Leggete, e meditate.
Una cosa è chiara. Qui è come all'epoca del giudizio universale: c'è da rifare il mondo. Ma bisogna che ci facciamo furbi e, la prossima alleanza che stabiliamo, siamo ben sicuri di stabilirla col dio giusto.
Che stavolta però deve essere una donna.
'ntu culu a Noè.
domenica 11 dicembre 2011
Dopo il festival - 2
A una settimana dalla fine del festival, penso di poter tirare qualche somma, anche considerando che pian piano mi si sta ristabilendo l'umore che è stato pessimo per giorni.
Ho capito che l'unico modo per raccontare come realmente è andata e come l'ho vissuta è abbandonarsi al bipolarismo più spinto e dichiarare, senza filtri e senza pretendere di essere coerente, tutte le emozioni e i ragionamenti assolutamente contrastanti che mi hanno attraversato la mente in queste settimane.
Per semplicità, userò la dicotomia mi piace / non mi piace che la venerabile Angela, dolcissima monaca e ottima insegnante del mio amato istituto buddhista, ci ha sottoposto come il peggior difetto dell'atteggiamento umano nei confronti della vita.
Ma in certi casi, come questo, probabilmente è l'unico atteggiamento che si può tenere.
Allora.
Mi è piaciuto conoscere tanta gente interessante.
Non mi è piaciuto che mio marito da solo organizzasse questa cosa e da luglio a dicembre in casa mia non si parlasse d'altro.
Mi è piaciuto scoprire che registi e attori pluripremiati attraversano volentieri l'Italia o l'Europa per venire a partecipare con passione e impegno a un microfestival di sconosciuti, che può vantare solo una bella location, e dove non guadagnano una lira.
Non mi è piaciuto litigare a sangue con l'Uomo per settimane perchè era talmente preso da questa cosa che trascurava tutto il resto e non gli si poteva parlare.
Mi è piaciuto rendermi conto che sono stata infinitamente a mio agio con gente mai vista prima che lavora con l'anima e il corpo a un progetto culturale, anche se io di mestiere faccio tutt'altra cosa.
Non mi è piaciuto che il nome di mio marito non uscisse sul giornale neanche una volta fino alla conclusione del festival e che invece ci fosse quello di Movie Man, che è il presidente dell'associazione sì, ma non ha fatto quasi niente per questo evento.
Mi è piaciuto girare per ristoranti con personaggi famosi e coccolarli a botte di specialità locali, vedendoli rilassarsi ed aprirsi nel contesto di accoglienza caldo e semplice che abbiamo cercato, anche e soprattutto grazie all'attenzione femminile che ci ho messo, di curare nei dettagli.
Non mi è piaciuto che ci abbiano giustamente dato dei poveri ingenui struttati per aver tirato su un festival con registi italiani e non, e con personalità come Cosimo Cinieri, Filippo Mazzarella e Giuseppe Battiston, con quattro soldi e tanta buona volontà, e senza neanche pretendere che il Comune ci sovvenzionasse in anticipo.
Mi è piaciuto che la sera del gran finale con premiazione tutti abbiano collaborato con impegno ed entusiasmo, dai ragazzi che fanno le maschere in teatro agli stessi attori e registi coinvolti, per far filare dritto un meccanismo complicatissimo e mantenere un clima di allegria in un contesto di grande tensione.
Non mi è piaciuto avere delle botte di adrenalina ogni tre minuti scoprendo che n cose restavano da finire all'ultimo minuto per non fare delle figuracce.
Mi è piaciuto che Giacomo Rebuzzi e Cristian Benaglio, che ora sono giovani e ancora poco conosciuti ma sono sicura che sfonderanno visto cosa hanno saputo fare prima dei trent'anni, siano diventati amici di famiglia con cui ci sentiamo un giorno sì e l'altro no e che siamo invitati da loro a Brescia a mangiare la polenta con lo spiedo.
Non mi è piaciuto che abbiamo sforato dal budget e adesso abbiamo qualche problema con le bollette finchè il Comune non sgancia i suoi bravi eurini.
Mi è piaciuto che alla premiazione dietro di me ci fosse seduta Cinzia Mascoli che piangeva per aver appena finito di vedere l'ultimo splendido film con Battiston e che, a un certo punto, mi ha chiesto se aveva tutto il trucco sciolto, dopo di che è andata a prendere un premio meritatissimo per la sua interpretazione nel cortometraggio di Rebuzzi (sulla violenza familiare sulle donne), e quando è tornata piangeva ancora di più e abbracciava tutti con un sorriso bellissimo visto che non le venivano le parole.
Non mi è piaciuto fare una sera le due, una sera le tre, una sera le due meno un quarto, una sera l'una e una sera le cinque durante la stessa settimana lavorativa. E neanche tanto andare a lavorare la mattina sbandando come un'ubriaca.
Mi è piaciuto che Claudio Cipelletti, regista di un bellissimo documentario sui genitori di omosessuali, abbia vinto due premi, di cui uno tra l'altro è stato assegnato dai voti del pubblico, e abbia detto che non è la prima volta che vince con questo suo lavoro, ma è la prima volta che vince al di fuori di un festival del cinema gay. Lì mi sono messa a piangere io.
Non mi è piaciuto che mio marito si sia scordato di bere e mangiare per giorni e abbia smesso di dormire per la fatica una settimana prima della premiazione.
Mi è piaciuto che quando l'Uomo è salito sul palco a presentare i premiati, senza portarsi dietro neanche un foglietto con la scaletta, a me sia venuto un attacco di terrore al pensiero di tutto quello che poteva andare storto, e dalla fila dietro Eric Alexander mi abbia fatto i grattini su una spalla per tranquillizzarmi.
Non mi è piaciuto che ero così stanca e tesa che ho realizzato solo dopo ventiquattro ore suonate che mi erano stati fatti dei grattini da Eric Alexander.
Mi è piaciuto il fatto che in questo ambiente dello spettacolo evidentemente usa abbracciarsi e baciarsi per salutare: ho baciato più gente nelle ultime settantadue ore di festival che negli ultimi dodici anni della mia vita. Uno era Giuseppe Battiston, ve l'ho già detto.
Non mi è piaciuto che abbiamo perso il conto dei soldi che dobbiamo al tassista che ha portato tutti avanti e indietro dagli aeroporti e in giro per Asti, ma abbiamo capito che ci è costato complessivamente un paio di cornee.
Mi è piaciuto che alcuni degli attori come Andrea Bosca (che è di gran lunga più bravo e intelligente che bello... ed è un gran fico!) abbiano dormito in treno pur di presenziare alla masterclass organizzata per i ragazzi del liceo, aggratis e senza neanche il tempo di fermarsi a pranzo.
Non mi è piaciuto l'attorone, che per dispetto non nomino, che ha voluto essere andato a prendere in macchina fino a Bologna - 400 euro di autista solo per lui - e poi quand'è arrivato ha snobbato l'albergo e si è fatto portare nella migliore camera di quello più famoso.
Mi è piaciuto che tanta gente ci abbia lasciato numero di telefono privato e mail dicendo che dobbiamo risentirci presto e poi abbia richiamato per ringraziare e salutare nei giorni successivi.
Non mi è piaciuto che un ragazzo di ventinove anni che lavora per il teatro mi vedesse, nei giorni precedenti al festival, così trascurata dall'Uomo e così infelice e preoccupata (di come l'Uomo si stava gestendo questo impegno: come un giocatore d'azzardo compulsivo che continua a puntare finchè non si vende macchina, barca, casa e moglie), da decidere che se ci provava con me ci sarei sicuramente stata; e non mi è piaciuto essere presa in contropiede dalle mosse ad alto impatto ormonale di un ventinovenne e fare, per le prime ventiquattro ore, la figura della ragazzina scema.
Mi è piaciuto fare colazione al bar con Giorgio Faletti (che seguo dai tempi del suo primissimo personaggio al Drive In: "credete forse che io - e non vi veda???") e con sua moglie Roberta, che è una donna fine elegante gentile e simpatica come poche altre al mondo.
Non mi è piaciuto bere quattro caffè al giorno per mantenere la lucidità, più una dose massiccia di Pocket Coffee, e rendermi conto che non riesco più a smettere.
Mi è piaciuto che il regista gay mi abbia fatto i complimenti per come ero agghindata la sera della premiazione, e abbia detto che sta girando una cosa su Enrico VIII e io gli sembravo proprio uscita da uno scenario medievale, per via del vestito doppiato con corpetto in due toni di marrone e del pendente d'ambra incastonato in argento antico. Anche perchè, dopo il ventinovenne e le sue avances, la mia femminilità residua (poca) si stava nascondendo in un tombino per non essere vista, ma essendo il regista gay il complimento non poteva essere dovuto alla scollatura.
Non mi è piaciuto non avere più tempo per far conoscere persone piacevoli e interessanti a mia madre, che ha potuto fermarsi solo mezza giornata.
Potrei continuare a lungo.
Come ho detto, le ripercussioni economiche, fisiche e purtroppo anche coniugali di questo evento di per sè bellissimo sono pesanti.
