Visualizzazione post con etichetta cinema. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta cinema. Mostra tutti i post

Cinema Metropolitan. Hanno imbrogliato anche stavolta! La storiaccia spiegata bene

3 marzo 2019
-->
Alla fine della settimana, incalzata dagli eventi di cronaca e messa all'angolo e alla gogna dalla loschissima vicenda dei bilanci di Ama e delle dimissioni della ormai ex assessora Pinuccia Montanari, la Giunta si è trovata nella necessità di tirar fuori il canonico coniglietto dal cilindro.
Non si amministra, infatti, per il bene comune, no: si amministra per gestire l'opinione pubblica, ammansirla, raggirarla ogni giorno. Si amministra in base alle indicazioni che provengono dai micidiali guru della comunicazione, personaggi agghiaccianti della caratura di Rocco Casalino e suoi lacché. In base a loro si struttura la strategia, non in base alle esigenze della città.

Subito dopo le dichiarazioni durissime di Sora Pinuccia (“la città è governata dagli amici di Lanzalone”), l'ordine è stato perentorio: usciamo con qualcosa per distogliere! E allora si sono trovati sotto il primo progetto che stava lì a marcire da mesi e mesi, hanno fatto una Giunta straordinaria, lo hanno approvato e giù conferenza stampa in fretta e furia (non una grafica, non un rendering...) per presentarlo. Ordinaria amministrazione: tanto non esiste stampa che sbugiarda, non esiste opposizione politica che incalza. Si entra con qualsiasi nefandezza possibile come un coltello caldo penetra nel burro.

LA SOLITA CONFERENZETTA INSOPPORTABILE
La conferenza è ancora disponibile sul profilo Facebook della sindaca e presenta le solite caratteristiche di sempre: contenuti risibili, naif, puerili, bambineschi, applausi (gli applausi alle conferenze stampa, altra raccapricciante novità grillina ormai considerata da tutti normale) e frasette sconclusionate e alquanto odiose da parte della prima cittadina con tanto di ricorso alle solite locuzioni da alunnetta insicura di seconda media (“momento storico oserei dire”... OSEREI DIRE!!!). Tra un po' son tre anni e nessuno si è occupato di far seguire un corso di public speaking alla sindaca che continua ad essere semplicemente urticante quando parla in pubblico, pure se dice cose giuste (cosa che avviene molto di rado). Facendo per converso fare una pessima figura alla città tutta.

IL NUOVO CINEMA METROPOLITAN
Ma bypassiamo la forma e addentriamoci nella sostanza. La conferenza stampa in questione raccontava dell'approvazione in Giunta del progetto riguardante il nuovo Cinema Metropolitan. Un progetto che abbiamo sempre sostenuto (qui la storia è spiegata davvero come si deve), di cui abbiamo scritto più volte e che abbiamo segnalato come scandaloso per le lentezze con le quali andava avanti. Ma allora, se la novità è stata sempre da noi auspicata, perché ora che finalmente l'hanno approvata la critichiamo? Semplice: perché hanno cambiato tutto lo schema, hanno imbrogliato un'altra volta, hanno pasticciato, hanno raggirato, hanno fatto una cosa sbagliata raccontandovi che la facevano giusta, hanno seguito le loro ideologie invece di seguire ciò che avrebbe fatto del bene a tutti e hanno – come sempre, sul modello dello stadio di Tor di Valle – peggiorato un progetto che era già stato ben impostato e andava semplicemente approvato senza modifiche.
Cinema Metropolitan in foto d'epoca

