Ogni volta che andiamo al mare e stendiamo l'asciugamano sulla spiaggia ripenso ad un telo che avevamo preso da piccoli con la raccolta dei punti del latte: C'era sopra un enorme gioco dell'oca e sono certa che centinaia di mamme ne abbiano benedetto l'inventore.
Anche la mia.
Ci ritovammo infatti un'estate a trascorrere due fantastiche settimane in un albergo al mare che aveva la spiaggia privata.
Ricordo confusamente l'orgoglio di dormire in una stanza tutta elegante ed essere servita dai camerieri, la vaschetta dei ghiaccetti al centro del nostro tavolo e mio fratello che non faceva altro che chiederne ancora, ricordo sopratutto il rito del gioco dell'oca quotidiano, tutti i pomeriggi dopo pranzo, per far si che stessimo sotto l'ombrellone evitando le ore più calde e il rischio di fare il bagno prima del dovuto...
Quel telo è diventato il ricordo di quell'estate, un passatempo semplice, un allenamento allo stare insieme, al vincere o perdere guidati solo dalla fortuna, il simbolo dell'arte di arrangiarsi, anche in vacanza, dell' educazione alla pazienza e alla noia, della capacità di aspettare il momento del bagno in mare, vissuto come una vera conquista.
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ma anche come Marta, Margherita e Matilde, i miei tre fiorellini e come Marco, il mio gigante buono!
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martedì 15 luglio 2014
lunedì 14 aprile 2014
Una brava mamma
Così capita che un pomeriggio sei li, seduta sul loro letto, con un libro sulle gambe e una bimba per lato; Sei li che leggi una storia, e poi un'altra e ancora un'altra.
E ti accorgi che adesso che sono cresciute e sono in grado di seguire una vera fiaba dall'inizio alla fine è diventato divertente stare con loro accoccolate ad ascoltarti.
Hai scoperto che ti appassioni anche tu nella lettura, che ti piace fare le vocione e le vocine, tanto da farti quasi i complimenti da sola per la magistrale interpretazione.
Hai capito che quello è il vostro momento, anche se a volte è breve, anche se arriva a fine giornata quando fate a gara a chi è più stanca; hai capito che dieci minuti insieme così, immergendosi veramente in quel mondo parallelo e magico servono a loro ma anche a te, hai capito che anche loro sentono che ti diverti...
Così capita che un pomeriggio sei li, con un libro sulle gambe e una delle due alla fine di una storia ti dica: "Lo sai che sei una brava mamma? Sei brava perchè ci leggi le storie!"
E se basta così poco per essere brava ai loro occhi....
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E ti accorgi che adesso che sono cresciute e sono in grado di seguire una vera fiaba dall'inizio alla fine è diventato divertente stare con loro accoccolate ad ascoltarti.
Hai scoperto che ti appassioni anche tu nella lettura, che ti piace fare le vocione e le vocine, tanto da farti quasi i complimenti da sola per la magistrale interpretazione.
Hai capito che quello è il vostro momento, anche se a volte è breve, anche se arriva a fine giornata quando fate a gara a chi è più stanca; hai capito che dieci minuti insieme così, immergendosi veramente in quel mondo parallelo e magico servono a loro ma anche a te, hai capito che anche loro sentono che ti diverti...
Così capita che un pomeriggio sei li, con un libro sulle gambe e una delle due alla fine di una storia ti dica: "Lo sai che sei una brava mamma? Sei brava perchè ci leggi le storie!"
E se basta così poco per essere brava ai loro occhi....
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lunedì 10 febbraio 2014
Amarcord
Una sera ti ritrovi con quei vecchi compagni che hai lasciato 12 anni fa nel cortile della tua scuola; quelli con cui facevi ogni giorno cinque piani di scale a piedi e l'unica volta che hai usato l'ascensore ti sei presa una nota sul registro; alcuni amati, altri mal sopportati, alcuni ammirati, altri derisi con quel metro di giudizio fermo e severo, senza vie di mezzo, privo di compromessi quale è quello degli adolescenti.
Erano loro, i compagni con cui hai viaggiato a notte fonda su un treno piuttosto lurido durante l'unica gita in cinque anni di Liceo, quelli che avevano rubato il testo di un compito di storia per poi costituirsi alla prof il giorno successivo, quelli che scrivevano frasi poco gentili ai ragazzi del liceo artistico di fronte, mostrandole fieri dalle finestre; quelli che si nascondevano sotto il banco per non essere interrogati di fisica, che finivano i disegni nell'ora di inglese e studiavano filosofia nell'ora di italiano. Erano pieni di entusiasmo e fiducia, molti con le idee chiare su quello che il futuro doveva riservarci.
Li avevi incontrati già sei anni fa, tu grassa e ripiena, agli sgoccioli della tua gravidanza, guardata come un animale raro. Erano sempre loro, quasi tutti freschi di laurea o con un lavoro nuovo, ancora felici, forse meno entusiasti, ma sempre fiduciosi e convinti delle strade intraprese. Tu ti aggiravi goffa, felice, coccolata e un po' malinconica al pensiero di quello che avevi lasciato indietro e impaurita per ciò che si stava preparando.
Una sera ti ritrovi con quei vecchi compagni che nel frattempo sono emigrati, espatriati, sono donne in carriera o ancora alla ricerca di cosa voler fare da grandi; Li riconosci, sono sempre loro ma un po' cresciuti, ormai disincantati, alcuni soddisfatti, altri alla ricerca di un lavoro perfetto che non si trova mai.
Ma sono anche ragazze panciute e neopapà che parlano tutta la sera di coliche e pannolini, che ti guardano con invidia e incredulità chiedendoti se è vero che poi i bimbi crescono e si ricomincia a dormire, stupendosi del fatto che l'ansia da neonato l'hai vissuta anche tu ma ormai è solo un ricordo.
Adesso ti senti in un limbo sicuro, sei praticamente il guru della serata, serafica dispensatrice di consigli -almeno stavolta- richiestissimi.
Così ci saluta, raccomandandosi di non far passare altri sei anni.
E li qualcuno ti fa notare che tra tutto quel tempo tu potresti essere alle prese con una pre-adolescente, invischiata tra fidanzatini e le prime uscite pomeridiane, tra gli ormoni scatenati e umori altalenanti.
Un brivido ti pervade...lasciatemi nel mio limbo, sono appena uscita dal tunnel!
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Erano loro, i compagni con cui hai viaggiato a notte fonda su un treno piuttosto lurido durante l'unica gita in cinque anni di Liceo, quelli che avevano rubato il testo di un compito di storia per poi costituirsi alla prof il giorno successivo, quelli che scrivevano frasi poco gentili ai ragazzi del liceo artistico di fronte, mostrandole fieri dalle finestre; quelli che si nascondevano sotto il banco per non essere interrogati di fisica, che finivano i disegni nell'ora di inglese e studiavano filosofia nell'ora di italiano. Erano pieni di entusiasmo e fiducia, molti con le idee chiare su quello che il futuro doveva riservarci.
Li avevi incontrati già sei anni fa, tu grassa e ripiena, agli sgoccioli della tua gravidanza, guardata come un animale raro. Erano sempre loro, quasi tutti freschi di laurea o con un lavoro nuovo, ancora felici, forse meno entusiasti, ma sempre fiduciosi e convinti delle strade intraprese. Tu ti aggiravi goffa, felice, coccolata e un po' malinconica al pensiero di quello che avevi lasciato indietro e impaurita per ciò che si stava preparando.
Una sera ti ritrovi con quei vecchi compagni che nel frattempo sono emigrati, espatriati, sono donne in carriera o ancora alla ricerca di cosa voler fare da grandi; Li riconosci, sono sempre loro ma un po' cresciuti, ormai disincantati, alcuni soddisfatti, altri alla ricerca di un lavoro perfetto che non si trova mai.
Ma sono anche ragazze panciute e neopapà che parlano tutta la sera di coliche e pannolini, che ti guardano con invidia e incredulità chiedendoti se è vero che poi i bimbi crescono e si ricomincia a dormire, stupendosi del fatto che l'ansia da neonato l'hai vissuta anche tu ma ormai è solo un ricordo.
Adesso ti senti in un limbo sicuro, sei praticamente il guru della serata, serafica dispensatrice di consigli -almeno stavolta- richiestissimi.
