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venerdì 8 marzo 2013

Titoli di testa: Drive di Nicolas Winding Refn

Da qualche tempo stavo pensando a questa nuova rubrica che voglio inaugurare con l'atmosfera notturno-metropolitana e i titoli in corsivo rosa shock di Drive (Refn ha ammesso in un'intervista di essere daltonico!) sulle note pop sintetiche anni '80 di Nightcall. Particolarità di questi titoli di testa è che arrivano dieci minuti dopo la sequenza mozzafiato iniziale: furto-fuga-inseguimento sulle strade di New York. Fantastico film con un'apertura altrettanto degna. E poi Gosling, perfetto uomo macchina silente: una bomba ad orologeria pronta ad esplodere con il suo giubbotto vintage.



Qui un bell'assaggio di titoli nella storia del cinema

lunedì 27 febbraio 2012

Restless (il dono e il peso della giovinezza)


Restless - L'amore che resta (nella solita traduzione italiana)

E' un terreno scivoloso e ipersfruttato quello in cui il cinema affronta il tema della malattia e del dolore causato dalla perdita delle persone care. Gus Van Sant fa tabula rasa dei luoghi comuni e dei film strappalacrime un tanto al chilo e con la sua sensibilità racconta una tenera storia adolescenziale, a tratti ironica e con una buona dose di humour nero, senza però minimizzare o banalizzare il dramma che incombe. La solita distribuzione carente mi ha fatto giungere tardivamente alla visione di questo film che vede come protagonisti Enoch (Henry Hopper, figlio del grande Dennis) e Annabel (l'australiana di origine polacca Mia Wasikowska).
Fin dai tempi di Drugstore Cowboy, sono merce rara la delicatezza e la lucidità con cui il regista americano riesce ad addentrarsi nel disagio giovanile, in questo caso funestato da traumi che lasciano profonde cicatrici nell'anima. E quando arriva la fine annunciata, le note di The fairest of the Seasons di Nico accompagnano il sorriso di Enoch, chiudendo con dolcezza questa ballata dark-romantica che celebra il trionfo dello spirito sulla precarietà della materia. (J. Mandelbaum)

mercoledì 15 febbraio 2012

The Artist: popular o radical chic?

Finalmente domenica sera sono riuscito a vedere nel mia piccola sala di periferia uno dei film più pompati del 2011.
Sto parlando di The Artist: del regista francese Michel Hazanavicius. Premiato e incensato per l'idea, al tempo stesso snob e coraggiosa, di girarlo muto e in bianco e nero? Probabile, in una certa misura, oltre al suo indubbio valore.
La trama è sostanzialmente un pretesto e l'esercizio di stile, inizialmente sorprendente, alla lunga annoia un po' diventando a tratti ripetitivo e autoreferenziale. Va beh, lui è bravissimo e alcune scene sono deliziose con omaggi intelligenti alla storia del cinema; esteticamente è impeccabile, ma da qui a dichiararlo un capolavoro c'è ancora qualche gradino da salire.
Direi un gradevole (e sincero?) omaggio al cinema muto; antidoto momentaneo all'inutilità invasiva del 3D.

lunedì 26 dicembre 2011

I dieci film più belli del 2011

Rispetto al 2011, negli anni passati mi sono occupato più spesso di cinema. Malgrado ciò non rinuncio alla solita classifica, anche perché se il tempo per scriverne come si deve non c'è più, non ho rinunciato a vedere quasi tutti i film che mi interessano o mi incuriosiscono (sia a casa che in sala).















