Il giorno in cui ho dato
il titolo a questo blog avevo in mente un ben preciso tipo di
tempesta, quella ormonale.
In realtà era un bel
titolo, adatto a me, perchè tutta la mia vita, professionale e non,
è un lungo e spesso burrascoso viaggio per mare, in cui a volte sono
conciata come Pi(scine Molitor) Patel, cioè sola su un'imbarcazione
di fortuna con una grossa tigre feroce, altre volte comando una
grande, solida nave da crociera, qualche volta combatto su un
incrociatore, e non di rado esploro continenti sconosciuti su un
veliero dagli scricchiolii suggestivi.
Ma ho sempre pensato che,
un giorno, avrei raccolto il coraggio per scrivere un post su un
aspetto della vita degli insegnanti che pochi considerano: l'impatto
ormonale dei ragazzi su esseri umani adulti che passano le giornate
con loro. Ho parlato, qua e là, delle mie classi come di nidi, di
cucciolate, di gruppi così "miei" che sapevo dall'odore,
per un meccanismo materno di riconoscimento olfattivo, in quale aula
fossero appena passati. Ho parlato di tanti ragazzi e ragazze che
sono stati sotto i miei occhi durante il loro sviluppo fisico, di cui
ho intravisto i primi amori, di cui ho letto o ascoltato le emozioni
e i turbamenti, squadernati senza pudore davanti allo sguardo di chi
non è nè la mamma, nè la sorella, nè un'estranea. Qualcuno di cui
si fidano in modo infantile e a cui involontariamente sottopongono a
volte risvolti privatissimi, in barba alle leggi che fanno di noi
algidi burocrati, giudici imparziali, severi ufficiali della
Repubblica. Perchè a volte è più facile andare a parlare della
prima importante esperienza a letto, o della prima vera scottatura,
con qualcuno che ti ha visto bambino, e ti ha letto di Paolo e
Francesca o di Angelica e Medoro, piuttosto che con un altro
sedicenne o con un genitore.
Quello di cui non abbiamo
mai parlato qui è l'effetto che fanno sui prof certe frasi, certi
sguardi, il bisogno di condividere, di essere ascoltati e creduti,
tutta questa confidenza che, giuro, a volte proprio non è nè
incoraggiata nè tantomeno richiesta da noi adulti, presi da
tutt'altro, ma ci investe come un acquazzone improvviso.
Dall'alto (euh! bum) dei
miei quasi tredici anni di mestiere, posso ormai dire serenamente che
sì, capita, e come, l'impatto frontale che non ti aspetti. Dopo aver
chiacchierato con un po' di gente che, a quarant'anni e oltre, è in
grado di discutere con il dovuto distacco delle proprie esperienze
passate, emerge con chiarezza che il coinvolgimento tra insegnanti e
studenti è più frequente di quanto si creda. Non sempre si avvera
nei fatti la mitologica trombata con la supplente di ginnastica o
l'infrascata in auto con il docente di filosofia (ah, peraltro,
colleghe alle prime armi, mi raccomando: diffidare il più possibile
del docente di filosofia, che può senz'altro apparire figo, nella
versione tenebrosa o in quella vulnerabile, e intellettualmente
arrapante da matti, ma poi si rivela un cinico divorziato senz'anima
che devasta le vite delle giovani supplenti di lettere, mandandole in
rianimazione dopo mesi di anoressia o tentativi di suicidio: e questa
non sono io, ma ne conosco ben due che ci sono passate). In
particolare, nella fascia d'età che frequento io il passare alle vie
di fatto è decisamente illegale, oltre che professionalmente
scorretto (ma attenzione agli/alle ex alunni/e: quelli/e diventano
maggiorenni, e a volte ritornano, con intenzioni inequivocabili).