TRASFORMARE I CINEMA E' GIUSTO
Mezza città pensa che il progetto del nuovo Metropolitan non vada bene perché sarebbe per qualche bizzarro motivo sbagliato trasformare un cinema in uno spazio commerciale. Questa è in tutta evidenza una fesseria: i cinema devono cambiare; tutta la città deve cambiare, continuamente! Il Metropolitan era prima un centro commerciale, poi è diventato cinema, poi è diventato multisala, poi è diventato rudere ora torna spazio commerciale con cinema. Questo è fare la città. Questo significa correre dietro alle esigenze dei cittadini e dei tempi che evolvono. Ed è sano. Cinema duri e puri sono condannati a morte, il cinema però deve resistere anche nel tessuto urbano perché non possiamo rassegnarci al fatto che la gente assolva alla propria domanda di cinematografia solamente con satellite e Netflix, ma per restare in vita deve essere collocato in un'esperienza più complessiva e maggiormente coinvolgente. Dunque cinema all'interno di grandi spazi commerciali, cinema che diventano durante il giorno spazi per eventi di altro tipo, cinema associati ad interessanti offerte enogastronomiche, cinema che riducono le proprie dimensioni ma aumentano le proprie tecnologie immersive, cinema che sfruttano parte della loro cubatura per attività più redditizie (immobiliari, commerciali, residenziali come è avvenuto in tutta Italia) che sostengano la tutt'altro che redditizia attività di proiezione dei film. 
Tutto questo è normale e avviene dovunque nonostante le cialtronate che vi hanno raccontato i “ragazzi” del Cinema America e tutta la parte di città che abbocca e condivide queste filastrocche che ormai senti esclusivamente a Roma. Ne deriva che la trasformazione del grande Cinema Metropolitan in spazio commerciale + spazio per uffici + cinema da 100 posti è un progetto sensato. Ed è un progetto ancor più sensato perché genera oneri a favore del Comune: tu Comune mi permetti di fare un cambio di destinazione d'uso così importante e io proprietario delle mura (nello specifico il proprietario è un imprenditore per bene, dunque nulla quaestio su questo versante) ti do in cambio tanti bei soldini che tu potrai investire sul territorio.
Villa Aldobrandini

COME VERRANNO SPESI GLI ONERI CONCESSORI?
Bene, il punto è proprio questo: dove vengono investiti questi soldi? Stiamo parlando di 7 milioni di euro che per una città normale sono spiccioli, ma che per Roma – abituata ad investimenti col contagocce – sono una valanga di quattrini. Nello schema precedente, approvato dalla Giunta ma mai ratificato dal Consiglio, i soldi venivano spesi tutti nel Primo Municipio (dove insiste il Metropolitan) o nelle aree circostanti: si riqualificavano delle aree nei Fori Imperiali, si interveniva a sanare dei problemi a Villa Borghese e soprattutto si rifaceva tutta Villa Aldobrandini.
I grillini, con gli assessori Cafarotti e Montuori per i quali non abbiamo più aggettivi, e nel silenzio dell'assessore alla cultura Bergamo hanno cambiato tutto. Togliendo i soldi alle aree verdi e riassegnandoli in maniera surreale. Ovviamente nessuno dall'assessorato all'ambiente si è potuto lamentare per la sottrazione dei fondi per Villa Aldobrandini (che resterà sommersa da un degrado raggelante) e Villa Borghese perché la Giunta ha preso la decisione, guardaumpò, in assenza dell'assessore all'ambiente, giustappunto dopo le dimissioni di Sora Pinù.

Ma dove hanno messo tutta questa montagna di soldi? E perché lo schema è stato cambiato? Il perché sul cambiamento è presto detto: lo schema precedente era stato fatto “da altri” e dunque andava cambiato, a prescindere, per questioni di mera e miope ideologia. Non importa se era giusto o sbagliato, andava modificato. Anche, oltretutto, per giustificare i mesi e mesi di ritardo che hanno portato all'approvazione facendo perdere tempo e soldi e lasciando un pezzo di via del Corso in preda al degrado più incredibile. Dovendo cambiare tutto, i grillini hanno deciso di investire quei soldi nel rifacimento di altri due cinema.
f