Però certo, ieri sera ero a cena per la laurea di mia cognata e mi sono rilassata e divertita, con una bordata di quasi trentenni milanesi molti dei quali conoscevo già, ma andando via ho commentato con l'Uomo "sono stata molto meglio coi nostri amici della settimana scorsa" ed era vero.
Gli amici di mia cognata, ora che vanno verso i trenta e in parte lavorano, se la tirano moderatamente di meno di quando avevano vent'anni ed erano figlidipapà milanesi, pure di quelli parecchio spandimerda ("i miei amici broker navali" "sono stata da Prada e ho comprato un paio di sandalucci" "trovo che New York negli ultimi anni sia molto cambiata" "quella scema di una filippina mi ha rovinato il vestito di Fendi") e la serata è stata piacevole e allegra.
Ma la settimana prima ho conosciuto gente che ha preso premi dalle mani di Francis Ford Coppola, gente che ha fatto teatro con Carmelo Bene, gente che lavora con personalità che plasmano la cultura e in parte la società italiana con le loro opere, ed erano quasi tutti alla mano, beneducati, spiritosi, simpatici e carini: alla fine, giusto in tre, tra i più vecchi, si sono distinti per essere un po' più spocchiosi, ma, nell'ambiente che si era creato alla festa privata conclusiva, spiccavano come drag queen in seminario.
Ho capito che l'unico modo per raccontare come realmente è andata e come l'ho vissuta è abbandonarsi al bipolarismo più spinto e dichiarare, senza filtri e senza pretendere di essere coerente, tutte le emozioni e i ragionamenti assolutamente contrastanti che mi hanno attraversato la mente in queste settimane.
Per semplicità, userò la dicotomia mi piace / non mi piace che la venerabile Angela, dolcissima monaca e ottima insegnante del mio amato istituto buddhista, ci ha sottoposto come il peggior difetto dell'atteggiamento umano nei confronti della vita.
Ma in certi casi, come questo, probabilmente è l'unico atteggiamento che si può tenere.
Allora.
Mi è piaciuto conoscere tanta gente interessante.
Non mi è piaciuto che mio marito da solo organizzasse questa cosa e da luglio a dicembre in casa mia non si parlasse d'altro.
Mi è piaciuto scoprire che registi e attori pluripremiati attraversano volentieri l'Italia o l'Europa per venire a partecipare con passione e impegno a un microfestival di sconosciuti, che può vantare solo una bella location, e dove non guadagnano una lira.
Non mi è piaciuto litigare a sangue con l'Uomo per settimane perchè era talmente preso da questa cosa che trascurava tutto il resto e non gli si poteva parlare.
Mi è piaciuto rendermi conto che sono stata infinitamente a mio agio con gente mai vista prima che lavora con l'anima e il corpo a un progetto culturale, anche se io di mestiere faccio tutt'altra cosa.
Non mi è piaciuto che il nome di mio marito non uscisse sul giornale neanche una volta fino alla conclusione del festival e che invece ci fosse quello di Movie Man, che è il presidente dell'associazione sì, ma non ha fatto quasi niente per questo evento.
Mi è piaciuto girare per ristoranti con personaggi famosi e coccolarli a botte di specialità locali, vedendoli rilassarsi ed aprirsi nel contesto di accoglienza caldo e semplice che abbiamo cercato, anche e soprattutto grazie all'attenzione femminile che ci ho messo, di curare nei dettagli.
Non mi è piaciuto che ci abbiano giustamente dato dei poveri ingenui struttati per aver tirato su un festival con registi italiani e non, e con personalità come Cosimo Cinieri, Filippo Mazzarella e Giuseppe Battiston, con quattro soldi e tanta buona volontà, e senza neanche pretendere che il Comune ci sovvenzionasse in anticipo.
Mi è piaciuto che la sera del gran finale con premiazione tutti abbiano collaborato con impegno ed entusiasmo, dai ragazzi che fanno le maschere in teatro agli stessi attori e registi coinvolti, per far filare dritto un meccanismo complicatissimo e mantenere un clima di allegria in un contesto di grande tensione.
Non mi è piaciuto avere delle botte di adrenalina ogni tre minuti scoprendo che n cose restavano da finire all'ultimo minuto per non fare delle figuracce.
Mi è piaciuto che Giacomo Rebuzzi e Cristian Benaglio, che ora sono giovani e ancora poco conosciuti ma sono sicura che sfonderanno visto cosa hanno saputo fare prima dei trent'anni, siano diventati amici di famiglia con cui ci sentiamo un giorno sì e l'altro no e che siamo invitati da loro a Brescia a mangiare la polenta con lo spiedo.
Non mi è piaciuto che abbiamo sforato dal budget e adesso abbiamo qualche problema con le bollette finchè il Comune non sgancia i suoi bravi eurini.
Mi è piaciuto che alla premiazione dietro di me ci fosse seduta Cinzia Mascoli che piangeva per aver appena finito di vedere l'ultimo splendido film con Battiston e che, a un certo punto, mi ha chiesto se aveva tutto il trucco sciolto, dopo di che è andata a prendere un premio meritatissimo per la sua interpretazione nel cortometraggio di Rebuzzi (sulla violenza familiare sulle donne), e quando è tornata piangeva ancora di più e abbracciava tutti con un sorriso bellissimo visto che non le venivano le parole.
Non mi è piaciuto fare una sera le due, una sera le tre, una sera le due meno un quarto, una sera l'una e una sera le cinque durante la stessa settimana lavorativa. E neanche tanto andare a lavorare la mattina sbandando come un'ubriaca.
Mi è piaciuto che Claudio Cipelletti, regista di un bellissimo documentario sui genitori di omosessuali, abbia vinto due premi, di cui uno tra l'altro è stato assegnato dai voti del pubblico, e abbia detto che non è la prima volta che vince con questo suo lavoro, ma è la prima volta che vince al di fuori di un festival del cinema gay. Lì mi sono messa a piangere io.
Non mi è piaciuto che mio marito si sia scordato di bere e mangiare per giorni e abbia smesso di dormire per la fatica una settimana prima della premiazione.
Mi è piaciuto che quando l'Uomo è salito sul palco a presentare i premiati, senza portarsi dietro neanche un foglietto con la scaletta, a me sia venuto un attacco di terrore al pensiero di tutto quello che poteva andare storto, e dalla fila dietro Eric Alexander mi abbia fatto i grattini su una spalla per tranquillizzarmi.
Non mi è piaciuto che ero così stanca e tesa che ho realizzato solo dopo ventiquattro ore suonate che mi erano stati fatti dei grattini da Eric Alexander.
Mi è piaciuto il fatto che in questo ambiente dello spettacolo evidentemente usa abbracciarsi e baciarsi per salutare: ho baciato più gente nelle ultime settantadue ore di festival che negli ultimi dodici anni della mia vita. Uno era Giuseppe Battiston, ve l'ho già detto.
Non mi è piaciuto che abbiamo perso il conto dei soldi che dobbiamo al tassista che ha portato tutti avanti e indietro dagli aeroporti e in giro per Asti, ma abbiamo capito che ci è costato complessivamente un paio di cornee.
Mi è piaciuto che alcuni degli attori come Andrea Bosca (che è di gran lunga più bravo e intelligente che bello... ed è un gran fico!) abbiano dormito in treno pur di presenziare alla masterclass organizzata per i ragazzi del liceo, aggratis e senza neanche il tempo di fermarsi a pranzo.
Non mi è piaciuto l'attorone, che per dispetto non nomino, che ha voluto essere andato a prendere in macchina fino a Bologna - 400 euro di autista solo per lui - e poi quand'è arrivato ha snobbato l'albergo e si è fatto portare nella migliore camera di quello più famoso.
Mi è piaciuto che tanta gente ci abbia lasciato numero di telefono privato e mail dicendo che dobbiamo risentirci presto e poi abbia richiamato per ringraziare e salutare nei giorni successivi.
Non mi è piaciuto che un ragazzo di ventinove anni che lavora per il teatro mi vedesse, nei giorni precedenti al festival, così trascurata dall'Uomo e così infelice e preoccupata (di come l'Uomo si stava gestendo questo impegno: come un giocatore d'azzardo compulsivo che continua a puntare finchè non si vende macchina, barca, casa e moglie), da decidere che se ci provava con me ci sarei sicuramente stata; e non mi è piaciuto essere presa in contropiede dalle mosse ad alto impatto ormonale di un ventinovenne e fare, per le prime ventiquattro ore, la figura della ragazzina scema.
Mi è piaciuto fare colazione al bar con Giorgio Faletti (che seguo dai tempi del suo primissimo personaggio al Drive In: "credete forse che io - e non vi veda???") e con sua moglie Roberta, che è una donna fine elegante gentile e simpatica come poche altre al mondo.
Non mi è piaciuto bere quattro caffè al giorno per mantenere la lucidità, più una dose massiccia di Pocket Coffee, e rendermi conto che non riesco più a smettere.
Mi è piaciuto che il regista gay mi abbia fatto i complimenti per come ero agghindata la sera della premiazione, e abbia detto che sta girando una cosa su Enrico VIII e io gli sembravo proprio uscita da uno scenario medievale, per via del vestito doppiato con corpetto in due toni di marrone e del pendente d'ambra incastonato in argento antico. Anche perchè, dopo il ventinovenne e le sue avances, la mia femminilità residua (poca) si stava nascondendo in un tombino per non essere vista, ma essendo il regista gay il complimento non poteva essere dovuto alla scollatura.
