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Sfasciacarrozze prendono fuoco? Tutto il problema degli sfasci a Roma spiegato bene

2 giugno 2017
Quello degli sfasci e gli autodemolitori è un cancro romano di cui troppo poco si parla. Salvo, ovviamente, quando qualche disastro capita come è occorso ieri in Via Battistini con uno sfascio collocato nel bel mezzo di palazzi e appartamenti ha preso fuoco o è stato incendiato provocando il blocco del traffico, danni agli edifici, nube tossica e annessi e connessi.

Ma come si è arrivati a questa situazione? Come mai anche il semplice smaltimento delle autovetture da demolire, che in qualsiasi città d'Italia e d'Europa è una opportunità di ricchiezza, riciclo e lavoro, qui a Roma è diventata terreno fertile per imprenditori senza scrupoli, mafie, illegalità, tantissimo degrado e bombe ecologiche? 

A Roma, iniziamo dal dire questo, gli operatori di questo settore sono circa cento. Avete letto bene. Un servizio come questo è svolto da cento realtà. Anzi secondo le ultime relazioni centodieci! Tutte diverse. Si ripete in questo settore il dramma romano - e solo romano! - che interessa altri settori strategici dell'economia e della vita civile. E pensare che qualcuno ritiene questa configurazione industriale ed economica, che non esiste da nessuna altra parte del mondo, perfino un pregio. La situazione è paragonabile a quella dei cartelloni pubblicitari che (così resterà a vita perché dopo Marino nessuno ha intenzione di sistemare questa faccenda, men che meno i 5 Stelle) in qualsiasi altra metropoli occidentale sono operati da due, tre, massimo quattro società e che invece a Roma vedono divorarsi il territorio centinaia di dittuncole una più assurda dell'altra, ciascuna coi suoi metodi, con le sue strategie, con i suoi cartelloni di forma e colore diverso dall'altro. Un mercato non gestibile, zero interlocutori per il Comune, difficoltà enorme di sanzionare e di correre dietro all'abusivismo. Con mercati configurati in questo modo neppure le autorità svizzere riuscirebbero a far fronte. Come i cartelloni, anche gli sfasci a Roma dovrebbero essere una attività industriale gestita da pochissime società professionali (possibilmente internazionali, con spalle larghe a livello finanziario) ben controllabili, con pochissimo interesse a violare le leggi, con dipendenti in regola, con grossi investimenti tecnologici e in ricerca che nessuna piccola società può fare.

A Roma non è così. Ne nessuno ha lavorato per fare in modo che la configurazione del mercato cambiasse negli anni obbligando gli operatori o a vendere o a accorparsi. Se puoi stare nell'illegalità, se puoi ammonticchiare le macchine le une sulle altre (noi siamo abituati signori, ma esiste solo a Roma!), se puoi avere stabilimenti che trattano rifiuti delicati e tossici nel bel mezzo di parchi naturali come accade a Via dell'Almone o a Centocelle (per tacere degli sfasci presenti addirittura sotto autostrade - cosa faremo quando prenderà fuoco quello sotto al viadotto della Roma-Fiumicino? E quelli lungo la Tangenziale Est?), se puoi evitare i controlli corrompendo, se puoi sversare abusivamente inquinando le falde, se hai una politica cittadina che preferisce andare avanti con le proroghe di sei mesi in sei mesi piuttosto che pianificare allora il mercato non cambierà mai. Allora imprenditori che dovunque sono stati spazzati via dal mercato qui continuano ad essere protagonisti (magari con la scusa che danno lavoro, che c'è la crisi, che le PMI sono l'ossatura dell'economia romana, ma per favore!) con quel pizzico di prepotenza e violenza (quando si parla di non prorogarli fanno irruzione nei dipartimenti a minacciare i dipendenti, senza farselo dire due volte) che a Roma è lo standard e che il malgoverno alimenta e in qualche modo legittima e contestualizza.

In tutto il mondo chi si occupa dello smaltimento delle auto demolite sono "aziende" chiamate a rispettare stringentissime normative ambientali. Da noi sono "sfasciacarrozze" avanzi di galera per lo più. E' chiara la differenza? E' chiaro a chi è in mano uno dei passaggi più importanti della filiera dei rifiuti a Roma?