Cinema Airone di sopra, dentro e di lato

CONCORRENZA SLEALE ALLE SALE PRIVATE
Avete capito bene. In un periodo in cui i cinema privati stanno chiudendo per mancanza cronica di pubblico, il Comune pensa bene di mettersi in prima persona sul mercato riqualificando con soldi pubblici cinema di proprietà comunale (come se non fosse già una follia che il Comune sia proprietario di sale cinema, manco fosse un impresario, manco fossimo a Cuba o in Corea del Nord). In spregio della storia di questi cinema comunali che, come racconta la cronaca degli ultimi anni (il Cinema Aquila, il Cinema Induno), hanno una enorme difficoltà a trovare chi li gestita, restano chiusi per anni tra ricorsi e burocrazie e generano solo beghe a chi li gestisce e al comune stesso.
I due cinema in questione, dove chissà come e chissà dopo quali gare d'appalto e quali infinite burocrazie atterranno tutti questi denari, sono il Cinema Apollo all'Esquilino e il Cinema Airone all'Appio Latino, quest'ultimo peraltro progettato tra gli altri dal babbo dell'assessore Montuori. Avete capito bene: Montuori ha deciso di togliere soldi per la riqualificazione di una villa pubblica ridotta in condizioni orribili e senza speranza di migliorìa per girarli sulla riqualificazione di un edificio progettato da suo papà che non si sa poi a cosa servirà, a chi verrà assegnato, quale ruolo avrà nel quartiere se non quello di fare una concorrenza sostanzialmente sleale alle sale private già provate e in difficoltà. A pochi passi dal Cinema Airone, chiuso dalla notte dei tempi, ha appena abbassato le serrande il Cinema Maestoso, dunque quale è la logica di investire denaro pubblico per riqualificare una sala cinematografica da 800 posti (!) abbandonata da un'infinità? A pochi passi dall'Apollo invece ha appena chiuso il Royal, dunque a che gioco giochiamo: chiudono le sale gestite da privati e apriamo in maniera assitenziale sale gestite dal Comune a spese di tutti e gestite da qualche amico? E pensate che oltre a queste due sale il Comune gestirà anche ben 4 mesi del nuovo cinema che troverà posto proprio dentro al Metropolitan stesso. Ovviamente senza nessun progetto su cosa fare quei 4 mesi. E giustamente, perché non è certo compito di una amministrazione gestire un cinema! Al massimo quello che vi si può fare è propaganda. Durante il fascismo gli enti pubblici decidevano cosa farti vedere al cinema...
Il Cinema Apollo

I CINEMA SI RIQUALIFICANO IN UN ALTRO MODO
Attenzione, nessuno pensa neppure lontanamente che sia sbagliato riqualificare queste sale. Si tratta tra l'altro di due edifici di grandissimo pregio architettonico che stanno crollando a pezzi dunque in effetti è urgentissimo intervenire. Ancor più urgente per quanto riguarda il Cinema Apollo, zeppo di amianto che sta uccidendo di tumore i cittadini che ci vivono nei pressi. Quanto al Cinema Airone, al di là delle considerazioni sull'eleganza di Montuori che finanzia la riqualificazione di un'opera del padre (speriamo che via via si succederanno all'urbanistica assessori figli o parenti di altri grandi nomi dell'architettura contemporanea, così vedremo riqualificate anche altre opere!), bisogna dire ad onor del vero che si tratta di un autentico capolavoro unico nel suo genere.  
Ma una amministrazione degna di questo nome in casi come questo si mette a lavorare e trova dei partner, trova degli investitori, fa arrivare capitali, struttura dei progetti che siano appetibili per chi vuole rischiare a Roma e trasforma dei problemi in opportunità. Una amministrazione seria mette i soldi pubblici sulle partite dove non è possibile coinvolgere investimenti privati (come fare a trovare finanziamenti per riqualificare Villa Aldobrandini? È sostanzialmente impossibile, ecco perché è giusto in quei casi spendere i denari dell'erario), e per il resto imposta progetti, sfrutta leggi (c'è la Legge Regionale sulla Rigenerazione urbana che il Campidoglio si ostina ad esempio a non voler applicare) e spinge i privati a dare una mano. Pensate la fila di investitori che ci potrebbe essere, in presenza di un progetto serio, sul Cinema Apollo, strategicamente collocato com'è a fianco dell'Ambra Jovinelli, di fronte all'inizio di San Lorenzo, di lato alla Stazione Termini e al Mercato Centrale, a pochi passi dalla metro di Piazza Vittorio, dal Mercato Esquilino e della fermata del trenino e davanti al gigantesco palazzo della Zecca che dovrà beneficiare di una grossa trasformazione nei prossimi anni. Anche qui consentendo le opportune trasformazioni e modifiche (pur magari mantenendo una parte a cinema) il Comune avrebbe potuto mettere il bene sul mercato e trovare realtà di qualità pronte a venire a Roma a investire. E invece si procede come a Cuba: si restaurano cinema comunali da assegnare, dopo mille difficoltà, ad associazioni amiche o magari alle stesse associazioni che male li avevano amministrati prima (come è avvenuto per il Cinema Aquila dopo peraltro tre anni di triste chiusura).

