro? Hai dormito almeno
una volta più di sei ore tutte di fila? Hai mandato a fare in culo
qualcuno che se lo meritava?”
Le
risposte a volte sono telegrafiche: sì, sì, no, sì. A volte, più
dettagliate. Lui è un uomo, se ha trombato non mancherà mai di
dettagliare, ahimè. Io, se rispondo sì a una domanda su bellezza o
igiene, aggiungo i particolari: “mi sono lavata i piedi con lo
scrub ai sali del mar Morto e mi sono data lo smalto rosso geranio”.
Ma è scrivere e leggere le domande che ci mette di buon umore, anche
perchè bisogna usare dell'inventiva, dell'ironia, è un piccolo rito
che obbliga a uscire dagli schemi della giornata, dalla distrazione
dei convenevoli scontati.
Sto
cercando un metodo per applicare questo benefico stravolgimento dei
punti di vista anche alle giornate di scuola. Per esempio: arrivo e
decido consapevolmente, dato che ho i sandali, di attraversare il
prato bagnandomi le dita di rugiada. Entro in classe e, dopo i
saluti, passo due minuti a studiare la disposizione dei banchi, a
spostare qualche fila, a fare ordine sulla cattedra o
nell'armadietto, come se avessi tutto il tempo del mondo. Interrompo
la lezione per cinque minuti perchè un alunno decide di raccontare a
tutti un film che ha visto. Non sono cose nuove, le facevo anche gli
anni scorsi, ma adesso mi intestardisco a contarle, a infilare un
momento di assoluta lentezza nello svolgimento frenetico di ogni
attività del mattino. Per adesso questo ha permesso a me di uscire
sana da due e anche tre ore di fila nella terza A, e forse ha
contribuito a tenere calma la classe. Ma di certo la terza A ha
trovato grande giovamento soprattutto dal fatto di cambiare
corridoio, aula, spazi, luce.
Lo
dicevo oggi all'Uomo e lui sfotteva:
“Cos'è?
Una questione di Feng Shui?”
Beh.
Io
non so se i miei ragazzi siano sensibili al fluire del Chi. Io sì.
Ho
deciso di prenderla come una bella, stimolante vacanza, fino a quando
riesco. In effetti, rispetto alla mia vita a casa, potrebbe anche
sembrarlo, una vacanza.
Anche
Dylan McKay è tornato a scuola carichissimo di buoni propositi, e
come lui alcuni degli irriducibili come Topoloso, Momo Docteur e
Atreiu. Oggi dettavo cose sulla cartografia e il reticolato
geografico e Greenwich e l'arco di parallelo, e siccome lui con
certosina concentrazione restava indietro ma non accelerava,
ostinandosi a scrivere con cura, ho detto: “Piano, aspettiamo
Dylan, che quest'anno ha deciso di essere ordinato e preciso, non
voglio turbare questo magnifico equilibrio.” Poi l'ho pubblicamente
ribattezzato L. Zen. Sotto il ciuffo che è sempre più sbarazzino,
non ha battuto ciglio, e ha continuato a scrivere. Credo stia tenendo
duro per non essere spostato, dato che per ora sono ancora
distribuiti come si sono messi da sé il primo giorno, e lui ha un
invidiabile banco vicino alla finestra, non troppo indietro, ma
nemmeno vicino alla cattedra. Pensavo che lo avrebbe usato come
trampolino per girarsi a lanciare stronzate a raffica verso tutta la
classe, o che avrebbe quantomeno guardato il panorama, ora che
abbiamo di nuovo la spettacolare vista su Paesino di Sogno e ci siamo
tolti dal rumore della statale. Invece no, sta attento, e anche gli
altri, per adesso, non si comportano male. Il Chi fluisce tranquillo.
martedì 19 febbraio 2013
Il tempo delle cose belle
"Ecco, abbiamo fatto geografia un'ora, ed è durata un'ora. E invece abbiamo fatto Dante, e non mi sono neanche accorto di quanto tempo passava."
Tra il sommo poeta e Atreiu è proprio amore.
Oggi, dopo qualche settimana che saltiamo Dante per fare altro, eravamo in effetti tutti così contenti di riaprire la Commedia, e loro stavano così attenti, che Cerbero con la barba unta e atra ci si è quasi materializzato davanti.
In terza invece leggiamo Manzoni. Che io volevo abolire, che secondo tanti colleghi alle medie è una perdita di tempo, che di anno in anno riassumevo sempre più. Guai: la terza C, che non ha voglia di far niente, si beve però capitolo su capitolo i Promessi sposi, e, a dimostrazione che non usano l'ora per dormire, me li restituisce con riassunti circostanziati e esposizioni dettagliate. Finora ho letto praticamente tutto. Anche pezzi che di solito riassumevo a voce. Il risultato è che Manzoni (Manzoni romanziere, chiariamo) mi piace più di quanto mi ricordassi. Perciò il mercoledì entriamo in questo stato di attenzione silenziosa e meno passiva di quel che potrebbe sembrare, e ci spariamo, a volte, quaranta minuti di romanzo. L'Arcangelo Occhiviola, in particolare, si mette in una posizione di tre quarti, come me quando guardo un film sul divano di casa, e si immobilizza come una pietra, tanto che a volte controllo che non stia pensando ai fatti suoi e regolarmente lui è attentissimo, anzi fa un micromovimento con il sopracciglio come a dire: "Beh? Che fai, ti fermi?". Vomitino* è sempre il primo ad alzare la mano per fare il riassunto a voce della puntata precedente, e Teppa Gentile e Arcangelo Nero puntualizzano con dettagli e particolari. Gli altri magari parlano solo se interrogati, ma dicendo cose sensate, quindi dimostrando di aver seguito. Christiane F. ha persino preso nove del riassunto, battendo anche l'Arcangelo Biondograno, che in scrittura è sempre la testa di serie della classe. Sono piuttosto contenta.
[*Bisognerebbe cambiare il soprannome a questo fanciullo, perchè è ancora pallidino come quando, all'inizio della prima, vomitava tutte le mattine per l'ansia di venire a scuola, ma adesso è sempre sorridente, ha messo su un bel fisico perchè è un campione regionale di judo e credo proprio che non vomiti più. Solo che per questo blog è Vomitino da due anni e mezzo, e mi sa che ormai è tardi per trovargli un altro nick.]
Tra il sommo poeta e Atreiu è proprio amore.
Oggi, dopo qualche settimana che saltiamo Dante per fare altro, eravamo in effetti tutti così contenti di riaprire la Commedia, e loro stavano così attenti, che Cerbero con la barba unta e atra ci si è quasi materializzato davanti.
In terza invece leggiamo Manzoni. Che io volevo abolire, che secondo tanti colleghi alle medie è una perdita di tempo, che di anno in anno riassumevo sempre più. Guai: la terza C, che non ha voglia di far niente, si beve però capitolo su capitolo i Promessi sposi, e, a dimostrazione che non usano l'ora per dormire, me li restituisce con riassunti circostanziati e esposizioni dettagliate. Finora ho letto praticamente tutto. Anche pezzi che di solito riassumevo a voce. Il risultato è che Manzoni (Manzoni romanziere, chiariamo) mi piace più di quanto mi ricordassi. Perciò il mercoledì entriamo in questo stato di attenzione silenziosa e meno passiva di quel che potrebbe sembrare, e ci spariamo, a volte, quaranta minuti di romanzo. L'Arcangelo Occhiviola, in particolare, si mette in una posizione di tre quarti, come me quando guardo un film sul divano di casa, e si immobilizza come una pietra, tanto che a volte controllo che non stia pensando ai fatti suoi e regolarmente lui è attentissimo, anzi fa un micromovimento con il sopracciglio come a dire: "Beh? Che fai, ti fermi?". Vomitino* è sempre il primo ad alzare la mano per fare il riassunto a voce della puntata precedente, e Teppa Gentile e Arcangelo Nero puntualizzano con dettagli e particolari. Gli altri magari parlano solo se interrogati, ma dicendo cose sensate, quindi dimostrando di aver seguito. Christiane F. ha persino preso nove del riassunto, battendo anche l'Arcangelo Biondograno, che in scrittura è sempre la testa di serie della classe. Sono piuttosto contenta.