Così ci saluta, raccomandandosi di non far passare altri sei anni.
E li qualcuno ti fa notare che tra tutto quel tempo tu potresti essere alle prese con una pre-adolescente, invischiata tra fidanzatini e le prime uscite pomeridiane, tra gli ormoni scatenati e umori altalenanti.
Un brivido ti pervade...lasciatemi nel mio limbo, sono appena uscita dal tunnel!
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martedì 10 dicembre 2013
E all'improvviso quel silenzio tra noi...
Il tema di questo mese su genitori crescono è "comunichiamo".
Appena l'ho letto ho avuto subito ben chiaro quale aspetto trattare...la comunicazione tra lui, silenzioso e riflessivo e me, impulsiva e decisamente logorroica.
Sarà che io vengo da una famiglia in cui ogni problema, questione, dubbio veniva sviscerato e analizzato con dovizia di particolari, mentre in casa sua (forse anche per la netta prevalenza di uomini) si parla lo stretto indispensabile, anzi a volte anche meno!
Si capisce quindi come questo sia uno dei motivi che ci ha portato da sempre a litigare: Se lui è preoccupato, pensieroso, arrabbiato diventa silenzioso, limitando al minimo le occasioni di farsi sfuggire una parola di troppo, cosa che potrebbe scatenare una mia reazione (negativa, ovviamente!)
Se invece sono io quella preoccupata, divento un fiume di parole impossibile da trattenere...e questo scatena -prima o poi- una sua reazione negativa.
Per me è un modo non solo per sfogarmi ma anche per dare forma a certi pensieri che solo rimuginati (silenziosamente) tra me e me non appaiono così chiari come diventano una volta esternati; Inoltre i suoi consigli sono sempre abbastanza razionali e tranquillizzanti quindi per me è proprio un modo per chiedere e ottenere aiuto.
Nel caso in cui io sia arrabbiata invece l'istinto è quello di "mettere su il muso". Il problema è che lui spesso neanche se ne accorge quindi io passo ore intere a cercare di mandare un qualche disperato segnale per fargli capire senza parole che sono arrabbiata...ma senza successo. L'unico indizio del mio stato d'animo cupo viene blandamente percepito dopo svariato tempo quando, insospettito dal prolungato silenzio, inizia a capire che qualcosa non va.
La convivenza ci ha costretti a rivedere entrambi le modalità di comunicazione del "disagio" tra noi perchè ovviamente, vivendo insieme, non si può pensare di stare zitti, offesi o immersi ognuno nei propri pensieri giorni interi; D'altra parte, sopratutto con le bimbe presenti, non possiamo neanche dare sfogo a tutto quello che ci passa per la testa.
Con il tempo ci siamo allenati a comunicarci di essere arrabbiati ma preferendo (quando riusciamo!) parlarne in un secondo momento, quando la rabbia iniziale è sbollita ed evitando così di dirci cattiverie gratuite; magari dopo averci pensato ancora meglio (e aver fatto anche un po' di mea culpa) in modo da arrivare al momento dello "scontro" sempre carichi ma più obiettivi. In questo modo riusciamo a dirci quello che ci ha ferito eliminando, per quanto possibile, quelle parole e atteggiamenti che vengono ingigantiti dal "fervore" iniziale.
Per me è stata ed è ancora adesso, in certe occasioni, una grossa fatica il cercare di frenarmi e rispettare i suoi tempi e i suoi silenzi; ho visto però che quando riusciamo a mettere in atto questo trucco il litigio diventa veramente costruttivo...(Dico "riusciamo" perchè anche a lui a volte viene l'istinto di svuotare il sacco subito).
Credo che il modo migliore per porre fine ad un litigio l'abbia però trovato lui: Quando, dopo aver enunciato tutte le mie ragioni, con aria di sfida gli chiedo: "Allora? Cosa mi rispondi?" con la speranza che dalla sua bocca esca qualche appiglio per la mia seconda e più prolissa arringa lui risponde, con faccia serafica: "Hai ragione."
Ecco...dopo uno sproloquio di un' ora sentirsi dire "Hai-ragione-punto" ti suscita due reazioni:
1. Rispondere, per partito preso:"Come ho ragione? NO, NON HO RAGIONE!!!" (ma questo non depone a mio favore, quindi bisogna scartarlo)
2. Tacere.
E io taccio.
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Appena l'ho letto ho avuto subito ben chiaro quale aspetto trattare...la comunicazione tra lui, silenzioso e riflessivo e me, impulsiva e decisamente logorroica.
Sarà che io vengo da una famiglia in cui ogni problema, questione, dubbio veniva sviscerato e analizzato con dovizia di particolari, mentre in casa sua (forse anche per la netta prevalenza di uomini) si parla lo stretto indispensabile, anzi a volte anche meno!
Si capisce quindi come questo sia uno dei motivi che ci ha portato da sempre a litigare: Se lui è preoccupato, pensieroso, arrabbiato diventa silenzioso, limitando al minimo le occasioni di farsi sfuggire una parola di troppo, cosa che potrebbe scatenare una mia reazione (negativa, ovviamente!)
Se invece sono io quella preoccupata, divento un fiume di parole impossibile da trattenere...e questo scatena -prima o poi- una sua reazione negativa.
Per me è un modo non solo per sfogarmi ma anche per dare forma a certi pensieri che solo rimuginati (silenziosamente) tra me e me non appaiono così chiari come diventano una volta esternati; Inoltre i suoi consigli sono sempre abbastanza razionali e tranquillizzanti quindi per me è proprio un modo per chiedere e ottenere aiuto.
Nel caso in cui io sia arrabbiata invece l'istinto è quello di "mettere su il muso". Il problema è che lui spesso neanche se ne accorge quindi io passo ore intere a cercare di mandare un qualche disperato segnale per fargli capire senza parole che sono arrabbiata...ma senza successo. L'unico indizio del mio stato d'animo cupo viene blandamente percepito dopo svariato tempo quando, insospettito dal prolungato silenzio, inizia a capire che qualcosa non va.
La convivenza ci ha costretti a rivedere entrambi le modalità di comunicazione del "disagio" tra noi perchè ovviamente, vivendo insieme, non si può pensare di stare zitti, offesi o immersi ognuno nei propri pensieri giorni interi; D'altra parte, sopratutto con le bimbe presenti, non possiamo neanche dare sfogo a tutto quello che ci passa per la testa.
Con il tempo ci siamo allenati a comunicarci di essere arrabbiati ma preferendo (quando riusciamo!) parlarne in un secondo momento, quando la rabbia iniziale è sbollita ed evitando così di dirci cattiverie gratuite; magari dopo averci pensato ancora meglio (e aver fatto anche un po' di mea culpa) in modo da arrivare al momento dello "scontro" sempre carichi ma più obiettivi. In questo modo riusciamo a dirci quello che ci ha ferito eliminando, per quanto possibile, quelle parole e atteggiamenti che vengono ingigantiti dal "fervore" iniziale.
Per me è stata ed è ancora adesso, in certe occasioni, una grossa fatica il cercare di frenarmi e rispettare i suoi tempi e i suoi silenzi; ho visto però che quando riusciamo a mettere in atto questo trucco il litigio diventa veramente costruttivo...(Dico "riusciamo" perchè anche a lui a volte viene l'istinto di svuotare il sacco subito).
Credo che il modo migliore per porre fine ad un litigio l'abbia però trovato lui: Quando, dopo aver enunciato tutte le mie ragioni, con aria di sfida gli chiedo: "Allora? Cosa mi rispondi?" con la speranza che dalla sua bocca esca qualche appiglio per la mia seconda e più prolissa arringa lui risponde, con faccia serafica: "Hai ragione."
Ecco...dopo uno sproloquio di un' ora sentirsi dire "Hai-ragione-punto" ti suscita due reazioni:
1. Rispondere, per partito preso:"Come ho ragione? NO, NON HO RAGIONE!!!" (ma questo non depone a mio favore, quindi bisogna scartarlo)
2. Tacere.
E io taccio.
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quando la mamma sclera
lunedì 13 maggio 2013
Tempo al tempo
Una delle cose che la maternità mi ha insegnato è stata quella di riconsiderare completamente il tempo, la sua importanza, le cose di cui lo dovrei/vorrei riempire.