Se tu, in definitiva, sei uno sfascio magari non abusivo ma para abusivo e devi smaltire 400 pneumatici cosa fai? Fai la filiera regolare con i costi del caso o ti accordi col capo rom del campo di fianco che la notte viene con un furgone a ritirare tutto e a incenerirlo nel suo campo? Ora avete capito gran parte dei motivi dei roghi tossici in città, tra l'altro. Rifiuti difficili da smaltire e da gestire, cavi mettallici, corrugati. Roma è la capitale della "maghina", gli sfasci lavorano a tutto vapore e sono tutti disposti a scendere a patti per abbattere i costi e speculare di più. E solo a Roma una azienda che smaltisce rifiuti si ritrova 

Si parte ovviamente dagli anni post boom della motorizzazione. La città si riempie di vetture e nessuno pianifica un ciufolo. Siamo a Roma! Dopo qualche anno le vetture devono essere smaltite e chi aveva comprato la macchina negli anni Sessanta pian piano, nei Settanta, inizia a doverla rottamare. Quindi c'è da smaltire centinaia di migliaia di 126, di 500 e di poi di Uno, di Y10 e Renault 5. Alla fine degli anni '90 la Regione (la competenza è sua) abbozza un regolamento per venirne fuori individuando le aree dove queste autentiche bombe ecologiche, ormai circondate dalla città, dovrebbero spostarsi. Negli anni Duemila la proposta viene pubblicata: partono le proteste dei residenti delle aree di destinazione, si appongono vincoli, gli operatori armano le proteste, si costruisce sulle aree di destinazione e salta tutto. Durante gli anni di Alemanno, che te lo dico affà, non si fa una ceppa di nulla e si procede con le proroghe. Intanto il problema viene commissariato. Il commissario risolve qualcosa? No. Nel 2014 la responsabilità torna al Comune, Giunta Marino, l'assessora Estella Marino cerca di capire cosa sta succedendo, riprende in mano la questione, pianifica una strategia diversa per aggredire il problema: non più spostamenti di massa perché tanto questi, diciamo così, "imprenditori" saldano le loro proteste e non ti fanno muovere, bensì spostamenti singoli mirati dopo aver fatto una mappa della situazione ad oggi e dopo aver richiesto alla Regione una nuova pianificazione. 

Ovviamente qualsiasi attività è ostacolata da una serie di elementi. In primis la caratura e la qualità dei dipendenti di Roma Capitale. Anche fare una mappatura degli fasci equivale alla complessità di uno sbarco su Marte. Sia perché i dipendenti sono totalmente incapaci (e le leggi italiane impediscono, chissà perché, di mandare a casa dipendenti incapaci per assumere gente in gamba), sia perché sono intimiditi dalla violenza degli operatori che non accettano il cambiamento, sia perché sono collusi e magari pure corrotti.

Alcuni operatori nel frattempo decidono di spostarsi da soli (lo possono fare) per andare in zone più adeguate e con strutture a norma. Ma incappano nella burocrazia e perdono l'investimento fatto. Il Comune ti dice che non sei a norma, non ti aiuta a spostarti quando decidi di farlo da solo, però ti riconosce un ruolo "di servizio" nella filiera dei rifiuti quindi proroga l'autorizzazione del tuo essere non a norma, ma impedisce che tu ti metti a norma in quel sito perché tanto è un sito da cui devi andar via anche se non riesci ad andartene. Quintessenza d'Italia: è pieno di cose che (non) funzionano così, a Roma praticamente tutte quelle cruciali che fanno il benessere e la ricchezza di un territorio e che invece da noi generano degrado e depressione.

Insomma riunioni, incontri, pianificazioni in fieri tra Regione e Comune finalmente ripartite ma poi nel 2015 l'esperienza della Giunta viene fatta finire da un notaio. Tutto a ramengo. "Se avremmo risolto interamente il problema in caso di durata regolare della intera consiliatura? Non posso affermarlo assolutamente" ci spiega con la consueta onestà intellettuale l'assessore all'ambiente di allora Estella Marino "risolto del tutto magari no, ma senz'altro stavamo chiudendo lo scandalo degli sfasci nelle zone vincolate e nei parchi! Per risolvere ci vogliono molti anni, ma i peggiori stavano decadendo era questione di settimane, ma prima siamo decaduti noi". Estella Marino non ci dice, ma lo aggiungiamo noi, che molti passi avanti vennero fatti grazie al fatto che l'assessore collaborò attivamente con Prefettura e Procura e così finalmente qualche dirigente che andava molto molto molto molto lento nel portare avanti le pratiche, si diede una svegliata... Ma ovviamente questo modo di lavorare, finalmente civile e orientato al servizio pubblico, non piaceva in città e la Giunta marziana venne fatta tornare da dov'era venuta.