[*Bisognerebbe cambiare il soprannome a questo fanciullo, perchè è ancora pallidino come quando, all'inizio della prima, vomitava tutte le mattine per l'ansia di venire a scuola, ma adesso è sempre sorridente, ha messo su un bel fisico perchè è un campione regionale di judo e credo proprio che non vomiti più. Solo che per questo blog è Vomitino da due anni e mezzo, e mi sa che ormai è tardi per trovargli un altro nick.]
lunedì 10 dicembre 2012
I capricci di madame
"E' una bibliografia relativa a Erodoto, in particolare ti devi leggere il libro II delle "Storie", paragrafi 1-98, guardare l'introduzione ed il commento a questo testo fatti da Lloyd, su un'edizione del testo delle Storie della Fond. Valla, del 1989, che penso troverai alla Berio o in universitaria (o sul precedente del 1976 ma in inglese, 'scia perdere), poi ti devi leggere la seconda parte del cap I di Le mirage égyptien (te lo leggo io, dato che è in francese?) di Froidefond, il testo di Dorati e quello di Thomas (che è in inglese). Non perdere la calma, si può fare. Questa è quella che io chiamo una bibliografia cazzuta, ma cose del genere erano il mio pane quotidiano quando lavoravo per Bertini."
Questa la mia risposta a un messaggio allarmato del cugino SDMS, il quale ha appena ricevuto un'enigmatica e-mail dalla docente di Storia greca, relativamente alla tesina su Erodoto che deve scrivere.
Il problema è che, mentre lui faticava a decifrare il bibliografese, io, alla lettura di:
Biblio: Hdt II (limitatamente alla parte descrittiva di usi e costumi, 1-98);
vd. introduzione e commento di A.L. LLoyd, in Erodoto, Le Storie, Libro II,
Milano Fondazione Valla, 1989; dello stesso Lloyd esiste una versione più
estesa e ricca di note esegetiche: Herodotus Book II. Introduction, “ EPRO” 43,
Leiden 1975; Commentary I, Leiden 1976); in generale, vd. Chr. Froidefond, Le
mirage égyptien, Aix-en-Provence 1971 (in partic. parte II, cap. I) ; M.
Dorati, Le «Storie» di Erodoto: etnografia e racconto (Pisa/Roma 2000); R.
Thomas, Herodotus in Context: Ethnography, Science, and the Art of Persuasion
(Cambridge 2000)
vd. introduzione e commento di A.L. LLoyd, in Erodoto, Le Storie, Libro II,
Milano Fondazione Valla, 1989; dello stesso Lloyd esiste una versione più
estesa e ricca di note esegetiche: Herodotus Book II. Introduction, “ EPRO” 43,
Leiden 1975; Commentary I, Leiden 1976); in generale, vd. Chr. Froidefond, Le
mirage égyptien, Aix-en-Provence 1971 (in partic. parte II, cap. I) ; M.
Dorati, Le «Storie» di Erodoto: etnografia e racconto (Pisa/Roma 2000); R.
Thomas, Herodotus in Context: Ethnography, Science, and the Art of Persuasion
(Cambridge 2000)
ho reagito all'incirca come Jamie Lee Curtis quando Kevin Kline le parla in spagnolo in quel vecchio film.
E questo, unito al fatto che, al messaggino "che studi di bello?" che le ho mandato, la dottoranda, pardon, la cultrice di materia Noisette ha risposto "questioni di sociologia della letteratura: evoluzione del sistema letterario, pubblico borghese, realismo..." e io sono andata in cucina, correndo, a staccarmi un pezzo di nocciolato dal volume preoccupante, mi dice che sarebbe davvero venuto il momento di riorganizzare le mie priorità.
Non dico l'anno sabbatico, addirittura, ma qualche pomeriggio di solitario e intenso godimento in una biblioteca, o un bel convegno, neh.
giovedì 18 ottobre 2012
Certi amori non finiscono
...fanno dei giri immensi...
Tipo che ne avrei anche abbastanza, ecco, di avere delle grane, e sempre io, e sempre sola come un cane, in mezzo a colleghi di cui mi fido sempre meno, e sempre alle 7.55 di mattina.
Tipo che ormai quando entro a scuola alle 7.54 e mi dirigo verso il corridoio est per posare le mie borse, sempre più traboccanti di lavoro arretrato, in classe, e poi tornare indietro e posare la giacca in sala prof, scambiare due parole coi colleghi e aspettare la campanella (che ormai le bidelle hanno rinunciato a suonare puntualmente alle 7.55, tanto arriviamo comunque tutti in classe alle otto e amen... statalidimerda!), intravedo subito la mole ragguardevole del Gigante, e penso: "Fa' che non sia lì per me..." e lui si gira e io spero che i suoi occhi castani mi oltrepassino, invece si fermano su di me, e allora per un millesimo di secondo spero che lo facciano per prendere nota che sono io e salutarmi, magari con un sorriso, ma NO: apre la bocca, senza assolutamente sorridermi, e mi annuncia una grana. Che io incasso, con le chiavi della macchina in mano, la borsa a tracolla, la giacca addosso.
E così, quando entro in classe, ho già la testa piena di frasi che riguardano psicologhe assistenti sociali vigili urbani polizia postale problemi di disciplina genitori che devono essere convocati presidi che devono parlarmi colleghi che devono essere informati etc etc. E uno scazzo che solo la regina matrigna, la mattina che lo specchio le ha detto che ahimè Biancaneve era di molto più gnocca di lei.
La giornata si svolge perdendo pezzi per ogni dove e recuperandoli a prezzo di improbabili acrobazie. E Bambino di Formaggio che non ha i libri, e questo che deve recuperare il compito e non si presenta, e quella che si sente male e bisogna chiamare la mamma, e il consultorio che non ci manda la ginecologa, e l'Inutile che non c'è mai quando serve ma si materializza pachidermicamente tra i coglioni quando nessuno la vuole, etc etc etc etc. E a volte mi perdo delle cose, delle sensazioni, che in altri periodi coltivavo con gioia.
Prendiamo questo ragazzino, che l'anno scorso era tra le mie passioni e ora, un po' cresciuto, un po' inscorbutichito, un po' troppo sbruffone e malizioso, sono più le volte che si fa sgridare che quelle in cui mi colpisce positivamente. Sono settimane che prende note ogni giorno, i colleghi lo buttano regolarmente fuori. E' una bella spina nel fianco. E poi ho altre grane per le mani, ho poco tempo per stare a guardarlo mentre cresce, lui almeno è uno che si arrangia.
...e poi ritornano.
Oggi avevano tema e io cercavo di mettere in ordine il registro in pace.
"Prof?"
"Prof?"
"Prof, come si scrive...?"
"Prof, come si dice...?"
"Prof, ma così è troppo corto il tema?"
"Prof, ma a me non l'ha messo il voto di Geografia?"
"Prof, ma..."
"Prof?"
"Prof?"
Sono ventisei. Mi hanno chiamato, in media, tre volte a testa. Alla fine della seconda ora avevo il mal di mare.
Inizia la terza ora, dopo l'intervallo, e, ormai disperando di riuscire a finire i miei lavori, a un certo punto gironzolo in mezzo ai banchi, perchè a quelli di seconda fa ancora piacere essere presi per il cappuccio della felpa e strapazzati quando dicono una cazzata, o che io mi chini sul foglio per controllare come stanno scrivendo. Arrivo nell'angolo in fondo, dalla finestra, che da sempre è l'antro di Dylan McKay. E come sempre la sua personalità ingombrante ha preteso il suo spazio: c'è roba sua intorno al banco nel raggio di tre metri, e non è semplice in una classe dove ventisei anime si portano zaino, cartellina di tecnica, giacche e scarpe di ricambio per l'ora di fisica. Per terra, vicino al banco, c'è anche la confezione di plastica di una torta del Mulino Bianco.
"Cosa diavolo è? Ti sei portato una torta?"
Ride. Alzo gli occhi. Sul calorifero c'è la base della confezione, quella a forma di vassoietto, con sopra una fetta di torta al limone.
Che si sta scaldando sul calorifero tiepido, pronta per un'ottima degustazione.
...
...
...
Volevo esibirmi nel solito gesto di disprezzo assoluto e indignato, fare la faccia schifata e la voce grossa. Ma mi è partita una risata, gli ho spettinato il ciuffo castano e l'ho abbracciato. Più tardi, dalla cattedra, ho dato uno sguardo al fondo della classe, e l'ho beccato con mezza fetta infilata in bocca. "Dylan..." Ha alzato le sopracciglia, deglutito e detto: "E' BUONISSIMA!"
Mi è toccato ricordarmi che, l'anno scorso, quando le sue maestre delle elementari mi hanno chiesto come andava, la domanda è stata letteralmente questa: "Ha fatto innamorare anche te?".
Tipo che ne avrei anche abbastanza, ecco, di avere delle grane, e sempre io, e sempre sola come un cane, in mezzo a colleghi di cui mi fido sempre meno, e sempre alle 7.55 di mattina.