Prima di diventare mamma ero molto più rigida: verso quello che c'era da fare, che non poteva essere assolutamente rimandato, verso i miei doveri (o quelli che consideravo tali), verso me stessa.
Con l'arrivo delle bimbe ho faticato molto, in un primo momento, ad accettare il fatto di non poter essere più così perfettamente programmata, precisa, puntuale.
Il tempo per fare tutte quelle cose che, secondo me, dovevano essere fatte (per la casa, per le persone che ci stavano intorno, per me) non bastava mai, rincorrevo sempre tutti questi doveri non concedendomi mai di "perdere tempo" a fare qualcosa di non strettamente necessario in quel momento.
Finchè Marta era molto piccola la mia preoccupazione era concentrata sopratutto sul continuare a tenere la casa pulita e ordinata come prima, sul riuscire, nonostante la stanchezza e le difficoltà di gestione, a frequentare amici e parenti come se lei fosse ancora nella pancia...
Quando ha iniziato a crescere e ad interagire di più si è affacciata un'altra "difficoltà": questa bimba aveva bisogno anche di attenzioni che non rientravano nel semplice cambio pannolino-pappa-nanna, aveva bisogno di una mamma che giocasse con lei e avesse piacere nel trascorrere un po' di tempo libero insieme...ma ecco, le parole "tempo libero" non facevano più parte del mio vocabolario!
Quindi oscillavo tra un senso di colpa e l'altro: "se lavo i piatti non sto con lei, se gioco con lei chi stira tutta quella montagna di roba?"
Per non parlare poi del fatto che con un bambino piccolo si possono avere tanti piccoli contrattempi che, ovviamente, facevano saltare tutta la mia perfetta organizzazione minuto per minuto...
Non posso dire di aver smesso di fare programmi, la mia natura è questa e sicuramente non riesco a cancellarla; però ho imparato (mente diabolica?) a fare più piani di modo da cambiare programma in corsa senza stressarmi (troppo), ho imparato a tollerare di più i miei errori, ad essere più morbida prima di tutto con me stessa: se quella cosa così urgente non riesco a farla oggi, la farò domani..e probabilmente domani capirò che non era poi così fondamentale!
Sono diventata sveltissima nelle faccende di casa, ho scoperto che le montagne di roba da stirare scompaiono se, mentre stiro, guardo un film; sono capace ad organizzarmi meglio in cucina, preparando un polpettone per la sera mentre cucino a mezzogiorno, così al sabato pomeriggio si può prolungare una passeggiata fino a tardi, tanto la cena è mezza pronta!
Ho scoperto che avere due figli semplifica la vita perchè trascorrono tanto tempo insieme e io riesco a fare il "dovere" più velocemente, guadagnando del tempo per loro senza avere la testa altrove.
Quando Marta aveva pochi mesi ero convinta che tutto il resto della mia vita sarebbe rimasto così: senza tempo, senza sonno, con tanta stanchezza addosso; mi chiedevo come fosse possibile tornare a lavorare, a preparare una cena per gli amici, a dedicarmi con calma a qualsiasi cosa....
Ora ho capito che bisogna dare tempo al tempo, che bisogna avere pazienza che il momento "tragico" passi; ho imparato a godermi di più il tempo che passo con le mie bimbe e a sentirmi meno in colpa per quello che passo lontana da loro.
Ho deciso, non senza un certo sforzo, che a volte è meglio anteporre il piacere al dovere, per la mia salute mentale...e per quella di tutta la famiglia!
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Prima di diventare mamma ero molto più rigida: verso quello che c'era da fare, che non poteva essere assolutamente rimandato, verso i miei doveri (o quelli che consideravo tali), verso me stessa.
Con l'arrivo delle bimbe ho faticato molto, in un primo momento, ad accettare il fatto di non poter essere più così perfettamente programmata, precisa, puntuale.
Il tempo per fare tutte quelle cose che, secondo me, dovevano essere fatte (per la casa, per le persone che ci stavano intorno, per me) non bastava mai, rincorrevo sempre tutti questi doveri non concedendomi mai di "perdere tempo" a fare qualcosa di non strettamente necessario in quel momento.
Finchè Marta era molto piccola la mia preoccupazione era concentrata sopratutto sul continuare a tenere la casa pulita e ordinata come prima, sul riuscire, nonostante la stanchezza e le difficoltà di gestione, a frequentare amici e parenti come se lei fosse ancora nella pancia...
Quando ha iniziato a crescere e ad interagire di più si è affacciata un'altra "difficoltà": questa bimba aveva bisogno anche di attenzioni che non rientravano nel semplice cambio pannolino-pappa-nanna, aveva bisogno di una mamma che giocasse con lei e avesse piacere nel trascorrere un po' di tempo libero insieme...ma ecco, le parole "tempo libero" non facevano più parte del mio vocabolario!
Quindi oscillavo tra un senso di colpa e l'altro: "se lavo i piatti non sto con lei, se gioco con lei chi stira tutta quella montagna di roba?"
Per non parlare poi del fatto che con un bambino piccolo si possono avere tanti piccoli contrattempi che, ovviamente, facevano saltare tutta la mia perfetta organizzazione minuto per minuto...
Non posso dire di aver smesso di fare programmi, la mia natura è questa e sicuramente non riesco a cancellarla; però ho imparato (mente diabolica?) a fare più piani di modo da cambiare programma in corsa senza stressarmi (troppo), ho imparato a tollerare di più i miei errori, ad essere più morbida prima di tutto con me stessa: se quella cosa così urgente non riesco a farla oggi, la farò domani..e probabilmente domani capirò che non era poi così fondamentale!
Sono diventata sveltissima nelle faccende di casa, ho scoperto che le montagne di roba da stirare scompaiono se, mentre stiro, guardo un film; sono capace ad organizzarmi meglio in cucina, preparando un polpettone per la sera mentre cucino a mezzogiorno, così al sabato pomeriggio si può prolungare una passeggiata fino a tardi, tanto la cena è mezza pronta!
Ho scoperto che avere due figli semplifica la vita perchè trascorrono tanto tempo insieme e io riesco a fare il "dovere" più velocemente, guadagnando del tempo per loro senza avere la testa altrove.
Quando Marta aveva pochi mesi ero convinta che tutto il resto della mia vita sarebbe rimasto così: senza tempo, senza sonno, con tanta stanchezza addosso; mi chiedevo come fosse possibile tornare a lavorare, a preparare una cena per gli amici, a dedicarmi con calma a qualsiasi cosa....
Ora ho capito che bisogna dare tempo al tempo, che bisogna avere pazienza che il momento "tragico" passi; ho imparato a godermi di più il tempo che passo con le mie bimbe e a sentirmi meno in colpa per quello che passo lontana da loro.
Ho deciso, non senza un certo sforzo, che a volte è meglio anteporre il piacere al dovere, per la mia salute mentale...e per quella di tutta la famiglia!
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domenica 27 gennaio 2013
Nicchiona, what else?
Da qualche giorno anche io ho avuto l'onore di essere stata insignita del bollino
Intanto ringrazio Lucia del blog "Là in mezzo al mar..." ( che peraltro mi ricorda di un periodo della mia infanzia quando ero fissata con la coda di cavallo altissima e mio padre, per sfottermi un po', mentre andavamo a scuola mi cantava questa canzoncina che iniziava così: "Come porti i capelli bella bionda?"), che è la Capa Nicchiona insieme con Francesca del blog "Mumtrioska", suo braccio destro, della quale voglio riportare un pensiero che condivido al 100%:
"Penso che si possa bloggare per crescere, per contribuire a fare cose belle, per confrontarsi e per imparare a stare al mondo, perché di virtuale, sul blog di nicchia, c’è solo la connessione."
Da quanto frequento questo mondo di blog più o meno famosi e più o meno nicchioni mi è capitato di confrontarmi moltissime volte con altre persone sugli argomenti più disparati, di imparare e di dare io stessa consigli...insomma l'intento del blog è sicuramente quello di lasciare una traccia della mia vita in questo momento e un ricordo per le mie bimbe ma è anche uno strumento che mi permette di partecipare attivamente e quotidianamente a quello che succede nella rete e...fuori!