Questa qui sopra è la lettera di passaggio di consegne di Estella Marino al Commissario Tronca. Notare prego il passaggio sulla ricettazione... Naturalmente Tronca cosa ti fece? Prorogò tutti gli sfasci. Da un anno poi i 5 Stelle. Il governo dei "ragazzi meravigliosi" che dovevano finalmente rivoluzionare le pratiche della vecchia politica non ha fatto nulla di nulla. In un anno! Ieri l'incendio a Battistini. Con la Sindaca a dire "risolveremo, faremo, vedremo, provvederemo". Nei due giorni precedenti il Consiglio Comunale pancia a terra per approvare il Regolamento che regala la città alla malavita bancarellara. 

Non vi dimenticate, per concludere, che in Italia e a Roma in particolare difficilmente gli incendi e i roghi, specie in aziende, industrie e società, sono casuali. Vi ricordate Pomezia qualche settimana fa? Un bell'incendione e poi si scopre che tre giorni dopo lì doveva andare una ispezione della commissione Ecomafie. Così, per dire. Sicuaramente è stato un caso, ma un caso strano. Non ci riferiamo al povero autodemolitore di Battistini che magari è gestito anche da gente onesta e incolpevole (ma erano 10 anni che doveva andarsene da lì!), ma al settore degli autodemolitori in generale. A proposito: sul comparto c'è una indagine della Procura che va avanti da anni. Speriamo ci dia una accelerata San Pignatone da Piazzale Clodio, perché se aspettiamo la politica...

Intervista a Estella Marino. L'emergenza rifiuti spiegata bene dall'ex assessore

5 maggio 2017

Mai come in questi giorni siamo bersagliati da foto e video sui rifiuti in città. Il tutto nel quadro di un surreale silenzio da parte dell'amministrazione che qualche settimana fa ha spiegato che in realtà erano solo nostre percezioni e oggi, con la città che annega nel pattume, tace. Bel modo di amministrare.
Visto il silenzio dell'attuale amministrazione, siamo andati a parlare con la precedente per farci spiegare cosa sta succedendo da un osservatore sempre attento e autorevole come l'ex assessore Estella Marino. Ovviamente emergono degli elementi di grandissimo interesse. 


La "redazione" di Roma fa Schifo è sommersa di segnalazioni. La percezione dei cittadini (che talvolta esagerano beninteso) è che una situazione simile sull'immondizia non ci sia mai stata. Prima di entrare nel merito tecnico - e politico - della questione ci dici cosa ne pensi? Quale è la tua riflessione in generale ad oggi da cittadina, da ex assessore e da tecnico esperto del settore?
Purtroppo ci troviamo ancora di fronte ad un sistema impiantistico fragile, per cui basta la rottura di un impianto, qualche impianto di destino del Nord che per qualche motivo non accetta rifiuti, un ponte lungo con gli impianti fermi (caso di questi giorni), che il sistema va in tilt. Gli impianti, soprattutto quelli che trattano l'indifferenziata, si riempiono, non riescono a trattare tutti i quantitativi, i camion non riescono a scaricare, quindi non riescono a ripartire per fare i giri di raccolta, e i rifiuti si accumulano per strada.


È già successo?

Questa era un situazione che si è ripetuta anche in certi momenti nel 2014 e nel 2015, ma già nel 2015 con minore intensità. E nel 2016, anno del Giubileo, problemi ancora minori.

E allora che succede?

Quello che non si comprende è che dopo altri due anni siamo ancora così quando in teoria ci sarebbero dovuti essere fattori di miglioramento.

Cosa avrebbe dovuto portare al miglioramento?
1) la raccolta differenziata sarebbe dovuta aumentare (e quindi l'indifferenziata diminuire) ma evidentemente questo non è accaduto perché nessuno ha proseguito il percorso che avevamo avviato.
2) si è attivata la gara verso l'estero che avrebbe dovuto togliere circa altre 2000 t/settimana di indifferenziata dagli impianti, quindi altro elemento positivo
3) si sarebbe potuto usare il tritovaglio mobile di Ama, che serve proprio per le emergenze, ed ora è lì pronto


