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venerdì 10 ottobre 2014

Del mese di ottobre

Non riesco a sentirmi giù quanto dovrei essere.

Perché la terza fa gli scompleanni. Perché sono rimasti in sella tutti i colleghi precari nominati fino ad avente diritto e ieri a scuola c'erano persone sorridenti e un clima di allegria. Perché ho visto il coraggio composto con cui la Stepford Wife l'altroieri ha salutato i ragazzi della sua prima, dicendo che non sapeva se sarebbe stata ancora la loro prof, e anche l'ostinazione speranzosa con cui la Pianista ha preparato il lavoro per lo Stondaio a cui fa sostegno, volendo fermamente credere che sarebbe rimasta al suo posto, e comunque facendo bene il suo lavoro fino all'ultimo. Perché il Borbone Gentiluomo ha lasciato la cattedra intera a Prof Ragazzina (che non è affatto ragazzina, ma è più precaria di lui che le è passato davanti arrivando dal Sud: e qua i Savoia avrebbero sicuramente preferito che sbarcasse un aereo di contagiati dall'Ebola..) e tenuto le ore spezzate tra Scuolina Rosa e Scuolina Bianca. Perché il Gigante può dire quel che vuole, ma la scuola, amministrata da lui e autogestita da noi, funziona. Perché ieri ero scazzata e stanca per questioni di famiglia e a un certo punto ho mandato la Princi a spasso con il Bellissimo Berbero, che è il titolare attuale, e me ne sono andata a camminare nei boschi. Perché la mamma di Atreiu, quella di Huck Finn e quella di Winnie Pooh quando mi vedono mi abbracciano. Tutte le volte. E avendo tutte e tre il figlio minore a scuola da noi, anche se non nella mia classe, ci vediamo spesso.

Poi però non riesco nemmeno a essere su quanto vorrei essere.

Perché la mia città d'origine è di nuovo sott'acqua, e chissà chi era quel ragazzo intrappolato in un sottopasso in due metri d'acqua fangosa, chissà se era andato a lavorare, a bere una birra con un amico o a fare l'amore con la sua tipa, chissà dove abitava. Perché ci sono i fiori vicino alla statale, e Edoardo non corre più in moto, e anche se non era un mio alunno io non me lo levo più dalla testa. Perché ci sono troppe altre cose che nella mia testa non dovrebbero esserci e invece ci sono e tormentano i miei sogni. Perché mia zia si è fratturata proprio quando dovevo portarmela qua, e adesso per sessanta giorni siamo in un altro reparto ancora: e ci saranno cose logistiche da sistemare e per sistemarle quel che pesa vorrei tanto che fossero i chilometri e la fatica, invece sono come sempre le ansie, e nemmeno le mie, quelle degli altri. Perché il gatto ha qualcosa che non va e io non lo porto dal veterinario per paura di sentirmi dire quel che non mi voglio sentir dire, cioè che è vecchio e che si sta ammalando. Perchè i debiti sono tanti, le entrate sono ridotte, e le cose da comprare non finiscono mai. Perché quando mi lamento poi mi vergogno perché penso a tutto quello che ho di meraviglioso, e guardo la Princi e i suoi amici, e guardo i miei gagnetti di seconda e i miei Bufalotti di terza e mi viene da ridere.

Perchè è ottobre e a ottobre vorrei avere il tempo di raccogliere i pezzi, benedire e salutare ciò che si allontana, accogliere e coccolare ciò che arriva, e a volte, semplicemente, dormire.

mercoledì 19 febbraio 2014

L'assioma della gonna

Si prenda una professoressa e la si ponga in una scuola media.
Detta professoressa metterà i jeans il 97,6% dei giorni passati dentro all'edificio con gli alunni. Varierà l'abbigliamento con gonne lunghe e pantaloni di tela diversa dal jeans, molto raramente con pinocchietti o pantaloni 3/4.

L'unico giorno che metterà la gonna a pieghe non tanto lunga, dovrà accovacciarsi per terra e tirare su dal pavimento una ragazzina.

E' una verità matematica inoppugnabile.

domenica 16 febbraio 2014

Vi aggiorno


Non è che nel frattempo io abbia smesso di lavorare eh.

Anzi.

Un elenco, privo di cronologia e di collegamenti sensati, di alcuni eventi recentemente registrati sul pianeta Scuolina Rosa.

***
Esercizio: costruite un personaggio dalle abitudini sgradevoli.
Classe: III.
A parte la quantità di pedofili, assassini evasori fiscali, terroristi ambientali, stupratori, bigami, poligami, sfruttatori della prostituzione e spacciatori che, nell'immaginario del mio quattordicenne medio, sono etichettati come “persone dalle abitudini sgradevoli”.
Prima che mi svolgano l'esercizio scritto a casa, in classe facciamo un giro a voce: “Ditemi un tipo di persona, o di atteggiamento, che non sopportate”.
Quelli che mi parlano dietro”
Quelli che ti interrompono mentre parli”
Quelli che si fingono tuoi amici”
Quelli che non si fanno i fatti loro”

Arriva il turno di Atreiu:
Le persone con un comportamento infantile”
Io alzo il sopracciglio, apro la bocca, ma per un nanosecondo non esce alcun suono. Lo stiamo sospendendo perchè ha fatto i capricci nell'ora di ginnastica...
Al termine del nanosecondo, alza gli occhi lui e mi spara un sorrisone: “lo sapevo che con questa ti stecchivo” dice la sua faccia volpina. Io rido.

Viene il momento di Huck Finn:
Huck, chi è che non sopporti?”
Mio fratello.”
(Il fratello di Huck è una presenza costante nelle nostre ore di grammatica. Complemento oggetto: “Ieri ho menato mio fratello”. Costruzione passiva: “Mio fratello è stato menato da me”. Proposizione finale: “Oggi vado a casa prima per picchiare mio fratello”.)
Ridiamo, poi:
Va bene, ma a parte tuo fratello, povero bambino, chi è che ti dà fastidio?”
Nessuno.”
Euh, dai. Cioè, sei amico di tutti?”
“A parte mio fratello.”
Capito... ma per il resto?”
Niente, solo mio fratello.”
Cioè, se non fosse per tuo fratello saresti Gandhi?”
Sì. Chi è Gandhi?”

Banco davanti, Dylan McKay:
Io non sopporto le persone che ripetono le cose. E poi le persone che ripetono le cose.”

***
La Dolcebionda continua a fratturare alunni. In palestra, in montagna, alle gare.
Ne hai rotto un altro?” domando esterrefatta ogni volta che la vedo passare con un ragazzino che si regge un polso o che zoppica.

Purtroppo ho scoperto, nel corso di un divertentissimo pranzo con lei, Barbatello e il Gigante, che la Dolcebionda è nell'anno di prova e forse perderà il posto perchè deve venire da noi Celhodoro, grande amica di Celhoduro. Durante il pranzo peraltro il nostro magnifico, ma riservatissimo vicepreside si lascia andare a una serie di esternazioni con aria confidenziale, tra cui che lui Celhodoro non la sopporta e che gli spiace tanto che Dolcebionda non sia già fissa di ruolo. Poi mi fa: “sai chi mi ha chiesto l'amicizia su Facebook? La mamma di Spettacolo”. Io: “Beato te, scusa! E l'hai presa?” “Sì, io prendo praticamente tutti...” “Abbravo!!!” e agli altri poi spiego con calma che la mamma di spettacolo, proveniente da non so quale delle repubbliche baltiche, è penso la donna più strepitosamente bella che io abbia mai visto sul pianeta che non fosse su uno schermo. I due fetentoni ridacchiano. Poi io: “Beh, a me ha chiesto amicizia il papà di Dylan, comunque, uno pari”. Essendo il papà di Dylan neodivorziato e notoriamente convinto (come suo figlio del resto) di essere Mister Universo, la cosa solleva entusiasmo nei colleghi: “E lo hai preso?” “No! Io non prendo né alunni né genitori di alunni che ho in classe nell'anno in cui ce li ho, e poi scusate, ma quello... meglio perderlo che trovarlo!”
Al che la Dolcebionda, che ai tempi delle superiori è stata anni con Papà Rockstar, il padre più fico della storia dell'insegnamento, e adesso se lo ritrova a scuola come genitore di Nocciolina, ne approfitta per rivangare il passato con accorati sospiri.
'Sti pranzi del martedì si fanno vieppiù interessanti.
Il vicepreside che parla a ruota libera era veramente tanto che non lo vedevo, e se la Dolcebionda se ne ve chissà quando lo rivedo.

Mascara Waterproof continua ad andare a vomitare e accusare malesseri qua e là. Io le ho chiesto se era incinta già prima di Natale. La madre sostiene che è il ciclo. La figlia del Gigante, che la vede al doposcuola, sostiene che trattasi di anoressia. In generale comunque la ragazzina è impermeabile, come il suo mascara, a qualsiasi tentativo di farla studiare, ha otto materie sotto, e non scrive i compiti sul diario, così al doposcuola non possono aiutarla. Venerdì glieli ho scritti io.

***

La nuova prima:

Seta Nera
Satana
CCCP o il Bambino che Venne dal Freddo
il Tenero Nerd
David Copperfield
il Bambino più Grasso
Ballerina
Lentiggini
Cetriolina
Cipollina
Topolino
Puledrina
Omino Michelin
Grunge Girl
Scricciolo
Vagabionda
Piccola Afrodite
Bartleby
Nocciolina
Jammejà
Bambolotto

Le pagelle del primo quadrimestre dei suddetti, fatta eccezione per Satana (che è un iperattivo), per il Bambino più Grasso (che ha lacune assurde ma è molto in gamba) e per Grunge Girl (che è in gamba ma non studia affatto), erano notevoli. In particolare, il figlio di Grande Madre Russia, CCCP, è onestamente di brutto, ma di brutto, superiore nell'uso della lingua italiana, rispetto ad alcuni compagni assolutamente di ascendenza latina.

Quella classe comunque, per composizione, numero e capacità, è assolutamente perfetta. Se ci fossero dentro anche un paio di Marocchini sembrerebbe che me la fossi scelta su misura, e invece (ahaha) codesti ventun adorabili primini sono LO SCARTO, secondo le maestre, e anche secondo le abituali capacità di mastrussare la composizione classi del Troll e della Collega F., mentre i ventotto cocchidimamma, figlidipapà, raccomandatiallanascita della I B sono lenti, immaturi, insopportabili e (muahahah) troppo numerosi.
Sempre detto io che ero tagliata per stare nelle sezioni ghetto, che spesso si rivelano splendide, ma quando poi che la tua è una bella classe te lo dicono anche i colleghi, invidiosissimi dopo essersi dati la zappa sui piedi da soli, è uno sballo.

domenica 15 dicembre 2013

Hastiwood third edition

No, Pellegrina, di beneficenza ne faccio già tanta alla Repubblica Italiana regalando ore e energie per tutto quel che serve a rendere efficace la mia scuola, e se tu mi avessi mai incontrata lo sapresti, che non sono un tipo da solitario. A meno che per solitario non si intenda un gioco di carte. Ed anche l'altra accezione del termine solitario non è da me particolarmente amata, perché, appunto, coincide con l'essere soli. E sempre un po' tristi.