Quindi con grande orgoglio dichiaro questo blog un fiero blog di nicchia!!!
:)
Intanto ringrazio Lucia del blog "Là in mezzo al mar..." ( che peraltro mi ricorda di un periodo della mia infanzia quando ero fissata con la coda di cavallo altissima e mio padre, per sfottermi un po', mentre andavamo a scuola mi cantava questa canzoncina che iniziava così: "Come porti i capelli bella bionda?"), che è la Capa Nicchiona insieme con Francesca del blog "Mumtrioska", suo braccio destro, della quale voglio riportare un pensiero che condivido al 100%:
"Penso che si possa bloggare per crescere, per contribuire a fare cose belle, per confrontarsi e per imparare a stare al mondo, perché di virtuale, sul blog di nicchia, c’è solo la connessione."
Da quanto frequento questo mondo di blog più o meno famosi e più o meno nicchioni mi è capitato di confrontarmi moltissime volte con altre persone sugli argomenti più disparati, di imparare e di dare io stessa consigli...insomma l'intento del blog è sicuramente quello di lasciare una traccia della mia vita in questo momento e un ricordo per le mie bimbe ma è anche uno strumento che mi permette di partecipare attivamente e quotidianamente a quello che succede nella rete e...fuori!
Quindi con grande orgoglio dichiaro questo blog un fiero blog di nicchia!!!
:)
mercoledì 5 dicembre 2012
La “corrazzata Potëmkin” di casa nostra
Tra le cose che amavo di più sentire raccontare dai miei
genitori e da mia nonna c’erano le storie della loro infanzia, un mondo per me
diverso e lontanissimo, che facevo un po’ di fatica a immaginare; Per questo mi
piaceva “ripassare” quei racconti più e più volte.
Le avventure di mio papà piccolino che attraversava l’oceano
al seguito dei suoi genitori in cerca di fortuna in America e, una volta
arrivato lì con un febbrone altissimo, veniva salvato con un bagno in un catino
di acqua ghiacciata; I racconti sulla guerra, di come mia nonna al suono della
sirena durante la cena ritardasse qualche minuto a mettersi in salvo per finire
a grandi cucchiaiate la minestra….che altrimenti avrebbe ritrovato fredda e
piena di macerie; Un peluche, Giacomino, che mia mamma ancora conserva
gelosamente in casa, il suo preferito da bambina…
Da mamma mi piace qualche volta raccontare a Marta cosa
facevamo io e lo zio quando avevamo la sua età e vedo che lei mi ascolta
curiosa e attenta, chiedendomi lo stesso episodio mille volte…
Di questo periodo Natalizio ho molti ricordi: la vigilia di
Natale dalla zia M. dove si mangiava, si giocava con le nostre cugine e si
aprivano i regali prima di scendere alla messa di Natale con i Branco dei
Lupetti che aveva l’onore di stare nelle prime file; Il 31 Dicembre trascorso
con tanti zii, zie e cugini di mia mamma seduti ad un tavolo lunghissimo su cui
arrivavano innumerevoli portate di una cena infinita; poi la tombola e i botti
a cui si assisteva rigorosamente da dietro il vetro mentre i grandi fuori
davano “fuoco alle polveri”! Una befana particolarmente crudele che lasciava dalla nonna aglio e cipolle marce per spaventare nipotine "vivaci"...
Quello che maggiormente mi impegnava in quel periodo era la
preparazione della recita di Natale home-made: come se non bastassero quelle
scolastiche i nostri genitori erano costretti a sorbirsi anche una seconda
rappresentazione inventata e messa a punto dalla sottoscritta che –ovviamente-
era convinta di essere una magnifica regista e sottoponeva il fratello e le
cugine ad estenuanti prove fino alla vigilia quando la recita veniva messa in
scena a casa delle cugine, appunto.
La parte principale veniva assegnata casualmente a me, mia
cugina I. era spesso il braccio destro, l’altra cugina L., ai tempi molto
piccola, faceva brevi comparse e a mio fratello toccavano, sempre casualmente,
delle parti “alternative” tipo la renna, il bambino cattivo che non riceveva
neanche un regalo, la slitta di babbo natale, l’albero carico di palline.
Pur avendo tali parti per cui erano previste poche, misurate
battute, il poveretto era costretto a ripetere la recita fino alla nausea per
essere certi che la performance fosse brillante e tutto andasse bene.
Io mi divertivo tantissimo perché dovevo scrivere il copione e creare i costumi, dirigere gli attori e pensare alle scene…tutti gli altri-genitori compresi- credo che tutt’oggi ricordino queste mie recite come la “corrazzata Potëmkin” di Fantozziana memoria….
Penso che tramandare questi racconti e queste tradizioni sia importante per creare un vero senso di appartenenza perchè certi riti sono unici per ogni famiglia. Anche la memoria degli avvenimenti passati crea un legame con quelli che ci hanno preceduto: penso che mi ricorderò di molte persone della mia famiglia non solo per i frammenti di vita vissuti insieme ma anche per quello che mi è stato raccontato.
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Io mi divertivo tantissimo perché dovevo scrivere il copione e creare i costumi, dirigere gli attori e pensare alle scene…tutti gli altri-genitori compresi- credo che tutt’oggi ricordino queste mie recite come la “corrazzata Potëmkin” di Fantozziana memoria….
Penso che tramandare questi racconti e queste tradizioni sia importante per creare un vero senso di appartenenza perchè certi riti sono unici per ogni famiglia. Anche la memoria degli avvenimenti passati crea un legame con quelli che ci hanno preceduto: penso che mi ricorderò di molte persone della mia famiglia non solo per i frammenti di vita vissuti insieme ma anche per quello che mi è stato raccontato.
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venerdì 5 ottobre 2012
O mangi questa minestra...
Quante volte ce lo siamo sentiti dire?
Forse per nessun' altra questione come quella dell'educazione alimentare esistono così tanti modi diversi di affrontarla: quelli che incatenano a tavola i figli finchè non hanno finito tutto, quelli che li lasciano mangiare come, quanto e quando vogliono, quelli che "pensa ai bambini che muoiono di fame", quelli che danno mille alternative purchè il bambino mangi qualcosa, quelli che cantano canzoncine e raccontano storielle, quelli che minacciano, quelli che promettono premi in cambio dell'ultimo boccone, quelli che "siamo costretti a dargli la coca cola purchè assuma un po' di zucchero"(!)...
Io e Marco amiamo mangiare e cambiare spesso, ci piace provare gusti nuovi e ci sono davvero pochissimi alimenti che detestiamo. Penso che questo ci abbia molto facilitato con le bambine che-almeno per ora- apprezzano anch'esse quasi tutto, mangiano frutta in quantità industriali e, anche se a volte un po' restìe ad assaggiare le cose sconosciute spesso si fanno convincere a provarne almeno un pezzettino. Le verdure più ostiche vengono "camuffate" con il formaggio (stracchino e spinaci è un piatto veloce che gradiscono molto) e i dolci per ora non le attirano più di tanto...
Non credo assolutamente che sia tutto merito nostro -mia suocera racconta sempre di quanto si reputasse brava per il fatto che i suoi primi tre figli mangiassero di gusto....finchè è arrivato il quarto che invece non ne voleva sapere!- però un atteggiamento che si è rivelato azzeccato è stato il fatto di non dare alternative: il famoso detto della minestra, insomma!
O si mangia quello che oggi c'è nel piatto oppure niente. Se hai fame mangi, sennò mangerai di più al prossimo pasto. Se una cosa non ti piace ne assaggi poca e poi puoi lasciarla, ma almeno si deve provare.
Quando si è presentata una situazione di rifiuto spesso si è risolta in due modi: effettivamente le bimbe non avevano fame quindi saltavano il pasto per poi arrivare un po' più affamate a quello successivo (le prime volte ero terrorizzata che si svegliassero alle 3 di notte chiedendo la colazione, ma non è mai successo!), oppure di fronte ad un piatto allontanato o messo in frigo magicamente i capricci svanivano così come il cibo in esso contenuto.
Non so se questo è un metodo valido per tutti i bambini: probabilmente come molte altre situazioni ogni genitore trova quello più adatto al proprio figlio.