SCELTA PARACULA E IDEOLOGICA
Si tratta di una storia davvero emblematica dei danni che il malgoverno, l'ideologia, la clientela pentecatta sta facendo in città. Come diciamo sempre, danni che dureranno decenni. Questa scelta è stata effettuata per ingraziarsi i tanti ultras ideologici che spadroneggiano in città – il Cinema America, citato prima, è solo un esempio – e che strumentalizzano i cinema come vessillo delle loro idee che in tutto il mondo sono state superate da trent'anni; e per avere una risposta pronta a chi contesterà la trasformazione di un cinema, il Metropolitan appunto, in centro commerciale. “Eh sì” potranno rispondere i nostri prodi “questo diventa un centro commerciale però recuperiamo altri due cinema”. Ma per farci cosa? Ma perché? Ma a che titolo? Ma perché lo fai tu come Comune e non coinvolgi imprenditori o gente del mestiere? E perché se devi scegliere tra riqualificare verde pubblico e riqualificare sale cinematografiche chiuse da decenni opti per quest'ultima decisione? Tutte domande che nessuno ha fatto e nessuno farà mai: il giorno dopo la ridicola conferenza stampa, i giornali hanno riportato tutti la notizia in maniera acritica, senza riflessione, senza lucidità, senza visione, senza approfondimento alcuno. "Così rinasce il Cinema Metropolitan" hanno scritto. Poi dice perché i blogghetti come il nostro acquisiscono autorevolezza internazionale...

COSA SUCCEDE ORA?
Unica speranza? Che l'Assemblea Capitolina non ratifichi lo schema così come approvato in Giunta ma che orienti i 7 milioni versati dalla proprietà del Metropolitan in maniera diversa: la Giunta ha fatto delle scelte sbagliate e sta gettando al vento quei soldi, l'Assemblea può e deve correggere questo errore (certo, se ci fosse una opposizione in Assemblea tutto questo sarebbe più probabile, ma non c'è...). Inutile dire che l'approvazione di un dispositivo come questo costituirebbe un precedente. Il prossimo cinema che dovrà trasformarsi (e ve ne saranno a bizzeffe) vedrà gli oneri concessori  che andranno a finire un'altra volta su inutili cinema diroccati, senza un progetto, senza un perché e senza una visione. Solo per avere un argomento per anticipare e rispondere alle critiche, solo per far finta di sostenere la cultura quando in realtà la si sta affossando ancora di più. 

La ridicola e patetica lagna per la chiusura del Cinema Maestoso

3 giugno 2018
Si perdono 8 posti di lavoro (otto!) e si smarrisce un presidio culturale. Queste sono le contestazioni che si fanno alla chiusura del Cinema Maestoso. Su questa base si catalizza la ennesima insostenibile protesta sempliciotta di politici e cittadini Una struttura fatiscente, marcia, pericolosa, fuori norma, dove nessuno realmente entrerebbe a vedere un film senza rischiare di prendersi il tetano.

"Un tugurio abbandonato e malgestito" come ammettono anche i cittadini che pur raccolgono le firme per evitarne la chiusura. 

Peccato che la chiusura dei cinema - oltre che a situazione di mercato relative alle abitudini dei consumatori - dipenda in larga parte anche dalle situazione ambientali circostanti. Il cinema Maestoso è stato lasciato morire a causa di degrado, abbandono, sciatteria, ambulanti, affissioni abusivi, cartelloni illegali, graffiti sui muri, scarsa illuminazione, arredo urbano da quinto mondo. 
Invisibile dalla strada (e questo ha anche conseguenze gravi dal punto di vista commerciale, è evidente), ricoperto di lamiere di furgoni euro zero dei peggiori ambulanti del mondo, il Maestoso è stato "difeso" dai cittadini quando era troppo tardi. Ovviamente la politica va appresso. Oggi, ultimo giorno di proiezioni del cinema, il PD è impegnatissimo nelle sciocche e tardive proteste. Solo azioni simboliche, inutili se non dannose. Peccato che è stato lo stesso partito a contribuire a far si che la situazione diventasse questa. 