Se sedendomi scoprissi che, invece di centrare con le chiappe il solito formicaio di grane, ho involontariamente frantumato con il mio dolce peso la pentola d'oro dei folletti, e potessi non dirlo a nessuno, scappare via dalle responsabilità e tenermi tutto l'oro per me, lo userei per pagarmi corsi, convegni, specializzazioni, un biennio magistrale all'estero, il corso di arabo (e un pass illimitato alle terme, quello sì!).

Comunque.

Siamo al terzo giro di Hastiwood e ho cenato con Favino (ma non con Gassman che ci ha DI NUOVO DATO UNA SOLA MICIDIALE - adesso mi sono rotta. La prossima volta che mi dicono che me lo fanno conoscere, gli scrivo una mail dalla direzione artistica del festival, comunicandogli che lo riceveremo volentieri, ma solo se arriva completamente nudo, tutto abbronzato e abbracciato a quel famoso tronco di quella famosa foto del suo calendario di Max del 2001 che tanto ci ha fatto sognare tutte quante), con Sassanelli e con uno dei due splendidi ideatori del documentario sull'Italia dal pensoso titolo "Italy - Love it or leave it", conosciuto la scrittrice torinese di "Pulce non c'è" (da leggere assolutamente) e oggi vedrò credo anche il genio (una donna) che ha girato "Il castello", iperpremiato documentario sulla vita dietro le quinte dell'aeroporto di Malpensa. Peraltro aspetto con ansia di conoscere Roberto Chevalier. Un distinto signore quasi sessantenne con gli occhiali. Che, due o tre volte, ha stranito l'Uomo, telefonandogli mentre era in macchina o al supermercato. Perché quando rispondi pronto? e dall'altra parte senti la voce di Tom Cruise, voglio dire, anche se sei un uomo, un po' stranito ci resti. Quanto vorrei che telefonasse a me. Voglio stare tutta la sera a tavola con Chevalier e fingere che sia Charlie Babbitt colui che mi chiede di passargli il parmigiano per gli agnolotti.

Ma. Quest'anno la mia pazienza nell'ascoltare produttori, registi, fotografi, scrittori e sceneggiatori è gravemente diminuita. Ci sono un sacco di persone interessanti, poi però ci sono tutti quelli che parlano solo di soldi (e lo capisco, che, se devi produrre un film indipendente, sia il tuo incubo, trovare i soldi, dillo a noi che facciamo un festival con i fichi secchi) o che si parlano addosso o che ti parlano di Roma e degli agenti e dei segretari di produzione come se tu normalmente vivessi a Roma e con queste persone ci mangiassi a pranzo, quelli che tagliano panni, quelli che non sono mai contenti perché il festival è piccolo il proiettore non va bene c'è poca gente l'albergo fa schifo (e a molte di queste cose in tre anni abbiamo rimediato, il festival ora è sulle radio e sui giornali nazionali, l'albergo l'ho scelto io impuntandomi sull'ospitalità di qualità, ci facciamo un mazzo nero per avere staff, attrezzature e pubblico, insomma: se non vi andiamo bene, ci sono sempre Venezia e Cannes, andatevene sulla Croisette e lasciatemi lavorare, che oggi coi piccini devo fare la morte di Ettore).

Io ho troppe cose per la testa e non mi godo niente, come al solito. Ma qualche flash ce l'ho. So che di questo festival mi resteranno:
- la riga indimenticabile di cazzate sparate a raffica dal Visconte, anche detto Zio Phil
- l'impegno profuso dodici ore al giorno dai ragazzi dello staff che per darci una mano non mangiano, non dormono, spostano stanze intere, creano pareti dal nulla e sono sempre di buon umore (quest'anno oltre agli storici collaboratori ci sono anche 1) il figlio della Fata Romena, detto Bistecca di Drago per la sua forza sovrumana, 2) il biondo nipote della Fata che è altrettanto forte ma è anche massicciamente attraente, detto pertanto Elfo Gnocchissimo e da me di corsa presentato alla Princi, sperando che la distragga dal Bimbominkia di cui non riusciamo a liberarci, e 3) attenzione gente, Giovane Lupo, il mio strabeneamato strapreferito stracoccolato alunno di tanti anni fa! che bello)
- il sorriso generoso di tutti i fornitori, i ristoratori, i tecnici, i tassisti, i cassieri etc che ci hanno dato fiducia anche quest'anno, ora che abbiamo un terzo dei soldi che avevamo il primo anno per pagare i servizi e non ne facciamo mistero con nessuno
- le due belle giornate passate con la Cugina Bella dell'Uomo e il suo fidanzato, il Cronista, affettuosi e simpatici, che hanno entusiasmato la Princi ai punti che stamattina, alla loro partenza, ho chiesto di controllare in bagagliaio se per caso non s'è nascosta lì per farsi portare a Roma a vivere con loro
- la prenotazione del tavolo di ieri sera scritta a penna dal maitre con la sindrome di Down, che adora l'Uomo
- diverse centinaia di euro di debiti e la colite nervosa
- quell'atmosfera, tipo leggera sbronza di champagne, data dal girare a tarda sera per le vie semideserte, dopo aver gestito prenotazioni e appuntamenti del giorno successivo in tre o quattro locali, con questa sensazione che la città sia nostra per qualche giorno, per farne quel che vogliamo; quest'anno, ingigantita dallo sguardo curioso, stupito e contento della Princi, che è sempre e comunque la cosa più bella di tutte.







martedì 21 maggio 2013

Affido familiare - un post di condivisione





A rendere ancora più tempestose le mie aule, recentemente, concorrono, come potete immaginare, alcune allucinazioni che mi colgono qua e là, in pieno discorso, durante una sgridata, durante una sorveglianza in corridoio. Si tratta regolarmente delle facce, delle frasi e soprattutto degli occhi azzurri del nostro ragazzino affidatario, che mi passano davanti alla mente mentre sto facendo o dicendo qualsiasi cosa.

L’effetto è sempre lo stesso: "Toh, guarda come mi sembra tutto diverso adesso" e anche "Ma quando arrivano le maledette ferie? Ho altro da fare che ritirare per l’ennesima volta i diari di chi non ha fatto i compiti!"

Comunque, questo è un post di servizio per dire tre o quattro cose.

La prima è che, come solo alcuni sanno, esiste un blog specifico dove tengo il mio diario, incasinato e senza censure, a proposito della non-maternità, del percorso preadottivo e, ora, di questa esperienza di affido. Dato che i contenuti sono veramente molto personali, è un blog a numero chiuso, e anche molto ristretto. Però, se qualcuno di voi avesse da raccontare le sue esperienze di genitorialità alternativa, o avesse bisogno di sfogarsi e condividere le mille frustrazioni della non-genitorialità… fatemelo sapere che valuteremo come metterci in contatto.

La seconda cosa è che a me piacerebbe molto poter leggere di qualcuno che sta passando fasi simili alle nostre, ma ho cercato online e non ho trovato praticamente niente, anche perché io cerco storie di gente che ha avuto a che fare con adolescenti, non con bambini piccoli. In proposito ho lanciato un appello via mail a Silvia e Serena di GenitoriCrescono, che magari da qualche parte ne hanno parlato e hanno un giro di conoscenze online più vasto del mio. Ma se avete voglia di segnalare voi stessi o qualcun altro che conoscete e che potrebbe essere interessato a condividere esperienze, accomodatevi.

La terza cosa è che stanotte ho fatto le tre di mattina a leggere un testo appena comprato, e siccome ci sono certe informazioni che trascendono gli obiettivi del mio piagnucoloso e tormentato diario personale, preferisco segnalarlo qui dove può raggiungere un maggior numero di persone:

"Adozione, affido, accoglienza" di Gillian Schofield e Mary Beek

Le due signore britanniche di cui sopra sposano la teoria dell’attaccamento di Bowlby e applicano, in modo molto pratico e con un sacco di esempi tratti da storie vere, alcuni punti cruciali di questa teoria alla difficile convivenza tra caregivers e neonati-bambini-adolescenti separati dalla famiglia d’origine.

La cosa interessante è che dividono per argomenti, ma ogni argomento è trattato dal punto di vista dell’adulto, del bambino secondo le diverse fasce d’età e DELLE COSE CHE SI POSSONO FARE NELLA VITA QUOTIDIANA per favorire l‘instaurarsi di un rapporto sano e sicuro tra il minore e i suoi affidatari.

E poi, se volete saperlo, c’è anche un delizioso capitolo dove fanno un culo così agli operatori del settore, che dicono magari tutto e il contrario di tutto, che non prendono informazioni dal contesto reale ma solo dalle teorie e dai protocolli, e che DEVONO supportare adeguatamente la famiglia, oltre che il minore in sé. Nettare e ambrosia, per una come me che ha avuto a che fare coi protocolli del TM di Torino.

Insomma, se qualcuno di voi ha in casa un bimbo adottato, o in affido, o semplicemente deve stare vicino a un nipote o a un cuginetto in un momento difficile per la sua famiglia, questo libro merita lettura.

E per finire vi racconto una storia.

Qualche estate fa, in montagna, stiamo placidamente mettendo tavola per pranzo, quando una notizia del tg regionale richiama la nostra attenzione. E’ il solito incidente d’auto al rientro dalle vacanze, ma particolarmente orrendo, e riguarda una persona che, ad Asti, conoscono tutti, perché partecipa al Palio in un ruolo di spicco.

Lui e la moglie tornavano coi figli dalle ferie, in Puglia o Calabria, non so più, e si erano fatti la tirata in notturna. Lui si fa dare il cambio quando sono già sulla Piacenza - Torino, sono quasi le sei di mattina, ormai manca poco all‘arrivo. Lei si mette al volante, ma probabilmente è stata sveglia a lungo per tenere compagnia al marito, e appena pochi minuti dopo esce di strada, in uno di quei maledetti rettilinei ipnotici della Pianura Padana, dove è così facile chiudere un attimo gli occhi, tanto il volante lo devi sempre tenere dritto. La macchina vola giù nelle campagne. I figli, di undici e tredici anni, un maschio e una femmina, muoiono. Il marito perde un braccio. Lei non si fa praticamente niente. Di fisico, almeno.

A settembre, poche settimane dopo, si corre il Palio e lui è al suo posto, con una manica penzolante sul fianco e gli occhi vuoti.