Devo ammettere che non è sempre facile restare fermi e decisi, sopratutto per me che dopo qualche minuto di strilli inizio a farmi andare di traverso quello che sto mangiando ma, come in altre situazioni, spalleggiandoci a vicenda con Marco siamo riusciti a non cedere quasi mai.
La cosa che mi ha stupito è che in effetti i bambini hanno una capacità di autoregolarsi che noi abbiamo perso: ormai non c'è davvero da spaventarsi quando vivono qualche settimana di inappetenza...una volta tornato l'appetito non c'è minestra che tenga!
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martedì 3 luglio 2012
Estate: tempo di...caccia al tesoro!
La caccia al tesoro è stata una delle torture con cui tediavo mio fratello e le mie cugine da piccola, quando al sabato mattina ci recapitavano tutti da mia nonna: essendo io la più grande mi sentivo ovviamente investita del compito di intrattenere tutti, anche chi non voleva essere intrattenuto, chi se ne sarebbe stato in pace in un angolo a dormire, chi a guardare la nonna che cucinava, chi a sgranocchiare biscotti e guardare cartoni animati...
E invece no! Io, organizzatrice di eventi in erba, mi davo da fare come e peggio di quei simpaticissimi animatori dei villaggi che, prendendoti per sfinimento, ti convincono a partecipare ai giochi e ai balli più imbarazzanti che esistano....
Grazie a queste doti chiaramente manageriali abbiamo giocato alla caccia al tesoro, al gioco dell'oca formato gigante (con il percorso fatto di fogli stesi per terra, ognuno con un numero scritto sopra e dado enorme che poteva essere lanciato; Noi eravamo le pedine), a giochi senza frontiere edizione casalinga ecc...ecc...
Quindi, cara mammafelice, non posso che essere entusiasta di partecipare:
"ecco la prima tappa della Caccia al Tesoro 2012: scrivere un post in cui raccontate qualcosa di voi, e dite ai vostri lettori come seguirvi al meglio."
Allora, come dice Marta: "Plonti, i posti, viaaaaa!"
Carta d'identità: Chiara, 30 anni freschi freschi, negli ultimi 6 anni non mi sono certo annoiata: Laurea, un anno di lavoro bellissimo lontano da casa, ritorno nella mia città per un lavoro un pò meno bellissimo, un matrimonio e 2 bimbe.....e non credo sia ancora finita!
Nome del blog e obiettivi: mcomemamma..e come l'iniziale del nome di tutti i componenti della mia famiglia! Ho iniziato a scrivere quando mi son resa conto che gli esserini urlanti che avevo tra le braccia si stavano trasformando in donnine buffe e che tra qualche anno mi piacerà andare a rileggere la nostra vita incasinata ma felice di adesso!
Senza contare che, con due marmocchie che fanno 5 anni scarsi in due, i miei spazi sono molto limitati quindi questo blog è anche un modo per fare qualcosa solo per me!
Un buon motivo per seguirmi: mmm...sicuramente a me è stato molto d'aiuto leggere le storie di altre mamme alle prese con i miei stessi problemi, quindi spero che qualcuna, leggendomi, possa capire che siamo un pò tutte nella stessa barca!
Due post che vale la pena leggere: Questo che racconta le mie quotidiane avventure con la gente che non vede l'ora di farmi sapere quello che pensa di me e delle mie figlie; e questo in cui racconto il mio "indimenticabile" parto.
Come seguirmi: ovviamente qui: http://mcomemamma.blogspot.it/
:)
E invece no! Io, organizzatrice di eventi in erba, mi davo da fare come e peggio di quei simpaticissimi animatori dei villaggi che, prendendoti per sfinimento, ti convincono a partecipare ai giochi e ai balli più imbarazzanti che esistano....
Grazie a queste doti chiaramente manageriali abbiamo giocato alla caccia al tesoro, al gioco dell'oca formato gigante (con il percorso fatto di fogli stesi per terra, ognuno con un numero scritto sopra e dado enorme che poteva essere lanciato; Noi eravamo le pedine), a giochi senza frontiere edizione casalinga ecc...ecc...
Quindi, cara mammafelice, non posso che essere entusiasta di partecipare:
"ecco la prima tappa della Caccia al Tesoro 2012: scrivere un post in cui raccontate qualcosa di voi, e dite ai vostri lettori come seguirvi al meglio."
Allora, come dice Marta: "Plonti, i posti, viaaaaa!"
Carta d'identità: Chiara, 30 anni freschi freschi, negli ultimi 6 anni non mi sono certo annoiata: Laurea, un anno di lavoro bellissimo lontano da casa, ritorno nella mia città per un lavoro un pò meno bellissimo, un matrimonio e 2 bimbe.....e non credo sia ancora finita!
Nome del blog e obiettivi: mcomemamma..e come l'iniziale del nome di tutti i componenti della mia famiglia! Ho iniziato a scrivere quando mi son resa conto che gli esserini urlanti che avevo tra le braccia si stavano trasformando in donnine buffe e che tra qualche anno mi piacerà andare a rileggere la nostra vita incasinata ma felice di adesso!
Senza contare che, con due marmocchie che fanno 5 anni scarsi in due, i miei spazi sono molto limitati quindi questo blog è anche un modo per fare qualcosa solo per me!
Un buon motivo per seguirmi: mmm...sicuramente a me è stato molto d'aiuto leggere le storie di altre mamme alle prese con i miei stessi problemi, quindi spero che qualcuna, leggendomi, possa capire che siamo un pò tutte nella stessa barca!
Due post che vale la pena leggere: Questo che racconta le mie quotidiane avventure con la gente che non vede l'ora di farmi sapere quello che pensa di me e delle mie figlie; e questo in cui racconto il mio "indimenticabile" parto.
Come seguirmi: ovviamente qui: http://mcomemamma.blogspot.it/
:)
lunedì 30 aprile 2012
Dulcis in fundo...papà!!!
La mia recente trasferta marsigliese mi ha dato un bello spunto per riflettere sull' argomento proposto per il tema del mese di Genitoricrescono: Papà!!! (pronunciato con trasporto e passione, come farebbero le mie due marmocchie).
Non che ci fosse bisogno di andar via due giorni per confermare le sue doti di massaio provetto però questa è stata la prima volta che Marco restava da solo con entrambe le bimbe per un tempo cosi lungo.
Devo ammettere che sono partita piuttosto preoccupata perchè gestirne due, cosi piccole, richiede molta organizzazione, 100 occhi, 200 braccia e 300 orecchie...ma per fortuna le mie paranoie da madre-chioccia-pianificatrice sono state presto sedate.
Con un pò di aiuto da parte dei nonni se l'è cavata benissimo, a riprova del fatto che se io prendessi la gestione con più serenità mi stresserei molto meno e le cose andrebbero bene ugualmente.
Come ho avuto modo di dire ai colleghi che erano con me, posso definirmi "emancipata" solo perchè ho un marito "emancipato", che fin da subito ha diviso con me la gestione della casa e delle bambine, che non si è limitato a cambiare pannolini ma che si interessa e discute tutto quello che riguarda l'educazione, le regole, le esigenze e la crescita delle proprie figlie.
Un uomo che riesca a liberarsi dalla figura paterna vecchio stampo, dal pensiero-ancora radicato in molti-che certe cose le debbano proprio fare le donne, un padre che accetti la fatica e l'impegno anche mentale di occuparsi dei figli non contribuisce semplicemente a sollevare la mamma da qualche incombenza. Penso che questo nuovo modo di porsi all'interno della famiglia possa veramente aumentare l'armonia nel vivere la quotidianità, la stima dei figli nei confronti di un padre che si interessa delle loro vite e dei problemi, possa rappresentare comunque un arricchimento anche per l'uomo stesso che riesce a dare un senso maggiore al suo "portare lo stipendio a casa".
Credo che il cambiamento della figura paterna non stia solamente nella collaborazione pratica ma sopratutto nella condivisione della crescita dei figli: discutendo con Marco mi accorgo che la visione dei papà è sempre molto diretta, semplice e razionale, molto radicata a ciò che sta accadendo nel momento presente, priva di tutte le ansie con cui noi mamme infarciamo gli avvenimenti, del nostro proiettarci nel futuro che contribuisce a ingrandire i problemi.
