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sabato 31 ottobre 2009

Beds are burning (Insalata spegnibronchite)


Qualche minuto fa ho fatto il mio giro quotidiano su VeganBlog e ho letto il post di Mariagrazia. Ho subito deciso di andare a leggere e ad ascoltare cosa ha da dire Kofi Annan... quanto mi piace! Mi ha sempre ispirato fiducia, ha un'aria da persona per bene; quando lo guardo mi vengono in mente una tazza di tè, la saggezza del silenzio e l'incalzante necessità (mia) di avere riferimenti affidabili.
Allora... il logo qui a fianco vi porterà ad ascoltare una canzone e un breve messaggio in inglese: stiamo giocando sporco con la Terra, che è poi l'unico pianeta che abbiamo; è arrivato il momento di agire... è per la Terra... è per noi! Prima che i nostri letti vadano letteralmente a fuoco. Troviamo una cura... prendiamo una posizione netta e diciamolo chiaro e tondo: così non ci piace e non va bene. Smettiamola di perdere tempo!
(Sembro un politico diplomato con ReadioElettra, vero?!).

TCK... TCK... TCK... il tempo passa.
Collegandovi al sito e scaricando la canzone (ovviamente gratis) farete un passo avanti. Ogni dowload vale come firma. Ogni firma aggiunta al mucchietto lo farà lievitare. La nostra voce. Un coro che a Copenhagen, il prossimo dicembre, non potranno non sentire. Non lasciamoli diventare sordi!!

INSALATA SPEGNIBRONCHITE


INGREDIENTI:
...un paio di pomodorini a cubetti
...mezzo finocchio a cubetti
...due foglie di cavolo rosso a cubetti
...un pezzettino di cipolla rossa a cubetti
...farro e cicerchie (precedentemente cotti, insieme, dopo ammollo, lunga cottura sorvegliata - non li voglio mollicci - in pentola di coccio, con foglia di alloro, spicchio di aglio, rametto di rosmarino e alga kombu) circa mezza tazza
...origano (rimasuglio dall'orto)
...maggiorana (come sopra)
...olio extravergine d'oliva
...sale alle erbe (a piacere)

QUALI SONO GLI INGREDIENTI SPEGNI-BRONCHITE?!
Finocchio: espettorante
Maggiorana: antibatterica, ricca di vitamina C
Origano: antisettico, antispasmodico con proprietà espettoranti
Cipolla di Tropea: ricca di flavonoidi e polifenoli (contro i radicali liberi... e contro le scorie da cortisone!) che in combinazione con il potassio e il ferro (che pure ci sono) favoriscono l'azione depurativa.
Cavolo rosso: anti-fatica, rinforza le difese immunitarie, depurativo, ricco di vitamina C, antibatterico e antivirale

sabato 22 agosto 2009

Smania di solitudine

"Mangio un poco di cena seduto alla chiara finestra.
Nella stanza è già buio e si guarda nel cielo.
A uscir fuori, le vie tranquille conducono
dopo un poco, in aperta campagna. (...)
"
(da Mania di solitudine, in Lavorare stanca 1936-1943, Einaudi 1998, pag. 27)

Piatto unico. Ingredienti per uno.
Lo dico senza timore di passare per asociale: la solitudine per me è una mania. Come quella (quasi del tutto passata) per le patatine fritte. Come quella per le sciarpe di qualsiasi tessuto, forma e colore. Come quella per i temporali estivi (avercene). Come quella per le conversazioni stimolanti. Come quella (temporanea) per 21 guns.

Quindi cena per uno. Che sarei poi io. Magari al buio (che tanto in estate il buio pesto mica esiste!). Se volessi, troverei davvero vie tranquille che conducono dopo un poco in aperta campagna. Ma il rifugio è dentro di me, non mi servono vie di fuga.

HUMMUS DI AZUKI

INGREDIENTI PER LA CREMA DI AZUKI:
(l'idea di base è che a parte la ricetta tradizionale con i ceci, potete fare hummus con qualsiasi legume cotto, magari variando un poco la nota acidula... il tipo di spezie e erbe usate e ne ricaverete comunque una crema spalmabile che è tanto più buona quanto più la lascerete riposare in frigo prima di spazzolarla via dal piatto)
- una tazza fagioli azuki (messi in ammollo quattro ore)
- una tazza e mezza di acqua
- qualche centimetro di alga kombu
(cuocere a fuoco basso fino a quando i fagioli saranno morbidi... diciamo 40 min. senza pentola a pressione; questo passaggio non è necessario se li avete in scatola: indubbiamente comodi...)
- la punta di uno spicchio di aglio tritata finemente
- un cucchiaio di succo di limone (o di aceto di umeboshi o di aceto balsamico di Modena)
- un cucchiaio di tahin (io proverei anche con la crema di altri semi oleaginosi tipo mandorle)
- poco sale
(frullare gli ingredienti insieme, aggiungendo acqua di cottura dei fagioli se necessario per ottenere una cream morbida, ma consistente).
LE CAROTE:
lavare e tagliare le carote a bastoncino.
INGREDIENTI PER IL PANE:
- 300 grammi di farina manitoba
- 100 grammi di farina integrale di farro
- acqua tiepida q.b.
- un cucchiano di malto di mais (o zucchero o altra sostanza dolce)
- un cucchiano di sale
- un cucchiaio di olio extravergine d'oliva
- lievito di birra (un terzo di cubetto o, se come me lo usate secco, un terzo di bustina)
(impastare gli ingredienti, tutti tranne il sale, in modo energico per una decina di minuti; far lievitare per mezz'ora al caldo... ora come ora ovunque! Impastare di nuovo aggiungendo il sale. Rimettere a lievitare per almeno quattro ore. Dividere l'impasto - io ho usato due stampi da plumcake usa e getta non molto grandi, ma va bene anche uno solo se grande - in modo che possa stare nello stampo occupandome meno di metà. Far lievitare una terza volta per un paio di ore. Infornare a forno freddo, con pentolino di acqua per garantire umidità in cottura, impostando una temperatura di 220° C per i primi 10 minuti, abbassando poi a 180° C per i successivi 20 minuti.)

giovedì 28 maggio 2009

Tazza del consolo

Ora avrei bisogno della tazza del consolo... in qualsiasi modo la si voglia intendere... conforto, annebbiamento, ristoro...

consolo m (pl: consoli)