Dove erano i comitati e i politici che oggi protestano a favore del Cinema quando bisognava davvero protestare per far sì che di fronte al cinema ci fosse un'area di rispetto. Perché chi si muove ora non ha raccolto firme per eliminare le bancarelle di pijamas, panciere e mutande che rendevano squallida la zona sconsigliando a chiunque di frequentarla specie la sera? Perché si è consentito per decenni l'umiliazione di questo tratto di Via Appia (noi su Roma fa Schifo invece lo abbiamo denunciato decine di volte con foto e video) e ci si sveglia ora? Perché chi oggi piange per 8 posti di lavoro perduti non si rende conto che una situazione di profondo degrado come quella che vede protagonista questo tratto di Via Appia Nuova determina la perdita di non 8 ma forse 80 o magari 800 posti di lavoro? Quando chiuse l'adiacente negozio di Trony, con decine di licenziamenti, proprio a causa del degrado e dello schifo di cui parliamo, nessuno scese in piazza. Evidentemente un lavoratore vale di più se stacca i biglietti al cinema o se vende bomboniere all'intervallo (forse in omaggio a Di Maio) piuttosto che se vende tv o lavatrici.

Se chi protesta (quelli che frignano oggi sono gli stessi che si stracciavano le vesti quando lo storico teatro\cinema venne riadattato a multisala: sacrilegiooh!) non capisce quali sono le specifiche e peculiari priorità della protesta staremo sempre a piangere sul latte versato come in questo caso. Peraltro ricoprendoci di ridicolo. Se si tiene davvero ai posti di lavoro perché non si fanno barricate contro la merdaglia bancarellara che devasta l'economia della città generando povertà, declino, morte commerciale e depressione? Se si tiene alla cultura perché si lascia che un presidio culturale venga sotterrato di degrado oltre ogni limite e dignità? E perché ci si lamenta solo quando tutto è perduto?

Auspici per la strepitosa struttura di Riccardo Morandi sull'Appia? Un grande investimento immobiliare, una seria società di development, norme facilitate per trasformare questo spazio: appartamenti, negozi e l'obbligo di ripristinare una parte cinematografica sostenibile. Ovviamente con la certezza per gli investitori di avere il marciapiede libero della zozzeria che c'è oggi. Perché in un contesto dove c'è qualità urbana, economia florida, commercio di buon livello, decoro e buon gusto anche un business ormai cronicamente in perdita come quello del cinema può essere un tassello sostenibile e sensato in un mosaico urbano-residenziale eccellenza. Quando invece tutto va a ramengo ed il degrado vince, le prime attività a farne le spese sono quelle culturali.

Normalità in tutto il mondo evoluto, utopia a Roma: avremo in realtà uno spazio abbandonato, che genererà ancor più degrado, che deprimerà ulteriormente i corsi immobiliari circostanti, che massacrerà il già massacrato commercio di prossimità e che magari verrà occupato dalla solita camorra dei "Movimenti per la Casa". Ma tutto, anche un esito così, è considerato a Roma meglio di uno sviluppo economico sano. Perché a Roma lo sviluppo economico è "speculazione". Amen.

Finalmente si sblocca il progetto del Metropolitan (ma il I Municipio non rinuncia a dire scemenze)

17 gennaio 2018
Spesso siamo molto concentrati a criticare l'amministrazione comunale centrale che perdiamo di vista l'attività dei municipi. E quando andiamo ad approfondire c'è onestamente da mettersi le mani dai capelli, sia per quanto riguarda quel che resta dei municipi a 5 stelle, sia per i due municipi governati dal PD.