Impegnandomi ad affidarmi più spesso al suo modo di affrontare i problemi mi accorgo che molte volte le cose effettivamente si risolvono senza tutte quelle terribili conseguenze che mi ero immaginata...
Questo post partecipa al blogstorming
martedì 20 marzo 2012
...E pensare che era tra i temi della mia maturita'!
Il tema del mese di genitoricrescono questa volta e' proprio tosto...la nuova questione femminile.
Argomento difficile e complesso, per il quale e' facile cadere in luoghi comuni o generalizzazioni. Ho cercato di restringere il campo alla "sola" questione lavorativa che negli ultimi tempi e' un tema per me molto sentito.
Dopo un primo sforzo teso all'emancipazione della donna mi pare che negli ultimi anni i passi avanti siano stati molto scarsi.
Va bene, adesso siamo emancipate, possiamo scegliere se stare a casa "a far la calza" o lavorare, se sposarci o meno, possiamo prendere in mano la nostra vita senza dipendere dal padre prima e dal marito dopo. Ma siamo davvero libere di fare tutto cio'?
La mia esperienza quotidiana, quello che mi capita di leggere e di sentire mi danno l'idea che la strada sia ancora lunga. Chi ci dirige, chi ci assume appartiene ancora per la maggior parte ad una generazione di uomini "vecchio stampo", poco propensi a lasciare spazio ai giovani, e men che meno alle giovani: le poche donne che sono riuscite a far carriera hanno scelto di rinunciare o di mettere in secondo piano la famiglia quindi non possono capire gli sforzi per conciliare il lavoro con la vita familiare.
Non siamo effettivamente libere se ancora ai colloqui viene domandato se abbiamo intenzione di sposarci e di fare dei figli, se una mamma lavoratrice viene considerata una dipendente di serie b, se una gravidanza e' ancora una delle cause per cui, in assenza di un contratto a tempo indeterminato, si viene licenziate-o meglio- non rinnovate.
Come possiamo definirci emancipate se in Italia, per paura di essere mandate via o declassate nelle mansioni tante donne desiderano due figli ma si fermano ad uno, se quando sei giovane non vai bene perche' potresti rimanere incinta e quando i figli ce li hai gia' non vai bene ugualmente perche' si sa che i bambini piccoli sono rogne? Perche' tantissime donne dopo la prima gravidanza restano a casa e raramente si trovano tri-mamme che lavorano?
Come possiamo progredire se il sostegno alle famiglie e' scarso, costoso e difficile da ottenere? Come si fa a conciliare il lavoro con la famiglia se la maternita' obbligatoria ti copre solo fino al terzo mese di vita del bambino e per trovare posto al nido si aspettano mesi e mesi?
Nonostante tutto penso sia inutile puntare unicamente il dito verso chi ci ha preceduto. Credo che dobbiamo riprendere in mano la questione e dimostrare che si puo' rendere bene anche se non si lavora 12 ore al giorno, che le doti di organizzazione, pianificazione, mediazione e coordinazione che si sviluppano in famiglia si possono far fruttare anche nell'ambiente lavorativo, che una donna che lavora non e' per forza una che si vuole togliere gli sfizi...
Per contro bisogna ammettere che c'e' ancora da migliorare nella solidarieta' tra di noi, nel cercare di sfatare con i fatti l'immagine proposta dai media della donna disposta a tutto pur di far carriera, dobbiamo avere il coraggio di fare scelte scomode ma piu' giuste. Bisogna ancora imparare a delegare, a fidarci dei papa', a mettere a tacere quel senso di colpa che ti classifica come una mamma degenere perche' lavori e una lavoratrice mediocre perche' pensi a chi e' all'asilo; dobbiamo imparare a fare pace con noi stesse e capire che tutto non si puo' fare, che la vita ha delle priorita' e che le scelte si pagano, ma hanno anche molti lati positivi.
E dobbiamo imparare a goderci questi lati positivi.
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Argomento difficile e complesso, per il quale e' facile cadere in luoghi comuni o generalizzazioni. Ho cercato di restringere il campo alla "sola" questione lavorativa che negli ultimi tempi e' un tema per me molto sentito.
Dopo un primo sforzo teso all'emancipazione della donna mi pare che negli ultimi anni i passi avanti siano stati molto scarsi.
Va bene, adesso siamo emancipate, possiamo scegliere se stare a casa "a far la calza" o lavorare, se sposarci o meno, possiamo prendere in mano la nostra vita senza dipendere dal padre prima e dal marito dopo. Ma siamo davvero libere di fare tutto cio'?
La mia esperienza quotidiana, quello che mi capita di leggere e di sentire mi danno l'idea che la strada sia ancora lunga. Chi ci dirige, chi ci assume appartiene ancora per la maggior parte ad una generazione di uomini "vecchio stampo", poco propensi a lasciare spazio ai giovani, e men che meno alle giovani: le poche donne che sono riuscite a far carriera hanno scelto di rinunciare o di mettere in secondo piano la famiglia quindi non possono capire gli sforzi per conciliare il lavoro con la vita familiare.
Non siamo effettivamente libere se ancora ai colloqui viene domandato se abbiamo intenzione di sposarci e di fare dei figli, se una mamma lavoratrice viene considerata una dipendente di serie b, se una gravidanza e' ancora una delle cause per cui, in assenza di un contratto a tempo indeterminato, si viene licenziate-o meglio- non rinnovate.
Come possiamo definirci emancipate se in Italia, per paura di essere mandate via o declassate nelle mansioni tante donne desiderano due figli ma si fermano ad uno, se quando sei giovane non vai bene perche' potresti rimanere incinta e quando i figli ce li hai gia' non vai bene ugualmente perche' si sa che i bambini piccoli sono rogne? Perche' tantissime donne dopo la prima gravidanza restano a casa e raramente si trovano tri-mamme che lavorano?
Come possiamo progredire se il sostegno alle famiglie e' scarso, costoso e difficile da ottenere? Come si fa a conciliare il lavoro con la famiglia se la maternita' obbligatoria ti copre solo fino al terzo mese di vita del bambino e per trovare posto al nido si aspettano mesi e mesi?
Nonostante tutto penso sia inutile puntare unicamente il dito verso chi ci ha preceduto. Credo che dobbiamo riprendere in mano la questione e dimostrare che si puo' rendere bene anche se non si lavora 12 ore al giorno, che le doti di organizzazione, pianificazione, mediazione e coordinazione che si sviluppano in famiglia si possono far fruttare anche nell'ambiente lavorativo, che una donna che lavora non e' per forza una che si vuole togliere gli sfizi...
Per contro bisogna ammettere che c'e' ancora da migliorare nella solidarieta' tra di noi, nel cercare di sfatare con i fatti l'immagine proposta dai media della donna disposta a tutto pur di far carriera, dobbiamo avere il coraggio di fare scelte scomode ma piu' giuste. Bisogna ancora imparare a delegare, a fidarci dei papa', a mettere a tacere quel senso di colpa che ti classifica come una mamma degenere perche' lavori e una lavoratrice mediocre perche' pensi a chi e' all'asilo; dobbiamo imparare a fare pace con noi stesse e capire che tutto non si puo' fare, che la vita ha delle priorita' e che le scelte si pagano, ma hanno anche molti lati positivi.
E dobbiamo imparare a goderci questi lati positivi.
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lunedì 12 marzo 2012
Caccapride
Questo post e quest'altro mi hanno fatto venire in mente quante volte anche io mi sono "limitata", trattenuta, censurata per paura di annoiare tutti con i discorsi sulle mie figlie e quante volte invece mi sono sorbita disquisizioni su motori e fumetti, problemi di cuore, smalti, shopping e scarpe senza che l'interlocutore di turno si sia mai chiesto se per caso l'argomento sviscerato fosse effettivamente di cosi alto interesse per me...
Seavessi ha avuto una bellissima idea per rivendicare tutte noi povere mamme alle prese con cacche e risvegli notturni...il caccapride day!
Le mamme se parlano di problemi da mamme rompono.
Quindi posso dire di essere assolutamente, pateticamente, smielosamente orgogliosa anche io:
Di Marta che, alla mia domanda:"perche' vuoi sempre la mamma?" mi dice: "perche' tu sei mia!"