Non mi è piaciuto non avere più tempo per far conoscere persone piacevoli e interessanti a mia madre, che ha potuto fermarsi solo mezza giornata.
Potrei continuare a lungo.
Come ho detto, le ripercussioni economiche, fisiche e purtroppo anche coniugali di questo evento di per sè bellissimo sono pesanti.
Però certo, ieri sera ero a cena per la laurea di mia cognata e mi sono rilassata e divertita, con una bordata di quasi trentenni milanesi molti dei quali conoscevo già, ma andando via ho commentato con l'Uomo "sono stata molto meglio coi nostri amici della settimana scorsa" ed era vero.
Gli amici di mia cognata, ora che vanno verso i trenta e in parte lavorano, se la tirano moderatamente di meno di quando avevano vent'anni ed erano figlidipapà milanesi, pure di quelli parecchio spandimerda ("i miei amici broker navali" "sono stata da Prada e ho comprato un paio di sandalucci" "trovo che New York negli ultimi anni sia molto cambiata" "quella scema di una filippina mi ha rovinato il vestito di Fendi") e la serata è stata piacevole e allegra.
Ma la settimana prima ho conosciuto gente che ha preso premi dalle mani di Francis Ford Coppola, gente che ha fatto teatro con Carmelo Bene, gente che lavora con personalità che plasmano la cultura e in parte la società italiana con le loro opere, ed erano quasi tutti alla mano, beneducati, spiritosi, simpatici e carini: alla fine, giusto in tre, tra i più vecchi, si sono distinti per essere un po' più spocchiosi, ma, nell'ambiente che si era creato alla festa privata conclusiva, spiccavano come drag queen in seminario.
Etichette:
bum,
come la vedo io,
Hastiwood,
pagine storiche,
spiegazioni necessarie,
varie ed eventuali
venerdì 9 dicembre 2011
Te lo dò io l'anello debole
Posto che la pagina de ilsussidiario.net è la stessa, incautamente intitolata Educazione, da cui ho tratto la perla di articolo sul vestirsi bene o meno dei docenti.
Posto che se un sito si chiama ilsussidiario.net già a me viene da pensare che lo tengano delle maestre, e non degli esperti di educazione e didattica di tutti gli ordini di scuola.
Posto che sono di un umore di peste in questo periodo.
Poste tutte queste premesse, ora commento punto per punto le affermazioni di questo Marco Gioannini della Fondazione Agnelli.
Fondazione Agnelli:
Gli studenti italiani nel passaggio elementari-medie rallentano molto più degli altri la loro velocità di apprendimento. È un calo fra i più intensi e preoccupanti del mondo. La spiegazione non può essere una sola; è complessa, e noi abbiamo tentato di esplorarne le cause. Dico subito che la responsabilità non è degli adolescenti italiani, che sono simili ai loro coetanei stranieri per capacità, fragilità, aspirazioni.
Castagna: Ma certo che la responsabilità non è dei ragazzi. Se le maestre danno nove a un alunno che fa sette errori di ortografia in una frase, in quinta, e poi io faccio un dettato in prima media e gli dò tre, non è l'apprendimento che cala, è il metodo di valutazione che è diventato realistico. Non succede quando i ragazzi arrivano da scuole le cui maestre, famose per essere "severissime, cattive, iene", li torchiano di dettati. Dicasi lo stesso per la matematica: ormai arrivano senza sapere le tabelline. Dicasi lo stesso per storia e geografia: se fino a dieci anni a scuola giocano a ricostruire il castello medievale coi Lego, o colorano le figure del libro di geografia, non avranno la stessa facilità di studiare una pagina di storia di quelli che hanno imparato a mettere insieme causa ed effetto. Noi ci troviamo regolarmente davanti un terzo della classe che non è in grado di spiegare un percorso "vai dalla chiesa alla farmacia" sulla piantina stilizzata di un paese. Poi però dobbiamo spiegare la deriva dei continenti e la tettonica a zolle (e i libri non aiutano: è un argomento da terza, ma ora "lo accennano" in prima, creando confusione nelle teste delle creature).
Il problema, e lo so che sono antipatica e classista, ma lo penso davvero e da anni, è questo: una volta le maestre facevano le magistrali e il tirocinio, arrivavano in classe a diciannove anni e si rimboccavano le maniche. I professori erano laureati e le maestre no, e bene o male questo si sentiva: le elementari si facevano con coraggio e umiltà un mazzo così e alle medie si poteva entrare a fare lezione con una classe di ventisette senza dover insegnare prima di tutto a stare seduti. Ora le maestre sono laureate in Scienze della Formazione e invece di prendere l'abaco e i gettoncini colorati e insegnare a contare fanno il percorso pedagogico-motivazionale di avvicinamento psicocognitivo alla matematica attraverso il gioco e il disegno. Che, almeno a descriverlo così, sembra una roba più adatta alla scuola materna. Poi non gli puoi andare più a dire niente: le vecchie sono esperte e ti mandano giustamente a fare in culo, le giovani sono laureate e quindi pari livello con te ma con una specializzazione diversa dalla tua, quindi sei tu l'ignorante e ti mandano giustamente a fare in culo.
Fondazione Agnelli: La scuola media è oggi una scuola senza missione. Quella che aveva, l’ha tradita: doveva essere scuola per tutti e al tempo stesso di qualità.
Castagna: signor Gioannini, ma che cazzo sta dicendo? E' esattamente quello che cerchiamo di fare!!!
Ma aspettate, perchè dopo dice una perla favolosa:
Fondazione Agnelli: Cosa non ha funzionato nella riforma della scuola media unica, introdotta nel ’62?
Quella riforma va collocata nel suo contesto storico. Parliamo di un periodo in cui il primo problema in Italia era ancora quello di alfabetizzare quanta più gente possibile, e la scuola media unica nacque per far coseguire la licenza al maggior numero di 14enni, elevando il livello dell’istruzione elementare. Il problema era di «quantità» e la scuola media riuscì a compiere questa missione abbastanza in fretta, perché la scolarità raggiunse il 100 per cento già negli anni settanta. Però nel frattempo il mondo cambiava e passare un certo numero di anni sui banchi per conseguire un titolo non bastò più; diventava molto più importante ciò che si impara realmente. È la nozione di successo scolastico.
La scuola media è riuscita a fare la prima cosa, ma non la seconda: non garantisce più a tutti gli allievi le stesse opportunità di successo scolastico. E non lo fa perché finisce per fare emergere nei risultati scolastici i divari di origine socioculturale: quello che conta, in altre parole, è la famiglia da cui si proviene. Quanto più questa è istruita, tanto più sono buoni i risultati degli alunni.
È un gap che non si colma più?
Lo dicono gli studi internazionali: dappertutto, in tutti gli ordini di scuola, piaccia o meno, l’origine socioculturale continua a contare moltissimo nei risultati scolastici; però ci sono Paesi in cui queste distanze sono contenute e vengono accorciate, nella nostra media invece esplodono in modo sensibile.
Le cause?
Sono di natura strutturale. Innanzitutto un passaggio troppo brusco elementari-medie: si passa da una scuola empatica, dove il lavoro coinvolge realmente tutti, e dove chi insegna usa talvolta metodologie didattiche innovative e personalizzate, a una scuola fatta sullo stesso modello delle superiori: il docente entra in classe, fa la sua lezione, esce. Stop. E la scuola finisce lì
Ma attenzione, sotto dice addirittura:
Non mi addentro nel problema della lezione frontale: molti docenti sono bravissimi in questo, il punto però è che nella scuola media di oggi gli insegnanti non sanno fare altro. Magari sanno che esistono altre metodologie, talvolta anche più efficaci, ma non le sanno usare perché nessuno li ha mai messi in condizione di farlo.
Castagna: questa del professore che entra spiega e esce non la voglio neanche commentare.
Se penso a cosa ho fatto in questi dieci anni per motivare delle classi a lavorare con impegno e per coinvolgere i meno collaborativi, signor Gioannini, le dò una testata. Peraltro non si può pensare che dalle medie escano senza essere in grado di reggere ANCHE un'ora di lezione frontale, altrimenti alle superiori poi come fanno?
Sul classismo non lo so. A me pare che si lavori per dare a tutti delle buone opportunità. Ma non potrei dire cosa succede in tutte le scuole italiane. Invece sul fatto di fare lezione gelidamente frontale, senza empatia, sono sicura che non parlo solo della mia scuola e dei miei colleghi.
Fondazione Agnelli: I nuovi docenti devono essere assunti con modalità che li rendono dei professionisti di questo livello scolastico: non solo devono conoscere la loro materia, ma avere anche la «cassetta degli attrezzi» pedagogica e didattica per insegnare a persone di 11-13 anni, un’età che non assomiglia a nessun’altra. Dobbiamo evitare di avere docenti parcheggiati nelle medie in attesa di finire al liceo.
Castagna: Pensando ad alcuni colleghi che usano le medie come un trampolino di lancio per fare carriera, in effetti, rabbrividisco.