A gennaio, io e l’Uomo ci troviamo seduti vicini a loro due al corso preadozione, che svolgiamo insieme. Poi varie volte capita di incontrarsi in centro città, per strada, a teatro, e anche di scriversi via mail. Lui si è fatto intanto una protesi all’avanguardia, e la rieducazione, in uno dei centri migliori d’Italia.

In questi anni, i nostri conoscenti si sono sentiti dire: dapprima, che era troppo presto dopo un simile trauma (e fin lì ci si poteva arrivare tutti, che gli psicologi volessero vedere un attimo come stavano); dopo, che per dare l’idoneità il tribunale voleva aspettare ancora sei mesi (e intanto era quasi un anno che giravano per colloqui). Infine hanno fatto ricorso contro il parere negativo del tribunale e credo lo abbiano vinto, ma naturalmente da Torino si sono ben guardati dall’abbinarli a qualsivoglia minore. Nel frattempo, girando per associazioni che trattano le adozioni internazionali, si sono anche sentiti rifiutare da quasi tutti l’apertura della pratica, con queste motivazioni: per l’handicap di lui, per il lutto recente, perché erano sposati solo civilmente o perché erano sposati da pochi anni (evidentemente i loro figli erano nati durante la convivenza).

Insomma, ogni volta che li abbiamo incontrati, sebbene loro fossero sempre sorridenti, calorosi e combattivi, ce ne siamo sempre andati con il cuore piccolo come una nocciolina di fronte a questo continuo, devastante piovere sul bagnato.

Fino a qualche settimana fa. L’Uomo ha incontrato lui, che dei due è il più espansivo e il più incline a raccontare, e mi ha portato a casa questa bella notizia: sono passati anche loro alla procedura di affido e hanno in casa due fratellini, di età abbastanza vicina a quella dei loro figli quando se ne sono andati.

Spero di incontrarli presto tutti insieme in centro e di poter fare le dovute congratulazioni, in culo ai protocolli. Che, tra parentesi, noi dobbiamo ancora firmare, per cui ogni tanto io mi sveglio di notte con l’ansia che poi alla fine sia tutto un bel buco nell’acqua.


Ah, e post scriptum:



 
 
 

Buon peso, leggetevi anche questo. E' magistrale. Ed è di una mia amica stretta stretta stretta, così stretta che per parecchio tempo ci hanno scambiato per sorelle e non è detto che non succederebbe ancora se girassimo insieme un po' più spesso.

lunedì 25 marzo 2013

Oh que je suis belle...


Belin, conciata come sono, ho vinto un premio.

Ma tu guarda, quando una si sente una cacca pestata e poi scopre che da qualche parte (LONTANISSIMO, per la verità!!!) c'è una blogger, di cui avrebbe fatto meglio a non perdere le simpatiche tracce, che le manda una sorta di patpat da oltreoceano.

Sto parlando di Fede, che scrive le sue divertenti cronache dalla Pennsylvania... e che ovviamente ringrazio!

Diciamo che stasera ero in modalità "metto Apologize con il tasto repeat" che non è mai un buon segnale. Ma questo premio mi ha leggermente consolata: sono passata, sempre con il repeat inserito, a A whiter shade of pale, che è un evidente progresso.

Allora, il premio prevede di ringraziare, fare una nomination, che in questo momento può andare solo a Marco, e di raccontare di sè sette cose (ma non siete stufi, non vi racconto già di me fino alla nausea? vabbè ma solo perchè me lo avete chiesto eh?), ma prima volevo mettervi qua una to do list:

1) voglio scrivere un post intitolato SE e dedicarlo a StudentessaLiceale, che mi ha fatto una domanda da 20 milioni di dollari nei commenti al post precedente.

2) devo assegnare dei premi Castagna, che mi sono ovviamente inventata di sana pianta, perchè negli scorsi mesi, pur avendo ben chiaro a chi volevo assegnarli, non ne ho fatto niente.

Sette cose di me (cercherò di non ripetere cose già note, comunque dovesse capitarmi mi scuso):

1. quando bevo mi disinibisco, a livello verbale e non solo. Lo sanno in pochissimi, perchè non bevo praticamente mai. Fortuna che alle superiori, quando alle feste e i sabati sera facevo un uso modico ma regolare di alcool, non mi si filava nessuno.

2. fumo da quando avevo 16 anni, e sono la sola delle mie amiche, che in quel periodo hanno tutte provato la prima sigaretta, ad aver continuato a fumare dopo l'adolescenza.

3. una volta ho provato un vero abito di Valentino, e non me ne dimenticherò mai. Io compro i jeans e le scarpe ai grandi magazzini e il resto sui cataloghi online, indipendentemente dalla mia disponibilità economica, ma potrei individuare un paio di autentiche Ferragamo anche se fossero chiuse in un container ancorato nel cemento sul fondo dell'oceano. E' un fatto cromosomico.

4. pur essendo di solito molto razionale, talvolta anche scettica e assolutamente non superstiziosa, credo fermamente nelle percezioni extrasensoriali. E ho buoni motivi per farlo.

5. ho attacchi spaventosi di vertigini sulle scale a chiocciola, indipendentemente se siano al chiuso o all'aperto e coi gradini alti o bassi, larghi o stretti. Ho camminato su tetti e su passerelle, a volte con paura, altre volte senza problemi, ma le scale a chiocciola mi mettono in crisi.

6. ho orrore degli uomini che si mangiano le unghie.

7. ho la compulsione a fare liste di qualsiasi cosa, soprattutto di impegni, per poi non rispettarle, perderle o rifarle cento volte.

domenica 10 marzo 2013

A proposito di sangue - un post vomitevole

Già che si parlava di splatter, il momento più rappresentativo di questo weekend abbastanza orrendo è stato quando mi sono portata a casa dall'ospedale il maglione di lana in cui papà, sfilandosi gioiosamente la cannula della flebo mentre dormiva, ha versato tipo mezzo litro di sangue.

Perchè, essendo in un reparto emergenze, dove tutti hanno molto da fare la notte coi nuovi arrivi, ed essendo lui un'emergenza risolta da giorni, non c'era particolare controllo stanza per stanza nelle ore di riposo; il vicino di letto dormiva beato, lui dormiva dissanguandosi, ma non lo sapeva perchè era sotto l'effetto di un sonnifero, e al mattino bello presto l'infermiera ha trovato il disastro, cambiato mio padre, cambiato il letto e messo pigiama e maglione in un sacco di plastica. Che, sul fondo, era diventato come il sacchetto della trota, dopo che l'hanno slamata al laghetto e te l'hanno confezionata per portartela a casa.

Dato che
a) io odio la pesca alla trota, e non da quando ho visto la luce sulla via del buddhismo, ma da quando avevo cinque anni e andavamo al laghetto con i nonni
b) io sento gli odori a distanza di chilometri
c) io tendo a svenire alla vista del sangue
d) io, dopo aver visto dal vivo qualsiasi cosa che abbia a che fare con le macellerie o gli ospedali, tendo a portarmi avanti per 48 ore un sordo mal di stomaco
ci si domanda come abbia potuto pensare di estrarre il maglione dal sacchetto e mettermi a lavarlo.

Ho flashes orrendi del quinto e del sesto risciacquo, in cui continuava a venir giù acqua rossa e io pensavo se, cadendo eventualmente svenuta, mi sarei fatta peggio in avanti, picchiando la faccia sul lavello, o indietro, battendo la testa sul pavimento: ma in quella è arrivata mia madre. Che si è chiesta ad alta voce non se io avessi bisogno di sedermi, di due schiaffetti e di una boccetta di sali, ma se il maglione si sarebbe infeltrito. Non che sia insensibile. E' che è un medico, LEI. Io NO. Le devono essere sfuggiti il pallore cadaverico e l'espressione lugubre con la quale le ho detto che non potevo semplicemente mettere a bagno il maglione e aspettare la Fata Pugliese lunedì, perchè c'era talmente tanto sangue che avrebbe puzzato subito mezza casa.

Mia madre non si ricorda di quella volta che è arrivata a casa, tanti anni fa, e non trovava più il sacchetto del macellaio, tanto che alla fine si era convinta di averlo posato sul bancone, pagando, e essere uscita dal negozio senza prenderlo. Senonchè tre giorni dopo, andando a fare la spesa con la sua Mini rossa, saliamo in macchina e notiamo un odore: che attribuiamo al fatto che ha piovuto e forse si sono un po' ammuffiti i tappetini. Poi lei scende, va nel supermarket e io no. Io cerco la fonte dell'odore che, al mio supernaso, non è per niente di muffa e viene dal sedile dietro. E così scopro conto che la Mini dietro ha come due tasconi portaoggetti, a fianco dei sedili, e in uno cosa c'è? Un sacchetto bianco. Con dentro qualcosa di marrone. Semisciolto. Che puzza, non fatemi dire di cosa, avete capito benissimo. Ecco, io dovevo avere tipo dodici anni e l'incoscienza della gioventù perchè ho preso il sacchetto, l'ho buttato in un bidone, sono tornata in macchina e poi le ho raccontato tutto, senza nemmeno vomitare. Succedesse di nuovo ora, smetterei di mangiare per una settimana.

Comunque, ho un attimo esagerato con il Napisan e il detersivo, quindi devo a mio padre un maglione di shetland grigio, perchè questo qua, che è profumatissimo e perfettamente pulito, è uscito dal lavaggio con la consistenza di un Muppet.

Però non sono svenuta, eh. Forse, Noise, dopotutto sono pronta per provare la Mooncup. Ma dopo la butto via perchè non me la sento di lavarla.

  

giovedì 6 dicembre 2012

Varie

 


1)

Semina un pensiero e nascerà un'azione;
semina un'azione e nascerà un'abitudine;
semina un'abitudine e nascerà un carattere;
semina un carattere e nascerà un destino.
 

 Anguttara Nikaya
 
 
Mi pare una bella cosa da pensare per un insegnante.


2)

Sono sconvolta dalle notizie che arrivano da Parigi, dall'amatissimo Queen Father. Menomale che Daddy è tornato a casa sano e salvo. Comunque tra la cugina di mio padre, Daddy, e la povera ragazza di Roma morta d'infarto a 34 anni, mi sta venendo la paranoia degli attacchi di cuore, che era una delle poche ansie che francamente finora non mi facevo.

3)

Perchè non riesco a disattivare il grassetto?

4)

Sono a casa malata: a giudicare dal dolore veramente forte in gola, e da alcuni altri dettagli che non vi piacerebbe leggere, sto per morire di difterite, come in un romanzo di Louisa May Alcott. Stanotte alle due e quaranta mi sono alzata in preda al panico, perchè deglutire, respirare e tossire erano tre cose che assolutamente non mi riuscivano. Mi sono curata rantolando un po' in bagno e poi tranquillizzandomi col mio sistema migliore, un libro sullo yoga. E andando a dormire in cameretta da sola, perchè mi ero già svegliata tre o quattro volte a causa dei gemiti che io stessa emettevo nel sonno. Non che l'Uomo si sia mai girato per vedere se stavo agonizzando. Lui pearaltro, da quando è finito il festival, sta in piedi per miracolo.