Mentre continua a sparare idiozie intergalattiche e assai pericolose sulle sorti della ex rimessa Atac di Piazza Bainsizza, il Primo Municipio di Sabrina Alfonsi ha ritenuto di tornare sul tema dell'Cinema Metropolitan, corpaccione da anni abbandonato proprio all'inizio di Via del Corso verso Piazza del Popolo. Occorre tuttavia dire, a parziale "discolpa" dell'ente, che il Primo Municipio è stato coerentissimo con se stesso: le cretinate sul conto di questo progetto le diceva durante la Giunta Marino e le continua, pari pari, a dire oggi. Non ha cambiato posizione per convenienze politiche insomma, semplicemente persevera nello spararle grosse.

Di cosa stiamo parlando? Di un cinema che, come purtroppo tutti i cinema (lo dicono i dati di frequentazione e le buone pratiche di altre città, anche italiane), per sopravvivere deve trasformarsi perché non regge più economicamente com'è ora. La storia l'abbiamo già ampiamente raccontata qui. La novità è che ora l'amministrazione, dopo comodi 20 mesi dalla vittoria elettorale, si accingerebbe complice il buon lavoro di Adriano Meloni l'arrivo di Luca Montuori al posto della sciagura Berdini, a risolvere lo stallo. La delibera starebbe per passare in Giunta e un pezzo di città potrebbe uscire dalle secche dell'immobilismo e della depressione. 

Per il Municipio Primo è un affronto. Leggete il comunicato stampa che hanno diffuso gli uffici della Alfonsi: 

METROPOLITAN, MUNICIPIO I: NON C'È BISOGNO DI UN NUOVO MEGASTORE IN PIENO CENTRO (OMNIROMA) Roma, 16 GEN - "Siamo convinti che non ci sia bisogno di un nuovo megastore in pieno centro". Lo dichiara in una nota Sabrina Alfonsi, la Presidente del Municipio Roma I Centro. "L'operazione per la riconversione dell'ex Cinema Metropolitan di Via del Corso in spazio commerciale parte da lontano, ai tempi di Alemanno, ed ora - con la Giunta Raggi - ritorna attuale - aggiunge - Contro questa ipotesi il Primo Municipio si è già espresso chiaramente e in tempi non sospetti, già nel 2015, quando con una specifica mozione il Consiglio municipale chiese il ritiro della proposta di delibera e il riconoscimento del valore storico e artistico dell'edificio. Ma evidentemente in Campidoglio non la pensano così, se hanno deciso di rispolverare il progetto. E non basta nemmeno il fatto che gli oneri urbanistici verrebbero destinati in parte per la riqualificazione dell'ex Cinema Airone, una foglia di fico che non basta a coprire una operazione che rischia di essere puramente speculativa"."Abbiamo già una concentrazione altissima di attività commerciali - aggiunge la Consigliera Daniela Spinaci, Vice Presidente della Commissione municipale Lavori Pubblici - Non vogliamo che il Tridente Mediceo venga ulteriormente congestionato a causa di un nuovo attrattore di traffico. E soprattutto vorremmo che il Municipio venisse coinvolto nel processo decisionale, e non solo essere chiamati a votare inutilmente una delibera quando ormai non c'è più possibilità alcuna di incidere positivamente nella decisione".