Può darsi che questa sia una buona idea, ma bisogna vedere come viene declinata nella pratica. Io sono una docente da liceo che ha scelto di restare nella media, proprio perchè si è posta di fronte la scelta tra soddisfazione personale e utilità sociale. Quelli come me SERVONO alle medie, proprio perchè pensano da insegnanti di liceo e capiscono che in tre anni devono mettere i ragazzi, che liceali non sono e forse non saranno mai, in grado di poter anche scegliere di andarci, al liceo, e di sopravviverci. Ma se intendiamo preparare un docente per la fascia 11-13 anni nel senso di far fare anche a quelli del mio ordine di scuola i giochini motivazionali invece delle materie, io resterò con la vecchia guardia, diventerò "severissima, cattiva, iena" e i miei alunni continueranno ad andare alle superiori con la preparazione tradizionale, poi mi verrete a dire chi passa l'anno, tra i miei e quelli degli altri.
Fondazione Agnelli: Il tempo scuola?
Occorre dilatarlo. È il contrario di quello che si è fatto finora: noi crediamo molto nella scuola del pomeriggio, il che non vuol dire essere sempre a lezione, ma fare lezione, approfondimenti, recupero, musica, teatro, sport, eccetera.
Castagna: Su questo sono d'accordo. Anche perchè fuori gli stimoli spesso sono pochi, ripetitivi e non di rado anche negativi. Meglio un corso collaterale alla scuola, che sia di musica, di teatro, di cucina o sportivo, non importa. Comunque sarà più socializzante e più motivante che stare in piazza a ciondolare o da soli davanti al computer.
Qui anzi ne approfitto per contestare quel che dice labiondaprof di concerto con Gioannini, di cui a sua volta commenta l'articolo:
Le materie sono troppe: undici. L’origine del “peccato” sta nella nascita della scuola media unica, che ha unificato la scuola “media” che preparava alle superiori e la scuola di “avviamento” al lavoro. Quindi si sono accorpate le materie umanistiche scientifiche e linguistiche e le varie materie “pratiche” o laboratoriali: musica, ed. tecnica, disegno e storia dell’arte. In più l’ora di religione. Troppe materie. Secondo molti esperti, basterebbero le ore di italiano storia geografia matematica scienze una lingua straniera (fatta bene) e poco altro. Modestamente sono d’accordo…
Castagna: Ma no. Le materie sono tante perchè è giusto poter capire, in questa fascia d'età, per cosa un ragazzo è tagliato. Se aboliamo tecnica, arte o musica, perdiamo delle informazioni importantissime sulle reali capacità, talvolta sui talenti, dei nostri alunni... e effettivamente facciamo perdere loro l'elasticità mentale di collegare gli argomenti e le discipline, secondo un modello americano per cui se io mi specializzo in una cosa tutte le altre per me non esistono. Per differenziare gli interessi e i curricula ci sono invece le superiori.
Pronti via, dibattito aperto.
Posto che se un sito si chiama ilsussidiario.net già a me viene da pensare che lo tengano delle maestre, e non degli esperti di educazione e didattica di tutti gli ordini di scuola.
Posto che sono di un umore di peste in questo periodo.
Poste tutte queste premesse, ora commento punto per punto le affermazioni di questo Marco Gioannini della Fondazione Agnelli.
Fondazione Agnelli:
Gli studenti italiani nel passaggio elementari-medie rallentano molto più degli altri la loro velocità di apprendimento. È un calo fra i più intensi e preoccupanti del mondo. La spiegazione non può essere una sola; è complessa, e noi abbiamo tentato di esplorarne le cause. Dico subito che la responsabilità non è degli adolescenti italiani, che sono simili ai loro coetanei stranieri per capacità, fragilità, aspirazioni.
Castagna: Ma certo che la responsabilità non è dei ragazzi. Se le maestre danno nove a un alunno che fa sette errori di ortografia in una frase, in quinta, e poi io faccio un dettato in prima media e gli dò tre, non è l'apprendimento che cala, è il metodo di valutazione che è diventato realistico. Non succede quando i ragazzi arrivano da scuole le cui maestre, famose per essere "severissime, cattive, iene", li torchiano di dettati. Dicasi lo stesso per la matematica: ormai arrivano senza sapere le tabelline. Dicasi lo stesso per storia e geografia: se fino a dieci anni a scuola giocano a ricostruire il castello medievale coi Lego, o colorano le figure del libro di geografia, non avranno la stessa facilità di studiare una pagina di storia di quelli che hanno imparato a mettere insieme causa ed effetto. Noi ci troviamo regolarmente davanti un terzo della classe che non è in grado di spiegare un percorso "vai dalla chiesa alla farmacia" sulla piantina stilizzata di un paese. Poi però dobbiamo spiegare la deriva dei continenti e la tettonica a zolle (e i libri non aiutano: è un argomento da terza, ma ora "lo accennano" in prima, creando confusione nelle teste delle creature).
Il problema, e lo so che sono antipatica e classista, ma lo penso davvero e da anni, è questo: una volta le maestre facevano le magistrali e il tirocinio, arrivavano in classe a diciannove anni e si rimboccavano le maniche. I professori erano laureati e le maestre no, e bene o male questo si sentiva: le elementari si facevano con coraggio e umiltà un mazzo così e alle medie si poteva entrare a fare lezione con una classe di ventisette senza dover insegnare prima di tutto a stare seduti. Ora le maestre sono laureate in Scienze della Formazione e invece di prendere l'abaco e i gettoncini colorati e insegnare a contare fanno il percorso pedagogico-motivazionale di avvicinamento psicocognitivo alla matematica attraverso il gioco e il disegno. Che, almeno a descriverlo così, sembra una roba più adatta alla scuola materna. Poi non gli puoi andare più a dire niente: le vecchie sono esperte e ti mandano giustamente a fare in culo, le giovani sono laureate e quindi pari livello con te ma con una specializzazione diversa dalla tua, quindi sei tu l'ignorante e ti mandano giustamente a fare in culo.
Fondazione Agnelli: La scuola media è oggi una scuola senza missione. Quella che aveva, l’ha tradita: doveva essere scuola per tutti e al tempo stesso di qualità.
Castagna: signor Gioannini, ma che cazzo sta dicendo? E' esattamente quello che cerchiamo di fare!!!
Ma aspettate, perchè dopo dice una perla favolosa:
Fondazione Agnelli: Cosa non ha funzionato nella riforma della scuola media unica, introdotta nel ’62?
Quella riforma va collocata nel suo contesto storico. Parliamo di un periodo in cui il primo problema in Italia era ancora quello di alfabetizzare quanta più gente possibile, e la scuola media unica nacque per far coseguire la licenza al maggior numero di 14enni, elevando il livello dell’istruzione elementare. Il problema era di «quantità» e la scuola media riuscì a compiere questa missione abbastanza in fretta, perché la scolarità raggiunse il 100 per cento già negli anni settanta. Però nel frattempo il mondo cambiava e passare un certo numero di anni sui banchi per conseguire un titolo non bastò più; diventava molto più importante ciò che si impara realmente. È la nozione di successo scolastico.
La scuola media è riuscita a fare la prima cosa, ma non la seconda: non garantisce più a tutti gli allievi le stesse opportunità di successo scolastico. E non lo fa perché finisce per fare emergere nei risultati scolastici i divari di origine socioculturale: quello che conta, in altre parole, è la famiglia da cui si proviene. Quanto più questa è istruita, tanto più sono buoni i risultati degli alunni.
È un gap che non si colma più?
Lo dicono gli studi internazionali: dappertutto, in tutti gli ordini di scuola, piaccia o meno, l’origine socioculturale continua a contare moltissimo nei risultati scolastici; però ci sono Paesi in cui queste distanze sono contenute e vengono accorciate, nella nostra media invece esplodono in modo sensibile.
Le cause?
Sono di natura strutturale. Innanzitutto un passaggio troppo brusco elementari-medie: si passa da una scuola empatica, dove il lavoro coinvolge realmente tutti, e dove chi insegna usa talvolta metodologie didattiche innovative e personalizzate, a una scuola fatta sullo stesso modello delle superiori: il docente entra in classe, fa la sua lezione, esce. Stop. E la scuola finisce lì
Ma attenzione, sotto dice addirittura:
Non mi addentro nel problema della lezione frontale: molti docenti sono bravissimi in questo, il punto però è che nella scuola media di oggi gli insegnanti non sanno fare altro. Magari sanno che esistono altre metodologie, talvolta anche più efficaci, ma non le sanno usare perché nessuno li ha mai messi in condizione di farlo.
Castagna: questa del professore che entra spiega e esce non la voglio neanche commentare.
Se penso a cosa ho fatto in questi dieci anni per motivare delle classi a lavorare con impegno e per coinvolgere i meno collaborativi, signor Gioannini, le dò una testata. Peraltro non si può pensare che dalle medie escano senza essere in grado di reggere ANCHE un'ora di lezione frontale, altrimenti alle superiori poi come fanno?