5)

Essendo io a casa malata, oggi ho lavorato talmente tanto che alle tre e mezza mi sono detta: fossi furba, invece che in mutua saresti a lavorare, sai come ti staresti riposando. Di tutto, ho fatto, persino cucire, col filo nero, un orlo di raso nero a uno scialle da sera di cachemire nero, rischiando di perdere definitivamente la mezza diottria rimastami.

6)

Il trionfatore assoluto di Asti Film Festival, con tre premi: miglior film, miglior attore e miglior attrice, è stato "L'ultimo terrestre". Ora, se avete un periodo buio e complesso, non guardatelo. Se però potete prendervi un weekend per pensare, mandate a letto i bambini, e gustatevelo: è un capolavoro. Io, che in un periodo buio e complesso ci sono dal novembre 2010, l'ho visto quindici giorni fa e ci sto pensando ancora adesso.
 

lunedì 26 marzo 2012

Quegli incontri

..per esempio Il pendolo di Foucault, che leggevo anche sull'autobus, in piedi, appesa a una maniglia tra scossoni e fermate, e addirittura camminando, in pieno centro, o ferma ai semafori, pur di non smettere.

O la Allende, che mi prendeva così tanto che se nel romanzo pioveva e fuori no quando alzavo gli occhi e vedevo tutto asciutto restavo sbalordita.

O Zafòn. O Hesse. O Banana Yoshimoto. O Kazuo Ishiguro. Quelli che scrivono con uno stile tale per cui al terzo romanzo che leggi nella mente formuli le frasi seguendo il loro ritmo narrativo.

Quelli che, dopo averli letti, sai esattamente che odore e che temperatura ci sono in strade di città lontanissime dove non sei mai stato. Quelli che ti raccontano di un luogo o di un periodo cose così intime e significative che poi li citi facendo lezione di geografia o di storia (mai letto il capitolo di Terzani sull'abitudine di allevare grilli dei vecchi cinesi? Ho capito di più della Cina in quelle venti pagine di quanto potrei capirne vivendoci un anno, credo). Come leggere "Le regole della casa del sidro" (che, per inciso, è un capolavoro, mentre il film è una cagatina) e avere chiaro cosa significa vivere in orfanotrofio, come leggere (dieci o dodici volte, credo) "Jane Eyre" e sentire nei vestiti il freddo e il profumo del vento che scuote le brughiere.

No, è per dire che ho iniziato "Memoirs of a geisha", e se potessi prenderei ferie e passerei la giornata a leggere un capitolo, assaporarlo per due ore, riaprire il libro e leggerne un altro.

Dobbiamo purtroppo salutare Tabucchi e la sua polverosa e dolcissima Lisbona. Gustiamoci il bello, finchè ce n'è.

sabato 25 febbraio 2012

Note a piè di weekend

1) A me DAVVERO non frega sostanzialmente niente del jet set, a parte tutto. Cioè, ieri sera ero in COTONE nero (temperatura ore 01.00: gradi 3) con una gonna di ventisette centimetri, il push up e il tacco, tutto per poi finire a NON cenare nella stessa pizzeria delle altre notti, quella che tiene aperto finchè non ha mangiato l'ultimo degli attori e dei tecnici del teatro, e prendere una delle peggiori imbarcate di freddo della storia tornando alla macchina (da sola, perchè l'Uomo c'aveva gli amici famosi e non capiva più una cippa) nel cuore della notte. E francamente, a parte la compagnia del Conte Pazzo e di Fico Dentro, che sono due bellissime scoperte fatte durante il festival, facevo anche a meno di tutto il dopoteatro, frega assai a me di essere fotografata con attori e registi, men che meno di tentare miseramente di reggere il confronto con la fidanzata di Andrea Bosca, che è una delle donne più belle che abbia mai visto dal vivo. Ma Andrea è BRAVO, cazzo se è BRAVO, se non sapete ancora chi è lo scoprirete di sicuro nei prossimi mesi, perchè sta emergendo e se lo merita. Ieri ha portato ad Asti uno spettacolo, suo e di Elisa Galvagno, tratto da Fenoglio, e tutti e due hanno fatto faville.

2)La questione della mia alunna in cura presso l'ospedale per anoressia mi ha sconvolto. Ieri, mentre scrivevo il post prima di questo, tremavo come una foglia, e nel pomeriggio ho fatto una delle mangiate nervose più incontenibili di tutta la mia carriera di disturbata alimentare. So che la bambina è seguita da una professionista in gamba e ho visto che la madre è ben cosciente del problema e ben determinata a fare il possibile, spero che andrà tutto bene. So che la prima cosa da fare è non guardare Occhioni con paura o con ansia. E' avere pazienza, accompagnare il processo che sta facendo con la famiglia e coi medici, aiutarla a sopportare la quotidianità, a trovare soddisfazione e serenità a scuola, a mettere su dei mattoncini di se stessa. Volerle bene, perchè anche lei si voglia bene. Comunque sono scossa.

3) C'è un bel sole e io ho l'iPod pieno di musica. E' obbligatorio che vada a correre, non ho più scuse, ormai siamo fuori dall'inverno.

4) Dopo quasi tre settimane di pausa temo che dovrò riprendere contatto con gli affari genovesi e fissare degli appuntamenti. Meditavo di darmi morta, ma ho paura che non sia proprio possibile rimandare oltre. Però potrei gestirmeli io prima che me li fissino gli altri, e magari riuscire a farci stare per cena il famoso risotto al Porto Antico che sogno da due mesi. O un giro a piedi per Genova, l'ultimo l'ho fatto l'estate scorsa.

lunedì 20 febbraio 2012

Giornate veramente produttive

Ahhh ragazzi.

Intanto, funzionano di nuovo lavatrice E calderina. Quindi in questa casa tenersi puliti e profumati non è più un'impresa degna dei pionieri del selvaggio West.

Poi è venuto FINALMENTE a trovarci, dopo mesi, e mesi, e mesi di richieste in carta bollata, petizioni, suppliche e disperati appelli, il cugino nazionale.

Precettato dalla sottoscritta allo scopo di svolgere alcuni compiti ormai resisi imprescindibili, SDMS ha passato a Asti 48 frenetiche ore, nel corso delle quali abbiamo fatto shopping duro, scoprendo così che i nostri DNA, quasi del tutto sovrapponibili, fanno sì che siamo identici anche nel comprare. Si dà il caso che fosse la prima volta che facevamo un gior di compere, a parte i souvenir in vacanza, ai quali ci si approccia sempre in una maniera molto scialla, if you know what I mean.

Tipo: aver già deciso a casa cosa prendere, entrare come un cacciabombardiere nel negozio, puntare dritto sparato sull'obiettivo, soppesare alcune caratteristiche e comprare, senza degnare di un solo sguardo tutto quel che sta intorno. Con questa modalità siamo entrati decisi da Mediaworld, da Oviesse e da Biellascarpe e ne siamo riemersi con la checklist tutta perfettamente spuntata: iPod, macchina fotografica digitale, scarpe, pantaloni. Più due boccette di smalto, unica concessione all'estro del momento. Ma in qualche modo dovevo essere risarcita dell'orrendo imbarazzo vissuto nell'assistere alla prova jeans del diletto parente. E dovergli sussurrare tra i denti, cercando di non farmi sentire dalla moglie anziana e dalla madre presenti fuori dagli altri due camerini per uomo: "Gli skinny sono - ahem - proprio un po' gay, i regular forse a me piacciono di più perchè sono evidentemente parziale e fanno molto etero, ma sicuramente gli slim sono quelli che ti stanno meglio e - ahemsìokaynonsocomedirlosenzachesuoniorribiledettodameperòeccoperdoveredicronacamiècapitatodinotareche - ti fanno un gran bel culo." Ed è vero che io, da anni, vedevo il cugino solo in tuta, in pigiama o con quegli indefinibili pantaloni che hanno la cinta a metà chiappa e il cavallo tre centimetri sotto il ginocchio, per cui è stata una gradevole sorpresa che anche lui, messo in un paio di braghe normali, abbia delle proporzioni simili a quelle di un essere umano e non di un alieno. Dopo questa puntuale ed esaustiva recensione, comunque, ha scelto due modelli su tre, vi lascio indovinare quali.

Io, per riprendermi, ho comprato questo meraviglioso smalto color scaglia di sirena che qua sotto vi mostro, unitamente al mio altro acquisto grazie al quale dovrei andare a correre (o almeno a camminare) un po' più lietamente. E un altro smalto blu metallizzato.



A seguire, il giovane e ormai superinfighettato cugino ha riposto in valigia i nuovi elementi del suo guardaroba e si è dedicato con abnegazione a darmi le prime dritte su iPod e macchina digitale.

Dopo di che, di tutto punto armata, mi sono iscritta alla winter school di media education che si teneva qui ad Asti e ho così passato i successivi tre giorni a discettare di educazione all'uso responsabile di nuove tecnologie e a imparare applicazioni didattiche di vari strumenti oggi maneggiati più dai ragazzi che dagli adulti. E siccome sono una multitasker per definizione, ne ho approfittato per stringere amicizia con un papà adottivo ultracinquantenne e farmi raccontare la sua esperienza, nonchè per avviare una fruttuosa, spero, collaborazione con una studiosa di sviluppo sostenibile. Inoltre nelle parti noiose del convegno iniziale ho scritto il progetto di cui parlavo nel post precedente.







Poi ho partecipato a tre mezze giornate di laboratori che mi hanno enormemente assorbito e da cui esco con un bel po' di roba che intendo condividere qui. Ero finita nel gruppo che si doveva occupare di blog, mobile e app per iPhone e iPad.

E' stata una bella esperienza, quella di rientrare in università, di dimenticare per giorni interi la borsa dei compiti da correggere, la casa, il parentado, le grane economiche e legali, e anche di lavorare con altri, non tutti insegnanti tra l'altro, su temi che io sempre meno marginalmente incontro nella mia vita di prof e di persona.

E' stato anche un modo per rendermi conto di quanto il blog, ad oggi, mi identifica, di quante nuove sottili dimensioni di interazione con altri sono iniziate grazie ai social network per una donna adulta, di quanto il pubblico e il privato si sono fortemente mischiati creando qualcosa che prima non esisteva. E ho preso coscienza che ormai, se mi chiedono cosa faccio nella vita, mi viene automatico dire che insegno, che studio e che sono una blogger, anche se il mio blog non ha certo la risonanza di altri che sono quasi a livello di giornali online per numero di lettori. E a me, sia concesso dirlo, non me ne frega assolutamente niente di non avere migliaia di follower, mi frega di scrivere, di condividere con alcuni ma non necessariamente con tutti, e di incontrare tramite i blog gente come me che riflette e che si racconta. E' una nuova dimensione della mia vita, sia esteriore che interiore.