Tipo che ormai quando entro a scuola alle 7.54 e mi dirigo verso il corridoio est per posare le mie borse, sempre più traboccanti di lavoro arretrato, in classe, e poi tornare indietro e posare la giacca in sala prof, scambiare due parole coi colleghi e aspettare la campanella (che ormai le bidelle hanno rinunciato a suonare puntualmente alle 7.55, tanto arriviamo comunque tutti in classe alle otto e amen... statalidimerda!), intravedo subito la mole ragguardevole del Gigante, e penso: "Fa' che non sia lì per me..." e lui si gira e io spero che i suoi occhi castani mi oltrepassino, invece si fermano su di me, e allora per un millesimo di secondo spero che lo facciano per prendere nota che sono io e salutarmi, magari con un sorriso, ma NO: apre la bocca, senza assolutamente sorridermi, e mi annuncia una grana. Che io incasso, con le chiavi della macchina in mano, la borsa a tracolla, la giacca addosso.
E così, quando entro in classe, ho già la testa piena di frasi che riguardano psicologhe assistenti sociali vigili urbani polizia postale problemi di disciplina genitori che devono essere convocati presidi che devono parlarmi colleghi che devono essere informati etc etc. E uno scazzo che solo la regina matrigna, la mattina che lo specchio le ha detto che ahimè Biancaneve era di molto più gnocca di lei.
La giornata si svolge perdendo pezzi per ogni dove e recuperandoli a prezzo di improbabili acrobazie. E Bambino di Formaggio che non ha i libri, e questo che deve recuperare il compito e non si presenta, e quella che si sente male e bisogna chiamare la mamma, e il consultorio che non ci manda la ginecologa, e l'Inutile che non c'è mai quando serve ma si materializza pachidermicamente tra i coglioni quando nessuno la vuole, etc etc etc etc. E a volte mi perdo delle cose, delle sensazioni, che in altri periodi coltivavo con gioia.
Prendiamo questo ragazzino, che l'anno scorso era tra le mie passioni e ora, un po' cresciuto, un po' inscorbutichito, un po' troppo sbruffone e malizioso, sono più le volte che si fa sgridare che quelle in cui mi colpisce positivamente. Sono settimane che prende note ogni giorno, i colleghi lo buttano regolarmente fuori. E' una bella spina nel fianco. E poi ho altre grane per le mani, ho poco tempo per stare a guardarlo mentre cresce, lui almeno è uno che si arrangia.
...e poi ritornano.
Oggi avevano tema e io cercavo di mettere in ordine il registro in pace.
"Prof?"
"Prof?"
"Prof, come si scrive...?"
"Prof, come si dice...?"
"Prof, ma così è troppo corto il tema?"
"Prof, ma a me non l'ha messo il voto di Geografia?"
"Prof, ma..."
"Prof?"
"Prof?"
Sono ventisei. Mi hanno chiamato, in media, tre volte a testa. Alla fine della seconda ora avevo il mal di mare.
Inizia la terza ora, dopo l'intervallo, e, ormai disperando di riuscire a finire i miei lavori, a un certo punto gironzolo in mezzo ai banchi, perchè a quelli di seconda fa ancora piacere essere presi per il cappuccio della felpa e strapazzati quando dicono una cazzata, o che io mi chini sul foglio per controllare come stanno scrivendo. Arrivo nell'angolo in fondo, dalla finestra, che da sempre è l'antro di Dylan McKay. E come sempre la sua personalità ingombrante ha preteso il suo spazio: c'è roba sua intorno al banco nel raggio di tre metri, e non è semplice in una classe dove ventisei anime si portano zaino, cartellina di tecnica, giacche e scarpe di ricambio per l'ora di fisica. Per terra, vicino al banco, c'è anche la confezione di plastica di una torta del Mulino Bianco.
"Cosa diavolo è? Ti sei portato una torta?"
Ride. Alzo gli occhi. Sul calorifero c'è la base della confezione, quella a forma di vassoietto, con sopra una fetta di torta al limone.
Che si sta scaldando sul calorifero tiepido, pronta per un'ottima degustazione.
...
...
...
Volevo esibirmi nel solito gesto di disprezzo assoluto e indignato, fare la faccia schifata e la voce grossa. Ma mi è partita una risata, gli ho spettinato il ciuffo castano e l'ho abbracciato. Più tardi, dalla cattedra, ho dato uno sguardo al fondo della classe, e l'ho beccato con mezza fetta infilata in bocca. "Dylan..." Ha alzato le sopracciglia, deglutito e detto: "E' BUONISSIMA!"
Mi è toccato ricordarmi che, l'anno scorso, quando le sue maestre delle elementari mi hanno chiesto come andava, la domanda è stata letteralmente questa: "Ha fatto innamorare anche te?".
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venerdì 4 maggio 2012
La goduria del riccio
Pensi che hai tutti i muscoli che ti fanno male e la testa che ti gira e sei tutta sudata.
Attribuiresti la colpa alle quindici precedenti tremende giornate, alle molte ore su una sedia scomoda tra il letto e il muro, o anche solo ai pochi minuti in cui tuo padre, quel vecchietto bianco e fragile che hanno messo al posto del titano che conoscevi, non ha opposto resistenza al farsi trasportare in sedia a rotelle attraverso l'ospedale.
Sei stanca, sì. E triste. Ma non è questo che ti fa dolere i muscoli. E' che da due ore non stai respirando, impegnatissima a seguire.
L'ultima volta che stavi così col fiato sospeso eri una ragazzina, eri a Montecarlo, e stavi guardando una partita di tennis tra Goran Ivanisevic e uno spagnolo, e gli scambi erano lunghissimi.
Stavolta c'è un uomo solo. Che parla con una voce caldissima e potente, con dolcezza e sarcasmo, con sapienza e allegria, con indignazione e poesia.
E la testa ti gira, perchè quell'uomo sta mettendo in scena un secolo di scienza, di storia, di filosofia, di cultura, controcultura, ignoranza, fede, tecnica, curiosità. E la sua voce sta riportando in vita Giordano Bruno, Galilei, Keplero, Campanella, Shakespeare, papi, dogi, cardinali, signori fiorentini, studenti padovani, personaggi uno dentro l'altro, uno sopra l'altro, e sapere, tanto tantissimo sapere, tanto di quel sapere che ti chiedi perchè hai mollato la classe di abilitazione A037 di storia e filosofia, che adesso magari insegneresti al liceo e la sera ti scoperesti a sangue testi come quello sul Seicento di Claudio Costantini o L'etica protestante e lo spirito del capitalismo o il Ginsborg o Il capitale o Seneca o i diari di bordo dei grandi esploratori, per poi, la mattina, cavalcare gloriosamente le idee, le intuizioni e le vicende dei grandi di tutto il mondo davanti a una classe di gente che sa di cosa stai parlando.
E sei tutta sudata perchè Marco Paolini è un tuo mito sovrano, da quando una sera con tuo padre anni fa hai visto in tv lo spettacolo sul Vajont, e questa è la prima volta che lo senti live in un teatro, e la sua voce dal vivo è di più, di più di più di più di quell'esperienza goduriosissima che ti eri prefigurata ascoltandone la registrazione.
Negli ultimi 21 giorni ho vissuto solo ed esclusivamente emozioni enormi, questa è una di quelle positive.
Attribuiresti la colpa alle quindici precedenti tremende giornate, alle molte ore su una sedia scomoda tra il letto e il muro, o anche solo ai pochi minuti in cui tuo padre, quel vecchietto bianco e fragile che hanno messo al posto del titano che conoscevi, non ha opposto resistenza al farsi trasportare in sedia a rotelle attraverso l'ospedale.
Sei stanca, sì. E triste. Ma non è questo che ti fa dolere i muscoli. E' che da due ore non stai respirando, impegnatissima a seguire.
L'ultima volta che stavi così col fiato sospeso eri una ragazzina, eri a Montecarlo, e stavi guardando una partita di tennis tra Goran Ivanisevic e uno spagnolo, e gli scambi erano lunghissimi.
Stavolta c'è un uomo solo. Che parla con una voce caldissima e potente, con dolcezza e sarcasmo, con sapienza e allegria, con indignazione e poesia.
E la testa ti gira, perchè quell'uomo sta mettendo in scena un secolo di scienza, di storia, di filosofia, di cultura, controcultura, ignoranza, fede, tecnica, curiosità. E la sua voce sta riportando in vita Giordano Bruno, Galilei, Keplero, Campanella, Shakespeare, papi, dogi, cardinali, signori fiorentini, studenti padovani, personaggi uno dentro l'altro, uno sopra l'altro, e sapere, tanto tantissimo sapere, tanto di quel sapere che ti chiedi perchè hai mollato la classe di abilitazione A037 di storia e filosofia, che adesso magari insegneresti al liceo e la sera ti scoperesti a sangue testi come quello sul Seicento di Claudio Costantini o L'etica protestante e lo spirito del capitalismo o il Ginsborg o Il capitale o Seneca o i diari di bordo dei grandi esploratori, per poi, la mattina, cavalcare gloriosamente le idee, le intuizioni e le vicende dei grandi di tutto il mondo davanti a una classe di gente che sa di cosa stai parlando.