Sappiamo che avete più disgusto di noi nel leggere queste considerazioni, ma bisogna soffrire assieme. La retorica e il terrorismo del megastore non manca mai del resto. Il cinema viene ridotto di molto, resta comunque una sala da 100 posti, il resto spazi commerciali. Grazie a questi l'area smetterà di essere abbandonata e offrirà 60 posti di lavoro (erano 5!). La delibera venne compilata a regola d'arte nel 2015 da Caudo e da Marta Leonori e prevede una generazione di quasi 7 milioni di oneri concessori a vantaggio del Comune. Ci guadagnano tutti: nuovi posti di lavoro, riqualificazione di un pezzo di via del Corso oggi usato dai barboni come ricovero, un sacco di soldi che entrano nelle casse del Comune. Una operazione civile, europea, semplicemente "normale". Come i lettori di Roma fa Schifo sanno alla perfezione, una delle cause della depressione e del declino della nostra città è il fatto che la gente consideri "speculative" le operazioni "normali". E questo è l'ennesimo caso. "Una nuova attività commerciale attrae traffico" secondo il Primo Municipio che invece di far stupidi allarmismi dovrebbe rinforzare le Ztl, curare l'arredo urbano in funzione anti sosta selvaggia e gestire in maniera ottimale il carico e scarico merce. Al contrario ci si rassegna al fatto che la gente vada in auto a Via del Corso, cosa peraltro impossibile. Davvero profondamente ridicolo. Amministratori come questi, che parlano alla pancia dei cittadini sfruttando la loro ignoranza rischiando di far perdere all'erario milioni e milioni di euro, dovrebbero essere attenzionati dalla Corte dei Conti e, sperabilmente, condannati a pagare loro ciò che con estrema leggerezza puntano a far perdere all'amministrazione pubblica. Chicca finale? Il Metropolitan GIA' ERA un megastore, come lo chiamano stupidamente i nostri amministratori. Nacque proprio così all'inizio del secolo scorso salvo poi trasformarsi in cinema. Quindi si ritorna alla funzione di partenza. Speriamo davvero che il calvario degli investitori - bloccati da anni senza alcun motivo, vessati, sfiancati e testimoni (anche verso i colleghi stranieri, che si guardano bene di venire ad investire qui proprio a causa di queste assurdità) di una città dove è impossibile lavorare - possa finire, speriamo che i cantieri partano, che gli operai vengano assunti, che i commessi firmino i loro contratti e escano dalla disoccupazione di cui nulla importa a Alfonsi e soci e speriamo infine che i 7 milioni di oneri che affluiranno nelle miserabili casse del Comune vengano ben spesi.

E qui mettiamo l'ultima nota: l'unica cosa velatamente positiva che trasparirebbe dal comunicato del Primo Municipio riguarda una parte della allocazione degli oneri, quelli che andranno a restaurare lo splendido Cinema Airone, all'Appio Latino, oggi abbandonato e di proprietà del Comune. L'unica novità discutibile, loro la considerano invece l'unica cosa accettabile (sebbene "foglia di fico"): ragionano esattamente al contrario. Cosa è successo dunque? E' successo che nello schema precedente e con la precedente amministrazione le risorse erano allocate su alcune partite: Fori, Villa Borghese, la riqualificazione della povera Villa Aldobrandini. Giustamente tutto in centro, essendo l'operazione nel centro. Oggi si viene a sapere che gli oneri verranno spesi diversamente: in particolare per restaurare un altro cinema, l'Airone appunto. Sorvolando sul poco buon gusto dell'assessore Luca Montuori che sposta dei denari da una partita all'altra quando "l'altra" un edificio progettato da suo papà architetto, ma sorvoliamo perché comunque la qualità del manufatto è elevatissima ed è giusto riqualificarlo. Già, ma per farci cosa? In anni in cui i visitatori dei cinema crollano cosa fa il Comune invece di investire sulla cultura del linguaggio cinematografico, sulle scuole, sugli incentivi economici per i giovani per invogliarli a frequentare? Si apre sale tutte sue per far concorrenza agli operatori privati? Fa il bis della ridicola operazione del Cinema Aquila, a tutt'oggi chiuso nelle more di bandi impugnati e fior di ricorsi (al Pigneto han fatto prima i privati a riaprire perfino l'Avorio, mentre l'Aquila versa in abbandono). Ma poi nella convenzione pare che il cinema interno al Metropolitan (la famosa sala da 100 posti che verrà ricavata assieme ai negozi nell'attuale spazio abbandonato) sarà nelle disponibilità del Comune per ben 4 mesi l'anno. Dunque il Comune già acquisisce di fatto un nuovo cinema, che sommato all'Airone faranno due: ma siamo sicuri che il mestiere del Comune sia quello di fare l'impresario di sale cinematografiche? Ma siamo forse a Cuba o in Corea del Nord? Non si potrebbe lasciar fare questo mestiere ai privati?

Insomma una operazione che ci fa dire "bene ma non benissimo". Bene che il progetto sia stato sbloccato e che un cinema chiuso dal 2010 possa trasformarsi da problema a opportunità, ma qualche dubbio sul come queste opportunità si stanno cogliendo.