Il fatto che l'attività durante ponti e feste diminuisca invece di rinforzarsi (la città è piena di turisti) è una cosa normale? Succede così anche altrove?
Si, gli impianti chiudono la domenica e durante le feste in tutta Italia. Però Roma come al solito non è tutta Italia ed ha una sua unicità. Per questo motivo provammo ad iniziare un ragionamento, mai portato a conclusione, con i sindacati degli impianti TMB (Trattamento Meccanico Biologico per i rifiuti indifferenziati) aperti 7 giorni su 7 (con meno carico la domenica ma non chiuso). Avrebbe evitato il sovraccarico del lunedì e dei ponti lunghi. Certo gli impianti di destino - ad esempio le discariche - sono comunque chiusi di domenica, ma lunedì mattina col primo turno avresti potuto far partire comunque una parte di quello lavorato domenica. Abbiamo provato a dire che sia rispetto agli impianti che ai turni degli addetti, Roma è una città che vive 7 giorni su 7, 365 giorni l'anno. E anche i servizi andavano strutturati così, riorganizzando personale e turni. Come accade per i servizi che non si fermano.


Dunque non è vero che i monopolisti giocano a far stare la città sul filo dell'emergenza per ricatto. Semmai sono problemi organizzativi e, come al solito, la lettura della realtà vecchia di 50 anni dei sindacati piuttosto. Oppure gioca anche un ruolo chi ha interesse a che la situazione sia questa?
In questa fragilità, il monopolista che ha due TMB, ovviamente sa di avere una leva, e l'ha sempre usata, prendendo meno quantitativi agli impianti. Noi ogni volta lo facevamo convocare dal prefetto per rimetterlo in riga. Da qualche settimana, dopo l'interdittiva antimafia, sono commissariati, ma so che comunque anche ultimamente non hanno preso tutto quello che dovrebbero. In teoria con il commissario dovrebbe finire questa cosa...

Anche Milano e Napoli - che hanno aree urbane perfino più grandi di Roma - sono città che vivono 365/24, ma perché li non si presentano questi problemi? A Milano non c'è stato il ponte? Le domeniche non sono tali?

È tutto il sistema che va aggiornato ad una realtà moderna, ma nella transizione da un sistema ad un altro (e noi siano passati da 70% in discarica a raccolta differenziata al 43% con necessità dei relativi impianti), per forza ci sono dei problemi. Milano quando ha chiuso la discarica negli anni '90 ha avuto esattamente gli stessi problemi. Hanno fatto lo stesso passaggio 20 anni fa. Mettete "chiusura discarica Milano" su Google e vedete cosa esce fuori: articoli esattamente uguali a quelli di Roma di questi anni... Quindi ora  Milano il sistema è stabile, con l'aumento della differenziata gli impianti sono addirittura abbondanti, così come quelli dell'Emilia. E infatti sono le regioni che si fanno carico di dar supporto a quelle che stanno in crisi.


Quando parli di impianti ti riferisci sempre all'indifferenziata?
Si, la raccolta differenziata segue tutta altra filiera. Ma il problema ora lo abbiamo sull'indifferenziata. Vanno in crisi Tmb, e quelli di destino a valle: discariche e inceneritori.

Non è che altre città stanno meglio perché hanno impianti di fermo valorizzazione che roma non ha? Come mai a Roma si ha paura di cose con cui invece a Brescia (non a Oslo) si convive in centro città?
Io non sono pregiudiziale verso i termovalorizzatori, ma ormai è una stagione in fase di superamento, stiamo andando verso il recupero di materia. Tutti: noi, l'Europa, la normativa. Non ha senso ora realizzarli: tra i tempi di realizzazione e messa in funzione hai superato la necessità. Oggi il Cdr (combustibile da rifiuto) di Roma viene quasi tutto trattato nel Lazio. Ipotizzando l'aumento della differenziata nel giro di pochi anni non ne serviranno di aggiuntivi. Mentre quelli del Nord si stanno scaricando proprio per la differenziata elevata. Ad una scala di sistema, conviene utilizzare ed ammortizzare quelli e non realizzarne di nuovi. Che poi è il senso dell'ATO unico degli inceneritori che fece il Governo Renzi nel 2014.

Le strade per risolvere il problema dunque quali sono? Utilizzo degli impianti la domenica / ancora più differenziata / discarica di servizio... e poi?
L'insieme di queste cose. Gli impianti di compostaggio che sono altro punto dolente (ricordo che portiamo quasi tutto l'umido a Pordenone). Poi ovviamente una azienda che funziona. Collaborazione dei cittadini. Aumento numero isole ecologiche a supporto della differenziata, e controlli/sanzioni.