Sul classismo non lo so. A me pare che si lavori per dare a tutti delle buone opportunità. Ma non potrei dire cosa succede in tutte le scuole italiane. Invece sul fatto di fare lezione gelidamente frontale, senza empatia, sono sicura che non parlo solo della mia scuola e dei miei colleghi.
Fondazione Agnelli: I nuovi docenti devono essere assunti con modalità che li rendono dei professionisti di questo livello scolastico: non solo devono conoscere la loro materia, ma avere anche la «cassetta degli attrezzi» pedagogica e didattica per insegnare a persone di 11-13 anni, un’età che non assomiglia a nessun’altra. Dobbiamo evitare di avere docenti parcheggiati nelle medie in attesa di finire al liceo.
Castagna: Pensando ad alcuni colleghi che usano le medie come un trampolino di lancio per fare carriera, in effetti, rabbrividisco.
Può darsi che questa sia una buona idea, ma bisogna vedere come viene declinata nella pratica. Io sono una docente da liceo che ha scelto di restare nella media, proprio perchè si è posta di fronte la scelta tra soddisfazione personale e utilità sociale. Quelli come me SERVONO alle medie, proprio perchè pensano da insegnanti di liceo e capiscono che in tre anni devono mettere i ragazzi, che liceali non sono e forse non saranno mai, in grado di poter anche scegliere di andarci, al liceo, e di sopravviverci. Ma se intendiamo preparare un docente per la fascia 11-13 anni nel senso di far fare anche a quelli del mio ordine di scuola i giochini motivazionali invece delle materie, io resterò con la vecchia guardia, diventerò "severissima, cattiva, iena" e i miei alunni continueranno ad andare alle superiori con la preparazione tradizionale, poi mi verrete a dire chi passa l'anno, tra i miei e quelli degli altri.
Fondazione Agnelli: Il tempo scuola?
Occorre dilatarlo. È il contrario di quello che si è fatto finora: noi crediamo molto nella scuola del pomeriggio, il che non vuol dire essere sempre a lezione, ma fare lezione, approfondimenti, recupero, musica, teatro, sport, eccetera.
Castagna: Su questo sono d'accordo. Anche perchè fuori gli stimoli spesso sono pochi, ripetitivi e non di rado anche negativi. Meglio un corso collaterale alla scuola, che sia di musica, di teatro, di cucina o sportivo, non importa. Comunque sarà più socializzante e più motivante che stare in piazza a ciondolare o da soli davanti al computer.
Qui anzi ne approfitto per contestare quel che dice labiondaprof di concerto con Gioannini, di cui a sua volta commenta l'articolo:
Le materie sono troppe: undici. L’origine del “peccato” sta nella nascita della scuola media unica, che ha unificato la scuola “media” che preparava alle superiori e la scuola di “avviamento” al lavoro. Quindi si sono accorpate le materie umanistiche scientifiche e linguistiche e le varie materie “pratiche” o laboratoriali: musica, ed. tecnica, disegno e storia dell’arte. In più l’ora di religione. Troppe materie. Secondo molti esperti, basterebbero le ore di italiano storia geografia matematica scienze una lingua straniera (fatta bene) e poco altro. Modestamente sono d’accordo…
Castagna: Ma no. Le materie sono tante perchè è giusto poter capire, in questa fascia d'età, per cosa un ragazzo è tagliato. Se aboliamo tecnica, arte o musica, perdiamo delle informazioni importantissime sulle reali capacità, talvolta sui talenti, dei nostri alunni... e effettivamente facciamo perdere loro l'elasticità mentale di collegare gli argomenti e le discipline, secondo un modello americano per cui se io mi specializzo in una cosa tutte le altre per me non esistono. Per differenziare gli interessi e i curricula ci sono invece le superiori.
Pronti via, dibattito aperto.
giovedì 8 dicembre 2011
Il piatto incubo
...sì, sono ciclotimica, è ufficiale.
Mi prendono queste botte abnormi di tristezza alle sei e mezza di pomeriggio, e mi durano fino alle otto, che vorrei tipo morire / piangere ascoltando roba straziante / arrotolarmi il piumone sulla testa e uggiolare. Di solito faccio solo la terza.
Comunque l'altro giorno avevo del tempo da perdere causa un mio chiamarmi fuori temporaneo (di meno di mezza giornata) dal festival del cinema (benedetto sia mio marito e benedette le sue idee di gestire una cinquantina di invitati e un evento di quattro giorni da solo: se lo sai fare da solo... FATTELO DA SOLO! Me ne vado a casa io capito? Che ho male ai piedi! Ecco!!! L'ho detto!!!)
E mentre mi mettevo su una cena tristissima mi sono soffermata sul pensiero dei pasti tipici. Non nel senso del piatto tipico locale, ma del piatto tipico di un periodo di merda.
Così ho scritto questo, e oggi dopo aver letto il post Mammina cucina di Polly volevo assolutamente dire la mia su quanto può essere triste il rapporto di una donna con il suo piano cottura, quindi lo pubblico.
Mai stata una grandissima cuoca, ma dignitosa, a tratti, sì. Solo che non è come andare in bicicletta: io, se smetto di impegnarmi in cucina per qualche mese, disimparo tutto. Comunque per un po' mi sono data da fare e producevo cose almeno commestibili, cercando di non annoiare nè me nè altri. Poi ho inanellato una serie di periodi no, ma proprio no no no no, ad ognuno dei quali si collega nella mia memoria gustativo-olfattiva un sapore.
Spiego. Qua e là affiorano ricordi felici associati ad un pasto (rari, dato il mio rapporto malato col cibo) ma sono degli una tantum: per esempio, la volta che ho scoperto il carciofo crudo in pinzimonio, cioè la volta che l'Uomo, poche settimane dopo l'inizio della nostra storia, ha scoperto che io ero un'ignorante pazzesca in fatto di gusto culinario e ha iniziato a darmi lezioni sui veri piaceri della tavola. (E di vari altri mobili della casa.)
Ai momenti creativi, attivi e gioiosi, sparsi nella mia esistenza, non si associa nessun piatto ripetuto più volte nello stesso periodo: probabilmente perchè, soddisfatta e felice, non ripetevo granchè, anzi variavo, inventavo, degustavo.
Invece, in tutti i momenti della mia vita che sono stati contrassegnati da pressione psicologica o da tristezza, posso dire esattamente qual era il piatto incubo, il piatto fisso che si ripeteva perchè il cervello non era in grado di elaborare altro.
Per esempio, nel periodo degli studi, quando stavo ancora dai miei, il piatto tipico dell'esame di terza media erano le fragole con il gelato al limone. Sotto maturità, il caffè con dentro una cucchiaiata di gelato alla crema. E ovviamente si trattava solo delle merende: a variare i pasti principali ci pensava mia madre.
Poi c'è stato il periodo blu, molto blu che era quasi nero, e ricordo solo crackers integrali e yogurt. Infatti un pomeriggio mi sono svegliata lunga distesa per terra con sconosciuti che mi prendevano le pulsazioni e sono finita ricoverata per settantadue ore. Dopodichè ho fatto l'unica dieta della mia vita che io abbia mai preso seriamente: quella per ingrassare.
Poi c'è stato l'andare a stare da sola, e per un po' tutto bene, fino al primo faticosissimo anno di lavoro e di pendolarismo: pasta con i porri e lo zafferano, la sera, tipo tre anche quattro volte la settimana, e torta di zucca o pane e formaggio, a pranzo, tipo tutti i giorni feriali.
L'anno dopo ero sola qui, coabitavo con una coinquilina ma non mangiavamo insieme, facevo la prof di sostegno, mi annoiavo a morte, aspettavo che l'Uomo si decidesse a sposarmi e mangiavo minestre Knorr. E pizza.
Poi si è andati un po' a periodi. Appena sposati, con me che pendolavo da Torino: Quattro Salti e insalate, a pranzo, però la sera facevo la mogliettina e provavo ricette e manicaretti. Zia ammalata e andirivieni da Genova: farinata e focaccia, in macchina. (L'ultima sera che ho mangiato la farinata era ai primi del giugno scorso, e la mattina dopo alle sette ho portato mio padre in pronto soccorso: per ora non ho più neanche voluto sentirne l'odore.)
Periodi di bassa vari: belga saltata in padella col formaggio.
E voi, quando avete l'elettroencefalogramma piatto per qualche periodo faticoso, di che vivete?
Mi prendono queste botte abnormi di tristezza alle sei e mezza di pomeriggio, e mi durano fino alle otto, che vorrei tipo morire / piangere ascoltando roba straziante / arrotolarmi il piumone sulla testa e uggiolare. Di solito faccio solo la terza.
Comunque l'altro giorno avevo del tempo da perdere causa un mio chiamarmi fuori temporaneo (di meno di mezza giornata) dal festival del cinema (benedetto sia mio marito e benedette le sue idee di gestire una cinquantina di invitati e un evento di quattro giorni da solo: se lo sai fare da solo... FATTELO DA SOLO! Me ne vado a casa io capito? Che ho male ai piedi! Ecco!!! L'ho detto!!!)
E mentre mi mettevo su una cena tristissima mi sono soffermata sul pensiero dei pasti tipici. Non nel senso del piatto tipico locale, ma del piatto tipico di un periodo di merda.