E sei tutta sudata perchè Marco Paolini è un tuo mito sovrano, da quando una sera con tuo padre anni fa hai visto in tv lo spettacolo sul Vajont, e questa è la prima volta che lo senti live in un teatro, e la sua voce dal vivo è di più, di più di più di più di quell'esperienza goduriosissima che ti eri prefigurata ascoltandone la registrazione.
Negli ultimi 21 giorni ho vissuto solo ed esclusivamente emozioni enormi, questa è una di quelle positive.
martedì 17 aprile 2012
Ah, le printemps
Anche tipo basta parlare di
divorzi
morti
bambini trascurati
crisi
disgrazie
problemi...
No dai, davvero. Ho interrogato VENTISETTE persone oggi e sono esausta, voglio pensare solo a cose belle.
1) Potreste, è evidente, rimproverarmi che parlo sempre dei miei alunni maschi e poco o nulla delle bambine.
Ci sono vari motivi: che vado d'accordo coi maschi in generale, che ai maschi di dodici anni piace abbastanza parlare con me, che spesso in quella fascia d'età sono i più problematici da seguire, che ne fanno di tutti i colori. Ma anche che, se parlo di certe bambine, mi riduco un ammasso gelatinoso di prolattina e altri ormoni della gravidanza.
Prendiamo la Bambola, per esempio. Cioè, tu hai una figlia, no? E questa figlia è sana e normalmente equilibrata, e sei già contenta. Poi però è anche intelligente, acuta, brava a scuola, e porta a casa dei dieci come se in classe piovessero, e tu gongoli. E poi è bruna, con gli zigomi da gatta, gli occhioni neri vellutati, i gesti non sconclusionati da bambina, ma posati e eleganti da donnina, la voce dolce, e tu sei consapevole che gli uomini più avanti uccideranno per averla, ma anche che lei, per ora, non se la tira eccessivamente coi ragazzi. Ed è troppo. Infatti, quando la mamma della Bambola è venuta a parlare del rendimento di sua figlia per la prima volta, e io le ho fatto tanti complimenti per quanto è brava e matura e beneducata e sempre attenta la sua bambina, la mamma della Bambola si è messa a piangere dall'emozione. E lo capisco.
Oggi per esempio pensavo a un episodio di qualche giorno fa con la mamma di Tostissima e mi chiedevo cosa dev'essere avere una figlia, venire a parlare con la sua prof nell'intervallo, e vederla passare con l'inseparabile compagno di classe con cui, mesi fa, è scoppiato l'amore. Cioè, come si sente una donna guardando per la prima volta la figlia con il suo filarino? Cosa pensa? "Ah guarda, a lei piacciono alti e biondi con l'aria gentile?"*
Ecco, capite perchè non parlo quasi mai delle bambine? Ho mal di stomaco, adesso. Fanculo.
*descrizione sommaria di Biondosole, da settimane del tutto inscindibile da Tostissima, in quel modo di stare insieme pazzescamente bello da vedere che hanno certe coppie di bambini di undici anni: girare insieme nell'intervallo separati da trenta centimetri di aria che, per qualche strano motivo, è più densa dell'aria circostante. E se uno dei due si ferma a parlare con qualcuno, l'altro lo aspetta senza fretta, senza allontanarsi e senza smettere di addensare l'aria tutto intorno con la propria vicinanza, e poi ripartono insieme per il giro della scuola e, vedendoli ricompattare quell'unità, tutti si accorgono che è assolutamente inevitabile e logico che sia così.
Io e l'Inflessibile, guardando questo fenomeno, li abbiamo battezzati i Bengalini, come quegli uccellini colorati che si vendono solo in coppia e che sono noti anche come "inseparabili".
Risulta che per il possesso di Tostissima si sia anche scatenata l'ira funesta del nostro Dylan McKay, uscito però dalla tenzone sconfitto, non tanto da Biondosole quanto dal fatto che nessuno potrebbe mai decidere di "prendersi" Tostissima perchè lei è la miglior dimostrazione undicenne vivente del concetto "Io sono mia". E però è anche assolutamente di Biondosole, per scelta evidentemente propria.
2) E' primavera anche per le professoresse.
L'altro giorno ho portato in classe la foto del Laocoonte per illustrare ai bambini di prima la scena virgiliana dei due draghi marini e la collega Pianista, che stava facendo supplenza, mi ha chiesto di non mettere via il libro perchè dopo voleva vedere anche lei. Così all'inizio dell'ora successiva, mentre l'Inflessibile cazziava un genitore in sala prof, noi ci siamo rifugiate al tavolino degli Infedeli (dove stanno di solito quelli che non fanno religione!) con un'enciclopedia di arte e siamo passate dal Laocoonte al Galata morente, poi all'Hermes di Prassitele, e via così. Sul Galata lei, con tono sognante, ha detto:
"Ma secondo te allora gli uomini erano davvero tutti così?"
"Eh, sai, mangiavano diversamente da noi, si muovevano di più, si spostavano a piedi e a cavallo, erano dei guerrieri..."
Pausa di religiosa contemplazione del Galata, che in effetti, ora che ci penso, è persino più bello di Cristiano Ronaldo.
Sentirsi tornare indietro al ginnasio, quando guardare il corpo eccezionale del Discobolo sul libro di arte era un antidoto all'ennesima ora di interrogazioni sui paradigmi dei verbi greci, e con la compagna di banco si fantasticava, in modo ancora così vago, sugli eroi mitologici, sugli attori di Hollywood e sugli inarrivabili fratelli Afferni, che chiunque abbia frequentato il nostro liceo in quegli anni non può non ricordare.
divorzi
morti
bambini trascurati
crisi
disgrazie
problemi...
No dai, davvero. Ho interrogato VENTISETTE persone oggi e sono esausta, voglio pensare solo a cose belle.
1) Potreste, è evidente, rimproverarmi che parlo sempre dei miei alunni maschi e poco o nulla delle bambine.
Ci sono vari motivi: che vado d'accordo coi maschi in generale, che ai maschi di dodici anni piace abbastanza parlare con me, che spesso in quella fascia d'età sono i più problematici da seguire, che ne fanno di tutti i colori. Ma anche che, se parlo di certe bambine, mi riduco un ammasso gelatinoso di prolattina e altri ormoni della gravidanza.
Prendiamo la Bambola, per esempio. Cioè, tu hai una figlia, no? E questa figlia è sana e normalmente equilibrata, e sei già contenta. Poi però è anche intelligente, acuta, brava a scuola, e porta a casa dei dieci come se in classe piovessero, e tu gongoli. E poi è bruna, con gli zigomi da gatta, gli occhioni neri vellutati, i gesti non sconclusionati da bambina, ma posati e eleganti da donnina, la voce dolce, e tu sei consapevole che gli uomini più avanti uccideranno per averla, ma anche che lei, per ora, non se la tira eccessivamente coi ragazzi. Ed è troppo. Infatti, quando la mamma della Bambola è venuta a parlare del rendimento di sua figlia per la prima volta, e io le ho fatto tanti complimenti per quanto è brava e matura e beneducata e sempre attenta la sua bambina, la mamma della Bambola si è messa a piangere dall'emozione. E lo capisco.
Oggi per esempio pensavo a un episodio di qualche giorno fa con la mamma di Tostissima e mi chiedevo cosa dev'essere avere una figlia, venire a parlare con la sua prof nell'intervallo, e vederla passare con l'inseparabile compagno di classe con cui, mesi fa, è scoppiato l'amore. Cioè, come si sente una donna guardando per la prima volta la figlia con il suo filarino? Cosa pensa? "Ah guarda, a lei piacciono alti e biondi con l'aria gentile?"*
Ecco, capite perchè non parlo quasi mai delle bambine? Ho mal di stomaco, adesso. Fanculo.
*descrizione sommaria di Biondosole, da settimane del tutto inscindibile da Tostissima, in quel modo di stare insieme pazzescamente bello da vedere che hanno certe coppie di bambini di undici anni: girare insieme nell'intervallo separati da trenta centimetri di aria che, per qualche strano motivo, è più densa dell'aria circostante. E se uno dei due si ferma a parlare con qualcuno, l'altro lo aspetta senza fretta, senza allontanarsi e senza smettere di addensare l'aria tutto intorno con la propria vicinanza, e poi ripartono insieme per il giro della scuola e, vedendoli ricompattare quell'unità, tutti si accorgono che è assolutamente inevitabile e logico che sia così.
Io e l'Inflessibile, guardando questo fenomeno, li abbiamo battezzati i Bengalini, come quegli uccellini colorati che si vendono solo in coppia e che sono noti anche come "inseparabili".