Portare tutta la differenziata a porta a porta come Milano, Londra, Vienna o Madrid sarà mai possibile? Che vantaggi comporta e che inconvenienti? Fa parte di quelle cose irraggiungibili a causa della scarsa caratura di Ama quanto a qualità dell'organizzazione e del personale?
Come raccolta differenziata siamo tra le più alte come capitali europee... Ma questo perché il tipo di raccolta a Monte dipende dagli impianti che hai a valle. Chi come Vienna o Copenhagen ha gli inceneritori, praticamente in centro città, non gli conviene sostenere molto la differenziata. Questo come dato storico. E loro infatti stanno più indietro. Quanto al porta a porta intanto abbiamo sfatato che a Roma non si può fare il porta a porta, già 1 milione di abitanti su 3 lo fanno. Sono processi lunghi. Milano inizia a fine anni '90, e infatti è l'unica che nel lontano 2003 già raggiunge l'obiettivo del 35% di raccolta differenziata dato dalla Legge Ronchi. Però per esempio non separavano l'umido, cosa che hanno esteso negli ultimi anni. L'umido rappresenta il 35% del rifiuto, quindi se vuoi raggiungere gli obiettivi odierni di legge (65%) devi per forza raccogliere in maniera differenziata anche l'umido. A Milano non ci sono i cassonetti per strada perché sta semplicemente almeno 20 anni avanti rispetto a noi. Se proseguissimo con nostro piano industriale e l'estensione del Porta a Porta dove possibile (non è un dogma si tratta di fare costi benefici, con certe tipologie di edifici poi è difficile) nel giro di un altro quinquennio saremo stabili su un sistema più virtuoso. Era quello che stavamo facendo.

Roma sta 20 anni indietro e oltretutto ha Ama, non A2A...
Ama è un capitolo a parte... Nel senso che quasi tutte le grandi ora sono partecipate da pubblico e privato (tipo Hera, Iren, A2A) quindi il modello organizzativo si è allontanato da quello della municipalizzata. Hanno la divisione impianti, cioè tutte hanno la parte industriale che è quella redditizia.


Mentre a Roma la parte redditizia l'abbiamo lasciata fare ad un monopolista privato. Che fino all'arrivo di Marino (Estella e Ignazio) ha operato indisturbato privatizzando gli utili e pubblicizzando le perdite. Ma a tal proposito, a proposito di impianti, parlavi prima dell'umido e di Rocca Cencia. Che è successo? 
L'altro elemento di crisi sono gli impianti dell'umido, che nn ci sono: finalmente raccogliamo umido, che è prezioso, ma non abbiamo dove trattarlo. Dobbiamo mandarlo ogni giorno a Pordenone. Per gli impianti di compostaggio c'è solo Maccarese che tratta ormai una piccola parte di quello prodotto. Il resto va tramite gara a impianti a Pordenone. E già questo, cioè mandare umido a 600 km a trattare non è proprio il massimo. E la trasferenza (passaggio del rifiuto in questo caso dell'umido dai camion della raccolta ai grossi bilici che si fanno i 600km) avviene tutta a Maccarese. Quindi il carico di via vai dei camion è parecchio pesante lì oltretutto. 

Insomma, volevate costruire degli impianti per questo?
Siccome sono gli impianti che oggi più servono (e aumenta necessità con aumento della differenziata), il primo impianto progettato a Rocca Cencia era l'impianto di compostqggio: avrebbe risolto circa il 25% del fabbisogno. E lo costruiva Ama, così finalmente iniziava a dotarsi di una infrastruttura industriale come tutti i suoi competitors. Il progetto era realizzare un impianto di compostaggio con parte di digestione anaerobica.

Poi cosa succede? 
Ama presenta richiesta VIA (obbligatoria) ad aprile 2015. Regione Lazio ci mette un anno per convocare conferenza di servizi. Poi so arrivati loro che hanno detto no in conferenza di servizi.
Ma nn bastano le parole
Quell' impianto (e i suoi risparmi x ama a regime) è previsto nel piano economico finanziario a 15 anni alla base della delibera.di affidamento e quindi approvato in Aula. Per modificarlo devono ripassare una aula

Quindi le assurde rivolte dei comitati di quartiere erano capeggiate da chi oggi amministra la città? 
Loro hanno capeggiato le rivolte dei comitati di quartiere di Rocca Cencia. Che si iniziarono a mobilitare quando parlammo di Eco distretto. Ma l'eco distretto non era altro che impianti per la raccolta differenziata al posto (gradualmente) del TMB che oggi lavora l'indifferenziato. Hanno lavorato sull'ignoranza e sulla paura delle persone. Iniziarono a tirare fuori lo spettro della discarica:  ovviamente una cosa che nn sta ne in cielo né in terra. Poi una volta capito che partiva per primo l'impianto di compostaggio è iniziato il no al biogas (che raffinato è metano, ovvero quello che usiamo tutti per accendere i fornelli ogni santo giorno)