10) This must be the place - Paolo Sorrentino

"Non sto cercando me stesso: sono in New Mexico, non in India." Cheyenne
... continua

9) Habemus Papam - Nanni Moretti
Abbiamo ancora registi come Moretti in Italia e teniamoceli bene stretti.
8) The tree of life - Terrence Malick
Full immersion nell'universo di Malick. Un poema sinfonico e maestoso, impossibile da raccontare; un profluvio di concetti e allegorie che annullano (e questo in parte lo considero un limite) qualsiasi stereotipo narrativo.
7) Miracolo a Le Havre - Aki Kaurismaki
Poetico, chapliniano; un blues sulla tolleranza e la solidarietà: il vero film di Natale.
“Tutto l'affare dei profughi è qualcosa di veramente deprimente con troppi finali tristi nella vita reale, così un'opera di fiction che tratta questo tema ha bisogno di almeno due lieto fine per creare una sorta di bilanciamento”
6) Carnage - Roman Polanski
Ottimo Polanski, direttore d'orchestra come sempre capace di esplorare le pulsioni più intime della animo umano con la giusta dose di raffinato cinismo... continua
5) Drive - Nicolas Winding Refn 
Destinato a diventare un cult.
4) Non lasciarmi - Mark Romanek
Si può fare fantascienza anche in assenza di effetti speciali, semplicemente partendo da un'idea di presente distopico sviluppata in maniera coerente ed originale... continua
3) Source Code - Duncan Jones
La conferma del figlio di Bowie, che dopo Moon si evidenzia come uno dei registi di fantascienza più interessanti del panorama attuale.
2) This is England - Shane Meadows
Storia di formazione ambientata nel 1983 nell'Inghilterra della Thatcher... continua
1) Il Grinta - Joel e Ethan Coen
Western. Jeff Bridges. F.lli Coen. Serve altro? ... continua

Visto in ritardo (nel 2012) una menzione speciale per L'amore che resta di Gus Van Sant.


Come da tradizione da quattro anni, il premio brush toilet:
L'ultimo dei templari di Dominic Sena (con Nicolas Cage).

martedì 1 novembre 2011

La noia, l'abbandono, il niente son la tua malattia

"Che sarà, che sarà, che sarà" mi chiedevo con curiosità mentre ammiravo le sublimi scene d'apertura in cui si esprime a pieno il genio visivo di Lars Von Trier: quadri onirici slow motion sulle potenti musiche di Tristano e Isotta di Wagner; ma qui c'era già tutto il film con tanto di spoiler pronto e servito.
A parte qualche sprazzo, il resto è un alternarsi di noia e nichilismo, pur inseriti in una splendida cornice pittorico-fotografica, nell'attesa dell'evento che porrà fine alle sofferenze di Justine (una malata/radiosa Kirsten Dunst), della terrorizzata sorella Claire (una sempre brava Charlotte Gainsbourg), dell'umanità e soprattutto dello spettatore. 

martedì 18 ottobre 2011

This must be the place: luci e ombre

La critica è stata divisa fin dalla presentazione a Cannes (ma perché far passare così tanti mesi per l'uscita?). Difficile eguagliare la genialità pop de Il Divo. In ogni caso, nel bene e nel male, una svolta per il cinema di Sorrentino. 

Lezione di makeup in ascensore















LUCI

I dialoghi pungenti e le battute fulminanti di Cheyenne:
Una rockstar non dovrebbe avere figli. Magari ti esce fuori una stilista strampalata.
Non sto cercando me stesso: sono in New Mexico, non in India.


L'originalità, l'eleganza estetica e la potenza visiva di Sorrentino (su questo fronte, in Italia nessuno come lui) totalmente a suo agio in situazioni e location nuove per il suo cinema.

La prova di Sean Penn:
La capacità di far vibrare e recitare ogni parte del corpo. Ottimi come sempre gli attori diretti dal regista napoletano.

OMBRE
Qualche deja vu di troppo sulla provincia americana.

Nei film precedenti il regista ci aveva stupito con colonne sonore eccezionali. Anche questa mi è piaciuta, ma siamo più nella normalità (quella forse a cui aspira Cheyenne).