Domani, dopo aver incontrato, a proposito di nuove dimensioni, Noisette (abbiamo deciso che la nostra amicizia fresca fresca può essere sperimentata nel contesto del tutto particolare del giro insieme all'Ikea, il che secondo me è un segno di enorme confidenza con una persona), vi narrerò un po' delle cose che abbiamo discusso nei laboratori, e cercherò di condividere un po' di materiali utili per la riflessione con gli alunni, ma anche coi figli, sul tema della crossmedialità (che parola bellissima che ho imparato! è bella quasi quanto "cingolato") e della netiquette e mobile-etiquette.

Intanto beccatevi il cugino in tutto il suo barbuto e rossiccio splendore, mentre mi inizia ai misteri della fotografia digitale. Sopra avete già visto alcune prove di foto, per documentare la collocazione della nuova sede universitaria astigiana in un'antica scuderia della caserma, che vedete sullo sfondo, oggi deserta e in attesa di nuova destinazione.

Alla prossima.

venerdì 3 febbraio 2012

Winter has come

(post un po' delicato, dove si parla senza pudore di soldi, contenente vari punti di vista senz'altro opinabili e un sacco di divagazioni più o meno significative)

Mah.

No, è che l'inverno è arrivato, veramente.

Non nel senso che fuori fa un freddo che gela i sentimenti, anche se è vero.

A proposito, oggi se invece delle dodici, cinquantasette minuti e zerozero secondi fossero state le dodici, cinquantasette minuti e quarantacinque secondi quando sono passata da un dato punto del mio cortile, poi questo blog chiudeva, e il prossimo Asti Film Festival lo facevano in loving memory of la moglie dell'organizzatore.
E' scoppiata una grondaia piena di ghiaccio, è caduta roba pesante e tagliente da otto metri d'altezza, minchia che paura.
A me le gambe hanno iniziato a tremare, lo stomaco a sprofondare e gli occhi a voltarsi quasi un'ora dopo, quando ho visto la celerità con cui, dopo la segnalazione, è arrivato quel giovin coglione del nostro amministratore, che non si può dire pecchi di presenzialismo. Diciamo che lì ho intuito che una cosa del genere poteva causare serissimi danni assicurativi al condominio, tipo titolazzo sul giornale, il cui sottotitolo ero io.
Che tra l'altro non vi dico le riflessioni buddhiste sulla brevità dell'esistenza, e il pensiero, oh quanto dolce, che almeno sarei morta soffusa di un alone di gioia, perchè l'ultima mattina della mia vita mi erano venuti a trovare sei exalunni di Paesino di Sogno, rappresentativi degli anni di insegnamento dal 2006/7 ad oggi, come a dire di tutta la mia carriera in loco.
Ma sto divagando. Forse dovrei dire che quando è esplosa la seconda grondaia (all'altezza del porticato, però) in cortile c'era mio marito, e menomale che non abbiamo un figlio, perchè le grondaie sono tre. Insomma. E' stata una giornata difficile.

Era per dire che l'inverno è arrivato.

La crisi.

Comunque la vogliamo girare, la crisi c'era anche prima, ora però non ci sono più quei buontemponi che ci dicono di sorridere e stare allegre, che siamo giovani e carine.

Ora c'è da prendere una piega diversa, qualcuno si lamenta perchè è una piega che somiglia ad un angolo di novanta gradi, qualcuno cerca di svicolare, qualcuno sospira, qualcuno somatizza, qualcuno ha le mani nei capelli.

Poi ci sono quelli che sanno che la sfangheranno, illegalmente. E quelli che ci banchetteranno sopra.

Ma secondo me è venuto il tempo di far emergere un'altra categoria. Quelli che hanno i mezzi per resistere alla crisi, ma non intendono ignorarla, perchè sono cittadini dello stesso Stato di quelli che la sfangheranno, di quelli che ci banchetteranno, di quelli che somatizzano, di quelli che si lamentano, di quelli che cominciano a guardare con simpatia la canna del gas.

Diciamo che io ho vissuto in mezzo a quelli che potevano. Alcuni la sfangavano. Altri banchettavano sulle tombe degli altri. Altri erano professionisti ben pagati, abili investitori, persone a posto con una situazione economica salda.
Per quelli come me non c'era bisogno di dirsi che bisognava stare attenti perchè un giorno i soldi sarebbero finiti. Questo non vuol dire avere la Ferrari in garage, e giuro che io avevo il vestitino della boutique per bambini bene ma anche un sacco di magliette, tute, giacche e finte Superga comprate al mercato. Mi è stato insegnato a non guardare le cose in base al prezzo, ma in base al valore e alla qualità. E mica tutti ragionavano così nella mia famiglia: c'erano i due estremi ("va bene perchè è costoso" e "va bene perchè costa poco") e per trovarli non c'era neanche bisogno di spaziare tra la famiglia di mia madre e quella di mio padre, bastava un lato solo.

Il mio orizzonte si è allargato a partire dal liceo, facendo l'università e poi lavorando.
Ho visto molti tenori di vita diversi dal mio, sia in un senso che nell'altro.

(Divagazione. A Lettere, uno dei migliori compagni di corso che avessi, sempre curatissimo, elegantissimo, distintissimo, con una media mostruosa, una volta mi ha dato appuntamento sotto casa sua per uno scambio di appunti. Ho visto, e dato il tipo che lui era proprio non me lo potevo aspettare, un angolo di Genova dove credevo fosse possibile vivere solo per un tossico all'ultimo stadio di AIDS che si prostituiva nei vicoli, eppure in tanto degrado esteriore c'era un appartamentino lindo dove sono stata accolta con tutti gli onori.
Del resto, Ser B. era un principe. Al primo anno i ha chiesto un po' d'aiuto per il lettorato di latino e abbiamo passato un pomeriggio insieme in una fumosa aula studio. La volta dopo, per il ripasso, si è presentato con un regalo: una biografia di Proust in edizione rilegata, e io, che per anni avevo passato traduzioni e preparato interrogazioni con chiunque, amici e nemici, senza a volte avere in cambio nemmeno un grazie, sono rimasta senza parole. Un signore. L'ultima volta che ho saputo di lui faceva il giornalista per un titolo famoso, e aveva una compagna in gamba quanto lui, con la quale sembravano seriamente intenzionati ad amarsi per sempre. Speriamo gli stia andando tutto bene, se lo merita.)

Insomma, dicevo. I soldi c'erano e ci sono, ma quel che più importa dopo questa lunga flessione generale ci saranno ancora, il che ovviamente mi mette nella categoria dei privilegiati.
Mi sono accorta davvero di cosa volesse dire, quanto a mentalità, il fatto di non avere mai avuto preoccupazioni economiche quando sono entrata nella famiglia di mio marito. Che conta, di nuovo, gli estremi opposti: "sono partito da niente e ho fatto i soldi, quindi ora devo vivere alla grande, giù di cachemire, champagne e diamanti" e "è tutta la vita che mi faccio un mazzo quadro, e a sessant'anni ho ancora bisogno dell'aiuto di mia madre per pagare il mutuo della casa, perciò dov'è il banco delle offerte speciali?".

Qui sfaterei alcuni stereotipi. Per esempio, quello che solo i morti di fame si litighino le spoglie della prozia quando la di lei epidermide è ancora tiepida. O anche, quello che solo i ricchi non ne abbiano mai abbastanza di guadagnare. Per essere chiari, ho imparato che la gente, quando si viene alle questioni di portafoglio, fa generalmente schifo. Di recente mi è crollata anche l'ultima quinta che reggeva ancora e ho visto cosa sta dietro al palcoscenico, e cazzo, beati voi se nella vostra famiglia c'è qualcuno che si salva. Da me no, inclusa la scrivente, per un verso o per l'altro siamo tutti in malafede. L'unica cosa che posso dire ancora con uno straccio d'orgoglio è che le donne della mia famiglia non si sono fatte mantenere, tranne le due nonne che hanno fatto le mogli e madri (e avevano entrambe tre figli), tutte le altre, sposate o meno, hanno sempre lavorato.

E allora, cominciamo questo ragionamento, che poi dopo tutta questa cronistoria economica della dinastia Castagna è tutto sommato breve.

Secondo me è venuto il momento in cui quelli dotati di una sicurezza economica, e non votati a fare gli squali, gli Scrooge o i parvenus, diano il loro contributo.

Non sto parlando delle pie nobildonne caritatevoli del secondo Ottocento, della beneficenza vincenziana, o del soldino gettato al barbone turandosi il naso. Non sto parlando di donare tutto e partire per la Somalia o di andare a fare la guerriglia coi descamisados.

Sto parlando di una gestione intelligente, critica e responsabile dei propri beni e delle risorse disponibili.

Faccio qualche esempio, sicuramente trascurando molto e forse anche con qualche svista.

1) Pagare le tasse. Ma tutte. Anche quelle ingiuste, anche quelle che poi, potendosi permettere un avvocato e/o un consulente tributario, si dimostreranno non dovute.

2) Fare le cose in regola. Emettere lo scontrino. Pretenderlo dagli altri. Prendere a lavorare tate, operai, fate domestiche, elfi tuttofare, e pagarli in chiaro. Con la tredicesima, gli straordinari, i contributi, etc etc. E essere anche contenti di vivere in un Paese dove il lavoro di una professoressa e quello di una badante sono ugualmente tutelati.

3) Scegliere di sostenere le aziende meritevoli, per esempio quelle che lottano per non chiudere e garantire lavoro ai dipendenti, invece di portare lo stabilimento all'estero o di licenziare tutti per prendere dei lavoratori clandestini (che si traduce nella massima: "io che ho ancora i soldi per pagare un lavoro / un prodotto eticamente sostenibile e positivo per la ripresa economica locale, ho tutto l'interesse a pagarlo perchè altrimenti presto questo tipo di servizi / beni scomparirà, travolto dalla corsa al ribasso, e magari il mio vicino di casa operaio italiano si troverà a spasso dopo dieci anni di onorato servizio, e il Wang, il Fahhali o lo Zangulescu messo al suo posto verrà sfruttato e lavorerà in condizioni di sicurezza abominevoli.")

4) Scegliere di boicottare le aziende non meritevoli (vedi sopra).

5) Premiare la qualità e l'impegno (che si traduce nella massima: "io che ho ancora i soldi per pagare un lavoro fatto bene / un prodotto di qualità, ho tutto l'interesse a pagarlo perchè altrimenti presto questo tipo di servizi / beni scomparirà, travolto dalla corsa al ribasso e sostituito da schifezze mal eseguite che io, potendo permettermi di meglio, non voglio essere costretta a comprare").