  1. (obsoleto) consolazione, conforto;
  2. (antico) cibo preparato per la ristorazione del pellegrino o viandante;
  3. (regionale) cibo mandato per tradizione ai familiari del defunto per alcuni giorni dopo il decesso;
  4. (letterario) bevanda offerta al condannato a morte per annebbiarne la coscienza prima del supplizio:
Poche smancerie, lacrime private e difficili, continua sensazione di mancanza di equilibrio. Dopo due mesi difficili (per lui) e tormentati, martedì scorso è morto mio padre.
E adesso? Con chi litigo io? Un'amica, nel farmi le condoglianze, mi ha scritto questo: "Non so che rapporto avessi con tuo padre. Col mio non è mai stato ottimo, ma quando è stato male io ero a pezzi. C'è qualcosa di loro in noi che rende comunque lancinante qualsiasi tipo di separazione".
Mio Dio, sì.
Proprio così.
Così che ti asciughi: non mangi, non dormi, non parli.
Avrei potuto. Avrei dovuto. Avremmo... non avremo.

domenica 29 marzo 2009

Emerenc, la pasta e il cavolfiore (casualmente insieme, benché separati)

Io sono un tipo riservato. Molto. Raramente mi lascio andare a confidenze liberatorie o anche solo a minime aperture. Alcuni giorni fa, in un improvviso accesso di cemeratismo, ho sussurrato a un sodale: "Più un libro mi piace e più lentamente lo leggo (per farlo durare a lungo)". E' qualcosa che definirei vagamente patologico. Un attaccamento. Magari è una metafora del rapporto che più lungamente riesco a intrattenere!
Da qualche mese tengo sotto al cuscino La porta di Magda Szabo. Emerenc è la luce e l'ombra che governa ogni pagina, ogni gesto e ogni parola. Lo tengo sotto il cuscino e ogni tanto faccio marcia indietro di qualche pagina per rileggere alcune frasi. Sono determinata a farmelo durare a lungo.

Mi capita di fare così anche con il cibo. Se una pietanza è buona innesto la masticazione bradipo, passeggio le posate nel piatto per osservare, sentire e gustare meglio.
Mi capita di fare così con la pasta condita con il parmigiano fake (solo mandorle e sale finemente frullati nel mixer). Non disdegno di fare altrettanto con il cavolfiore arrostito.

CAVOLFIORE ARROSTITO
(PENNE VERDI CON PARMIGIANO FAKE SULLO SFONDO)

INGREDIENTI PER IL CAVOLFIORE ARROSTO:
un cavolfiore (ridotto in cimette)
il succo di un grosso limone
due cucchiai di olio extravergine d'oliva aromatizzato all'aglio (o uno spicchio d'aglio tritato)
sale (q.b.)
pepe di Szechuan (non è un vero pepe... è meno piccante e il suo retrogusto mi pare fresco, tipo limone o addirittura menta: da provare!)
PREPARAZIONE: riscaldare il forno a 220°; marinare brevemente le cime di cavolfiore nel succo di limone, olio aromatizzato, sale e pepe. Infornare e cuocere per 15/20 minuti (meno se il cavolfiore è molto tenero).




NB: le penne sono semplice pasta di semola agli spinaci, con il delizioso fake parmigiano. Come faccio a trovare deliziosi i fake? Boh, ho spirito di avventura... nonostante la strada nuova appaia sempre più impervia, magari oscura o di ripiego, mi racconto la favola e - incredibile - ci credo pure!

sabato 15 novembre 2008

Sostiene mia madre... (diario di una fedeltà)

...che farmi bere il latte da piccola era una impresa impossibile. Scalciavo e tiravo pugni, piuttosto di berlo e fui quindi addomesticata ad un rapido svezzamento a colpi di... minestrine! Trentasette anni fa esistevano di certo già omogeneizzati e creme per i neonati e sicuramente erano in vendita nel minuscolo negozio di quartiere che a me dal passeggino pareva un megastore, ma a nessuno degli adulti di casa venne in mente di interrompere le frugali tradizioni familiari. Rimaneva il dubbio su cosa infilare nell'imbuto, pardon, biberon alla mattina e alla sera. I pediatri allora erano conoscenti occasionali sprovvisti di tabelle zeppe di percentili ed io ero un bebè intollerante senza saperlo: non opponevo però alcuna resistenza per la più antica delle bevande. .
Ci ho messo molti anni prima di capire che il latte è per i vitelli (nel senso che ho a più riprese tentato l'avvicinamento ai latticini, mangiandone pure parecchi)... ma d'istinto capisco che il tè mi appartiene visceralmente. Governa i miei ritmi circadiani. Mi riscalda e mi rinfresca. Coccola quanto un abbraccio e... disseta!
Come capita per molte passioni, non vado tanto per il sottile. Certo mi piace buono. Mi piace assaggiare e scoprire nuove sfumature organolettiche; per molto tempo ho ordinato tè sfuso in quasi ogni parte del mondo. Ora come ora mi interessa principalmente berlo. Punto!
Esiste una forma di dipendenza dal tè?
Secondo me sì.
Secondo me io ce l'ho. Di brutto.
Uh, come me la godo!

Qualche tempo fa Twostella ha proposto un Afternoon Tea Award.


Partecipo volentieri, ma ammetto di aver interpretato (eh, ma va?!) a modo mio... cioè io non sono una da tè per le signore... "Non c'é cosa più delicata del complesso congegno che è una donna (vero però che pure gli uomini stanno ingarbugliati, sovente, NDS=nota dello scrivente; tratto da p. 209 di Tè & Tisane, 125 ricette di infusi caldi e freddi, Vallardi Ed.) (...)": io curioso fra fantastici banchetti per il tè delle cinque, bevo spesso tisane di ogni contenuto/consistenza, ma di fatto anelo solo una tazza di tè! Ho provato a pensare a cosa mi obbligherebbe un minimo di dovere di ospitalità, se non offrissi (come invece accade) sempre e solo tè... e questo è il risultato!

Allora per un tea time della pianura (con indicazione dei tempi di preparazione):
in primo piano: marmellata di albicocche (annata 2004!) della zia Vittorina, albicocche dell'albero del suo consorte, zucchero di canna integrale (metà peso rispetto alla frutta) e cottura nel Bimby (tempi di preparazione: tre minuti... apri barattolo, versa marmellata!) .. il contrasto con la piadina croccante e saporita è fantastico!;
dietro a sinistra: foglie di acero, fiori e sakura croccanti di piadina romagnola all'olio extravergine d'oliva (tagliata con stampini giapponesi; tempi di preparazione: dieci minuti per tagliare e tre per cuocere i fiorellini!)
davanti a destra: sandwiches (pane di segale con semi di sesamo e lino) con affettato di seitan e (pochissima) salsa di tahin e arame*;
Tè verde gunpowder (manca una tazza... la mia! L'ho bevuta di già...)


