Molto
strano che su questo blog ancora non ci sia la ricetta della jota. L’ho messa
nei ravioli del plin un po’ di tempo fa, ma quella era una rivisitazione,
abbastanza audace tra l’altro ma la ricetta vera e propria, quella della jota
originale, il piatto in assoluto più conosciuto e rappresentativo della città
in cui vivo, Trieste (prima o poi dovrò fare una ricerca su quante altre città
al mondo possono vantare come proprio piatto tipico una minestra perché così, a
mente, non me ne sovviene neanche una) ancora non l’avevo pubblicata. Ho già
detto una cavolata, ho parlato di “jota originale” quando è ovvio che non vi
può essere la “vera” ricetta di questa pietanza, posto che ognuno la fa un po’
come gli pare. Quello che non può mancare mai sono i crauti, qui chiamati capuzzi
garbi, ovvero cappucci acidi, a seguito della fermentazione con il sale, e i
fagioli. Tutto il resto va a sentimento. Non sono più molte le famiglie che si
cimentano in questa preparazione, che richiede tempi piuttosto lunghi, preferendo
la maggior parte delle persone andare alla ricerca di qualche trattoria del
Carso triestino che la prevede nel suo menu, ma tutti quelli che ancora la
preparano in casa hanno la loro ricetta preferita. Qualcuno ci mette le patate,
altri no, spesso viene aggiunto un osso di prosciutto cotto, meglio ancora le
costine di maiale affumicate, che oltre ad insaporire, arricchiscono la
minestra di un sapore particolare. E poi non può mancare il kümmel e il
soffritto alla fine, il “disfrito” come lo chiamano qui, a base di olio
(originariamente strutto), aglio tritato e farina, che si fa tostare bene a
parte fino a farla diventare scura per poi essere aggiunto alla minestra. Ecco,
gli ingredienti sono più o meno sempre quelli, tuttavia la jota è sempre
diversa. Perché cambiano le proporzioni degli ingredienti, a qualcuno piace
molto acida, altri la preferiscono più delicata e poi può cambiare anche il
procedimento di cottura, qualcuno cucina tutto quanto insieme, altri cuociono
prima alcuni ingredienti a parte. Dipende molto dal risultato che si vuole
ottenere, perché la jota è una questione soprattutto di equilibrio. I sapori
sono forti, c’è il kümmel (carvi, da non confondere con il cumino), compagno
inseparabile dei crauti, sia per il suo sapore tendente all’anice che dona loro
una freschezza particolare, ma anche perché ne favorisce decisamente la
digestione, e soprattutto ci sono i crauti stessi, che necessitano di essere
utilizzati in maniera sapiente per evitare di ritrovarsi con una minestra
immangiabile.
Quando
ho saputo che la sfida dell’MTC n. 53 proposta dalla mitica Vitto era proprio
una minestra, avevo da poco preparato la jota, per la prima volta corredata di
foto per poter essere inserita nel blog. Il dilemma era se postarla lo stesso o
meno e se proporla come ricetta della sfida, visto che non è proprio una
minestra elaborata dalla mia fantasia, come sono solitamente le ricette che
propongo per la sfida. E poi mi è capitato di preparare un post per laredazione dell’MTC sulle minestre della Mitteleuropa e quindi mi è parso carino
completarlo con la ricetta della jota. Quella che segue è la mia versione,
elaborata dopo aggiustamenti effettuati nel corso degli anni per adattarla ai
nostri gusti. Non la faccio spesso, ma almeno un paio di volte all’anno d’inverno
non posso evitare di prepararla. A me piace moltissimo e come tutte le minestre
se “riposata” e consumata il giorno dopo o quello dopo ancora è molto più
buona.
JOTA
Ingredienti
per 6 persone
500 g
di crauti freschi*
300 g
di patate
100 g
di fagioli borlotti secchi precedentemente ammollati per 12 ore e lessati (oppure 250 g
già lessati)
3
costine di maiale affumicate
½ cipolla
2
cucchiaini e ½ di kümmel (semi di carvi)
2 foglie
d’alloro
brodo
vegetale
olio
extravergine d’oliva
sale
pepe
per il soffritto finale (facoltativo)
1
cucchiaio d’olio
1
spicchio d’aglio tritato
1
cucchiaio di farina
(in
alternativa, per un risultato più leggero, aggiungere alla fine un cucchiaio di
amido di mais sciolto nel brodo)
*a
Trieste è facile reperire i crauti freschi mentre nel resto d’Italia si trovano
solitamente solo quelli in scatola, che sono più o meno la stessa cosa di
quelli freschi ma che secondo me hanno un sapore molto più acido, quindi il mio
consiglio, prima di utilizzarli, è quello di scolarli bene dall’acqua di
vegetazione e di sciacquarli abbondantemente sotto all’acqua corrente.
In una
pentola capiente, rosolate la cipolla tritata con un po’ d’olio, aggiungete i
crauti e subito dopo il bordo, fino a ricoprirli di un dito, poi aggiungete l’alloro
e il kümmel, coprite con un coperchio cuocete a fuoco medio fino a quando il
brodo si sarà consumato del tutto, ci vorrà circa ½ ora.
Nel
frattempo, in un altro tegame lessate in poca acqua le patate sbucciate e
tagliate a cubetti di circa due cm per lato e quando sono quasi cotte aggiungete
i fagioli, cuocete insieme per qualche minuto e unite il tutto ai crauti.
Aggiungete le costine di maiale affumicate e fate cuocere ancora per mezz’ora,
tre quarti d’ora, aggiungendo altra acqua se necessario e a gusto, a seconda
che si voglia ottenere una minestra brodosa o asciutta (a me piace piuttosto
densa).
A fine
cottura, fate tostare in un pentolino la farina nell’olio e quando comincerà a
colorarsi aggiungete l’aglio tritato, fate cuocere ancora un minuto e poi aggiungete
il tutto alla minestra. Spesso io ometto l’aglio e aggiungo semplicemente un
cucchiaio di maizena sciolto nel brodo per ottenere un risultato cremoso ma
senza appesantire troppo il risultato finale.
Regolate di sale, aggiungete un po' di pepe di mulinello, fate riposare qualche minuto e servite.
Regolate di sale, aggiungete un po' di pepe di mulinello, fate riposare qualche minuto e servite.
Con questa ricetta partecipo all'MTC n. 53, minestroni e zuppe di Vitto.