6) Rompere i coglioni. Se con Facebook hanno ribaltato l'Egitto, una persona dotata di mezzi e di cultura oggi ha il preciso dovere di farsi sentire e sostenere attivamente tutte le campagne che ritiene utili allo sviluppo del Paese e al rispetto dei diritti, propri e altrui. Comprese quelle contro le tasse ingiuste, contro i contributi da strozzinaggio che rendono più praticabile lavorare in nero che in chiaro, etc. Comprese quelle che chiedono a quelli che sono stati eletti di non farsi i cazzi loro ma di fare ciò per cui li abbiamo votati.

7) Minimizzare gli sprechi, spendere in modo oculato e lungimirante, secondo il principio che con Sanguedelmiosangue abbiamo battezzato "meglio sessanta euro d'albergo oggi", e lui sa perchè. Basta baracchette inutili che si rompono subito, "ma tanto costava poco e con trenta euro ne compro un altro". Pensare sempre anche ai costi sociali che non si toccano subito con mano: quello dello smaltimento rifiuti, per esempio. E l'inquinamento, che poi paghiamo tutto in spese mediche.

8) Avere rispetto. Non lamentarsi, non fare i finti poveri, ma non ostentare neanche di accendersi il sigaro con le banconote da cinquecento, proprio adesso che la gente ha così paura del futuro.

9) Non ultimo, essere disponibili a un nuovo modello di vita, in cui tutta la famiglia e non solo il nucleo minimo si stringe intorno a chi deve decollare, o uscire da un momentaccio, o concludere serenamente i propri anni, come si faceva una volta e come, l'ho già scritto, gli stranieri fanno ancora.

10) E questo è generale e importantissimo: informarsi. Conoscere le leggi, come va il mondo, modi di vivere diversi da quello in cui si è nati. Sapere che si ha diritto a una cosa e che invece si è tenuti a farne un'altra, pretendere dai collaboratori e dai dipendenti che si comportino di conseguenza, e se si vede qualcosa che non va combatterlo insieme.

Vi aspettate un finale che dica che poi bisogna ricordarsi che i soldi non sono tutto? Una riflessione buddhista sui beni superflui? Un tocco sentimentale?

No. Pecunia, checchè se ne dica, olet.

giovedì 2 febbraio 2012

Liberiamo una ricetta...

... ma per stavolta senza avvelenare nessuno, lo giuro.

No, è che per puro caso oggi state postando ricette in giro per l'etere, e io ho appena finito di metter via in cucina i resti di uno dei tre pasti al mese che mi riescono bene.

Cos'è quel sopracciglio? Guardate che la mia rieducazione alimentare intanto va avanti, eh? Anche se non ve ne parlo!

E comunque questo piatto è venuto bene perchè nel mio DNA c'è la moglie di un pastore valtellinese, e infatti a me vengono bene solo tre cose: le ricette di montagna tipo zuppe, pizzoccheri e patate con lo speck, il pesto (DNA ligure) e le crepes (qualcuno nella mia famiglia si deve essere trombato un/a francese, ma illegittimamente, perchè non se ne ha notizia negli archivi ufficiali).

E quindi:

LIBERIAMO UNA RICETTA: TEGLIA DI POLENTA CON VERZA E PANCETTA

Allora, avevo della polenta di ieri sera, bella dura e fredda di frigo.
Ho fatto delle fettone spesse un dito, appoggiate sulla teglia unta di burro.
Ci ho messo sopra dei rettangolini abbastanza sottili di montasio.
Sopra ancora ci ho messo uno stufato di verza fatto così:
pancetta a dadini soffritta con olio e un cucchiaio di prezzemolo tritato, sale; quando è quasi dorata, verza tagliata a pezzi medio grossi, bicchiere di vino bianco, regolare di sale, un po' d'acqua se serve, pepe nero.
Il tutto, cotto una ventina di minuti al massimo e lasciato con un pochino del suo liquido, viene sparso sulla base di polenta e formaggio, spolverizzato di grana e cacciato in forno a 200 gradi per 25 minuti (prima 10 con calore sopra e sotto, poi 15 con calore solo sotto per non abbrustolire la verza; volendo, colpetto di grill finale).

Intanto il profumo sveglia i morti, e poi era veramente buono, se vi piace il genere valtellinese.
Sopra ci va un rosso e dopo, mi raccomando, o avete in casa dei dolci speziati tipo panpepato o ci vuole del cioccolato, per forza, per aumentare l'effetto alta montagna. Noi avevamo i Lindor e andavano a meraviglia. Un buon caffè e siete zavorrati per affrontare la seconda parte della giornata.
Sempre che non dobbiate fare lavori di concetto fino alle 17 circa, è chiaro.

sabato 14 gennaio 2012

Sentirsi bella

Leggere questo bel post mi ha fatto ricordare una piacevole conversazione con la figlia di un'amica, oggi promettente studentessa di medicina, che una volta, gironzolando in macchina per le stradine di campagna nel fiore della primavera, valutava con me i pro e i contro di non essere bellissima.

In effetti ho conosciuto molte ragazze e donne che non restavano mai un attimo sole con se stesse, perchè c'era la fila fuori dalla loro porta, e non riuscivano a concepirsi se non in funzione di con chi stavano, e anche da ragazzina ho sempre preferito la mia posizione defilata, che mi dava il tempo di valutare me stessa, gli altri, le altre, le situazioni.
(Poi io alla fine sono proprio quella che si definisce "quella gran culo di Cenerentola" (cit.) perchè, a me, il bellissimo della situazione mi ha notata lo stesso, e, il fatto che fosse bellissimo non essendo, per fortuna, inversamente proporzionale al fatto di essere intelligente, sensibile e in gamba, è allo stato attuale delle cose mio marito. Il che, sia detto per inciso, non mi risparmia niente di quello che viene normalmente inflitto a una donna dalla vita coniugale, in più io vivo anche nel terrore che qualcuna gli zompi addosso appena mi giro. E ho le prove che a volte non è nemmeno necessario che io mi giri perchè qualcuna si senta autorizzata.)

Ma, come appunto dice Soleil, nella vita grazie al mio aspetto non appariscente le persone che mi si sono avvicinate erano gente attratta e non spaventata da una donna che avesse un cervello, e questo fa già una bella selezione; e poi è una gran cosa avere degli amici maschi che non vogliono portarti a letto, e anche sapere che alcuni di loro ti porterebbero a letto volentieri, ma non considerano in ogni caso tempo sprecato quello passato a parlare con te.

Però la cosa che mi ha colpito di più in questo post è: "nei miei quattro panni fuorimoda mi sento molto più a mio agio di quando ero ventenne tagliaquarantadue modaiola, dal trucco impeccabile e con i capelli di tutti i colori. E ciò mi piace."
Ecco, io a vent'anni ero taglia quarantadue a mia volta, ma non ero modaiola e non avevo colori strani nei capelli, al massimo, rispetto ad adesso, facevo un uso molto più aggressivo del mio punto di forza, le gambe, con shorts e minigonne che sono entrati nella storia. Adesso faccio più caso ai vestiti, un po' perchè sono ingrassata, e un po' perchè comincio a essere fedele al principio "passati i quaranta SEI QUELLO CHE TI METTI ADDOSSO" (la frase è mia e soltanto mia, da citarsi col copyright, grazie; ovviamente riguarda solo l'aspetto fisico). Ma, siccome i quaranta non sono proprio dietro l'angolo, lavoro in jeans e faccio ampie concessioni alla comodità, per ora.

Però questa storia di aver passato i trentacinque mi piace, mi piace e mi piace. Mi sento bene, mi sento bella, mi considero criticamente e per la prima volta, a parte i necessari lavori dentistici, non ho voglia di essere diversa da come sono, pur sentendomi aperta al cambiamento. Cioè, lo vedo che starei meglio con dieci chili di meno. E ci lavoro, ma senza correre, mettendo al primo posto il benessere. Lo vedo che non ho ancora trovato il colore e la pettinatura definitivi, ma questi mi piacciono lo stesso. Poi faccio delle prove:

"Senti, Uomo, ora che andiamo all'udienza per l'adozione, quando ne usciamo voglio fare qualcosa che segni l'inizio di una nuova era. Come me li faccio i capelli?"
L'Uomo, al quale tenevo ieri sera questa proposizione, mi ha guardato con l'aria sarcastica, pensando che scherzassi. Non si è mica reso conto che ogni taglio di capelli nella mia vita è un evento di proporzioni cosmiche e segna la fine di qualcosa e l'inizio di qualcos'altro (infatti il parrucchiere mi vede una volta ogni due anni).
"Ma a me piacciono, così, lunghi."
"Cambio colore?"
"No."
Pausa. Menomale, perchè a me così piacciono. Cioè, se cambiassi di testa mia sarebbe solo per farli cortissimi e so che lui non vuole.
"Va bene. Allora ho deciso, mi rifaccio il seno."
"COSA? NO!!!"

Un altro punto a favore di quelle che proprio bellissime non sono state mai. Gli uomini che le sposano, di regola, accettano abbastanza l'idea che il tempo passi e che persino le tette cambino.

domenica 8 gennaio 2012

Simplify

La giornata ha tutto il diritto di non essere perfetta. Non per questo è stata una giornata persa.
Ce l’hai un posto dove chiuderti due giorni quando hai un lavoro molto importante da terminare che richiede concentrazione? Usalo.

Ce l’hai uno spiazzo dove fermare la macchina mentre vai o torni da lavorare, per pensare, fumare una sigaretta, riordinare l’agenda o finire di ascoltare una bella canzone che stava passando alla radio? Procura di avere tre minuti da buttare, nel caso che oggi quello spiazzo ti serva per staccare dallo stress e arrivare al lavoro o a casa col sorriso.


“Simplify your life”, scritto da un life coach e da un pastore evangelico, è un libro che riassume il contenuto di tanti altri manuali di autoaiuto, diviso per tematiche, e ha la ridicola pretesa di sistemare la vita dall’ambito lavorativo a quello spirituale, passando per la dieta, i rapporti di coppia e il decluttering del guardaroba.

Detta così non lo comprereste, vero? E invece nel suo piccolo è una vera miniera di consigli, non sempre spiccioli, a volte profondi. Ma anche quelli spiccioli servono. E’ scritto in modo da dare una grande serenità, soprattutto se, come ho fatto io, lo si legge con in mano una matita e si fanno crocette vicino alle cose che si fanno già per migliorarsi la vita quotidiana, e delle freccette vicino alle buone idee da mettere in pratica. La mia copia è quasi distrutta dall’uso, perché a intervalli di diciotto mesi rivedere alcuni passaggi ti fa capire quanta strada hai fatto per renderti un po’ meno stressato, un po’ meno incazzoso, un po’ meno preda delle distorsioni date da un’educazione severa.