*tahin (crema di sesamo), un po' di acidulato umeboshi, alghe arame cotte in poca acqua senza sale aggiunto.

sabato 11 ottobre 2008

UJI CHASOBA (Cosa sono mai una voce, qualche parola e un grappolo di note...)


AGGIORNAMENTO (20 ottobre 2008) : con questa ricetta vorrei partecipare alla raccolta di Laura, perché ne apprezzo lo spirito e condivido le sue parole... "Adoro le ricette etniche e mi piace sperimentare nuovi gusti e scoprire nuove spezie, mi piace sentire nella mia cucina i profumi del mondo, mi sembra quasi di viaggiare!"

Solo una bella canzone del 1957 (musica di Dimitri Tiomkin e testo di Ned Washington). Qualcuno potrebbe preferire la versione del Duca Bianco oppure quella di quel simpatico decespugliatore che è oramai Geroge Michael (non l'ho trovata, peccato!)... o ancora quella di Barbra Streisand. Questa canzone è talmente bella che potrebbe cantarla anche paperino con la bocca piena

Wild is the wind

Love me love me love me
Say you do
Let me fly away
With you
For my love is like
The wind
And wild is the wind

Give me more
Than one caress

Satisfy this
Hungriness
Let the wind
Blow through your heart
For wild is the wind

You...
Touch me...
I hear the sound

Of mandolins
You...
Kiss me...
With your kiss
My life begins
Youre spring to me

All things
To me

Dont you know youre
Life itself

Like a leaf clings
To a tree
Oh my darling,
Cling to me
For were creatures
Of the wind
And wild is the wind
So wild is the wind

Wild is the wind

Wild is the wind

... ma Nina Simone la rende struggente!

UJI CHASOBA (soba al tè verde)
40 grammi di soba (cotta come da istruzioni, cinque minuti, aggiungendo acqua fredda a metà cottura)
due funghi shitake affettati (ammollati in acqua calda per un'ora)
qualche centimetro di alga dulse (ammollata per cinque minuti)
mezza carota a rondelle sottili
alcune foglie di cavolo cinese a triangoli
uno scalogno affettato
una piccola zucchina tagliata a metà e poi affettata
erbe aromatiche secche miste (un cucchiaino)
olio di sesamo spremuto a freddo
semi di sesamo decorticati
mezzo cucchiaino di miso (o salsa di soia o sale o brodo granulare)
PROCEDIMENTO: mentre la pasta cuoce, far saltare le verdure con l'olio e le erbe aromatiche; sciogliere il miso in poca acqua di cottura della pasta, versare sulle verdure, spegnere e mescolare. Scolata la pasta, aggiungere le verdure e il sesamo.


E a voi...
...quale canzone vi fa sentire
patocchi
(languidi, molli NDR)?!

venerdì 3 ottobre 2008

Sughi d'uva (e gh'ò 'na fâm ch-l'ée sèinza educaziòun)

La reggianità emerge nei momenti più impensati. Oggi, mentre stavo spiegando il dettaglio di una fattura, lo stomaco di un cliente affamato si è fatto sentire. Si è scusato in dialetto con un "l'è ora che... mettòm la pànza in perècol" (cioè che ci prepariamo a un lauto pranzo). Io ho subito pensato alla torta di bietole (erbazzone vegan) che ho preparato ieri sera e che mi sarei mangiata a pranzo; non immaginavo certo che l'ennesimo tocco reggiano si era nel frattempo materializzato sul tavolo della cucina per mano della zia Vitto. È una delle due sorelle di mia madre: come le sue sorelle non cucina, fa da mangiare. Benissimo. Quando dico che fa da mangiare intendo proprio che non spignatta per diletto (come molti di quelli che leggono i blog di cucina), bensì perché i famigliari hanno la malsana abitudine di sedersi con i piedi sotto il tavolo tre volte al giorno e s'aspettano primo, secondo, contorno e frutta. Fra le molte cose che prepara in maniera sublime ci sono i sughi d'uva... che mi aspettavano sul tavolo, appunto!

SUGHI D'UVA
DI ZIA VITTORINA













INGREDIENTI:
(proporzione fra mosto e farina)
un cucchiaio di farina bianca
un mestolo di mosto d'uva (si compra alla cantina sociale, ora!!)
PROCEDIMENTO: portare a bollore il mosto e schiumarlo. Spegnere e far raffreddare. Aggiungere la farina setacciata mescolando con una frusta e incorporare evitando i grumi... Rimettere sul fuoco, far bollire a fuoco medio per pochi minuti (quattro). Spegnere e versare in piatti fondi (o altro contenitore di ceramica). Si solidificherà diventando freddo.
Si conservano in frigo per una settimana... se non finiscono prima!

giovedì 18 settembre 2008

Under pressure... green tea only!

Ho la pressione alta.
Sarà causa del freddo improvviso vasocostrittore e ingolfante?

Sarà causa del mio smodato amore per il sale, i cibi salati e le costanti incursioni nel favoloso mondo delle patatine?
Sarà lo stress? (Ma quale?!)

Fatto sta che ora sono in difficoltà, perché nel mio immaginario gastronomico ci sono solo pietanze saporose, vivacemente inclini al sale di sodio dell'acido cloridrico. Al solo pensiero i battiti accelerano. Che schifo, sono schiava della gola e finirò all'Inferno come Ciacco, fiaccato da una pioggia battente a mangiar fango!
Data la mia non impossibile età, pare si possa riportare tutto sotto controllo con poco sacrificio: escludere il sale dalla mia vita. Almeno per un po'. Escludere il tè nero. Questo non è difficile, bevo mentre scrivo


Da tre giorni mangio insipido... risultato? Vita scipita, aria afflitta e pensiero costante, ossessivo, stupendo: voglio fare il bagno a bocca aperta nel Mar Morto!

Che fare per distrarre il flusso di coscienza che convoglia ogni anelito al salino?!