Risulta che per il possesso di Tostissima si sia anche scatenata l'ira funesta del nostro Dylan McKay, uscito però dalla tenzone sconfitto, non tanto da Biondosole quanto dal fatto che nessuno potrebbe mai decidere di "prendersi" Tostissima perchè lei è la miglior dimostrazione undicenne vivente del concetto "Io sono mia". E però è anche assolutamente di Biondosole, per scelta evidentemente propria.
2) E' primavera anche per le professoresse.
L'altro giorno ho portato in classe la foto del Laocoonte per illustrare ai bambini di prima la scena virgiliana dei due draghi marini e la collega Pianista, che stava facendo supplenza, mi ha chiesto di non mettere via il libro perchè dopo voleva vedere anche lei. Così all'inizio dell'ora successiva, mentre l'Inflessibile cazziava un genitore in sala prof, noi ci siamo rifugiate al tavolino degli Infedeli (dove stanno di solito quelli che non fanno religione!) con un'enciclopedia di arte e siamo passate dal Laocoonte al Galata morente, poi all'Hermes di Prassitele, e via così. Sul Galata lei, con tono sognante, ha detto:
"Ma secondo te allora gli uomini erano davvero tutti così?"
"Eh, sai, mangiavano diversamente da noi, si muovevano di più, si spostavano a piedi e a cavallo, erano dei guerrieri..."
Pausa di religiosa contemplazione del Galata, che in effetti, ora che ci penso, è persino più bello di Cristiano Ronaldo.
Sentirsi tornare indietro al ginnasio, quando guardare il corpo eccezionale del Discobolo sul libro di arte era un antidoto all'ennesima ora di interrogazioni sui paradigmi dei verbi greci, e con la compagna di banco si fantasticava, in modo ancora così vago, sugli eroi mitologici, sugli attori di Hollywood e sugli inarrivabili fratelli Afferni, che chiunque abbia frequentato il nostro liceo in quegli anni non può non ricordare.
martedì 3 aprile 2012
Quando gli alunni non collaborano
E all'inizio dell'inizio dell'inizio era la Bestia Nera che, dovendo dividere con me le ore di lettere in I A, affermava che avrebbe fatto Storia (ah, grazie per avermi chiesto il mio parere), motivazione "Chi le fa tre ore alla settimana di Geografia???". Risposta: "Beh, avendo il tempo prolungato, io".
Poi, non so cosa sia accaduto.
Insomma, siamo ad aprile e abbiamo prodotto troppo poco. Il primo quadrimestre resterà nella storia come quello in cui ho dato meno voti su una disciplina. Ma non si riesce a interrogarli a piccoli gruppi, perchè si finisce sempre per buttarne fuori due, dare note ad altri tre, rimandarne a posto uno che invece di stare lì buono e farsi interrogare fa il buffone, sentir suonare la fine dell'ora insoddisfatti del lavoro svolto e con alcuni che hanno diritto ad almeno un paio di domande ancora.
Il libro fa schifo e ripete tredicimila volte le stesse cose in modo confuso e inutile, mette le informazioni più importanti nelle didascalie delle figure e dà per scontata un sacco di roba. Io detto, ma non faccio in tempo a sopperire a tutto.
In compenso, ho la classe splendidamente decorata da cartelloni sui principali fiumi italiani. Ma anche quelli hanno richiesto troppo tempo.
Mi restano da interrogare quasi tutti delle quattro suddivisioni della materia: Geografia Generale, Geografia dell'Italia Geografia delle regioni italiane e Geografia dell'Europa.
Ho in ballo un lavoro di cartelloni sui biomi europei che è ancora da far partire.
Ho in ballo un lavoro sotto il tutoring di quelli di seconda che è ancora da finire e valutare.
Ho in ballo un giro di lettura delle carte geografiche ed un altro di lessico, più tre o quattro giri di domande da posto, la correzione di due pacchi di prove e un'ulteriore prova scritta di ripasso a fine anno.
Oggi dopo l'ennesima delusione ho deciso di levarmi due giri di voti con le interrogazioni a tappeto subito dopo Pasqua, ma temo che non basterà, perciò mi vedo costretta a ricorrere alle interrogazioni programmate, che sono una cosa che io ODIO e ABORRO e considero IL MALE ASSOLUTO.
Sono incazzatissima con me stessa per essermi ridotta così e mentre cerco di fare un calendario sensato tutta la famiglia ha deciso che dovevo essere disponibile per fare altro e quindi il gatto mi cammina addosso, la gatta mi chiama, il cane mi porta il guinzaglio con intenzione e il marito mi gira intorno come un'anima in pena. Si accettano scommesse su quale di loro per primo prenderà un vaffanculo e uno spintone sgarbato.
Anche perchè ieri era il 2 aprile, giorno dei colloqui coi genitori, ed era il giorno in cui le mie fatiche peggiori dovevano considerarsi finite, invece siamo da capo e anzi abbiamo anche l'incubo del conto alla rovescia perchè, ormai, mancano complessivamente nove settimane e mezzo, e non vedo nessun Mickey Rourke disposto a imboccarmi mentre me ne sto bendata e semisdraiata sul pavimento davanti a un frigorifero.
Mannaggia.
Poi, non so cosa sia accaduto.
Insomma, siamo ad aprile e abbiamo prodotto troppo poco. Il primo quadrimestre resterà nella storia come quello in cui ho dato meno voti su una disciplina. Ma non si riesce a interrogarli a piccoli gruppi, perchè si finisce sempre per buttarne fuori due, dare note ad altri tre, rimandarne a posto uno che invece di stare lì buono e farsi interrogare fa il buffone, sentir suonare la fine dell'ora insoddisfatti del lavoro svolto e con alcuni che hanno diritto ad almeno un paio di domande ancora.
Il libro fa schifo e ripete tredicimila volte le stesse cose in modo confuso e inutile, mette le informazioni più importanti nelle didascalie delle figure e dà per scontata un sacco di roba. Io detto, ma non faccio in tempo a sopperire a tutto.
In compenso, ho la classe splendidamente decorata da cartelloni sui principali fiumi italiani. Ma anche quelli hanno richiesto troppo tempo.
Mi restano da interrogare quasi tutti delle quattro suddivisioni della materia: Geografia Generale, Geografia dell'Italia Geografia delle regioni italiane e Geografia dell'Europa.
Ho in ballo un lavoro di cartelloni sui biomi europei che è ancora da far partire.
Ho in ballo un lavoro sotto il tutoring di quelli di seconda che è ancora da finire e valutare.
Ho in ballo un giro di lettura delle carte geografiche ed un altro di lessico, più tre o quattro giri di domande da posto, la correzione di due pacchi di prove e un'ulteriore prova scritta di ripasso a fine anno.
Oggi dopo l'ennesima delusione ho deciso di levarmi due giri di voti con le interrogazioni a tappeto subito dopo Pasqua, ma temo che non basterà, perciò mi vedo costretta a ricorrere alle interrogazioni programmate, che sono una cosa che io ODIO e ABORRO e considero IL MALE ASSOLUTO.
Sono incazzatissima con me stessa per essermi ridotta così e mentre cerco di fare un calendario sensato tutta la famiglia ha deciso che dovevo essere disponibile per fare altro e quindi il gatto mi cammina addosso, la gatta mi chiama, il cane mi porta il guinzaglio con intenzione e il marito mi gira intorno come un'anima in pena. Si accettano scommesse su quale di loro per primo prenderà un vaffanculo e uno spintone sgarbato.
Anche perchè ieri era il 2 aprile, giorno dei colloqui coi genitori, ed era il giorno in cui le mie fatiche peggiori dovevano considerarsi finite, invece siamo da capo e anzi abbiamo anche l'incubo del conto alla rovescia perchè, ormai, mancano complessivamente nove settimane e mezzo, e non vedo nessun Mickey Rourke disposto a imboccarmi mentre me ne sto bendata e semisdraiata sul pavimento davanti a un frigorifero.
Mannaggia.
martedì 27 marzo 2012
Altro che dolce dormire
Meno sei giorni al colloquio coi genitori.
Dio, quando finisce tutta questa carta che aspetta la mia penna rossa?
E soprattutto, se io correggo e basta, chi le prepara le lezioni?
E se a scuola facciamo mattinate intere di revisione degli errori e metodologia della scrittura, chi interroga?
Sono sotto col lavoro, ormai siamo a circa nove settimane da quando ho praticamente annullato gli impegni a Genova per poter avere tutti i pomeriggi a casa, ho ripreso a bere caffè, ma anche a fare yoga e meditazione perchè tutte e tre le cose aiutano a tenere il cervello attivo.