C'era anche un mistero urbanistico su Rocca Cencia...
Sì con Caudo scoprimmo che la pianificazione tutta intorno all'area dell'Ama che è destinazione industriale credo dagli anni 50\60 aveva dimenticato di tenere il limite del 200 metri dagli impianti. Avevano pianificato tutto fin sotto il confine... Stavamo per porre rimedio a questo errore del Piano Regolatore che strozzava le potenzialità industriali di Ama... Stavamo.

***

Stavano. Li hanno fermati. Tutto chiaro, no? Volevano fare gli impianti per rendere Ama autonoma da Cerroni e la Regione da una parte e i 5 Stelle (che allora come oggi amministrano strumentalizzando l'idiozia del popolino) hanno fatto di tutto prima per rallentare e poi per stoppare i progetti. Dunque di chi è colpa se oggi la città sta in queste condizioni? Delle famose "precedenti amministrazioni"? 

I bidoncini puzzolenti della raccolta differenziata a Testaccio nel condominio di Estella Marino. E una richiesta bizzarra all'Ama

16 settembre 2013



A Testaccio, nel nostro condominio abbiamo entrambi i due cassonetti (foto 2) per la raccolta differenziata nell'androne accanto all'ascensore (foto 1). Da sempre questi internamente non hanno mai avuto un sacco che raccogliesse quelli (foto 3) che i condomini depositano al loro interno.

In particolare, nel cassonetto degli scarti alimentari e organici si è formato un deposito di percolato (foto 4) fuoriuscito - appunto - dai tanti sacchetti.

Più volte abbiamo fatto presente agli operatori dell'AMA (per entrare nell'androne ci citofonano) non solo l'assenza di una sacca interna cambiabile ma la formazione di tale residuo e il cattivo odore che invade ormai da mesi l'androne condominiale. I cassonetti chiaramente vanno cambiati con altri dove mettere sin da subito una sacca interna "usa e getta".

Purtroppo ad oggi le nostre richieste sono rimaste inascoltate. 

Una nostra condomina ultimamente su un foglio ha riportato la problematica posizionandolo sopra i cassonetti. La mattina seguente gli operatori dell'AMA lo hanno rimosso. Pensavamo che nei giorni seguenti avrebbero sostituito i cassonetti (o quanto meno inserito una sacca) e invece nonostante siano tornati più volte la situazione è rimasta immutata.

Forse questi operatori non sanno una cosa. Il cartello che hanno rimosso (probabilmente gettandolo tra i rifiuti) lo ha scritto il neo assessore all'ambiente (nonché nostra condomina): Estella Marino.
Alessandro C.

*Alessandro, sarai pure coinquilino di Estella Marino, ma l'impostazione appare totalmente fuori fase. E se la Marino la condivide ci preoccupiamo non poco. Punto primo, il bidoncino una volta che viene consegnato al palazzo o al condominio che dirsi voglia dovrebbe essere tenuto in debito decoro dal condominio stesso; punto secondo avendo osservato con attenzione i bidoncini di altre città che adottano lo stesso sistema (porta a porta spinto) di Testaccio, da Madrid a Roma, non abbiamo mai e poi mai notato quello che voi chiedete ovvero un sacco interno ulteriore rispetto ai singoli sacchetti inseriti dagli utenti. State dunque chiedendo una cosa che non ha ciclo, che non è prevista, che probabilmente dunque è inattuabile se non a prezzo di modifiche di impostazione del lavoro. Cui prodest? Per consentirvi di inserire ulteriormente bustine bucate nel bidoncino onde poterlo inzaccherare di percolato? Per permettervi il lusso di non dare al bidoncino stesso uno straccio di sciacquata ogni tanto quando c'è bisogno? Ecco, semmai, cosa dovrebbe fare, questo sì, l'Ama di tanto in tanto. Lavare e sanificare i bidoncini, ma non dotarli di un'ulteriore membrana interna. E se poi anche questa membrana, come è ovvio, si buca e lascia passare percolato ancora sotto? Cosa facciamo? La membrana della membrana? Non regge! Invitate, in primis, i vostri coinquilini a depositare nei bidoncini sacchetti chiusi con cura: nel secchio di casa loro metterebbero buste bucate e non sigillate a dovere? E allora...
-RFS

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