Potrei ricominciare a leggere, perché quando mi sento stimolata intellettualmente sono meno facile alle ossessioni della gola...
Ma non ho libri interessanti, cioè dovrei leggere qualcuno degli orfani di carta inchiostrata che ho incautamente acquistato di recente... li ho abbandonati in giro per casa - vicino al telefono, sulla mensola del camino, dietro il termosifone del bagno, sul tavolino accanto al letto, nel cruscotto della macchina, sotto il fornetto elettrico in cucina... - così che magari a furia di vederli finisce che li leggo, giusto per levarmeli dalle pa**e!)... ogni tanto funziona! Ho fatto fuori un acquisto incauto in vacanza, perché era il solo esemplare che avevo messo in valigia. Lo avevo comprato in primavera (se non ricordo male), perché mi era piaciuto il titolo: L'eleganza del riccio. Avevo letto subito i primi due capitoli (più e più volte, cercando di capire come mai l'autrice avesse così tanto bisogno di farci sapere quanto - effettivamente - sa di filosofia). ma lo avevo abbandonato, senza alcun senso di colpa sul tavolino accanto al letto. Il fatto che fosse accanto al letto non voleva dire nulla: i libri che sto effettivamente leggendo, di solito stanno sul letto o nel letto. C'è una bella differenza, capite bene. Lo avevo nascosto sotto l'incauto acquisto numero due (l'ultimo di Pulsatilla, comprato solo perché ha una copertina fantastica... ma questo, lo capisco ora dopo averne letto una decina di pagine, è il suo solo pregio).

(...?)

Ah, sì!
In vacanza ho poi letto (in due giorni) L'eleganza del riccio ed ho pensato... il romanzo si lascia leggere, ma a parte alcuni passaggi divertenti e ben scritti e la succulenta descrizione di una cena giapponese, non toglie il sonno. Poiché non m'ero portata altro e non avevo intenzione di comprare in loco (memore della marea di orfanelli sparsi per casa), ho accettato lo scambio con un romanzo di Fabio Volo, Il giorno in più. Ed ecco l'happy end: dopo averlo finito ho rivalutato il romanzo della Barbery!
Niente di personale... quello di Volo mi pare la rielaborazione (fatta da o con un buon editor, che a Mondadori certo non mancano) erotico-tormentata di un romanzo stile Harmony. Davvero esilaranti alcuni passaggi post-digestione che filosofeggiano di escatologia applicata al quotidiano. Per fortuna Volo è un uomo intelligente e, mi dico, scrive perché è importante segmentare e diversificare il proprio raggio di azione: in agricoltura la rotazione delle colture ha permesso notevoli sviluppi... nella qualità e nella quantità!

Qualche volta in vacanza m'è andata molto meglio: otto anni fa giravo Lisbona leggendo Viaggio in Portogallo di Josè Saramago, mi ubriacavo delle sue parole, i portoghesi mi parevano tutti belli in modo sinistro e mangiar nulla per una settimana contribuì a creare una sorta di estasi mistica (era la fame!?) che ancora mi attanaglia quando penso a quella città.
I paragoni rientrano nell'insieme concettuale dei giudizi? Se è così mi asterrò dal continuare...
Vi esorto solo a leggere le parole di comprensione che Saramago spende per l'italico popolo di elettori... fra un sillogismo e una simpatica pugnalata al nostro amor proprio collettivo!

giovedì 21 agosto 2008

Comunicazione di servizio (On a brief Vacation!)


Prendo in prestito Clothes for a Holiday, una foto di Don Honeyman del Luglio 1951, per salutare quanti passeranno da Tre colombe in testa mentre io mi rifugio fra le frasche.
A presto!

venerdì 1 agosto 2008

I numeri della via del rifugio - civico zero

Qualche mese fa lessi con interesse un post di Fiordisale, donna decisamente sprovvista di peli sulla lingua, arguta commentatrice di italici imbrogli quotidiani e cuoca onnivora curiosa, precisa e ricca di fantasia. Detta così pare senza difetti: ora, per amore di precisione, aggiungo che non la conosco poi tanto, che quanto detto sopra è frutto solo della mia percezione di lei. Io ho costruito dei significati intorno a quanto ho esperito passeggiando nel suo blog in questi mesi.
Leggetevi il suo post e, se non avete comprato il libro di cui parla, fatelo.
Come?! ...io l'ho letto? Beh, non ancora. Ecco, non l'ho nemmeno comprato, ancora.
Però parla di numeri, argomento che vorrei brevemente trattare in questo post...
Conoscete un minimo di inglese?
Bene! Allora dedicate tre (numero perfetto) minuti a questo test...
NB: io sono uno zero! Ma l'ho presa bene...



I am
0
I am nothing

_

What number are you?

This quiz by ORSA

sabato 12 luglio 2008

L'ossessione... quando tutto il resto fila liscio e il farlocco sale in cattedra.

Proteine (oggi).
I vegetariani e i pari loro rischiano quotidianamente di assumere una quantità insufficiente di proteine. O se vanno bene come quantità sono povere dal punto di vista nutrizionale.
Mi sento ripetere questa solfa una volta di troppo ogni giorno.
In linea di massima non ho nulla contro la ripetizione: coadiuva l'apprendimento di una nozione, fissa un movimento mentre impari un passo di danza, insomma repetita iuvant! Non provo fastidio verso chi la pensa diversamente da me: ho l'ingenua convinzione che le differenze arricchiscono, guarda un po'!
Però, uffa, in cattedra c'è quotidiano sovraffollamento, mentre io esigo di rimanere al mio banco e imparare (eventualmente sbagliare, reato depenalizzato nella sempre magnanima Italia).


Prendo in prestito E lasciatemi divertire da Palazzeschi (L'incendiario, 1910)... immaginate che all'Io poetico venga sovrapposto il libero arbitrio proteico (costrutto che ancora non si è laureato tropo letterario) e rimanga invece immutato lo scetticismo del pubblico:

Tri, tri tri
Fru fru fru,
uhi uhi uhi,
ihu ihu, ihu.

Il poeta si diverte,
pazzamente,
smisuratamente.

Non lo state a insolentire,
lasciatelo divertire

poveretto,
queste piccole corbellerie
sono il suo diletto.

Cucù rurù,
rurù cucù,
cuccuccurucù!

Cosa sono queste indecenze?
Queste strofe bisbetiche?

Licenze, licenze,
licenze poetiche,
Sono la mia passione.

Farafarafarafa,
Tarataratarata,

Paraparaparapa,
Laralaralarala!

Sapete cosa sono?
Sono robe avanzate,
non sono grullerie,
sono la... spazzatura
delle altre poesie,


Bubububu,
fufufufu,
Friù!
Friù!


Se d’un qualunque nesso
son prive,

perché le scrive
quel fesso?

Bilobilobiobilobilo

blum!
Filofilofilofilofilo
flum!
Bilolù. Filolù,
U.

