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Il senso di Virginia Raggi per i social. Qualcuno aiuti la sindaca quanto prima

17 agosto 2016

Mentre si intravede l'anno duemiladiciassette già risulterebbe anomalo oltre che poco piacevole avere dei pubblici amministratori locali che si disinteressassero dell'interazione social coi cittadini, la cosa però, oltre che spiacevole e anomala è anche decisamente in contrasto con i principi quando si parla di Movimento 5 Stelle. 

Si tratta di un partito nato grazie alla rete, che costruisce sulla rete il suo consenso (lo dimostra il positivo rifuggire qualsiasi tipo di comunicazione politica tradizionale, tipo i manifesti sui muri durante le campagne elettorali) che nella rete ha costruito una narrazione. Tutti ci saremmo aspettati un dialogo fertile, franco e costante con un sindaco eletto da questo partito. Purtroppo fino ad oggi non sta andando così e anzi all'incirca da fine febbraio, ovvero da quando ha vinto le comunarie e da quando dunque è stata ragionevolmente sicura di diventare sindaco, Virginia Raggi ha sospeso qualsivoglia interazione con i cittadini che la chiamavano e la chiamano in causa: l'ultima risposta ad un cittadino comune su Twitter risale addirittura al 23 febbraio poi più nulla. Poi solo messaggi da uno a molti, nel quadro di un utilizzo "broadcast" delle reti sociali che è considerato quanto di più sbagliato per qualsiasi social media manager. 

Ma pur non rispondendo ai cittadini che la chiamano, Raggi twitta? Sì, ma anche qui molto poco e con parsimonia, in barba alla trasparenza che è una - giustamente - delle architravi su cui si basa o si dovrebbe basare l'amministrazione a Cinque Stelle. L'ultimo tweet, mentre scriviamo, risale al 4 agosto scorso: 13 giorni fa! 



Affinché questa analisi non risulti assolutamente un attacco al Movimento 5 Stelle, bensì una riflessione sull'approccio specifico del Sindaco di Roma, notiamo come Chiara Appendino, sindaco a 5 Stelle di Torino, nello stesso intervallo di tempo (dal 4 agosto appunto) abbia non solo twittato 11 volte contro le 0 di Raggi, ma soprattutto (ed è la cosa principale) abbia costantemente risposto e fatto sentire coinvolti i cittadini. A Roma ogni sollecito su Twitter alla Sindaca rimane senza risposta alcuna. 

E' un peccato per i cittadini, una mancanza di trasparenza, una fonte mancante di notizie e indicazioni ma anche un danno di immagine per la città. Vi immaginate Bill DeBlasio, Anne Hidalgo o Sadiq Khan che smettono di tuittare (ovvero, nel 2016, di comunicare con i cittadini e con il mondo) per due settimane? Si tratta di personalità che lanciano un messaggio sui social circa ogni ora, dopo un stop di mezza giornata ci sarebbe l'allarme mediatico, figurarsi se interpretassero il loro ruolo come la nostra Sindaca. 
Forse Virginia Raggi fatica a capire che è un personaggio non romano, non nazionale, bensì internazionale. E così facendo, sebbene involontariamente, pregiudica l'immagine della città. 

Strano, peraltro. Perché? Perché Virginia Raggi sa perfettamente come utilizzare i social e li utilizzava molto bene durante gli anni in cui era consigliera e componente di svariate commissioni consiliari capitoline. Informando i cittadini e i suoi elettori su tutto quello che faceva. Comprensibile che ora abbia meno tempo per seguire la comunicazione, ma la comunicazione stessa resta qualcosa di più che fondamentale. Qualcosa che merita la massima attenzione e bisognosa di stare in alto nelle gerarchie.

Per quanto riguarda Facebook la nostra sindaca va tuttavia molto meglio. La frequenza dei post è più elevata e spesso ad alcuni cittadini si approfitta a rispondere per precisare gli argomenti. La cosa bizzarra qui è che la sindaca ha mantenuto il suo profilo privato in aggiunta alla pagina pubblica e i due account hanno una vita in qualche modo indipendente con contenuti (in entrambi i casi interessanti) differenti: per avere più informazioni possibili bisogna seguirli entrambi, ma interpretando come i contenuti? In un caso sono cose direttamente pubblicate dalla sindaca e nell'altro caso dal suo staff? Non è dato sapersi. In ogni caso le risposte arrivano di tanto in tanto solo ed esclusivamente sul profilo pubblico e mai sulla pagina privata (anche qui da febbraio, prima di allora la ex sindaca probabilmente avendo più tempo a disposizione rispondeva sempre).