Quello che ho indicato come un pregio rischia di diventare un limite, cioè il virtuosismo che sfocia in manierismo e la pretesa di rappresentare personaggi senza supportarli con un minimo di storia.

venerdì 14 ottobre 2011

This must be the day

Avere delle aspettative così per un film in uscita mi capita al massimo due, tre volte all'anno. Perché uno come Sorrentino che ha realizzato in maniera geniale un'opera "impossibile" come Il Divo, merita un'attenzione particolare. Per quanto mi riguarda, da L'uomo in più in avanti, è sempre riuscito a conquistarmi creando qualcosa che nel cinema in italiano non c'era.
E' stata dura, ma sono riuscito a non leggere quasi niente (il trailer mi è toccato vederlo al cinema).

A sinistra uno dei cento manifesti creati da studenti universitari e del liceo artistico al termine del workshop di creatività applicata tenutosi a fine settembre in occasione del trailer film fest.

domenica 18 settembre 2011

Massacriamoci così senza pudor

Carnage - Roman Polanski
Cadute le ipocrisie iniziali e il finto politically correct, due coppie riunite in un appartamento per appianare la lite violenta dei propri figli, si ritrovano a fare quello in cui la specie umana è altamente specializzata: cioè scannarsi.
Un unico spazio-tempo per un classico film di recitazione con quattro attori in forma smagliante. Sublime nella sua sgradevolezza Cristophe Waltz, scoperta di Tarantino in Bastardi senza gloria; fantastica Kate Winslet, che si conferma come una delle migliori attrici della sua generazione (nate negli anni '70); sorprendente John C. Reilly spesso utilizzato in ruoli secondari e qui messo nelle condizioni di esprimere il suo talento. Solo bravina Jodie Foster nel ruolo della piccola borghese buonista dalle ambizioni culturali frustrate, con una recitazione a tratti forzata specie nella seconda parte. Ottimo Polanski, direttore d'orchestra come sempre capace di esplorare le pulsioni più intime della animo umano con la giusta dose di raffinato cinismo. Ottanta minuti per otto euro (già scattato venerdì sera l'aumento dell'iva?) ben spesi. Finalmente si ricomincia ad andare al cinema. Cominciava a mancarmi.

sabato 3 settembre 2011

Quando i comunisti mangiavano le tagliatelle



Pasta Nera di Alessandro Piva è un documentario presente nella sezione controcampo a Venezia. E' la ricostruzione di  una bellissima storia di solidarietà tra Nord e Sud che ci ricorda che siamo (stati?) un grande paese. Nel dopoguerra (1947-1952), quelli che vennero soprannominati Treni della Felicità, portarono oltre 70.000 bambini dal Sud Italia presso famiglie di contadini e operai che avevano accettato di ospitarli in Emilia Romagna (in prima linea Lugo, Voltana e Massa Lombarda), Toscana e Marche. Arrivarono sporchi e denutriti da zone martoriate dai bombardamenti e dalle alluvioni, rimanendo per mesi e a volte per alcuni anni. Un'eccezionale rete di solidarietà che fu possibile grazie all'organizzazione del PCI di allora e dell'UDI. Il regista  ha rintracciato e intervistato alcuni di quei bambini ormai anziani. Racconta Luigina: Qualcuno mi aveva detto: "Andate in Alta Italia? Attenti che quando arrivate i comunisti vi trasformano in sapone".
Quei bambini invece furono vestiti, curati, sfamati a suon di tagliatelle e mandati a scuola. Altro che contributo di solidarietà! Alcuni sono poi restati in questi luoghi per sempre.

martedì 23 agosto 2011

This is England

Storia di formazione ambientata nel 1983 nell'Inghilterra della Thatcher; sullo sfondo l'assurda guerra delle Falkland dove il protagonista, l'adolescente Shaun, ha perso il padre militare. Il senso di appartenenza al gruppo; la società multirazziale inglese tra musica punk, ska e reggae; il sottoproletariato urbano tra cieli grigi e palazzoni e soprattutto la trappola del nazionalismo e del razzismo come riscatto sociale. Questi i temi di un ottimo film indipendente per la regia di Shane Meadows che con quattro anni di ritardo trova la sua distribuzione in Italia (pare il 26 agosto) dopo aver vinto il premio speciale della giuria al festival di Roma nel 2006 e il British Independent Film Awards. Prevedo che non sarà facile trovare una sala che lo proietti, perciò nei commenti la dritta.