Non è vero che non voglion dire,
vogliono dire qualcosa.
Voglion dire...
come quando uno si mette a cantare
senza saper le parole.

Una cosa molto volgare.
Ebbene, così mi piace di fare.

Aaaaa!
Eeeee!
liii!
Qoooo!
Uuuuu!
A! E! I! O! U!
Ma giovinotto,
diteci un poco una cosa,

non è la vostra una posa,
di voler con cosi poco
tenere alimentato
un sì gran foco?

Huisc... Huiusc...
Huisciu... sciu sciu,

Sciukoku... Koku koku,
Sciu
ko
ku.

Come si deve fare a capire?
Avete delle belle pretese,
sembra ormai che scriviate
in giapponese,

Abi, alì, alarì.
Riririri!
Ri.

Lasciate pure che si sbizzarrisca,
anzi, è bene che non lo finisca,

il divertimento gli costerà caro:
gli daranno del somaro.

Labala
falala
falala

eppoi lala...
e lala, lalalalala lalala.

Certo è un azzardo un po’ forte
scrivere delle cose così,
che ci son professori, oggidì,
a tutte le porte.

Ahahahahahahah!
Ahahahahahahah!

Ahahahahahahah!

Infine,
io ho pienamente ragione,
i tempi sono cambiati,
gli uomini non domandano più nulla
dai poeti:

e lasciatemi divertire!

Ecco, mi sento molto meglio! In effetti, un testo poetico può avere utilizzi pratici diversi da quelli tradizionali... È possibile curarsi con la poesia! Lo ha dimostrato "l'Università del Progetto", qualche anno fa: alcuni testi poetici possono avere effetti terapeutici. A questo scopo sono state messe in vendita delle "confezioni" (scatole, come quelle dei medicinali!)... il nome del prodotto è il titolo della poesia, vengono poi indicati la composizione (quante strofe e che tipo di versi), le indicazioni terapeutiche, dosi e modalità di impiego, controindicazioni e avvertenze. Fra i titoli ricordo Il bove (carducciano rimedio emetico, ripetuta ossessione scolastica...) e La quiete dopo la tempesta (ansiolitico, da declamare ad alta voce prima dei pasti principali!).

Ecco perché io ogni tanto ho bisogno di Palazzeschi! Poi, per tacitare eventuali dubbi sul corretto apporto proteico...


INSALATA TIEPIDA DI ORZO CON FUNGHI E LENTICCHIE

INGREDIENTI:
mezzo bicchiere di orzo piacentino
due funghi shiitake
una manciata di porcini
un piccolo scalogno
dado vegetale in polvere (o simile, comunque senza grassi aggiunti)
qualche centimetro di alga kombu (NB: la mia tiroide è a posto!)
due bicchieri di acqua
la punta di un cucchiano di miso d'orzo (opzionale)
prezzemolo
olio extravergine d'oliva
PREPARAZIONE: mettere in ammollo i funghi in mezzo bicchiere di acqua con la kombu (almeno mezz'ora). Lavare accuratamente l'orzo, affettare lo scalogno e il prezzemolo. Far rosolare alcuni istanti lo scalogno in olio caldo, aggiungere i funghi e la kombu tagliati a listarelle (la kombu può essere lasciata intera e tolta a fine cottura), aggiungere il dado e mescolare, aggiungere l'acqa di ammollo dei funghi e lasciar cuocere a fuoco basso per cinque minuti. Aggiungere l'orzo e il bicchiere e mezzo di acqua rimasto. Cuocere a fuoco basso fino a cottura ultimata (circa trenta minuti). Aggiungere il prezzemolo e il miso stemperato in un cucchiaio di acqua. Spegnere e mantecare aggiungendo poco olio (se avete avuto il braccino corto all'inizio). Lasciar intiepidire...

martedì 27 maggio 2008

Pizzette di melanzane














Ho cucinato la prima melanzana dell'anno. Dichiara di essere Bio. Ovviamente sarà di serra. Beata lei! La serra è un ambiente protetto nel quale si germoglia e si cresce senza grossi traumi (me lo ha raccontato uno zucchino obeso, duro e verde come il marmo del Guatemala). Ormai c'è la corsa del mercato lieta di istituzionalizzare l'ossimoro della verdura bio disponibile tutto l'anno... la potremmo chiamare S-bio: è super biologica, cresciuta sotto un telone di plastica bio ricavata dal mais. Se farà tanto di passare la moda del verde, potremo tornare alla stagionalità dei prodotti lasciando che siano gli spagnoli a mangiarsi le nespole a marzo!

Mi piace la pizza. Uno dei primi post che ho inserito nel blog riguardava proprio lei.
Mi piace la pizza.
Mi piace il pane-pizza.
Mi piace la pizza-piadina.
Mi piace la pizza-melanzana.
Quando ci vuole ci vuole... la pizza! E se non ho tempo o voglia di impastare (capita piuttosto di frequente...) me la invento!

Ingredienti
una melanzana s-bio
passata di pomodoro
origano
olive verdi e carciofi alla brace (sott'olio)
cipolla bianca a fettine

Procedimento
Accendere il forno a 220°C. Tagliare a fette di un paio di centimetri la melanzana (se è giovane e se siamo all'inizio della stagione calda non la cospargo di sale) e metterle sulla teglia foderata di carta da forno. Fare un battuto con un paio di carciofi e le olive verdi. Spalmare un cucchiaio di passata di pomodoro su ogni fetta di melanzana, aggiungere un cucchiaino di battuto di olive e carciofi (tutte tranne tre, sulle quali ho messo la cipolla) e l'origano. Infornare e cuocere per quindici o venti minuti.

Le melanzane sono versatili e ragionevoli... si prestano tanto a preparazioni succulente e condite, quanto a ricette leggere o anche dolci... come ho scoperto leggendo qui!

martedì 13 maggio 2008

Fra meme e voi...