Ma esiste un livello di
coinvolgimento, platonico per carità, però a volte davvero
profondo, che non si può controllare con nessuna legge. C'è
adolescente e adolescente. Non tutti sono teneri boccioli che si
affacciano arrossendo alla vita. Non tutti i maschi sono capretti
esuberanti che saltellano nel prato, e non tutte le ragazzine sono
bamboline innocenti che riempiono il diario di cuoricini rosa. Senza
con ciò fare di loro dei piccoli maniaci o delle Lolite senza
pudore, sono tutti diversi, l'età mentale e quella fisica coincidono
pochissimo nelle loro personcine in evoluzione, e noi "grandi" a
volte non abbiamo la prontezza di difenderci e ci ritroviamo la
freccia piantata nel fianco prima di aver visto l'arco. Questa cosa
l'ho imparata sulla mia pelle, come molti colleghi e colleghe prima
di me. Ora che la so, non mi spaventa più. E' che lavoriamo con le
anime, i corpi e i caratteri di tanti esseri umani diversi, e che,
soprattutto, siamo esseri umani pure noi. E se devo scegliere tra
essere la feroce istitutrice senza cuore e la prof Castagna che a
volte non riesce a far lezione perchè si butta via dal ridere, o si
fa venire il groppo in gola dall'emozione, beh, io voglio essere me
tutta la vita. Rischi compresi. Basta saperlo, ecco, che potrebbe
arrivare qualcuno che, magari senza volere, ti apre uno squarcio
nella diga, ti si presenta inopportunamente nei sogni o ti lascia
semplicemente senza parole, in contemplazione di qualcosa di nuovo,
fresco, bellissimo, come possono essere belli, dentro e fuori, solo
gli adolescenti. Ogni tanto arriva, poi passa e se ne va. E anche noi
prof dobbiamo sapere che a volte, molto più per le doti di carattere
e di intelligenza, ironia, sensibilità, che per le nostre apparenze
esteriori, lasciamo un segno su qualcuno. Che poi potrebbe
incontrarci anni dopo, e guardarci con una tenerezza sconvolgente,
annullando le proprie difese di fronte a una persona di cui si fida
davvero, e rivivendo con il senno di poi le emozioni di un mondo
perduto, in cui tutto quello che contava era che il tuo prof
preferito ti facesse un complimento perchè eri stato bravo. Dovete
pensare all'effetto che può fare essere guardati così. Non è una
cosa paragonabile con molte altre.
Mentre scrivo penso al
Danno, che ho rivisto ormai grande dopo l'incidente che lo ha quasi
ammazzato, e che ha traversato la sala per venire a salutarmi e a me,
solo a me in tutta una stanza piena dove aspettavano di sentirlo
parlare della sua vittoria sul coma e della sua riabilitazione, ha
detto, a voce bassa e senza minimamente vergognarsi: "Sono
agitatissimo". Perchè a me lo poteva dire, anche se non mi
vedeva da tempo, io ero ancora la sua prof di allora, quella che lo
sgridava quando faceva il figo ma non aveva studiato, e che fingeva
di non avere il batticuore quando lui le regalava i fiori raccolti
lungo la strada. Ecco, in quella stanza c'erano sua madre, sua
sorella, la sua ragazza, un sacco di amici, ma solo tra me e lui
c'era quell'istante.
Capite che, se una cosa
così ti succede nel momento sbagliato della tua vita, può aprirti
un bel taglio nelle tue sicurezze su chi sei e che ruolo hai. Se poi
chi ti riempie di attenzioni e visibilmente dipende dalla tua
approvazione e dal tuo affetto passa con te parecchie ore a
settimana, in una stanza dove si correggono aridi esercizi ma si
parla anche tanto di tutto il resto, è possibile che la cosa ti
faccia stare anche un bel po' male. Ma, come detto, passa.
Però.
C'è un però.
Soprattutto a chi, come
noi, si occupa dei più giovani, bisognerebbe dare un minimo supporto
psicologico per far fronte a certe cose. Ho trovato molto
interessante il libriccino di un collega, intitolato non a caso
"Uscirne vivi", in cui si parla delle difficoltà del
nostro mestiere. Un capitoletto breve e composto, ma non imbavagliato
da inutile ipocrisia, è dedicato al coinvolgimento sentimentale tra
insegnanti e studenti. Menomale che qualcuno lo dice, ho pensato.