Dovrei andare in Toscana questo weekend e meditavo di andarci senza iscrivermi a nessun corso, semplicemente portandomi giù una valigia di carta e diverse biro rosse, per vedere se facendo le pause nel giardino del tè e in sala di meditazione e mangiando vegetariano scavalco questa settimana di sbattimento atomico con un po' di risultati in mano.
Dio, quando finisce tutta questa carta che aspetta la mia penna rossa?
E soprattutto, se io correggo e basta, chi le prepara le lezioni?
E se a scuola facciamo mattinate intere di revisione degli errori e metodologia della scrittura, chi interroga?
Sono sotto col lavoro, ormai siamo a circa nove settimane da quando ho praticamente annullato gli impegni a Genova per poter avere tutti i pomeriggi a casa, ho ripreso a bere caffè, ma anche a fare yoga e meditazione perchè tutte e tre le cose aiutano a tenere il cervello attivo.
Dovrei andare in Toscana questo weekend e meditavo di andarci senza iscrivermi a nessun corso, semplicemente portandomi giù una valigia di carta e diverse biro rosse, per vedere se facendo le pause nel giardino del tè e in sala di meditazione e mangiando vegetariano scavalco questa settimana di sbattimento atomico con un po' di risultati in mano.
sabato 3 marzo 2012
Per trattar del ben
"Tant'è amara, che poco è più morte;
ma per trattar del ben ch'i' vi trovai,
dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte."
Ho scorto Occhioni che preparava dei crostini sorridendo.
Ho scorto Atreiu che, zitto e concentrato, asciugava dei piatti con Fichetto Albanese, una delle peggio teppe di III B.
Ho scorto lo Scoiattolo che saltava gli zucchini con rapide scosse del polso al manico della padella, dimostrando la maestria di uno chef professionista.
Ho scorto Biondo in Gamba che sceglieva con aria serissima le foglioline di rucola della misura giusta per decorare ogni cestino di insalata di farro.
Ho scorto Fichetto Albanese che, senza atteggiarsi al suo consueto fastidio esistenziale, sbatteva le uova fino a farne una schiuma vaporosa.
Ho scorto la Bionda Brutilde che mi ripeteva i nove endecasillabi scritti sulla porta dell'inferno per guadagnarsi il diritto di venire a cucinare.
Ho scorto gente che di solito non fa un tubo, in aula LIM, interessarsi agli affreschi di Giotto nella cappella degli Scrovegni.
Ho scorto Peste Romena che indovinava cosa significa "'nvidia prima" e si illuminava perchè c'era arrivato prima di tutti gli altri.
Ho scorto la delegazione marocchina girare per la scuola e, mentre portavo in mensa i prodotti delle fatiche culinarie del mattino, ho pensato che sono proprio fiera di lavorare in una scuola così bella, luminosa e piena di iniziative. E, tra l'altro, non piove nemmeno più in corridoio, ora che la neve si è sciolta.
ma per trattar del ben ch'i' vi trovai,
dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte."
Ho scorto Occhioni che preparava dei crostini sorridendo.
Ho scorto Atreiu che, zitto e concentrato, asciugava dei piatti con Fichetto Albanese, una delle peggio teppe di III B.
Ho scorto lo Scoiattolo che saltava gli zucchini con rapide scosse del polso al manico della padella, dimostrando la maestria di uno chef professionista.
Ho scorto Biondo in Gamba che sceglieva con aria serissima le foglioline di rucola della misura giusta per decorare ogni cestino di insalata di farro.
Ho scorto Fichetto Albanese che, senza atteggiarsi al suo consueto fastidio esistenziale, sbatteva le uova fino a farne una schiuma vaporosa.
Ho scorto la Bionda Brutilde che mi ripeteva i nove endecasillabi scritti sulla porta dell'inferno per guadagnarsi il diritto di venire a cucinare.
Ho scorto gente che di solito non fa un tubo, in aula LIM, interessarsi agli affreschi di Giotto nella cappella degli Scrovegni.
Ho scorto Peste Romena che indovinava cosa significa "'nvidia prima" e si illuminava perchè c'era arrivato prima di tutti gli altri.
Ho scorto la delegazione marocchina girare per la scuola e, mentre portavo in mensa i prodotti delle fatiche culinarie del mattino, ho pensato che sono proprio fiera di lavorare in una scuola così bella, luminosa e piena di iniziative. E, tra l'altro, non piove nemmeno più in corridoio, ora che la neve si è sciolta.
sabato 25 febbraio 2012
Note a piè di weekend
1) A me DAVVERO non frega sostanzialmente niente del jet set, a parte tutto. Cioè, ieri sera ero in COTONE nero (temperatura ore 01.00: gradi 3) con una gonna di ventisette centimetri, il push up e il tacco, tutto per poi finire a NON cenare nella stessa pizzeria delle altre notti, quella che tiene aperto finchè non ha mangiato l'ultimo degli attori e dei tecnici del teatro, e prendere una delle peggiori imbarcate di freddo della storia tornando alla macchina (da sola, perchè l'Uomo c'aveva gli amici famosi e non capiva più una cippa) nel cuore della notte. E francamente, a parte la compagnia del Conte Pazzo e di Fico Dentro, che sono due bellissime scoperte fatte durante il festival, facevo anche a meno di tutto il dopoteatro, frega assai a me di essere fotografata con attori e registi, men che meno di tentare miseramente di reggere il confronto con la fidanzata di Andrea Bosca, che è una delle donne più belle che abbia mai visto dal vivo. Ma Andrea è BRAVO, cazzo se è BRAVO, se non sapete ancora chi è lo scoprirete di sicuro nei prossimi mesi, perchè sta emergendo e se lo merita. Ieri ha portato ad Asti uno spettacolo, suo e di Elisa Galvagno, tratto da Fenoglio, e tutti e due hanno fatto faville.
2)La questione della mia alunna in cura presso l'ospedale per anoressia mi ha sconvolto. Ieri, mentre scrivevo il post prima di questo, tremavo come una foglia, e nel pomeriggio ho fatto una delle mangiate nervose più incontenibili di tutta la mia carriera di disturbata alimentare. So che la bambina è seguita da una professionista in gamba e ho visto che la madre è ben cosciente del problema e ben determinata a fare il possibile, spero che andrà tutto bene. So che la prima cosa da fare è non guardare Occhioni con paura o con ansia. E' avere pazienza, accompagnare il processo che sta facendo con la famiglia e coi medici, aiutarla a sopportare la quotidianità, a trovare soddisfazione e serenità a scuola, a mettere su dei mattoncini di se stessa. Volerle bene, perchè anche lei si voglia bene. Comunque sono scossa.
3) C'è un bel sole e io ho l'iPod pieno di musica. E' obbligatorio che vada a correre, non ho più scuse, ormai siamo fuori dall'inverno.
4) Dopo quasi tre settimane di pausa temo che dovrò riprendere contatto con gli affari genovesi e fissare degli appuntamenti. Meditavo di darmi morta, ma ho paura che non sia proprio possibile rimandare oltre. Però potrei gestirmeli io prima che me li fissino gli altri, e magari riuscire a farci stare per cena il famoso risotto al Porto Antico che sogno da due mesi. O un giro a piedi per Genova, l'ultimo l'ho fatto l'estate scorsa.
2)La questione della mia alunna in cura presso l'ospedale per anoressia mi ha sconvolto. Ieri, mentre scrivevo il post prima di questo, tremavo come una foglia, e nel pomeriggio ho fatto una delle mangiate nervose più incontenibili di tutta la mia carriera di disturbata alimentare. So che la bambina è seguita da una professionista in gamba e ho visto che la madre è ben cosciente del problema e ben determinata a fare il possibile, spero che andrà tutto bene. So che la prima cosa da fare è non guardare Occhioni con paura o con ansia. E' avere pazienza, accompagnare il processo che sta facendo con la famiglia e coi medici, aiutarla a sopportare la quotidianità, a trovare soddisfazione e serenità a scuola, a mettere su dei mattoncini di se stessa. Volerle bene, perchè anche lei si voglia bene. Comunque sono scossa.
3) C'è un bel sole e io ho l'iPod pieno di musica. E' obbligatorio che vada a correre, non ho più scuse, ormai siamo fuori dall'inverno.
4) Dopo quasi tre settimane di pausa temo che dovrò riprendere contatto con gli affari genovesi e fissare degli appuntamenti. Meditavo di darmi morta, ma ho paura che non sia proprio possibile rimandare oltre. Però potrei gestirmeli io prima che me li fissino gli altri, e magari riuscire a farci stare per cena il famoso risotto al Porto Antico che sogno da due mesi. O un giro a piedi per Genova, l'ultimo l'ho fatto l'estate scorsa.
lunedì 20 febbraio 2012
Giornate veramente produttive
Ahhh ragazzi.