Vi preavverto: non ho nulla di sorprendente da confessarvi, tranne forse il fatto che ho il callo dello scrittore (mica quello dell'autore di novelle, romanzi e compagnia briscola) da quando ero alle elementari, per via del modo col quale tenevo (saldamente) la matita, quasi fosse una bacchetta dai poteri magici, una cosa da non perdere... si tratta di una piccola protuberanza nella falange ungueale del dito medio. Ecco, l'ho fatto! Mi sento molto meglio ora che ho confessato questa cosa... Ma Silvia


e Mattop




mi invitano ad un meme, le cui regole sono le seguenti:

REGOLAMENTO DEL MEME:

  1. Indicare il link di chi vi ha coinvolti > see above!
  2. Inserire il regolamento del gioco sul blog > what are you reading right now?!
  3. Citare sei cose che vi piace fare e perché > e qui ti voglio...
  4. Coinvolgere altre sei persone > ancora più difficile... non me ne vogliano i prescelti... Acquacotta (cicciuzza), Mishuku, Vauxhall & Mornington (Zazie vale per tre...!), I pasticci di Memole (mikamarlez) e Zenzero (marcella, caravaggio e tutte le sue tantissime personalità)
  5. Comunicare l’invito sul loro blog > lo faccio... sìsì, giuro... solo un attimo!
Mi piace...
... dormire tantissimo e andare a letto presto (sono antica come i mestoli di legno, capisco il vostro disappunto, ma a me me piasce!) e poltrire beatamente;
... leggere Mafalda
... avere ragione, ma essere capace di ammettere di aver torto (è il pendolarismo delle idee e delle opinioni, fatto salvo che in alcune occasioni è inutile incaponirsi con la traduzione i metri lineari degli orizzonti di colpe, torti e accidenti vari)
... sapere di non conoscere (mi sento come un vaso di terracotta - bucato sotto - quello che imparo non ristagna e invece di invecchiare acquistando conoscenza mi pare di sapere sempre meno... ciò non mi atterrisce più! È come avere una stanza in casa che non si riempie mai; nella quale, per quanta roba imboschi, c'è sempre spazio...) ed essere quindi obbligata a continuare a leggere
... ascoltare i vecchi (non ho avuto la fortuna di conoscere i miei nonni, quindi li ho sempre cercati in tutti gli anziani che incontro)
... mangiare poco (cerco di non "vivere per mangiare, ma mangiare per vivere", senza rinunciare però a sperimentare, mescolare e cercare nuovi sapori).

NB: ottempero al meme solo in parte... di solito non partecipo alle catene... diciamo che in questo caso limito arbitrariamente il numero delle persone alle quali lo giro. Potevo aggiungere che fra le cose che mi piace fare... to cheat?!

sabato 10 maggio 2008

Cime di rapa arrabbiate e biscotto di grano duro (in allegato: "La mia scoperta del meraviglioso mondo di Plantae")

Trenta anni fa il cesto delle verdure della casa vicino al boschetto era costituito dai soli quattro cavalieri della tavola rettangolare (la quale meriterebbe un post a parte per i terribili segreti del suo antro-tascapane): patata, cipolla, cavolo verza e zucchino. Ogni tanto facevano la loro apparizione vegetali esotici come la regina dei ghiacci e i peperoni cornuti, ortaggi verdi, sottili e amari come il peccato. Qualcuno ancora mi domanda come mai sono diventata vegetariana... il fatto è che in quarta elementare seguii contemporaneamente due corsi pomeridiani (il nostro dopo-scuola, facoltativo e molto creativo grazie a maestri fantastici, era nel mio caso un obbligo perché i miei lavoravano): giardinaggio-orticultura e cucina. Ero già una orticultrice in erba, perché la mia amica del cuore ed io zappavamo con zelo da quattro primavere un quadrato del suo giardino, di un metro per un metro, per poi piantare i semi di carote e prezzemolo educatamente estorti ai vicini. I raccolti sarebbero di certo stati migliori se avessi scelto giardinaggio in terza (avevo invece scelto falegnameria)... nonostante le attenzioni e la cura costante, Elisa ed io arrivammo a stento a raccogliere ciuffi di carote. Andò meglio a scuola. Al corso di cucina imparammo a
  1. aprire il vasetto dei capperi e delle olive
  2. bucare il tubetto di maionese
  3. tagliere in due le fette di pancarré
  4. sminuzzare il tonno (U., la maestra, ci disse che quello in vetro è meglio e che tanto più rimane nel vasetto tanto migliore sarà il suo sapore)
per preparare le tartine (lo avevate già capito, vero?! Vi sottovaluto sempre...) per la festa di fine anno scolastico.
Non avevo mai mangiato olive o capperi e lo confidai alla maestra. U. era (è...) una donna fantastica... sobria e silenziosa, determinata e affettuosa... non credo di esagerare se dico che una delle più grandi fortune della mia fortunata infanzia è stata averla accanto per cinque anni... alla mia rivelazione replicò con un incredulo: "Non hai mai mangiato capperi?".
Ora, siamo in Emilia, nemmeno in città a dire il vero (e lei è spezzina di origine). Nel Millenovecentoottanta in Italia la tv trasmetteva a colori già da un po', ma a casa mia era ancora in bianco e nero; la crisi petrolifera era appena dietro le spalle; la spesa si faceva alla Cooperativa (ora coop) e il tonno io lo vedevo solo al banco dei salumi-formaggi, accanto allo sgombro, dentro a latte che mi parevano enormi. Naturalmente i miei compravano lo sgombro. Ovviamente i capperi non appartenevano al nostro lessico familiare. Eravamo indrée come la còva dal nimèl*. U. mi regalò un vasetto di capperi e inizio a snocciolarmi un intero alfabeto di verdure.
Parafrasando Middlesex potrei dire "Io sono nata due volte...", non vorrei sembrarvi una romantica del cavolo, ma esistono davvero un prima e un dopo la scoperta del cappero... Molte cose sono cambiate: molti dei colleghi dei miei genitori venivano da altre regioni d'Italia, un fratello di mio padre sposò una leccese, un fratello di mia madre una salernitana ed io cominciai ad insistere per allargare il parco dei moschettieri assisi alla tavola rettangolare. Una delle mie più recenti conquiste è frutto della casuale osservazione del panorama: una decina di anni fa mi accorsi improvvisamente che i prati non coltivati cambiavano colore... fiorellini gialli ovunque dopo i fiori azzurri del radicchio













ed erano i fiori di piante commestibili!
Molte delle persone che si erano trasferite da regioni del sud sentivano la mancanza di prodotti che non trovavano nei vari supermercati: c'erano frequenti viaggi di camioncini che tornando dalla Sicilia o dalla Campania portavano mozzarelle di bufala, broccoli, tropea... molti degli acquirenti erano colleghi di mia madre. Alcuni prodotti però erano meno trasportabili di altri così iniziarono le coltivazioni di ortaggi diversi negli orti locali. Le cime di rapa trovarono subito terreno fertile! Adesso non è davvero più un problema trovare ogni bendidio al supermercato (per fortuna), ma i fiori delle cime di rapa tornano, ogni anno, a ricordarmi di come è bello mescolarsi, conoscere e condividere!