Ovviamente ribadisce che succede, spesso sì, ma va tenuto sotto
controllo, e da chi? Da noi, non certo da loro, che sono così
ingenui a volte da scambiare le loro emozioni per l'unica legge
valida sul pianeta. E io aggiungo: è' bello vedere che non si vergognano di quel che
provano, che si sentono invincibili nella loro disarmante sincerità.
E' fin troppo dolce, per noi adulti stanchi e disincantati, la
sicumera con cui affermano un loro bisogno, molto più interiore che
fisico, spesso, senza percepire l'inadeguatezza della situazione. Ma
il concetto, una volta scemata l'ondata di tenerezza, imbarazzo,
preoccupazione o semplice sorpresa, è semplice. Loro confondono i
ruoli, NOI NO. Ci piacerebbe, magari, ma non lo possiamo fare.
Ecco perchè quest'anno
così bello per me rimarrà un ricordo indelebile, di giornate piene
di gioia e soddisfazione, ma con una macchia scura che rovina proprio le
ultime, importantissime settimane: il pasticciaccio brutto tra uno
dei miei "grandi" e una collega, tra l'altro più vecchia
di me. Che rischia già la denuncia per altre leggerezze commesse sul
lavoro, dal momento che confondere i ruoli, evidentemente, le piace.
Ma a me, e non solo a me, leva il sonno perchè non respinge, anzi
incoraggia in modo pericolosissimo, una situazione che sì, si poteva
creare, l'ho detto appunto finora, ma doveva restare entro un certo
limite.
E la cosa più grave è
che gli altri ragazzi, per quanto noi cerchiamo di proteggerli, se ne
sono accorti e sono rimasti davvero turbati.
Credetemi, se vi dico che,
pur in questi pochi anni, ne ho viste già molte di cose. Ma sono
venuti a parlarmi tutti seri Giudiziosa, la Nonna, Vento del Nord e
Svacco e poveri ragazzi, erano così pieni di tatto nel cercare di
spiegare che erano a disagio, che ad un certo punto gli occhi di
Svacco si sono riempiti dell'angoscia che io non capissi, e davvero,
la sua espressione quando è sbottato e mi ha detto cosa pensava,
usando peraltro un modo molto controllato di esprimere i suoi dubbi,
mi ha fatto un male boia e non me la scorderò facilmente.
Passo le giornate a
guardare in tralice il ragazzo in questione e chiedermi a che punto
sia davvero giunto il pasticcio, e se dovrei parlargli: a lui
direttamente, visto che la madre problemi su dove sia, su come passi
i pomeriggi, su di chi siano le macchine su cui sale, evidentemente
non se ne pone. Ho paura. Per lui, prima di tutto, per la collega che, pur richiamata
all'ordine con delicatezza sia da me che da altri, non si è fermata,
per la classe, per noi prof, per la pace della mia povera Scuolina
Rosa.
E ho anche paura di
perdere di colpo la pazienza con la collega, di stancarmi
all'improvviso di camminare sulle uova, e creare un casino all'esame.
L'anno scorso si è visto bene, in commissione d'esame, con il povero
ignorante che ha preso il posto della Compagna Collega, che cosa
posso diventare io quando un docente che è in torto e di cui non ho
stima mi tocca i miei ragazzi o si mette di traverso al compimento
del lavoro di anni. Non vi consiglio di incontrare il mio cammino
quando succede una cosa del genere. Ma temo che, con questa prof, la
reazione sarebbe ben diversa da quella che il malcapitato supplente,
presuntuoso e imprudente ma comunque giovane e inesperto, si è
potuto permettere di fronte ai miei ruggiti. E non voglio per nessun motivo danneggiare i ragazzi.
E così, anche quest'anno
all'esame non ci si annoia, vedete. Ma, io, timbrare pacchi alle poste perché non l'ho mai considerato, come opzione, perché?