lunedì 14 marzo 2011

Horror economy

Criticato ed elogiato in egual misura il Gioiellino, seconda opera di Molaioli dopo il buon esordio de La Ragazza del lago, ci racconta il baratro verso cui ci stanno portando le corporation e la virtual economy fatta di derivati, bond e grossi stronzi. Lo fa dall'interno mostrando l'implosione della cosiddetta sana provincia attraverso una delle sue aziende simbolo (Leda è il nome di fantasia con tanto di finto sito web) e soprattutto dei suoi dirigenti che coscientemente discendono tutti i gradini dell'abiezione morale mascherata con quei valori come lavoro e famiglia da sempre sbandierati pubblicamente per fottere meglio la gente e continuare a dividersi la torta con i politici e le banche. Raccontare una storia in relazione al crac Parmalat era sicuramente un'operazione difficile, che correva il rischio di cadere nella noia o nel didascalismo; il film invece scorre bene, dosando e sintetizzando in maniera convincente gli aspetti politico-economici che hanno caratterizzato la vicenda, compreso il richiamo ad un  personaggio alle cui barzellette bisogna ridere. 
Azzeccato il ripescaggio di Remo Girone, il vero personaggio horror, perfetto nel ruolo del patron perbenista, superficiale e provinciale, che se ne va in pellegrinaggio nel paese del papa con la moglie devota proprio mentre sta mandando in rovina migliaia di famiglie. Al suo fianco Toni Servillo nell'ingrato ruolo del cinico e  misantropo ragioniere, la vera mente diabolica del colossale raggiro. 

lunedì 28 febbraio 2011

Visioni - febbraio 2011













Il Grinta - Joel e Ethan Coen “Western. Jeff Bridges. F.lli Coen. Serve altro?” (momodarabia)
Quando ero bambino i western dalle mie parti gli adulti li chiamavano i caplo (in dialetto romagnolo i cappelloni) per indicare i cappelli a tesa larga dei cowboy. Ogni domenica pomeriggio nel cinema di fianco a casa mia c'era la doppia proiezione: sempre un western più un secondo film a scelta. Non posso dire di essere un appassionato del genere, ma avendone visti qualche centinaio, sono entrati a far parte del mio immaginario visivo con tutto il loro corollario di inseguimenti, duelli e vendette.
Non ho mai mancato un film dei fratelli Coen ed ero veramente curioso di vedere in che modo avessero  interpretato questo tipo di cinema storicamente legato a due filoni: uno classico e convenzionale, contrapposto a quello che a partire dall'inizio degli anni '70 è stato sottoposto ad un'opera di revisione con film come Piccolo grande uomo e registi come Peckinpah, Altman e Penn.
In questa prova i fratelli Coen hanno semplicemente deciso di rendere omaggio alla storia di un genere cinematografico senza la presunzione di stravolgerne i canoni, ma rispettandone la struttura stilistico-narrativa. Non si tratta però di un puro esercizio di stile, i due hanno impresso il loro marchio nei dialoghi (sempre fantastici e con lampi di humour nero); nel tratteggio di personaggi unici e indimenticabili come quello della ragazzina e del Grinta Jeff Bridges, (per citare solo quelli principali) e in un finale struggente e disilluso.
Personalmente preferisco i Coen più corrosivi stile Fargo, ma come è stato scrittoanche i punk e i dissacratori di professione arrivano ad un punto nella loro carriera (se vivono sufficientemente a lungo) in cui cantano Strangers in the night senza distorcerla e solitamente lo fanno bene. 
voto @@@@ su 5 (legenda nella barra a fianco)