Altre note dolenti per quanto riguarda Instagram. Si tratta di un social in grande spolvero, molto in crescita, utilissimo per intercettare anche dei follower stranieri. Tutti noi, appassionati di città e amministrazione, seguiamo le vicende di Londra, Parigi o New York attraverso i profili Instagram e Twitter dei relativi primi cittadini, avere un cittadino che di fatto non usa Instagram, non segue nessuno, non crede in questo fondamentale strumento anche di marketing territoriale e di promozione della città. Qui la Appendino va solo un po' meglio, mentre va decisamente meglio Beppe Sala a Milano.

Speriamo dunque che già nella giunta straordinaria di domani si provveda seriamente. Si ingaggino persone adeguate, non si badi agli stipendi (i problemi sono i miliardi che ci fa perdere Berdini, non paghe da qualche migliaio di euro al mese!) e si metta la comunicazione della città e della sindaca nelle mani di professionisti che interrompano questa emorragia di credibilità e questo danno di immagine che non viene pagato solo da Raggi, bensì da tutti e dall'immagine - già compromessa - di Roma.

Le affissioni abusive di Renzi. Ecco come è andata e perché la storia è significativa

24 settembre 2012


La storiaccia delle affissioni abusive di Matteo Renzi, più che in quanto tale, ci è servita per scaldare i muscoli per le prossime, tante, campagne elettorali che ci attendono come passivi destinatari di una comunicazione politica incivile e senza eguali in Europa e in occidente (e manco in oriente!).
La sintesi di questo esercizio è: con i mezzi che oggi ci sono e che nel 2008 c’erano molto meno possiamo fargli paura. Con i blog –ormai seguitissimi- con Facebook, soprattutto con Twitter (molto frequentato da giornalisti, intellettuali, classe creativa). Sono dispositivi che ci permettono e ci permetteranno di mettere in grande difficoltà chi si comporterà in maniera sbaglita.
Con Renzi abbiamo fatto così: venerdì notiamo i manifesti, li twittiamo sul nostro account, molte persone li retwittano, interveniamo nella timeline di Matteo Renzi (300mila e passa followers, anche se forse non tutti veri) e segnaliamo la cosa, dunque molti followers di Renzi si accorgono della segnalazione, segnaliamo la cosa al direttore di una agenzia di stampa, sempre via Twitter, lui ci invita a mandare le immagini in redazione, lo facciamo, dopo un po’ l’agenzia di stampa decide che il materiale era interessante e fa un lancio, il lancio viene preso praticamente da tutti i giornali della città (non da Repubblica, mah!).
Scena finale: Matteo Renzi, tramite uno dei suoi profili Twitter (ancora Twitter) è costretto a scusarsi parlando di “clamoroso autogol” e il tutto si chiude con il Sindaco Alemanno (uno che su Twitter ha bannato Romafaschifo da mesi; tra l'altro senza motivo) che, prendendo spunto dal nostro 'scoop' risponde ad un twit dell'assessore Gigi de Palo per mandare un messaggio indiretto a Renzi: "digli la prossima volta che viene a Roma di non imbrattare coi manifesti abusivi". 
A forza di operazioni come queste speriamo di far comprendere a tutti i nostri politici la inutilità di una comunicazione di questo tipo, almeno finché il mondo delle affissioni a Roma non sarà qualcosa di gestibile e usabile e non un far west nelle mani del crimine organizzato o di cooperative senza scrupoli che si fanno pagare per fare affissioni regolari e poi la quota di tassa comunale se la intascano, affiggendo abusivamente.
Roma è l’unica città in queste condizioni, ecco perché probabilmente quel che è successo è più colpa di Roma che di Renzi. A noi, per quel che riusciamo a fare, il compito di sensibilizzare su questo problema che umilia il decoro della città con conseguenze che neppure riusciamo ad immaginarci.

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