Così ho scritto questo, e oggi dopo aver letto il post Mammina cucina di Polly volevo assolutamente dire la mia su quanto può essere triste il rapporto di una donna con il suo piano cottura, quindi lo pubblico.
Mai stata una grandissima cuoca, ma dignitosa, a tratti, sì. Solo che non è come andare in bicicletta: io, se smetto di impegnarmi in cucina per qualche mese, disimparo tutto. Comunque per un po' mi sono data da fare e producevo cose almeno commestibili, cercando di non annoiare nè me nè altri. Poi ho inanellato una serie di periodi no, ma proprio no no no no, ad ognuno dei quali si collega nella mia memoria gustativo-olfattiva un sapore.
Spiego. Qua e là affiorano ricordi felici associati ad un pasto (rari, dato il mio rapporto malato col cibo) ma sono degli una tantum: per esempio, la volta che ho scoperto il carciofo crudo in pinzimonio, cioè la volta che l'Uomo, poche settimane dopo l'inizio della nostra storia, ha scoperto che io ero un'ignorante pazzesca in fatto di gusto culinario e ha iniziato a darmi lezioni sui veri piaceri della tavola. (E di vari altri mobili della casa.)
Ai momenti creativi, attivi e gioiosi, sparsi nella mia esistenza, non si associa nessun piatto ripetuto più volte nello stesso periodo: probabilmente perchè, soddisfatta e felice, non ripetevo granchè, anzi variavo, inventavo, degustavo.
Invece, in tutti i momenti della mia vita che sono stati contrassegnati da pressione psicologica o da tristezza, posso dire esattamente qual era il piatto incubo, il piatto fisso che si ripeteva perchè il cervello non era in grado di elaborare altro.
Per esempio, nel periodo degli studi, quando stavo ancora dai miei, il piatto tipico dell'esame di terza media erano le fragole con il gelato al limone. Sotto maturità, il caffè con dentro una cucchiaiata di gelato alla crema. E ovviamente si trattava solo delle merende: a variare i pasti principali ci pensava mia madre.
Poi c'è stato il periodo blu, molto blu che era quasi nero, e ricordo solo crackers integrali e yogurt. Infatti un pomeriggio mi sono svegliata lunga distesa per terra con sconosciuti che mi prendevano le pulsazioni e sono finita ricoverata per settantadue ore. Dopodichè ho fatto l'unica dieta della mia vita che io abbia mai preso seriamente: quella per ingrassare.
Poi c'è stato l'andare a stare da sola, e per un po' tutto bene, fino al primo faticosissimo anno di lavoro e di pendolarismo: pasta con i porri e lo zafferano, la sera, tipo tre anche quattro volte la settimana, e torta di zucca o pane e formaggio, a pranzo, tipo tutti i giorni feriali.
L'anno dopo ero sola qui, coabitavo con una coinquilina ma non mangiavamo insieme, facevo la prof di sostegno, mi annoiavo a morte, aspettavo che l'Uomo si decidesse a sposarmi e mangiavo minestre Knorr. E pizza.
Poi si è andati un po' a periodi. Appena sposati, con me che pendolavo da Torino: Quattro Salti e insalate, a pranzo, però la sera facevo la mogliettina e provavo ricette e manicaretti. Zia ammalata e andirivieni da Genova: farinata e focaccia, in macchina. (L'ultima sera che ho mangiato la farinata era ai primi del giugno scorso, e la mattina dopo alle sette ho portato mio padre in pronto soccorso: per ora non ho più neanche voluto sentirne l'odore.)
Periodi di bassa vari: belga saltata in padella col formaggio.
E voi, quando avete l'elettroencefalogramma piatto per qualche periodo faticoso, di che vivete?
mercoledì 7 dicembre 2011
Dopo il festival - 1
Ho molto da raccontare ma la verità è che sono ancora troppo stanca per connettere.
Le ripercussioni di questo evento sulle nostre vite saranno molte, non tutte positive temo.
Decido di andare per brevi flash.
Il primo breve flash.
Io.
Ho.
Baciato.
Sulla.
Guancia.
GIUSEPPE.
BATTISTON.
Le ripercussioni di questo evento sulle nostre vite saranno molte, non tutte positive temo.
Decido di andare per brevi flash.
Il primo breve flash.
Io.
Ho.
Baciato.
Sulla.
Guancia.
GIUSEPPE.
BATTISTON.
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Hastiwood,
non ci sono parole,
ullallà
lunedì 5 dicembre 2011
auleintempesta featuring un altro esempio di come siamo ridotti
http://www.ilsussidiario.net/News/Educazione/2011/11/30/SCUOLA-Perche-da-un-docente-malvestito-si-impara-meno-/2/225548/
A parte l'orrore che mi suscita l'idea che questo articolo stesse in una pagina intitolata "educazione".
A parte che 'sta settimana, tra i deliri di padre Amorth, il privo di vergogna del post precedente, e quest'altro, mi sembra di essere finita in un incubo.
Comunque ci tengo a riportare qui quanto già detto sul blog di Ellegio:
E’ da discorsi sconclusionati e incredibilmente cretini come questo articolo che si vede la differenza tra un ignorante e un professionista.
Io sono una professionista, giro in jeans, maglia e scarpe da ginnastica, faccio un favore ai miei alunni maschi di terza se mostro poca gamba e zero seno, e se a giugno con trentaquattro gradi ho l’ascella pezzata è perchè sto lavorando sodo da ore, e posso andarne fiera, anche se ovviamente desidero tanto andare a casa a farmi un’altra doccia oppure trovare tre minuti per ficcarmi in un bagno e darmi una deodorata.
Questo signore è un coglione fatto e rifinito e le sue argomentazioni, magari profumate di costosa colonia, sono quelle di una mezza sega influenzata dai premier in maglia senza colletto o peggio a torso nudo, alla Berlusconi e alla Putin, per i quali conta solo quello che così bene riassunse un altro coglione una volta da Santoro, insultando pesantemente una docente precaria: “lei è giovane e carina, sorrida e la smetta di lamentarsi” . Mi fa pena.
A parte l'orrore che mi suscita l'idea che questo articolo stesse in una pagina intitolata "educazione".
A parte che 'sta settimana, tra i deliri di padre Amorth, il privo di vergogna del post precedente, e quest'altro, mi sembra di essere finita in un incubo.
Comunque ci tengo a riportare qui quanto già detto sul blog di Ellegio:
E’ da discorsi sconclusionati e incredibilmente cretini come questo articolo che si vede la differenza tra un ignorante e un professionista.
Io sono una professionista, giro in jeans, maglia e scarpe da ginnastica, faccio un favore ai miei alunni maschi di terza se mostro poca gamba e zero seno, e se a giugno con trentaquattro gradi ho l’ascella pezzata è perchè sto lavorando sodo da ore, e posso andarne fiera, anche se ovviamente desidero tanto andare a casa a farmi un’altra doccia oppure trovare tre minuti per ficcarmi in un bagno e darmi una deodorata.
Questo signore è un coglione fatto e rifinito e le sue argomentazioni, magari profumate di costosa colonia, sono quelle di una mezza sega influenzata dai premier in maglia senza colletto o peggio a torso nudo, alla Berlusconi e alla Putin, per i quali conta solo quello che così bene riassunse un altro coglione una volta da Santoro, insultando pesantemente una docente precaria: “lei è giovane e carina, sorrida e la smetta di lamentarsi” . Mi fa pena.
auleintempesta NOT featuring quel decerebrato di "giornalista"
Qualcuno di mia conoscenza scrive sulla bacheca dell'idiota di cui sopra (al quale non intendo fare pubblicità anzi dedico una bella damnatio memoriae):
lei è un ignorante di una categoria così infima che non dovrei neanche sprecarmi a commentare. E' chiaro che il suo stupido articolo offensivo meriterebbe una querela da parte di chiunque abbia un po' di sale in zucca, non entro neanche nel merito del discorso sull'istruzione, salvo dire che sono estremamente contenta di vedere che qui sotto ci sono anche molti uomini che le danno dell'imbecille. Invece le voglio dire una cosa a nome di tutte le donne intelligenti e in gamba (che lei evidentemente non ha la fortuna di conoscere, e non mi stupisce, dato l'ambiente lavorativo in cui si muove) che come me non hanno avuto la fortuna di poter essere madri: lei è anche crudele nei confronti di chi la maternità se la deve sudare. Dovrebbe vergognarsi finchè campa di essere stato così meschino
lei è un ignorante di una categoria così infima che non dovrei neanche sprecarmi a commentare. E' chiaro che il suo stupido articolo offensivo meriterebbe una querela da parte di chiunque abbia un po' di sale in zucca, non entro neanche nel merito del discorso sull'istruzione, salvo dire che sono estremamente contenta di vedere che qui sotto ci sono anche molti uomini che le danno dell'imbecille. Invece le voglio dire una cosa a nome di tutte le donne intelligenti e in gamba (che lei evidentemente non ha la fortuna di conoscere, e non mi stupisce, dato l'ambiente lavorativo in cui si muove) che come me non hanno avuto la fortuna di poter essere madri: lei è anche crudele nei confronti di chi la maternità se la deve sudare. Dovrebbe vergognarsi finchè campa di essere stato così meschino
sabato 3 dicembre 2011
Se vedete
...un ex bell'uomo aggirarsi pallido ed emaciato come il conte Vlad dopo un prolungato digiuno, con un occhio iniettato di sangue (tipico suo quando si stanca) e un telefonino all'orecchio, lo sguardo perso nel nulla, mentre parla con sette persone diverse in tre diverse stanze più quella al telefono...