Cime di rapa con frisella di grano duro e mais

Ingredienti:
... una frisella di grano duro e mais bagnata velocemente con poca acqua tiepida
... moltissime cime di rapa e foglie tenere lavate
... aglio e peperoncino a piacere o condimento ayurvedico con undici ingredienti
... un cucchiaio di olio extra vergine di oliva
... sale
... acqua
Procedimento: in una capiente padella, far stufare le cime con un mestolo di acqua (quella che rimane dopo la lavatura non è sufficiente) uno spicchio di aglio in camicia e un peperoncino intero per dieci o quindici minuti a fuoco bassissimo e con coperchio. Trascorso il tempo necessario alla cottura aggiungere il sale (togliere aglio e peperoncino) e l'olio, mescolare e lasciar riposare coperto per alcuni minuti. Impiattare la frisella, irrorarla con il fondo di cottura delle cime e ricoprirla poi con le stesse (per me mai troppe!). Aggiungere il condimento ayurvedico per profumare e colorare il piatto.

(*indietro come la coda del maiale)

domenica 4 maggio 2008

Tricarico, popcorn con lievito e Middlesex

Niente di nuovo: Tricarico piace a molti; il pop corn con il lievito alimentare credevo sul serio di averlo inventato io e, invece, scopro che gli americani sono arrivati prima, perché sul pop corn mettono quasi ogni cosa dolce, salata, amara o speziata; "Middlesex" è stato premio Pulitzer nel 2003... Avrei voluto inserire l'ultimo video di Tricarico, perché, pare, la procedura di condivisione è talmente semplice che persino un moscerino della frutta potrebbe facilmente eseguire i vari passaggi senza uscire dalla mia compostiera. Ah, ma noooooooooo! Non è possibile incorporare il codice... allora ripiego con questo...!




(Comida, grazie della segnalazione circa il non funzionamento del link!)

Sono quasi sicura che non ci sia alcun bisogno di raccomandavi di non fermarvi mai alle apparenze... e sono anche certa che tutti voi sapete fare dell'ottimo pop corn senza bisogno di mie indicazioni.

martedì 29 aprile 2008

Ode al perito...

ODE AL PERITO
"T'aspetto...
come lo Scuropasso,
il Malone e il Sangone,
l'Agogna, il Grana del Monferrato,
l'Orco e mill'altri attende
il grande fiume impetrato."






(ANSIA)- IT, 28 Aprile - Ieri alle quattordici e trentacinque Claud ha ricevuto un inatteso regalo di compleanno... è arrivato a novanta all'ora e si è fermato sull'angolo posteriore destro dell'auto (ho un frisée di nervi che mi brulica fra le scapole). Quasi illesi i passeggeri, offesa l'auto, vibrante la conducente.



Ho ragione io: dopo i diciotto non vale più la pena festeggiare il compleanno...



Sono certa che, in barba alle mie più nere previsioni:
verrà (presto) il perito ed io riavrò l'auto...
(la foto viene da internet, non ricordo dove l'ho presa, ma la trovo azzeccata)

mercoledì 9 aprile 2008

Pane del libero pensatore e cibo della consolazione

Io penso.
Penso. Ehm... Autonomamente.
Però poi trovo ricette su altri blog e cambio idea... volevo andare a comprare il pane, sabato, invece l'ho fatto! Non sono ancora pronta per il pane in cassetta... nemmeno per le brioches all'uvetta (se conoscete una ricetta senza latticini suggerite!)... però sto elaborando un cous-cous!

Ingredienti:
250 gr di manitoba
150 gr di farina di farro integrale
100 gr di fiocchi d'avena piccoli
3 cucchiai di miglio
5 gr di lievito secco (mastro fornaio, sz "ammollo")
1 cucchiaio di malto di mais
300/350 gr di acqua tiepida
1 cucchiaino di sale fino
1 cucchiaio di olio extravergine

Spiegazione: mescolare le due farina e fiocchi d'avena, aggiungere sale e mescolare. Aggiungere lievito, olio e malto. Aggiungere l'acqua poco alla volta e lavorare (io uso un rudimentale sbattitore/impastatore utilissimo all'uopo) per 8/10 minuti (se non fonde lo sbattitore...). Fare una palla con l'impasto, inciderla a croce e mettere a lievitare coperta con pellicola alimentare per quattro ore. Riprendere l'impasto e aggiungere il miglio, impastare di nuovo velocemente con la tecnica "vieni qui-vai via" che si usa anche per la sfoglia all'uovo. Rimettere a lievitare in luogo caldo fino a quando non raddoppia di volume.
Cuocere in forno preriscaldato a 200°C per 40 minuti (mettere in forno anche un pentolino con acqua, che manterrà umido l'ambiente: il mio forno è ventilato... l'acqua aiuta!).
Si tratta di un pane rustico con una crosta di spessore (cronch-cronch).

CIBO DELLA CONSOLAZIONE
(meme epidemico al quale mi invita una gallina divertente)
Non sono molto brava a parlare di consolazione (nemmeno poi tanto a parlare di cibo, ma mi diverto!), però ho le idee chiare al riguardo:
  1. Patatine fritte... (Thanatos e Ifestus) quando ero piccola nascondevo la passione dietro all'alibi delle sorpresine contenute nel sacchetto... e delle sorprese non mi importava nulla... ora le mangio quando ho mal di testa, quando non ho voglia di cucinare, quando sono tristissima e quando sono tanto allegra, quando ho paura e quando tutto mi sembra insignificante
  2. Riso integrale... (Eros e Cronos) è il contrappunto ideale alla trasgressione e rappresenta la regola. Il riso per me è programmazione e cura (va messo in ammollo, cotto a lungo), mi aiuta a dare un senso allo scorrere del tempo... ad avere pazienza
  3. ... la purezza, il pensiero... ho smesso di bere latte subito dopo lo svezzamento... il tè è stato la mia balia, il mio liquido consolatore. Non è un alimento, ma per me lo è: niente mi regala maggiore serenità, calma e lucidità di propositi.
Un nonnulla ci consola, perché un nonnulla basta ad affliggerci... non ricordo le parole esatte, ma ricordo che l'autore è Blaise Pascal. Il cerchio si chiude: ho iniziato il post affermando che penso (scelgo e, ogni tanto, panifico) e lo chiudo con il mio tris della consolazione.
Passo questo meme a una persona unica...

giovedì 3 aprile 2008

Riso?!