Insomma, io lo consiglierei a tutti quelli che il lunedì mattina per buttare giù il primo piede dal letto devono prima buttare giù un muro nero del peso di trenta quintali che grava loro addosso, e anche a quelli che, come capita a me, alle due di notte sono alla terza tisana e a spulciare la libreria in cerca di un romanzo bello per passare la nottata, perché ormai è chiaro che non dormiranno.

Per me è stata fondamentale la parte sul riordino fisico e mentale dei materiali di lavoro.

Data la depressione che mi assaliva al pensiero dei prossimi giorni, che so bene quanto saranno faticosi, ho riletto alcuni passaggi sul semplificare il proprio tempo lavorativo. Così ho trovato un sacco di idee per far fare cose carine anche ai ragazzi, allo scopo di caricarli nelle giornate difficili. Giornate come doveva essere quella in cui abbiamo fatto l’ultimo dettato in seconda. DUE sufficienze.

domenica 1 gennaio 2012

E anche quest'anno è andata, dai

Ecco il momento migliore della serata di Capodanno: rientrati a casa.

Tranquillizzati cane e gatta, che devono aver sentito meno botti del solito, ma comunque erano molto afflitti.

Bevuta una tisana calda, acceso un incenso al limone, sistemata sul divano (l'Uomo dorme da solo, russando come un orso asmatico: c'ha una ciucca generosa, stasera, anche se come sempre non intende ammetterlo; ma va bene, è Capodanno, guidavo io che ho toccato un dito di spumante, di pessima qualità, e un sorso di liquore al gianduia, disgustoso, in tutta la sera, solo che come altre volte l'alcool lo rende litigioso e adesso si è innervosito bestialmente perchè gli ho detto che russava. Di solito mi abbaia "ma cosa russavo, che non dormivo nemmeno!!!" ma stasera non ha fatto in tempo, perchè mentre protestava si è riaddormentato).

I gatti mi si piazzano vicino ma non addosso, c'è silenzio, tra un pochino prenderò in mano il romanzo di Amado e mi schianterò anche io.

Domattina una passeggiatina col cane fino al Bancomat, per ricaricare il cellulare e rispondere agli auguri.

Anche quest'anno ne siamo usciti, se Dio vuole.

martedì 27 dicembre 2011

Natale: AHIA!!!!!

Io di anatomia so poco e niente. Ho letto tutto il manuale Merck quando vivevo coi miei e so dell'esistenza di malattie assurde tipo la sindrome del cri du chat, la tripanosomiasi, il Cushing, so i sintomi della malattia di Lyme e della lebbra e la catena di diffusione della peste bubbonica, insomma, io e Dottor House ci capiamo benissimo.

Però quando mi visitano resto sempre stupefatta, mi sembra sempre che per sentirmi il cuore, o i reni, o le ovaie, mi schiaccino e mi tocchino in punti dove io non sapevo di avere codesti organi, che io mi immaginavo sempre un po' più in su, un po' più in là, etc.
Poi non so i nomi, per me lo sternocleidomastoideo è un muscolo della gamba e il metacarpo un osso dell'orecchio interno, non li so. Non so nemmeno come si chiama quel bellissimo muscolino addominale che gli uomini hanno sopra l'anca e che va giù, quello con l'indicazione "per la felicità da questa parte". Sì, ce l'hanno, ce l'hanno tutti, anche i vostri mariti, signore, ma per vederlo a occhio nudo bisogna purtroppo guardare Cristiano Ronaldo o Alessandro Gassmann coi jeans a vita bassa, e lo so che è un sacrificio.

Comunque, dicevo, e scusate se vi ho spettinato tutti gli ormoni divagando come mio solito, io non saprei dire da quanti fasci muscolari è costituita una gamba.

Ma che il muscolo del polpaccio sia tripartito, e precisamente formato da un fascio sotto, un fascio sopra a destra e uno sopra a sinistra, ragazzi, non me lo dimenticherò mai più.

Ho sceso (SCESO) tre (TRE) gradini nell'atrio del palazzo dei miei (dove ho abitato per ventun anni) e tra il primo e il secondo SENZA NEMMENO TOCCARE TERRA COL PIEDE mi è partito un dolore acutissimo che mi ha disegnato in un fiammeggiante verde fosforescente i contorni del gemello polipteo di destra della gamba sinistra in tutta la sua interezza.

Cioè: ero scesa saltellando per andare incontro a mia zia che è tutta una protesi e ha il bastone, e sono tornata tenendomi a mia zia, al suo bastone, al muro, ululando e chiamando aiuto.

Dieci minuti dopo, il Natale si svolgeva così:
- io sul divano in mutande che mugolavo
- mio padre che mi massaggiava il polpaccio con le mani gelate ripetendomi che il massaggio e il caldo mi avrebbero sciolto la contrattura
- mio marito che cercava di tastare i punti dolenti facendomi strillare e dicendo preoccupatissimo che se era il tendine d'Achille era un casino
- mia madre che versava l'acqua della pasta nella borsa dell'acqua calda e in contemporanea svuotava l'armadietto dei medicinali per trovare del Voltaren e guardava che non bruciasse il pranzo di Natale e cercava di metterci tutti seduti e distribuirci i regali (mi hanno spiegato che, in effetti, non ero io che vedevo quattro madri per il dolore, era sempre la stessa che faceva tutte queste cose contemporaneamente)
- mia zia ancora con il cappotto addosso e la borsa in mano che ripeteva "mi dispiace! santo cielo mi dispiace!", come se fosse colpa sua che io non son buona a fare tre gradini senza produrmi lesioni.

Poi la cosa degenera. Mio marito diventa nero come la notte in viso e non spiccica più parola, valutando cupamente le conseguenze di un eventuale strappo muscolare o di una lesione al tendine e gufandomi interventi e mesi di riabilitazione. Io mi dispero rendendomi conto che non sono autosufficiente perchè non posso posare il piede in terra. Mia zia si rammarica. I miei per tirare su il morale a tutti mi consegnano una stampella (essendo la zia plurifratturata siamo fortunati proprietari di parecchi supporti ortopedici) e cominciano a scherzare su quanto fa elegante a questa stagione girare con la stampella, e a decidere che devo dire che mi sono infortunata sciando a Gstaad. Non fatemela commentare, questa.

In effetti, faccio un grandissimo ingresso, un'ora più tardi, a casa dei suoceri: mia suocera OGM mi apre la porta, scoppia a ridere e gracida, perchè ha la tracheite: "E che cazzo è?" vedendomi con la stampella, poi arrivano la cognata e la cugina dal corridoietto del salotto e una dopo l'altra "Oh, cazz'hai fatto?" (la cognata milanese) e "Cazzo è, oh?" (la cugina romana), poi diventa tutto un turbine in cui una nonna mi abbraccia ("Uh mì, cosse t'è faeto?" in genovese) e una suocera e una cognata mi levano di mano i pacchetti e una cugina mi toglie il cappotto e un suocero mi bacia sulla guancia ("Belìn, ti sei rotta?")e, infine, esce la Zia Pazza dalla cucina, elegantissima in un vestito color crema un po' anni Quaranta, e sbotta con la voce bassa da Patty Pravo: "No, ma che cazzo è?"

Io ho una famiglia INCREDIBILE. INCREDIBILE. A metterli in un film diresti che sono inventati.

E ho uno stiramento, per fortuna parziale, del gemello popliteo.

venerdì 23 dicembre 2011

Natale? Boh? Capodanno? Mah!

Vi pareva strano, non è vero?, che non avessi cominciato con largo anticipo ad ansiarmi e a mugugnare sul Natale, ruminando maledizioni.

Beh, in effetti è andata così, che avevamo cose più importanti da fare che pensare al Natale, e questo, non si sa come, è finalmente stato riconosciuto da tutta la famiglia. Oggi è il 23 e in questa casa la parola Natale è stata distrattamente nominata tre quattro volte. Tre da mia madre. Una da noi due, che ci siamo posti il problema se farlo a Milano, col Biosuocero, la Suocera OGM e Cognatina. E siamo stati prontamente informati che loro lo fanno a Genova.

Così, senza che ce ne accorgessimo nè che venissimo coinvolti in nessun tipo di telefonata, briefing, ricatto e/o mafia, ci ritroviamo a fare il Natale come lo facevamo qualche anno fa: 24 dai miei, 25 a Sestri dalla nonna, 26 ad Arenzano dalla Biosuocera. Restando fermo che siccome, per tutti quanti, noi fino all'ultimo non si sapeva se ci saremmo stati o meno, possiamo comparire, regalare, baciare, spacchettare, assaggiare, e andarcene.

A me pare bellissimo.

Saremo pochi, saremo in tono di sobrietà, saremo tutti stufi di far finta che le feste siano significative. Addirittura pare che una zia sia ultimamente coinvolta coi Testimoni di Geova e non voglia festeggiare. E io che pensavo di essere quella strana, con le mie bandierine tibetane e le mie reliquie del Buddha. (Ora ce le abbiamo quasi tutte, dai battisti ai buddhisti, vedremo di adottare di corsa un bambino romeno così ci mettiamo pure l'ortodosso, peccato che Cognatina abbia mollato lo Zio Dei Miei Bambini che era cattolico, ma di sangue ebreo: è IMPERATIVO ormai che mio cugino si metta con un ragazzo musulmano, e magari l'altro cugino con una Hmong - ammesso che non sia anche lui gay, ma in gran segreto io e Sanguedelmiosangue abbiamo deciso che, se mai, a noi pare piuttosto biadesivo. E cocainomane, of course. Comunque sia, deve farci il favore di prendersi un partner quantomeno induista, o mormone.)

A casa mia, gli argomenti dell'anno saranno l'adozione e l'adozione. Perchè altri argomenti allegri da discutere non ce ne sono. A casa del Biosuocero, si parlerà della nuova casa di Cognatina e del Chitarrista. A pranzo con la Biosuocera si parlerà di quando il Cugino Mandrogno e la Mela Pausina faranno un bambino, si spera prestissimo, si spera ci battano di molto sul tempo in modo che poi quando toccherà a noi la famiglia non deliri eccessivamente.
Cioè, vuoi vedere che si parlerà di futuro, finalmente, di cose nuove che cominciano.

Boh? Io come sempre mi attesto su un clima di diffidenza. Però sono sicuramente meno scocciata e insofferente degli anni scorsi.

E poi è successa una cosa incredibile. Mia cognata e tutta la sua compagnia di amici vengono a fare Capodanno qui, e non abbiamo dovuto organizzare un cazzo. Si sono affittati un'intera locanda di camere e appartamentini con uso cucina e si organizzano la cena e la festa, alla quale noi potremo comparire o meno e dalla quale, udite udite, ce ne andremo quando vogliamo, perchè il cinema resta aperto e qualcuno deve ritirare gli incassi, e perchè gatta e cane hanno la tendenza ad andare in extrasistole a ogni botto che scoppia fuori. E così noi abbiamo due Natali, un compleanno dell'Uomo, un Capodanno, perfettamente organizzati senza che dobbiamo fare niente, portare nessuno da nessuna parte, schilometrare avanti e indietro.