Intanto, funzionano di nuovo lavatrice E calderina. Quindi in questa casa tenersi puliti e profumati non è più un'impresa degna dei pionieri del selvaggio West.
Poi è venuto FINALMENTE a trovarci, dopo mesi, e mesi, e mesi di richieste in carta bollata, petizioni, suppliche e disperati appelli, il cugino nazionale.
Precettato dalla sottoscritta allo scopo di svolgere alcuni compiti ormai resisi imprescindibili, SDMS ha passato a Asti 48 frenetiche ore, nel corso delle quali abbiamo fatto shopping duro, scoprendo così che i nostri DNA, quasi del tutto sovrapponibili, fanno sì che siamo identici anche nel comprare. Si dà il caso che fosse la prima volta che facevamo un gior di compere, a parte i souvenir in vacanza, ai quali ci si approccia sempre in una maniera molto scialla, if you know what I mean.
Tipo: aver già deciso a casa cosa prendere, entrare come un cacciabombardiere nel negozio, puntare dritto sparato sull'obiettivo, soppesare alcune caratteristiche e comprare, senza degnare di un solo sguardo tutto quel che sta intorno. Con questa modalità siamo entrati decisi da Mediaworld, da Oviesse e da Biellascarpe e ne siamo riemersi con la checklist tutta perfettamente spuntata: iPod, macchina fotografica digitale, scarpe, pantaloni. Più due boccette di smalto, unica concessione all'estro del momento. Ma in qualche modo dovevo essere risarcita dell'orrendo imbarazzo vissuto nell'assistere alla prova jeans del diletto parente. E dovergli sussurrare tra i denti, cercando di non farmi sentire dalla moglie anziana e dalla madre presenti fuori dagli altri due camerini per uomo: "Gli skinny sono - ahem - proprio un po' gay, i regular forse a me piacciono di più perchè sono evidentemente parziale e fanno molto etero, ma sicuramente gli slim sono quelli che ti stanno meglio e - ahemsìokaynonsocomedirlosenzachesuoniorribiledettodameperòeccoperdoveredicronacamiècapitatodinotareche - ti fanno un gran bel culo." Ed è vero che io, da anni, vedevo il cugino solo in tuta, in pigiama o con quegli indefinibili pantaloni che hanno la cinta a metà chiappa e il cavallo tre centimetri sotto il ginocchio, per cui è stata una gradevole sorpresa che anche lui, messo in un paio di braghe normali, abbia delle proporzioni simili a quelle di un essere umano e non di un alieno. Dopo questa puntuale ed esaustiva recensione, comunque, ha scelto due modelli su tre, vi lascio indovinare quali.
Io, per riprendermi, ho comprato questo meraviglioso smalto color scaglia di sirena che qua sotto vi mostro, unitamente al mio altro acquisto grazie al quale dovrei andare a correre (o almeno a camminare) un po' più lietamente. E un altro smalto blu metallizzato.
A seguire, il giovane e ormai superinfighettato cugino ha riposto in valigia i nuovi elementi del suo guardaroba e si è dedicato con abnegazione a darmi le prime dritte su iPod e macchina digitale.
Dopo di che, di tutto punto armata, mi sono iscritta alla winter school di media education che si teneva qui ad Asti e ho così passato i successivi tre giorni a discettare di educazione all'uso responsabile di nuove tecnologie e a imparare applicazioni didattiche di vari strumenti oggi maneggiati più dai ragazzi che dagli adulti. E siccome sono una multitasker per definizione, ne ho approfittato per stringere amicizia con un papà adottivo ultracinquantenne e farmi raccontare la sua esperienza, nonchè per avviare una fruttuosa, spero, collaborazione con una studiosa di sviluppo sostenibile. Inoltre nelle parti noiose del convegno iniziale ho scritto il progetto di cui parlavo nel post precedente.
Poi ho partecipato a tre mezze giornate di laboratori che mi hanno enormemente assorbito e da cui esco con un bel po' di roba che intendo condividere qui. Ero finita nel gruppo che si doveva occupare di blog, mobile e app per iPhone e iPad.
E' stata una bella esperienza, quella di rientrare in università, di dimenticare per giorni interi la borsa dei compiti da correggere, la casa, il parentado, le grane economiche e legali, e anche di lavorare con altri, non tutti insegnanti tra l'altro, su temi che io sempre meno marginalmente incontro nella mia vita di prof e di persona.
E' stato anche un modo per rendermi conto di quanto il blog, ad oggi, mi identifica, di quante nuove sottili dimensioni di interazione con altri sono iniziate grazie ai social network per una donna adulta, di quanto il pubblico e il privato si sono fortemente mischiati creando qualcosa che prima non esisteva. E ho preso coscienza che ormai, se mi chiedono cosa faccio nella vita, mi viene automatico dire che insegno, che studio e che sono una blogger, anche se il mio blog non ha certo la risonanza di altri che sono quasi a livello di giornali online per numero di lettori. E a me, sia concesso dirlo, non me ne frega assolutamente niente di non avere migliaia di follower, mi frega di scrivere, di condividere con alcuni ma non necessariamente con tutti, e di incontrare tramite i blog gente come me che riflette e che si racconta. E' una nuova dimensione della mia vita, sia esteriore che interiore.
Domani, dopo aver incontrato, a proposito di nuove dimensioni, Noisette (abbiamo deciso che la nostra amicizia fresca fresca può essere sperimentata nel contesto del tutto particolare del giro insieme all'Ikea, il che secondo me è un segno di enorme confidenza con una persona), vi narrerò un po' delle cose che abbiamo discusso nei laboratori, e cercherò di condividere un po' di materiali utili per la riflessione con gli alunni, ma anche coi figli, sul tema della crossmedialità (che parola bellissima che ho imparato! è bella quasi quanto "cingolato") e della netiquette e mobile-etiquette.
Intanto beccatevi il cugino in tutto il suo barbuto e rossiccio splendore, mentre mi inizia ai misteri della fotografia digitale. Sopra avete già visto alcune prove di foto, per documentare la collocazione della nuova sede universitaria astigiana in un'antica scuderia della caserma, che vedete sullo sfondo, oggi deserta e in attesa di nuova destinazione.
Alla prossima.
Intanto, funzionano di nuovo lavatrice E calderina. Quindi in questa casa tenersi puliti e profumati non è più un'impresa degna dei pionieri del selvaggio West.
Poi è venuto FINALMENTE a trovarci, dopo mesi, e mesi, e mesi di richieste in carta bollata, petizioni, suppliche e disperati appelli, il cugino nazionale.
Precettato dalla sottoscritta allo scopo di svolgere alcuni compiti ormai resisi imprescindibili, SDMS ha passato a Asti 48 frenetiche ore, nel corso delle quali abbiamo fatto shopping duro, scoprendo così che i nostri DNA, quasi del tutto sovrapponibili, fanno sì che siamo identici anche nel comprare. Si dà il caso che fosse la prima volta che facevamo un gior di compere, a parte i souvenir in vacanza, ai quali ci si approccia sempre in una maniera molto scialla, if you know what I mean.
Tipo: aver già deciso a casa cosa prendere, entrare come un cacciabombardiere nel negozio, puntare dritto sparato sull'obiettivo, soppesare alcune caratteristiche e comprare, senza degnare di un solo sguardo tutto quel che sta intorno. Con questa modalità siamo entrati decisi da Mediaworld, da Oviesse e da Biellascarpe e ne siamo riemersi con la checklist tutta perfettamente spuntata: iPod, macchina fotografica digitale, scarpe, pantaloni. Più due boccette di smalto, unica concessione all'estro del momento. Ma in qualche modo dovevo essere risarcita dell'orrendo imbarazzo vissuto nell'assistere alla prova jeans del diletto parente. E dovergli sussurrare tra i denti, cercando di non farmi sentire dalla moglie anziana e dalla madre presenti fuori dagli altri due camerini per uomo: "Gli skinny sono - ahem - proprio un po' gay, i regular forse a me piacciono di più perchè sono evidentemente parziale e fanno molto etero, ma sicuramente gli slim sono quelli che ti stanno meglio e - ahemsìokaynonsocomedirlosenzachesuoniorribiledettodameperòeccoperdoveredicronacamiècapitatodinotareche - ti fanno un gran bel culo." Ed è vero che io, da anni, vedevo il cugino solo in tuta, in pigiama o con quegli indefinibili pantaloni che hanno la cinta a metà chiappa e il cavallo tre centimetri sotto il ginocchio, per cui è stata una gradevole sorpresa che anche lui, messo in un paio di braghe normali, abbia delle proporzioni simili a quelle di un essere umano e non di un alieno. Dopo questa puntuale ed esaustiva recensione, comunque, ha scelto due modelli su tre, vi lascio indovinare quali.