ALTRE VISIONI
Un gelido inverno (Winter's bone) - Debra Granik @@@½
Il Cigno Nero - Darren Aronofsky  @@@½
Another Year - Mike Leigh   @@@
Il discorso del re - Tom Hooper  @@½ (pluripremiato e sopravvalutato)
Parto col folle - Todd Phillips  @@

venerdì 28 gennaio 2011

Never let me go

Never let me go (Non lasciarmi) - Mark Romanek  

















Kathy, Tommy e Ruth sono tre ragazzini che frequentano un elegante istituto nella campagna inglese alla fine degli anni '70. Fin dalle prime scene però si avverte qualcosa di strano: gli allievi non hanno cognomi e non esistono genitori (saranno orfani?); tutti indossano braccialetti con un sensore elettronico; girano inoltre macabre leggende su coloro che si sono allontanati dalla scuola. Ben presto scopriranno com'è stato pianificato il loro futuro.
Si può fare fantascienza anche in assenza totale di effetti speciali, semplicemente partendo da un'idea di presente distopico sviluppata in maniera coerente ed originale. E' il caso di questo film, tratto da un romanzo di Kazuo Ishiguro, dove il destino dei tre ragazzi (interpretati da Keira Knightley, Andrew Garfield e una superlativa Carey Mulligan) appare ineluttabile in un clima di (quasi) rassegnazione veramente desolante. Sullo sfondo uno società che si intuisce disumana ed egoista, sulle cui regole pochissimo ci è dato sapere. 
Il film ha aperto l'ultima edizione del London Festival e uscirà in Italia a fine febbraio. L'ho visto ieri sera in lingua originale e nonostante la mestizia che lo pervade, mi sento di consigliarlo.

Altre visioni di gennaio
Hereafter - Clint Eastwood    
Dallo space cowboy ci si aspetta il capolavoro, ma non sempre è possibile.

Tamara Drew - tradimenti all'inglese - Stephen Frears  
Commedia british diretta con stile, leggerezza e la giusta dose di humour nero.

Vallanzasca gli angeli del male - Michele Placido  
Ben riuscito il racconto delle vicende del nostro nemico pubblico con un ottimo Kim Rossi Stuart. Romanzo criminale resta un gradino sopra.

Che bella giornata - Gennaro Nunziante  
Si sghignazza per le gag scorrette e la simpatia di Checco e Papaleo. Poco di più.

Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti - A. Weerasethakul  
Film thailandese che ha vinto a Cannes 2010. Che cosa ci avrà visto Tim Burton (presidente di giuria) resta  un mistero che a noi umani non è dato conoscere. Lasciate ogni speranza (di capire) voi che entrate: definirlo ermetico è un eufemismo.

legenda
     

lunedì 17 gennaio 2011

Clint e l'aldilà

Lo space cowboy è tornato sulla Terra proprio con il suo film più ultraterreno: Hereafter.
Missione parzialmente riuscita.
Dopo aver girato capolavori come Mystic River, Gran Torino e Million Dollar Baby, Clint Eastwood ha firmato un film "normale". Forse l'abitudine all'eccellenza ha fatto sì che le aspettative fossero troppo elevate e di certo il tema dell'esperienza post-mortem è rischioso e supersfruttato. Il buon vecchio Clint è riuscito mantenere il controllo del timone grazie alle sue solide doti di regista senza però riuscire ad evitare del tutto qualche situazione scontata, anche a causa di una sceneggiatura abbastanza debole centrata su tre storie separate che, come si intuisce fin dall'inizio, andranno a congiungersi senza un vero collante ed in maniera forzata. In ogni caso lo stile e la classe con cui gira e sa dirigere i suoi attori fanno apprezzare anche questa sua ultima pellicola, nonostante l'assenza di quei momenti di indimenticabile cinema che spesso ci ha regalato. Da sottolineare infine l'esercizio di equilibrio grazie al quale sono stati evitati richiami religiosi o derive irrazionali.