Sono sinceramente stupefatta e persino un po' tentata di divertirmi.

Mah!

Intanto, auguri, amici in carne e ossa e amici virtuali, gemelle online, fratelli di server, creature varie sparse nei meandri del bloguniverso, vi voglio bene.
Soprattutto auguri a tutti quelli che cominciano cose nuove (neh, Noise, neh, Susi? tanto per citarne due con notizione fresche fresche) e a quelli che portano avanti con coraggio cose consolidate, anche quando la vita è dura. Quindi a tutti noi.

domenica 11 dicembre 2011

Dopo il festival - 2

A una settimana dalla fine del festival, penso di poter tirare qualche somma, anche considerando che pian piano mi si sta ristabilendo l'umore che è stato pessimo per giorni.

Ho capito che l'unico modo per raccontare come realmente è andata e come l'ho vissuta è abbandonarsi al bipolarismo più spinto e dichiarare, senza filtri e senza pretendere di essere coerente, tutte le emozioni e i ragionamenti assolutamente contrastanti che mi hanno attraversato la mente in queste settimane.

Per semplicità, userò la dicotomia mi piace / non mi piace che la venerabile Angela, dolcissima monaca e ottima insegnante del mio amato istituto buddhista, ci ha sottoposto come il peggior difetto dell'atteggiamento umano nei confronti della vita.

Ma in certi casi, come questo, probabilmente è l'unico atteggiamento che si può tenere.

Allora.

Mi è piaciuto conoscere tanta gente interessante.

Non mi è piaciuto che mio marito da solo organizzasse questa cosa e da luglio a dicembre in casa mia non si parlasse d'altro.

Mi è piaciuto scoprire che registi e attori pluripremiati attraversano volentieri l'Italia o l'Europa per venire a partecipare con passione e impegno a un microfestival di sconosciuti, che può vantare solo una bella location, e dove non guadagnano una lira.

Non mi è piaciuto litigare a sangue con l'Uomo per settimane perchè era talmente preso da questa cosa che trascurava tutto il resto e non gli si poteva parlare.

Mi è piaciuto rendermi conto che sono stata infinitamente a mio agio con gente mai vista prima che lavora con l'anima e il corpo a un progetto culturale, anche se io di mestiere faccio tutt'altra cosa.

Non mi è piaciuto che il nome di mio marito non uscisse sul giornale neanche una volta fino alla conclusione del festival e che invece ci fosse quello di Movie Man, che è il presidente dell'associazione sì, ma non ha fatto quasi niente per questo evento.

Mi è piaciuto girare per ristoranti con personaggi famosi e coccolarli a botte di specialità locali, vedendoli rilassarsi ed aprirsi nel contesto di accoglienza caldo e semplice che abbiamo cercato, anche e soprattutto grazie all'attenzione femminile che ci ho messo, di curare nei dettagli.

Non mi è piaciuto che ci abbiano giustamente dato dei poveri ingenui struttati per aver tirato su un festival con registi italiani e non, e con personalità come Cosimo Cinieri, Filippo Mazzarella e Giuseppe Battiston, con quattro soldi e tanta buona volontà, e senza neanche pretendere che il Comune ci sovvenzionasse in anticipo.

Mi è piaciuto che la sera del gran finale con premiazione tutti abbiano collaborato con impegno ed entusiasmo, dai ragazzi che fanno le maschere in teatro agli stessi attori e registi coinvolti, per far filare dritto un meccanismo complicatissimo e mantenere un clima di allegria in un contesto di grande tensione.

Non mi è piaciuto avere delle botte di adrenalina ogni tre minuti scoprendo che n cose restavano da finire all'ultimo minuto per non fare delle figuracce.

Mi è piaciuto che Giacomo Rebuzzi e Cristian Benaglio, che ora sono giovani e ancora poco conosciuti ma sono sicura che sfonderanno visto cosa hanno saputo fare prima dei trent'anni, siano diventati amici di famiglia con cui ci sentiamo un giorno sì e l'altro no e che siamo invitati da loro a Brescia a mangiare la polenta con lo spiedo.

Non mi è piaciuto che abbiamo sforato dal budget e adesso abbiamo qualche problema con le bollette finchè il Comune non sgancia i suoi bravi eurini.

Mi è piaciuto che alla premiazione dietro di me ci fosse seduta Cinzia Mascoli che piangeva per aver appena finito di vedere l'ultimo splendido film con Battiston e che, a un certo punto, mi ha chiesto se aveva tutto il trucco sciolto, dopo di che è andata a prendere un premio meritatissimo per la sua interpretazione nel cortometraggio di Rebuzzi (sulla violenza familiare sulle donne), e quando è tornata piangeva ancora di più e abbracciava tutti con un sorriso bellissimo visto che non le venivano le parole.

Non mi è piaciuto fare una sera le due, una sera le tre, una sera le due meno un quarto, una sera l'una e una sera le cinque durante la stessa settimana lavorativa. E neanche tanto andare a lavorare la mattina sbandando come un'ubriaca.

Mi è piaciuto che Claudio Cipelletti, regista di un bellissimo documentario sui genitori di omosessuali, abbia vinto due premi, di cui uno tra l'altro è stato assegnato dai voti del pubblico, e abbia detto che non è la prima volta che vince con questo suo lavoro, ma è la prima volta che vince al di fuori di un festival del cinema gay. Lì mi sono messa a piangere io.

Non mi è piaciuto che mio marito si sia scordato di bere e mangiare per giorni e abbia smesso di dormire per la fatica una settimana prima della premiazione.

Mi è piaciuto che quando l'Uomo è salito sul palco a presentare i premiati, senza portarsi dietro neanche un foglietto con la scaletta, a me sia venuto un attacco di terrore al pensiero di tutto quello che poteva andare storto, e dalla fila dietro Eric Alexander mi abbia fatto i grattini su una spalla per tranquillizzarmi.

Non mi è piaciuto che ero così stanca e tesa che ho realizzato solo dopo ventiquattro ore suonate che mi erano stati fatti dei grattini da Eric Alexander.

Mi è piaciuto il fatto che in questo ambiente dello spettacolo evidentemente usa abbracciarsi e baciarsi per salutare: ho baciato più gente nelle ultime settantadue ore di festival che negli ultimi dodici anni della mia vita. Uno era Giuseppe Battiston, ve l'ho già detto.

Non mi è piaciuto che abbiamo perso il conto dei soldi che dobbiamo al tassista che ha portato tutti avanti e indietro dagli aeroporti e in giro per Asti, ma abbiamo capito che ci è costato complessivamente un paio di cornee.

Mi è piaciuto che alcuni degli attori come Andrea Bosca (che è di gran lunga più bravo e intelligente che bello... ed è un gran fico!) abbiano dormito in treno pur di presenziare alla masterclass organizzata per i ragazzi del liceo, aggratis e senza neanche il tempo di fermarsi a pranzo.

Non mi è piaciuto l'attorone, che per dispetto non nomino, che ha voluto essere andato a prendere in macchina fino a Bologna - 400 euro di autista solo per lui - e poi quand'è arrivato ha snobbato l'albergo e si è fatto portare nella migliore camera di quello più famoso.

Mi è piaciuto che tanta gente ci abbia lasciato numero di telefono privato e mail dicendo che dobbiamo risentirci presto e poi abbia richiamato per ringraziare e salutare nei giorni successivi.

Non mi è piaciuto che un ragazzo di ventinove anni che lavora per il teatro mi vedesse, nei giorni precedenti al festival, così trascurata dall'Uomo e così infelice e preoccupata (di come l'Uomo si stava gestendo questo impegno: come un giocatore d'azzardo compulsivo che continua a puntare finchè non si vende macchina, barca, casa e moglie), da decidere che se ci provava con me ci sarei sicuramente stata; e non mi è piaciuto essere presa in contropiede dalle mosse ad alto impatto ormonale di un ventinovenne e fare, per le prime ventiquattro ore, la figura della ragazzina scema.

Mi è piaciuto fare colazione al bar con Giorgio Faletti (che seguo dai tempi del suo primissimo personaggio al Drive In: "credete forse che io - e non vi veda???") e con sua moglie Roberta, che è una donna fine elegante gentile e simpatica come poche altre al mondo.

Non mi è piaciuto bere quattro caffè al giorno per mantenere la lucidità, più una dose massiccia di Pocket Coffee, e rendermi conto che non riesco più a smettere.

Mi è piaciuto che il regista gay mi abbia fatto i complimenti per come ero agghindata la sera della premiazione, e abbia detto che sta girando una cosa su Enrico VIII e io gli sembravo proprio uscita da uno scenario medievale, per via del vestito doppiato con corpetto in due toni di marrone e del pendente d'ambra incastonato in argento antico. Anche perchè, dopo il ventinovenne e le sue avances, la mia femminilità residua (poca) si stava nascondendo in un tombino per non essere vista, ma essendo il regista gay il complimento non poteva essere dovuto alla scollatura.

Non mi è piaciuto non avere più tempo per far conoscere persone piacevoli e interessanti a mia madre, che ha potuto fermarsi solo mezza giornata.

Potrei continuare a lungo.

Come ho detto, le ripercussioni economiche, fisiche e purtroppo anche coniugali di questo evento di per sè bellissimo sono pesanti.

Però certo, ieri sera ero a cena per la laurea di mia cognata e mi sono rilassata e divertita, con una bordata di quasi trentenni milanesi molti dei quali conoscevo già, ma andando via ho commentato con l'Uomo "sono stata molto meglio coi nostri amici della settimana scorsa" ed era vero.
Gli amici di mia cognata, ora che vanno verso i trenta e in parte lavorano, se la tirano moderatamente di meno di quando avevano vent'anni ed erano figlidipapà milanesi, pure di quelli parecchio spandimerda ("i miei amici broker navali" "sono stata da Prada e ho comprato un paio di sandalucci" "trovo che New York negli ultimi anni sia molto cambiata" "quella scema di una filippina mi ha rovinato il vestito di Fendi") e la serata è stata piacevole e allegra.
Ma la settimana prima ho conosciuto gente che ha preso premi dalle mani di Francis Ford Coppola, gente che ha fatto teatro con Carmelo Bene, gente che lavora con personalità che plasmano la cultura e in parte la società italiana con le loro opere, ed erano quasi tutti alla mano, beneducati, spiritosi, simpatici e carini: alla fine, giusto in tre, tra i più vecchi, si sono distinti per essere un po' più spocchiosi, ma, nell'ambiente che si era creato alla festa privata conclusiva, spiccavano come drag queen in seminario.