Io, per riprendermi, ho comprato questo meraviglioso smalto color scaglia di sirena che qua sotto vi mostro, unitamente al mio altro acquisto grazie al quale dovrei andare a correre (o almeno a camminare) un po' più lietamente. E un altro smalto blu metallizzato.
A seguire, il giovane e ormai superinfighettato cugino ha riposto in valigia i nuovi elementi del suo guardaroba e si è dedicato con abnegazione a darmi le prime dritte su iPod e macchina digitale.
Dopo di che, di tutto punto armata, mi sono iscritta alla winter school di media education che si teneva qui ad Asti e ho così passato i successivi tre giorni a discettare di educazione all'uso responsabile di nuove tecnologie e a imparare applicazioni didattiche di vari strumenti oggi maneggiati più dai ragazzi che dagli adulti. E siccome sono una multitasker per definizione, ne ho approfittato per stringere amicizia con un papà adottivo ultracinquantenne e farmi raccontare la sua esperienza, nonchè per avviare una fruttuosa, spero, collaborazione con una studiosa di sviluppo sostenibile. Inoltre nelle parti noiose del convegno iniziale ho scritto il progetto di cui parlavo nel post precedente.
Poi ho partecipato a tre mezze giornate di laboratori che mi hanno enormemente assorbito e da cui esco con un bel po' di roba che intendo condividere qui. Ero finita nel gruppo che si doveva occupare di blog, mobile e app per iPhone e iPad.
E' stata una bella esperienza, quella di rientrare in università, di dimenticare per giorni interi la borsa dei compiti da correggere, la casa, il parentado, le grane economiche e legali, e anche di lavorare con altri, non tutti insegnanti tra l'altro, su temi che io sempre meno marginalmente incontro nella mia vita di prof e di persona.
E' stato anche un modo per rendermi conto di quanto il blog, ad oggi, mi identifica, di quante nuove sottili dimensioni di interazione con altri sono iniziate grazie ai social network per una donna adulta, di quanto il pubblico e il privato si sono fortemente mischiati creando qualcosa che prima non esisteva. E ho preso coscienza che ormai, se mi chiedono cosa faccio nella vita, mi viene automatico dire che insegno, che studio e che sono una blogger, anche se il mio blog non ha certo la risonanza di altri che sono quasi a livello di giornali online per numero di lettori. E a me, sia concesso dirlo, non me ne frega assolutamente niente di non avere migliaia di follower, mi frega di scrivere, di condividere con alcuni ma non necessariamente con tutti, e di incontrare tramite i blog gente come me che riflette e che si racconta. E' una nuova dimensione della mia vita, sia esteriore che interiore.
Domani, dopo aver incontrato, a proposito di nuove dimensioni, Noisette (abbiamo deciso che la nostra amicizia fresca fresca può essere sperimentata nel contesto del tutto particolare del giro insieme all'Ikea, il che secondo me è un segno di enorme confidenza con una persona), vi narrerò un po' delle cose che abbiamo discusso nei laboratori, e cercherò di condividere un po' di materiali utili per la riflessione con gli alunni, ma anche coi figli, sul tema della crossmedialità (che parola bellissima che ho imparato! è bella quasi quanto "cingolato") e della netiquette e mobile-etiquette.
Intanto beccatevi il cugino in tutto il suo barbuto e rossiccio splendore, mentre mi inizia ai misteri della fotografia digitale. Sopra avete già visto alcune prove di foto, per documentare la collocazione della nuova sede universitaria astigiana in un'antica scuderia della caserma, che vedete sullo sfondo, oggi deserta e in attesa di nuova destinazione.
Alla prossima.
domenica 8 gennaio 2012
Simplify
La giornata ha tutto il diritto di non essere perfetta. Non per questo è stata una giornata persa.
Ce l’hai un posto dove chiuderti due giorni quando hai un lavoro molto importante da terminare che richiede concentrazione? Usalo.
Ce l’hai uno spiazzo dove fermare la macchina mentre vai o torni da lavorare, per pensare, fumare una sigaretta, riordinare l’agenda o finire di ascoltare una bella canzone che stava passando alla radio? Procura di avere tre minuti da buttare, nel caso che oggi quello spiazzo ti serva per staccare dallo stress e arrivare al lavoro o a casa col sorriso.
“Simplify your life”, scritto da un life coach e da un pastore evangelico, è un libro che riassume il contenuto di tanti altri manuali di autoaiuto, diviso per tematiche, e ha la ridicola pretesa di sistemare la vita dall’ambito lavorativo a quello spirituale, passando per la dieta, i rapporti di coppia e il decluttering del guardaroba.
Detta così non lo comprereste, vero? E invece nel suo piccolo è una vera miniera di consigli, non sempre spiccioli, a volte profondi. Ma anche quelli spiccioli servono. E’ scritto in modo da dare una grande serenità, soprattutto se, come ho fatto io, lo si legge con in mano una matita e si fanno crocette vicino alle cose che si fanno già per migliorarsi la vita quotidiana, e delle freccette vicino alle buone idee da mettere in pratica. La mia copia è quasi distrutta dall’uso, perché a intervalli di diciotto mesi rivedere alcuni passaggi ti fa capire quanta strada hai fatto per renderti un po’ meno stressato, un po’ meno incazzoso, un po’ meno preda delle distorsioni date da un’educazione severa.
Insomma, io lo consiglierei a tutti quelli che il lunedì mattina per buttare giù il primo piede dal letto devono prima buttare giù un muro nero del peso di trenta quintali che grava loro addosso, e anche a quelli che, come capita a me, alle due di notte sono alla terza tisana e a spulciare la libreria in cerca di un romanzo bello per passare la nottata, perché ormai è chiaro che non dormiranno.
Per me è stata fondamentale la parte sul riordino fisico e mentale dei materiali di lavoro.
Data la depressione che mi assaliva al pensiero dei prossimi giorni, che so bene quanto saranno faticosi, ho riletto alcuni passaggi sul semplificare il proprio tempo lavorativo. Così ho trovato un sacco di idee per far fare cose carine anche ai ragazzi, allo scopo di caricarli nelle giornate difficili. Giornate come doveva essere quella in cui abbiamo fatto l’ultimo dettato in seconda. DUE sufficienze.
Ce l’hai un posto dove chiuderti due giorni quando hai un lavoro molto importante da terminare che richiede concentrazione? Usalo.
Ce l’hai uno spiazzo dove fermare la macchina mentre vai o torni da lavorare, per pensare, fumare una sigaretta, riordinare l’agenda o finire di ascoltare una bella canzone che stava passando alla radio? Procura di avere tre minuti da buttare, nel caso che oggi quello spiazzo ti serva per staccare dallo stress e arrivare al lavoro o a casa col sorriso.
“Simplify your life”, scritto da un life coach e da un pastore evangelico, è un libro che riassume il contenuto di tanti altri manuali di autoaiuto, diviso per tematiche, e ha la ridicola pretesa di sistemare la vita dall’ambito lavorativo a quello spirituale, passando per la dieta, i rapporti di coppia e il decluttering del guardaroba.
Detta così non lo comprereste, vero? E invece nel suo piccolo è una vera miniera di consigli, non sempre spiccioli, a volte profondi. Ma anche quelli spiccioli servono. E’ scritto in modo da dare una grande serenità, soprattutto se, come ho fatto io, lo si legge con in mano una matita e si fanno crocette vicino alle cose che si fanno già per migliorarsi la vita quotidiana, e delle freccette vicino alle buone idee da mettere in pratica. La mia copia è quasi distrutta dall’uso, perché a intervalli di diciotto mesi rivedere alcuni passaggi ti fa capire quanta strada hai fatto per renderti un po’ meno stressato, un po’ meno incazzoso, un po’ meno preda delle distorsioni date da un’educazione severa.
Insomma, io lo consiglierei a tutti quelli che il lunedì mattina per buttare giù il primo piede dal letto devono prima buttare giù un muro nero del peso di trenta quintali che grava loro addosso, e anche a quelli che, come capita a me, alle due di notte sono alla terza tisana e a spulciare la libreria in cerca di un romanzo bello per passare la nottata, perché ormai è chiaro che non dormiranno.
Per me è stata fondamentale la parte sul riordino fisico e mentale dei materiali di lavoro.
Data la depressione che mi assaliva al pensiero dei prossimi giorni, che so bene quanto saranno faticosi, ho riletto alcuni passaggi sul semplificare il proprio tempo lavorativo. Così ho trovato un sacco di idee per far fare cose carine anche ai ragazzi, allo scopo di caricarli nelle giornate difficili. Giornate come doveva essere quella in cui abbiamo fatto l’ultimo dettato in seconda. DUE sufficienze.
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