Di Marghe che fa la bocca a cavalluccio marino e schiocca bacini
Di Marta che sgrida papa' quando lascia le luci accese e le cose fuori posto
Di Marghe che canta Aidi
Di Marta che abbraccia la sorellina dicendo baciamoci
Di Marghe che infila il ditino nell'ombelico della sorellona facendola ridere
Di entrambe che cantano e ballano il valzer del moscerino con alette e antennine da apina e farfalla, che camminano mano nella mano, che si aiutano reciprocamente a svestirsi al momento del bagnetto, che si infilano una nel letto dell'altra, che si abbracciano dentro la scatola dei lego, che giocano a cucu' da dietro i piattini colorati, che usano gli stampini dei biscotti come braccialetti, che si sistemano una per gamba e si fanno leggere le storie accoccolate su di me.
Seavessi ha avuto una bellissima idea per rivendicare tutte noi povere mamme alle prese con cacche e risvegli notturni...il caccapride day!
Le mamme se parlano di problemi da mamme rompono.
Seavessi non ci sta.
Le mamme rompono né più né meno degli altri.
Quindi posso dire di essere assolutamente, pateticamente, smielosamente orgogliosa anche io:
Di Marta che, alla mia domanda:"perche' vuoi sempre la mamma?" mi dice: "perche' tu sei mia!"
Di Marghe che fa la bocca a cavalluccio marino e schiocca bacini
Di Marta che sgrida papa' quando lascia le luci accese e le cose fuori posto
Di Marghe che canta Aidi
Di Marta che abbraccia la sorellina dicendo baciamoci
Di Marghe che infila il ditino nell'ombelico della sorellona facendola ridere
Di entrambe che cantano e ballano il valzer del moscerino con alette e antennine da apina e farfalla, che camminano mano nella mano, che si aiutano reciprocamente a svestirsi al momento del bagnetto, che si infilano una nel letto dell'altra, che si abbracciano dentro la scatola dei lego, che giocano a cucu' da dietro i piattini colorati, che usano gli stampini dei biscotti come braccialetti, che si sistemano una per gamba e si fanno leggere le storie accoccolate su di me.
lunedì 13 febbraio 2012
La legge di Murphy di mamma e papà
Se esistesse una legge di Murphy dei genitori il primo punto direbbe:
"Non importa che tu stia accanto al letto di tuo figlio 1 minuto, mezz'ora o 2 ore aspettando che si sia riaddormentato, stai pur certo che appena ti sdraierai finalmente nel tuo, lui comincerà a piangere di nuovo. "
Postilla al primo punto: " questo è tanto più vero quanto più freddo fa fuori dalle tue coperte"
Sarà che negli ultimi 3 mesi, complici due episodi di febbre e qualche dente nuovo di notte marghe ci sta facendo penare ma mi sento molto vicina al tema del mese di genitoricrescono.
Sin da quando erano piccole abbiamo cercato di far addormentare le bimbe nel loro letto, magari stando un pò vicino e poi allontanandoci pian piano in modo da abituarle ad essere "autonome". Devo dire che loro sono state sempre molto brave e grossi problemi di addormentamento e sonno non ne abbiamo mai avuti. Questo però ha richiesto un grosso sacrificio da parte nostra anzi, mia (non per prendermi il merito, ma in effetti le cose stanno così....) che, durante alcuni periodi “ricchi” di risvegli notturni, mi sono sempre fiondata nella loro cameretta cercando di farle riaddormentare magari prendendole anche in braccio (rigidi si, ma fino ad un certo punto!) senza cedere alla tentazione di portarle con noi nel letto.
Questo ha significato (e significa tutt’oggi) adattarsi a dormire sul divano, ai piedi del letto di Marta cercando di coprirsi bene per evitare una broncopolmonite, accartocciata sulla sedia....per essere loro vicine e "sedare" i pianti magari mettendo solo una mano sulla schiena per far sentire la mia presenza ma evitando di doversi alzare 4, 5, 6 volte per notte, proprio quando, come dicevo prima, mi sono appena infilata sotto le coperte e ho ripreso una temperatura corporea normale.....
Bisogna riconoscere al papà il grande aiuto che mi ha dato quando, appena nata Marghe, Marta ha espresso la sua gelosia svegliandosi più volte di notte: solo lui riusciva a calmarla, io mi agitavo e il risultato era disastroso.
Inoltre il suo intervento è sempre prezioso quando il pianto di una sveglia l'altra (molto raramente, per fortuna) o quando, presa dalla stanchezza e dall'esasperazione, perdo qualsiasi forma di ragionevolezza: ci pensa lui a riportarmi alla praticità. Tutte le volte che ho seguito il suo istinto non abbiamo mai sbagliato.
Nonostante la fatica sono convinta che questo atteggiamento funzioni e che, come diceva la mia ostetrica del cuore al consultorio, un sacrificio in più adesso si traduce in molti sacrifici in meno dopo. Sicuramente è fondamentale il fatto che io e Marco la pensiamo nello stesso modo e ci comportiamo in maniera simile. L’alleanza tra genitori non è utile solo per i bambini ma –forse anche di più- ai genitori stessi.
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"Non importa che tu stia accanto al letto di tuo figlio 1 minuto, mezz'ora o 2 ore aspettando che si sia riaddormentato, stai pur certo che appena ti sdraierai finalmente nel tuo, lui comincerà a piangere di nuovo. "
Postilla al primo punto: " questo è tanto più vero quanto più freddo fa fuori dalle tue coperte"
Sarà che negli ultimi 3 mesi, complici due episodi di febbre e qualche dente nuovo di notte marghe ci sta facendo penare ma mi sento molto vicina al tema del mese di genitoricrescono.
Sin da quando erano piccole abbiamo cercato di far addormentare le bimbe nel loro letto, magari stando un pò vicino e poi allontanandoci pian piano in modo da abituarle ad essere "autonome". Devo dire che loro sono state sempre molto brave e grossi problemi di addormentamento e sonno non ne abbiamo mai avuti. Questo però ha richiesto un grosso sacrificio da parte nostra anzi, mia (non per prendermi il merito, ma in effetti le cose stanno così....) che, durante alcuni periodi “ricchi” di risvegli notturni, mi sono sempre fiondata nella loro cameretta cercando di farle riaddormentare magari prendendole anche in braccio (rigidi si, ma fino ad un certo punto!) senza cedere alla tentazione di portarle con noi nel letto.
Questo ha significato (e significa tutt’oggi) adattarsi a dormire sul divano, ai piedi del letto di Marta cercando di coprirsi bene per evitare una broncopolmonite, accartocciata sulla sedia....per essere loro vicine e "sedare" i pianti magari mettendo solo una mano sulla schiena per far sentire la mia presenza ma evitando di doversi alzare 4, 5, 6 volte per notte, proprio quando, come dicevo prima, mi sono appena infilata sotto le coperte e ho ripreso una temperatura corporea normale.....
Bisogna riconoscere al papà il grande aiuto che mi ha dato quando, appena nata Marghe, Marta ha espresso la sua gelosia svegliandosi più volte di notte: solo lui riusciva a calmarla, io mi agitavo e il risultato era disastroso.
Inoltre il suo intervento è sempre prezioso quando il pianto di una sveglia l'altra (molto raramente, per fortuna) o quando, presa dalla stanchezza e dall'esasperazione, perdo qualsiasi forma di ragionevolezza: ci pensa lui a riportarmi alla praticità. Tutte le volte che ho seguito il suo istinto non abbiamo mai sbagliato.
Nonostante la fatica sono convinta che questo atteggiamento funzioni e che, come diceva la mia ostetrica del cuore al consultorio, un sacrificio in più adesso si traduce in molti sacrifici in meno dopo. Sicuramente è fondamentale il fatto che io e Marco la pensiamo nello stesso modo e ci comportiamo in maniera simile. L’alleanza tra genitori non è utile solo per i bambini ma –forse anche di più- ai genitori stessi.
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giovedì 29 dicembre 2011
Gratitudine
Partecipo volentieri a questo giveaway perchè negli ultimi giorni, al lavoro, mi sono accorta che ho un debito molto consistente con tante persone che mi girano intorno più o meno tutti i giorni e che si sono rivelate, ancora una volta, davvero speciali.