Beh... ogni tanto sono un tipo ripetitivo. Ogni tanto mi dimentico di andare a capo. Ogni tanto mi si disattiva il cervello e gli occhi gli trasmettono immagini che per lui non possono significare: occhio e cervello si comportano (in this case) come alcune mie colleghe... una percepisce ma non significa... un'altra significherebbe, ma non percepisce... tilt della comunicazione. Ogni tanto, dicevo, fantasia e capacità di immaginare mi abbandonano lasciandomi temporaneamente incapace di creare. Ogni tanto quindi mi metto a svuotare sistematicamente tutto il reparto "penne" e mangio solo quel tipo di pasta fino ad averla finita. Ogni tanto mi consolo raccontandomi che si tratta di bisogno di space-cleaning: fisico e mentale; allora mastico il boccone del consolo e mi faccio i complimenti per come riesco a complicare le cose semplici.

Ogni ogni tanto scritto sopra era per perorare la causa della settimana del riso. Ancora una ricetta con riso (infatti!). Tre risi per la verità: riso baldo integrale + riso rosso selvatico integrale + riso nero selvatico ammollati alcune ore poi cotti con asparagi.

Ingredienti:
1/2 bicchiere di riso misto (ammollato come al solito)
1 + 1/2 bicchiere di acqua
sale
un grosso mazzo di asparagi tagliati a tocchetti lasciando le punte un po' lunghe
tekka*** (facoltativa, utile per chi non mangia formaggio)

Svolgimento: mettere sul fuoco il riso e tutta l'acqua e portare a bollore lentamente; dopo dieci minuti di cottura (a fuoco bassissimo con coperchio) aggiungere gli asparagi e il sale (o il dado o altro insaporitore o esaltatore di sapidità). Continuare la cottura per altri venti minuti controllando che l'acqua non evapori del tutto. Impiattare. Aggiungere sul piatto un po' di tekka***.

TEKKA (?!): è un condimento giapponese - ricco di minerali e vitamine - il cui nome significa "radice di ferro"; viene prodotta con carote, bardana, radice di loto, hatcho miso, radice di zenzero e olio di semi di sesamo lungamente cotti e macinati. Ha un sapore forte e salato; è energizzante e riscaldante.

Poiché la moderna alimentazione ci fa spesso esagerare con i cibi raffinati, i grassi e (spesso a causa di diete con nomi sostantivanti) le proteine, è bene organizzarsi un minimo istituendo magari il "whole-eating" day: traduzione in dialetto reggiano "incòo magnòm intregreel", giusto per ristabilire la via del rifugio. In questa direzione la tekka è un valido aiuto (ogni tanto a piccolissime dosi, vale il principio di non esagerare nemmeno nell'estremismo salutistico, che poi si corre il rischio, come dice mia zia Nella, che scampiamo tutti e ci viene del fisso).

giovedì 13 marzo 2008

Beta vugaris

La barbabietola è una pianta del genere Beta, che appartiene alla famiglia delle Amaranthaceae: è una pianta erbacea, con le foglie (che non ho mai visto) a forma di cuore, il cui "frutto" consiste appunto nelle barbabietole, radici commestibili amate o odiate. Raramente appena tollerate.
Tre giorni fa ho letto una notizia su Ansa.it che mi ha un po' confusa e un po' allarmata: pare che chi apre un blog su intenet lo faccia per sentirsi meno isolato, più collegato ad una comunità (per quanto virtuale) e quindi più soddisfatto di sé. Lo afferma un'indagine della Swinburne University of Technology di Melbourne: tenere un blog sarebbe un po' come scrivere un diario, che però è privato, mentre il blog prevede la possibilità di un feedback da parte di terzi, la comunità virtuale.
Non ho potuto esimermi da considerare e domandarmi: perché ho iniziato a scrivere Tre colombe in testa?!
Ora... se era la solitudine a muovermi, non ho risolto molto: non lo leggono nemmeno i miei amici reali!

La comunità esiste, anzi ne esistono molte: anche solo all'interno della macro categoria dei food blogger, c'è una pletora di sotto categorie; l'appartenenza ad una potrebbe escludere da altre?! Non ci sono tessere, non ci sono partiti, mi pare...

E se fosse invece che anche gli adulti hanno bisogno di giocare? Di iniziare cose nuove per non morire di noia (salvo poi abbandonare se si annoiano del nuovo che doveva salvarli dalla noia?!)?

L'effetto comunità autoreferenziale o anche incontri da mercato virtuale sono fenomeni possibili nel mondo dei blog: riflettevo in questi giorni sul simpatico virus barbabietola che ha contaminato vari bloggers... un virus stagionale, certo: si va dal bortsch al nudo dello stesso autore, al cubismo solido, dalla maionese impazzita al travestimento linguistico (per i francofobici come me) di julienne varie... e qui mi fermo con un'improvvisa voglia di rape, barbabietole o altro della famiglia.

sabato 16 febbraio 2008

El corazón tiene tres puertas

Il tre è un numero speciale, non perché lo dico io... Dante Alighieri struttura la Divina Commedia sul numero perfetto e i suoi multipli, ciò che vediamo del mondo è a tre dimensioni (altezza, larghezza e profondità), è un numero associato alla conoscenza. È un numero magico...
Le tre porte del titolo di questo post sono tre cd (due audio e un dvd) di Dulce Pontes, cantante portoghese con una voce incantevole. Mi piacciono i cantanti cui il destino benevolo ha regalato qualcosa più di un paio di pliche vocali. Lei è una fra quelli che ascolto sempre con rinnovata meraviglia. Comprai il primo disco per caso, più per il colore della copertina che per altro (lo faccio anche con i libri...). Non ho più smesso di ascoltare quel disco (che fra i suoi è quello che preferisco).
Non avevo mai sentito il Fado, prima di allora. Fu una scoperta emozionante che allertò la mia curiosità... aprì una porta su un paese del quale non conoscevo nulla... iniziai a cercare libri di scrittori portoghesi.
Non mi era mai capitato prima di desiderare di fare un viaggio per sentire da vicino l'atmosfera di una città e dei suoi quartieri, per vivere e respirare anche io tanta intensità emotiva (a costo di farmi dei nemici: meglio il disco che le parodie di portoghesità che ho visto a Lisbona, avrò sbagliato itinerari?!).
El corazón tiene tres puertas, per ora è come uno sconosciuto con il quale tento di fare amicizia, lo guardo e lo ascolto aspettando che la magia arrivi...