...è l'Uomo in pieno festival del cinema.
Abbiamo anche finito i soldi stanziati per portare gente a cena e in giro per aperitivi, caffè e colazioni.
Io stamattina ho ribaltato in terra una caffettiera piena direttamente dal fornello.
No, ma va bene. I protagonisti del film di ieri sera erano molto contenti dell'ospitalità. I fiori per Ughetta D'Onorascenzo (rose bianche a bordo rosso, foglie verde scuro lucide e bacche rosse) erano veramente belli. La moglie di Faletti è una donna deliziosa sotto ogni possibile punto di vista.
E noi corriamo. Ancora due giornate, veramente il clou dell'evento, poi ripiomberemo nell'anonimato (spero) ma con un sacco di amici in più. Se riusciamo a far funzionare tutto, almeno.
...è l'Uomo in pieno festival del cinema.
Abbiamo anche finito i soldi stanziati per portare gente a cena e in giro per aperitivi, caffè e colazioni.
Io stamattina ho ribaltato in terra una caffettiera piena direttamente dal fornello.
No, ma va bene. I protagonisti del film di ieri sera erano molto contenti dell'ospitalità. I fiori per Ughetta D'Onorascenzo (rose bianche a bordo rosso, foglie verde scuro lucide e bacche rosse) erano veramente belli. La moglie di Faletti è una donna deliziosa sotto ogni possibile punto di vista.
E noi corriamo. Ancora due giornate, veramente il clou dell'evento, poi ripiomberemo nell'anonimato (spero) ma con un sacco di amici in più. Se riusciamo a far funzionare tutto, almeno.
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ma me l'aveva scritto il medico?,
varie ed eventuali
venerdì 2 dicembre 2011
Gente di spettacolo
Okay, e allora, dopo sei mesi che in casa nostra non si parla praticamente d'altro, da ieri sera siamo entrati nella fase conclusiva, e full immersion, del primo festival del cinema totally by Uomo.
E siccome il primo pezzo del festival, quello in cui intervenivano autori di cortometraggi e documentari, è durato due mesi, stiamo vedendo e rivedendo da un po' di tempo persone che vivono a Roma, che hanno lavorato in giro per il pianeta, e di mestiere appartengono al magico mondo dello spettacolo. In questi ultimi quattro giorni, poi, giriamo col jet set, a mazzi di cinque sei otto attori e registi per volta, con l'aggiunta di alcuni altri tecnici del settore, come un noto critico cinematografico, operatori tv e fotografi.
Non vi dico in che condizioni ho i piedi, e siamo solo al secondo giorno di tacco assassino.
Stiamo parlando con gente molto, molto carina, a parte tutto. Gli attori, una volta che si rilassano, non sono poi così impostati. I registi, soprattutto quelli che abbiamo invitato noi, che sono giovani e rampanti, e in particolar modo quelli dei documentari, che spesso sono belle persone che lottano per portare in giro un'idea, sono gente interessantissima, acculturata, piena di fascino intellettuale e non di rado anche fisico. Hanno ovviamente tutti una personalità fortissima.
Comunque io ho rifatto i riflessi biondi, sfodero tutti i mejo gioielli di mammà, trampoleggio sui tacchi mandando dei santioni su ogni tratto di pavé, e faccio le due di notte di giorno feriale. E intanto cerco di rispolverare, dal profondo della mia vita ormai campagnola e ritiratissima tra scuoline di paese, uncinetto e templi buddhisti, le competenze sociali della donna di mondo (ma non è un problema, per una che è cresciuta in Albaro, è come il campanilismo per quelli di Carignano, o la cocaina per quelli di Castelletto, ce l'hai già nel sangue quando nasci).
Poi osservo. Osservo tantissimo. E vi rendo partecipi delle seguenti osservazioni e di alcune domande, in ordine sparso:
1 - "Grazie, ma sono reduce da un'influenza, non ho molto appetito" - "Grazie, ma sono sotto antibiotici, ho lo stomaco un po' sconvolto" - "Grazie, ma stasera voglio fare una follia e prendo solo la carne cruda con il tartufo" - "Grazie, ma ho già mangiato" - "Grazie, ma è molto tardi e non ho più fame, prenderei solo un'insalata": oh, neanche una che pronunci le parole "dieta", "stare leggera", "proteine", tra tutte queste donne di spettacolo, eppure non mangiano un cazzo, al massimo gamberi al vapore e carne cruda con un filo d'olio, spesso niente vino, praticamente mai pane, in alcuni casi solo ed esclusivamente verdura. Ne deduco che a Roma e dintorni sia estremamente kitsch definirsi a dieta o parlare della propria linea: cioè, loro non devono assolutamente confessare che mangiano solo dieci grammi di fibre una volta al giorno per non ingrassare, perchè nessuna di loro è mai stata grassa o teme di diventarlo, giammai, piuttosto preferiscono farti credere che mangiano così per capriccio o per fastidi di salute, figuriamoci. Io, per reazione, o mi vedo grassissima e mi si chiude lo stomaco, o mi scofano con entusiasmo un piatto di agnolotti e il dolce senza il minimo rimorso.
2 - Quando un uomo è pieno di sè, è pieno di sè e monopolizza a tratti la conversazione. Quando un uomo è un regista ed è pieno di sè, ti tiene in piedi fino alle tre di mattina con le chiavi della macchina in mano per raccontarti quella volta che ha mandato in culo un produttore ricchissimo, perchè lo limitava nella sua espressività artistica. Dimenticandosi che te l'ha raccontato due settimane fa, e che la settimana scorsa hai già risentito tutta la storia perchè l'ha raccontata ad altri con cui eravate entrambi seduti a cena.
3 - Questa gente vive di notte. Noi no. Stamattina sono entrata in classe sbandando.
4 - Capisco tutto, io, ma una cosa non riesco a immaginarmi. Che tu sei una ragazza, ti svegli la mattina, vai in cucina e in cucina c'è tua madre, cinquantenne, in vestaglia e spettinata. E però tua madre è Laura Morante, alias una che in vestaglia e spettinata a momenti è più bella di quando è in abito da sera con lo chignon. Come cresci? Come sopporti il fatto di avere, anche solo temporaneamente, dodici anni, le tette piccole e i brufoli?
(Questa fa il paio con un'altra domanda che mi sono sempre fatta. Tu hai sedici anni e vai a studiare da una tua amica, e quando siete lì che fate i compiti arriva il papà della tua amica ed è Harrison Ford, o Mel Gibson, o Bono, o Brad Pitt. Cosa fai?)
5 - Le donne sono bellissime. Madonna, sono BELLISSIME, anche le più banali, anche quelle che stanno dietro la macchina da presa e non davanti, anche quelle che si presentano apparentemente in stile casual. Sono naturali e fini e assolutamente impeccabili: fondotinta da cento euro che tiene per ventotto ore, sopracciglia ad ala di gabbiano, trucco così delicato che a volte devo pensare attentamente per capire se certi effetti di colore sono naturali o artificiali. E i capelli: Gesù, i capelli di queste donne.
Io torno a casa, scendo con due urli di dolore (uno per piede) dai tacchi, mi guardo allo specchio e, lo giuro, i peli in eccesso del sopracciglio che avevo strappato la sera prima sono di nuovo lì. E ho le occhiaie. Insomma, da quando lavoro per il cinecircolo ho imparato che per non sentirmi totalmente una merda devo giocare d'anticipo e esporre in modo esagerato le caviglie e la scollatura, due punti di forza che non tutte possono vantare, soprattutto il primo, per il quale non c'è chirurgia che tenga. E comunque queste donne elegantissime non hanno il seno rifatto, quindi se sono piatte sono piatte. Però hanno delle vite talmente sottili che la mia autostima si taglia le vene lo stesso.
6 - Fare la first lady però è divertente. Soprattutto perchè gli uomini di spettacolo, anche quelli pieni di sè, sono gente abituata a girare per cene, ricevimenti e occasioni ufficiali. Quindi sono educati ed eleganti, ti reggono l'ombrello, ti danno cortesemente il braccio per accompagnarti, ti tengono le porte, ti coinvolgono nella conversazione e ti regalano rose, con enorme savoir faire. E io rido sotto i baffi (che ho dolorosamente strappato la sera prima, di nuovo) e penso che stanno trattando come una regina una che tra sette ore si metterà una braga sformata e le scarpe da ginnastica e farà lezione seduta su un banco in mezzo a venti dodicenni di campagna. E questa doppia vita mi riempie di benessere. A parte la pianta dei piedi, quella mi fa male 24 ore su 24, anche a scuola.