Come avevo già raccontato qui, questi tre anni di dottorato sono stati un pò complicati per il rapporto ormai pessimo con il mio prof. ma, come tutte le situazioni difficili, hanno anche fatto emergere dei rapporti umani e una solidarietà che forse non avrei vissuto.
Sono quindi grata a questo 2011 per gli innumerevoli pranzi, caffè e dolcini condivisi con due colleghi vicini di ufficio, per le chiacchiere vagamente pettegole con due colleghe durante l'assistenza agli studenti, per gli sfoghi ascoltati e consolati, per gli sfottò sulle mie presunte scarse capacità culinarie, per i regali e le sorprese natalizie, per l'aiuto nella stesura di una tesi che sta prendendo pian piano una forma, nonostante tutto.
Sono grata perchè il prossimo anno avrò ancora un posto là dentro-anche se rimanere era l'ultimo dei miei desideri- perchè potrò fare ancora per qualche tempo il lavoro che mi piace.
Certo, se questi tre anni fossero trascorsi in una maniera meno burrascosa forse avrei avuto qualche mal di stomaco in meno, probabilmente avrei potuto fare più cose, certamente la mia tesi avrebbe avuto meno le sembianze di un puzzle...ma le persone che mi sono state vicine hanno reso il tutto più sopportabile e l'amicizia che ho ricevuto ha ripagato l'amarezza che mi ha accompagnata sopratutto nell'ultimo anno e mezzo.
Come avevo già raccontato qui, questi tre anni di dottorato sono stati un pò complicati per il rapporto ormai pessimo con il mio prof. ma, come tutte le situazioni difficili, hanno anche fatto emergere dei rapporti umani e una solidarietà che forse non avrei vissuto.
Sono quindi grata a questo 2011 per gli innumerevoli pranzi, caffè e dolcini condivisi con due colleghi vicini di ufficio, per le chiacchiere vagamente pettegole con due colleghe durante l'assistenza agli studenti, per gli sfoghi ascoltati e consolati, per gli sfottò sulle mie presunte scarse capacità culinarie, per i regali e le sorprese natalizie, per l'aiuto nella stesura di una tesi che sta prendendo pian piano una forma, nonostante tutto.
Sono grata perchè il prossimo anno avrò ancora un posto là dentro-anche se rimanere era l'ultimo dei miei desideri- perchè potrò fare ancora per qualche tempo il lavoro che mi piace.
Certo, se questi tre anni fossero trascorsi in una maniera meno burrascosa forse avrei avuto qualche mal di stomaco in meno, probabilmente avrei potuto fare più cose, certamente la mia tesi avrebbe avuto meno le sembianze di un puzzle...ma le persone che mi sono state vicine hanno reso il tutto più sopportabile e l'amicizia che ho ricevuto ha ripagato l'amarezza che mi ha accompagnata sopratutto nell'ultimo anno e mezzo.
mercoledì 14 dicembre 2011
Il libro magico delle fiabe
Un ricordo molto tenero della mia infanzia risale ad un periodo in cui alla sera, appena messa a letto, da brava sorella maggiore (molto mammina) raccontavo una favola a mio fratello. Avrò avuto 7-8 anni.
La cosa si svolgeva così: Io evocavo il libro magico delle fiabe e se lui non era già impegnato a farsi leggere da altri bambini (ovvero: se in effetti quella sera avevo voglia di inventami una storia) scendeva dal cielo ed entrava nella nostra stanza. Io avrei letto quel pezzo di fiaba che lui mi permetteva di vedere (ovvero: mi inventavo quel che potevo finchè la fantasia non si esauriva) e poi se ne andava, silenzioso e misterioso com'era arrivato.
Mio fratello mi ascoltava volentieri ed era molto affascinato dall'idea che io potessi evocare un libro magico che si materializzava solo nelle mie mani, ma dopo qualche tempo iniziò a dubitare dell'esistenza di questo oggetto che sarà stato pur magico ma era anche un pò troppo capriccioso (a volte arrivava, poi spariva, poi si interrompeva nel bel mezzo della trama).
Forse riconosceva nelle bizze del libro il carattere incostante della sorella?
Per non perdere la reputazione che mi ero costruita fino a quel momento, una sera, poco prima di andare a dormire, appoggiai un pezzo di carta sul comodino.
Una volta spenta la luce iniziai a chiamare il libro e con tono solenne dissi che mi aveva autorizzato a dare al fratello incredulo una prova della sua effettiva esistenza: accartocciando il foglio venne fuori un suono di pagine vere, che potevano essere sfogliate e lette!
La stima di mio fratello nei miei confronti schizzò da zero a 100 in due secondi e il fascino del libro magico durò ancora qualche tempo.
La mia prova fu talmente verosimile che quando, dopo molto tempo, dovetti ammettere l'inganno, lui non voleva crederci perchè in effetti aveva sentito il rumore di un libro e la delusione fu davvero grandissima!
Questo post partecipa al blogstorming
La cosa si svolgeva così: Io evocavo il libro magico delle fiabe e se lui non era già impegnato a farsi leggere da altri bambini (ovvero: se in effetti quella sera avevo voglia di inventami una storia) scendeva dal cielo ed entrava nella nostra stanza. Io avrei letto quel pezzo di fiaba che lui mi permetteva di vedere (ovvero: mi inventavo quel che potevo finchè la fantasia non si esauriva) e poi se ne andava, silenzioso e misterioso com'era arrivato.
Mio fratello mi ascoltava volentieri ed era molto affascinato dall'idea che io potessi evocare un libro magico che si materializzava solo nelle mie mani, ma dopo qualche tempo iniziò a dubitare dell'esistenza di questo oggetto che sarà stato pur magico ma era anche un pò troppo capriccioso (a volte arrivava, poi spariva, poi si interrompeva nel bel mezzo della trama).
Forse riconosceva nelle bizze del libro il carattere incostante della sorella?
Per non perdere la reputazione che mi ero costruita fino a quel momento, una sera, poco prima di andare a dormire, appoggiai un pezzo di carta sul comodino.
Una volta spenta la luce iniziai a chiamare il libro e con tono solenne dissi che mi aveva autorizzato a dare al fratello incredulo una prova della sua effettiva esistenza: accartocciando il foglio venne fuori un suono di pagine vere, che potevano essere sfogliate e lette!
La stima di mio fratello nei miei confronti schizzò da zero a 100 in due secondi e il fascino del libro magico durò ancora qualche tempo.
La mia prova fu talmente verosimile che quando, dopo molto tempo, dovetti ammettere l'inganno, lui non voleva crederci perchè in effetti aveva sentito il rumore di un libro e la delusione fu davvero grandissima!
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lunedì 5 dicembre 2011
Dumb things about me
Mi da una vera e profonda soddisfazione:
1. Mangiare senza ritegno l'impasto di ricotta (rigorosamente di capra) e zucchero che prepara mia nonna per farcire i cannoli siciliani
2. Tuffare la carne tritata nel pure' (mi ricorda i tempi dell'asilo)
3. L'odore delle cartolibrerie
4. Le pieghe e i buchini di ciccia delle mie bimbe
5. Toccare le "antenne" delle lumache per farle ritrarre (si, ero una bambina sadica, lo ammetto)
6. Il rumore delle scarpette con la punta sul legno del palco
7. Gli orecchini di ogni foggia e misura (marito avvisato....)
8. Scoppiare i pallini della carta da imballaggio
9. Camminare ore e ore in montagna, tra la vegetazione bassa, il profumo del rododendro, i fischi delle marmotte...
Questo post partecipa al contest di Seavessi
1. Mangiare senza ritegno l'impasto di ricotta (rigorosamente di capra) e zucchero che prepara mia nonna per farcire i cannoli siciliani
2. Tuffare la carne tritata nel pure' (mi ricorda i tempi dell'asilo)
3. L'odore delle cartolibrerie
4. Le pieghe e i buchini di ciccia delle mie bimbe
5. Toccare le "antenne" delle lumache per farle ritrarre (si, ero una bambina sadica, lo ammetto)
6. Il rumore delle scarpette con la punta sul legno del palco
7. Gli orecchini di ogni foggia e misura (marito avvisato....)
8. Scoppiare i pallini della carta da imballaggio
9. Camminare ore e ore in montagna, tra la vegetazione bassa, il profumo del rododendro, i fischi delle marmotte...
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