7 - Non ho molta paura di tutte queste donne spettacolose che girano con mio marito, credevo peggio. In realtà lui ha talmente tanto da fare che non credo veda un quinto di tutto quel che noto io. In compenso a me stanno succedendo fatti incresciosi, tipo scendere nel foyer del cinema e, invece di abbracciare l'Uomo che non vedo da sedici ore, ritrovarmi a bruciapelo a stringere la mano di un trentaduenne ficherrimo dallo sguardo magnetico che si presenta col solo nome, così io non riesco a ricordarmi se è un attore o un regista e di che film, e mentre cerco di connettere e sono concentrata sul nome non mi rendo conto che lo sto letteralmente mangiando vivo con gli occhi, a bocca aperta. Dopodichè mi ripiglio e, acquisendo consapevolezza della figura di merda che ho appena fatto, divento scarlatta e perdo la favella.
(il trentaduenne ficherrimo di ieri sera)
E siccome il primo pezzo del festival, quello in cui intervenivano autori di cortometraggi e documentari, è durato due mesi, stiamo vedendo e rivedendo da un po' di tempo persone che vivono a Roma, che hanno lavorato in giro per il pianeta, e di mestiere appartengono al magico mondo dello spettacolo. In questi ultimi quattro giorni, poi, giriamo col jet set, a mazzi di cinque sei otto attori e registi per volta, con l'aggiunta di alcuni altri tecnici del settore, come un noto critico cinematografico, operatori tv e fotografi.
Non vi dico in che condizioni ho i piedi, e siamo solo al secondo giorno di tacco assassino.
Stiamo parlando con gente molto, molto carina, a parte tutto. Gli attori, una volta che si rilassano, non sono poi così impostati. I registi, soprattutto quelli che abbiamo invitato noi, che sono giovani e rampanti, e in particolar modo quelli dei documentari, che spesso sono belle persone che lottano per portare in giro un'idea, sono gente interessantissima, acculturata, piena di fascino intellettuale e non di rado anche fisico. Hanno ovviamente tutti una personalità fortissima.
Comunque io ho rifatto i riflessi biondi, sfodero tutti i mejo gioielli di mammà, trampoleggio sui tacchi mandando dei santioni su ogni tratto di pavé, e faccio le due di notte di giorno feriale. E intanto cerco di rispolverare, dal profondo della mia vita ormai campagnola e ritiratissima tra scuoline di paese, uncinetto e templi buddhisti, le competenze sociali della donna di mondo (ma non è un problema, per una che è cresciuta in Albaro, è come il campanilismo per quelli di Carignano, o la cocaina per quelli di Castelletto, ce l'hai già nel sangue quando nasci).
Poi osservo. Osservo tantissimo. E vi rendo partecipi delle seguenti osservazioni e di alcune domande, in ordine sparso:
1 - "Grazie, ma sono reduce da un'influenza, non ho molto appetito" - "Grazie, ma sono sotto antibiotici, ho lo stomaco un po' sconvolto" - "Grazie, ma stasera voglio fare una follia e prendo solo la carne cruda con il tartufo" - "Grazie, ma ho già mangiato" - "Grazie, ma è molto tardi e non ho più fame, prenderei solo un'insalata": oh, neanche una che pronunci le parole "dieta", "stare leggera", "proteine", tra tutte queste donne di spettacolo, eppure non mangiano un cazzo, al massimo gamberi al vapore e carne cruda con un filo d'olio, spesso niente vino, praticamente mai pane, in alcuni casi solo ed esclusivamente verdura. Ne deduco che a Roma e dintorni sia estremamente kitsch definirsi a dieta o parlare della propria linea: cioè, loro non devono assolutamente confessare che mangiano solo dieci grammi di fibre una volta al giorno per non ingrassare, perchè nessuna di loro è mai stata grassa o teme di diventarlo, giammai, piuttosto preferiscono farti credere che mangiano così per capriccio o per fastidi di salute, figuriamoci. Io, per reazione, o mi vedo grassissima e mi si chiude lo stomaco, o mi scofano con entusiasmo un piatto di agnolotti e il dolce senza il minimo rimorso.
2 - Quando un uomo è pieno di sè, è pieno di sè e monopolizza a tratti la conversazione. Quando un uomo è un regista ed è pieno di sè, ti tiene in piedi fino alle tre di mattina con le chiavi della macchina in mano per raccontarti quella volta che ha mandato in culo un produttore ricchissimo, perchè lo limitava nella sua espressività artistica. Dimenticandosi che te l'ha raccontato due settimane fa, e che la settimana scorsa hai già risentito tutta la storia perchè l'ha raccontata ad altri con cui eravate entrambi seduti a cena.
3 - Questa gente vive di notte. Noi no. Stamattina sono entrata in classe sbandando.
4 - Capisco tutto, io, ma una cosa non riesco a immaginarmi. Che tu sei una ragazza, ti svegli la mattina, vai in cucina e in cucina c'è tua madre, cinquantenne, in vestaglia e spettinata. E però tua madre è Laura Morante, alias una che in vestaglia e spettinata a momenti è più bella di quando è in abito da sera con lo chignon. Come cresci? Come sopporti il fatto di avere, anche solo temporaneamente, dodici anni, le tette piccole e i brufoli?
(Questa fa il paio con un'altra domanda che mi sono sempre fatta. Tu hai sedici anni e vai a studiare da una tua amica, e quando siete lì che fate i compiti arriva il papà della tua amica ed è Harrison Ford, o Mel Gibson, o Bono, o Brad Pitt. Cosa fai?)
5 - Le donne sono bellissime. Madonna, sono BELLISSIME, anche le più banali, anche quelle che stanno dietro la macchina da presa e non davanti, anche quelle che si presentano apparentemente in stile casual. Sono naturali e fini e assolutamente impeccabili: fondotinta da cento euro che tiene per ventotto ore, sopracciglia ad ala di gabbiano, trucco così delicato che a volte devo pensare attentamente per capire se certi effetti di colore sono naturali o artificiali. E i capelli: Gesù, i capelli di queste donne.
Io torno a casa, scendo con due urli di dolore (uno per piede) dai tacchi, mi guardo allo specchio e, lo giuro, i peli in eccesso del sopracciglio che avevo strappato la sera prima sono di nuovo lì. E ho le occhiaie. Insomma, da quando lavoro per il cinecircolo ho imparato che per non sentirmi totalmente una merda devo giocare d'anticipo e esporre in modo esagerato le caviglie e la scollatura, due punti di forza che non tutte possono vantare, soprattutto il primo, per il quale non c'è chirurgia che tenga. E comunque queste donne elegantissime non hanno il seno rifatto, quindi se sono piatte sono piatte. Però hanno delle vite talmente sottili che la mia autostima si taglia le vene lo stesso.
6 - Fare la first lady però è divertente. Soprattutto perchè gli uomini di spettacolo, anche quelli pieni di sè, sono gente abituata a girare per cene, ricevimenti e occasioni ufficiali. Quindi sono educati ed eleganti, ti reggono l'ombrello, ti danno cortesemente il braccio per accompagnarti, ti tengono le porte, ti coinvolgono nella conversazione e ti regalano rose, con enorme savoir faire. E io rido sotto i baffi (che ho dolorosamente strappato la sera prima, di nuovo) e penso che stanno trattando come una regina una che tra sette ore si metterà una braga sformata e le scarpe da ginnastica e farà lezione seduta su un banco in mezzo a venti dodicenni di campagna. E questa doppia vita mi riempie di benessere. A parte la pianta dei piedi, quella mi fa male 24 ore su 24, anche a scuola.
7 - Non ho molta paura di tutte queste donne spettacolose che girano con mio marito, credevo peggio. In realtà lui ha talmente tanto da fare che non credo veda un quinto di tutto quel che noto io. In compenso a me stanno succedendo fatti incresciosi, tipo scendere nel foyer del cinema e, invece di abbracciare l'Uomo che non vedo da sedici ore, ritrovarmi a bruciapelo a stringere la mano di un trentaduenne ficherrimo dallo sguardo magnetico che si presenta col solo nome, così io non riesco a ricordarmi se è un attore o un regista e di che film, e mentre cerco di connettere e sono concentrata sul nome non mi rendo conto che lo sto letteralmente mangiando vivo con gli occhi, a bocca aperta. Dopodichè mi ripiglio e, acquisendo consapevolezza della figura di merda che ho appena fatto, divento scarlatta e perdo la favella.
(il trentaduenne ficherrimo di ieri sera)
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giovedì 1 dicembre 2011
Povera me
Non so veramente più cosa farne di 'sti qua, ormai straparlo.
Ieri in II C:
- Dai, su, non facciamo discorsi sessisti. E guardate che sessista non vuol dire "bravo a fare sesso", ma persona che discrimina gli altri in base al genere. No, specifico, perchè poi voi usate le parole senza sapere cosa vogliono dire: ieri pomeriggio al recupero mi avete detto che "forestiero" vuol dire "boscaiolo".
Ieri in II C:
- Dai, su, non facciamo discorsi sessisti. E guardate che sessista non vuol dire "bravo a fare sesso", ma persona che discrimina gli altri in base al genere. No, specifico, perchè poi voi usate le parole senza sapere cosa vogliono dire: ieri pomeriggio al recupero mi avete detto che "forestiero" vuol dire "boscaiolo".
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