P.S.: non dimentichiamoci di chi - nome: Michela, cognome: Di Biase, oggi ricandidatissima con Zingaretti e come ti sbagli - ha contribuito a far sì che il progetto restasse al palo durante la Giunta Marino. La Giunta infatti aveva predisposto tutto per risolvere questa questione tre anni fa. Altri tre anni perduti a causa di ignoranza, ideologie e mentalità bacate...

Lo scandalo del Cinema Metropolitan. Tronca può regalare alla città 7 milioni di euro con una firma

20 maggio 2016

Il nocciolo di questa storia, cui in passato abbiamo velocemente accennato in tempi non sospetti, la capisci dai numeri. E dai numeri capisci quanto sia emblematica. E coi numeri ti spaventi perché ti rendi conto che di queste storie ce ne sono centinaia in città e dunque centinaia sono i milioni di euro dilapidati sull'altare dell'idiozia e della tara mentale. Sempre dai numeri capisci anche quanto è falsa la vulgata della città ingovernabile "perché mancano i soldi", della Roma condannata per qualche sacrilegio a povertà e disoccupazione.
Nulla di più fasullo: causa del nostro male siamo noi stessi. 

Il Metropolitan, cinema che molti di voi ricorderanno, giace chiuso, tristo e abbandonato all'inizio di Via del Corso. Dal 2010. I vecchi gestori non ce la facevano e stavano accumulando debiti. Neppure sono riusciti a vendere o magari a regalare la licenza. Hanno dovuto vendere, pure le mura. Le ha comprate un imprenditore, uno di quelli seri, uno di quelli che nessuno conosce perché a Roma meritano di essere conosciuti e popolari sono gli imprenditori criminali, gli altri no.

Il Metropolitan nasce in qualità di spazio commerciale nel cortile di un ex convento nel 1909: all'epoca era un grande magazzino commerciale. Ricordate questo dato, perché vi farà comodo in seguito. Nel 1911 diventa cinema-teatro e solo nel 1948, dopo la guerra, viene restaurato e diventa Cinema Metropolitan. Poi nel 2000, grazie alla famosa delibera Nuovi Cinema Paradiso (negli anni in cui questa città riusciva a darsi dei progetti e delle visioni), si demolisce tutto e si fa una multisala da 4 sale, tutte più o meno di dimensioni simili: nel 2010 la chiusura. Poi la cessione.

Parte un progetto di trasformazione: come accade dovunque la proprietà cerca di mettere a reddito l'immobile e punta a creare uno spazio commerciale, pur mantenendo una parte non irrilevante a funzione cinematografica.

E' la storia di tantissime città occidentali e italiane. Un progetto che in altre città e in altre regioni sarebbe passato subito. Una trasformazione che altrove è stata fatta, per tutti i cinema cittadini, vent'anni fa.
Il progetto viene approvato in conferenza dei servizi, presso i Vigili del Fuoco (dopo anni di trafile burocratiche), poi passa in Giunta con Alemanno e poi passa di nuovo in Giunta con Marino. La delibera era fatta piuttosto bene e dunque è stata approvata sia dalla Giunta di destra sia dai bravi Marta Leonori e Giovanni Caudo. L'imprenditore, come è giusto che sia, viene spremuto al massimo dall'amministrazione: per avere il cambio di destinazione d'uso e tutti i permessi per portare a compimento il suo progetto di sviluppo deve contribuire alla collettività, così funziona nei posti civili: deve versare alla fine 6,7 milioni di euro alla città, deve impegnarsi ad assumere almeno 60 persone, deve fare un cinema da 100 posti e fare in modo che per un mese l'anno sia disponibile per l'amministrazione. 

Ovviamente i 60 posti di lavoro sono solo quelli diretti, ma poi c'è l'indotto: i 6,7 milioni infatti faranno partire cantieri (la riqualificazione di Villa Borghese, la riqualificazione della derelitta Villa Aldobrandini) che avranno operai, archeologi, architetti finalmente impegnati. Ma poi c'è l'indotto della zona: la chiusura del Metropolitan deprime tutte le attività commerciali della parte alta di Via del Corso che stanno infatti licenziando e chiudendo. E c'è l'indotto del cantiere del cinema stesso e le assunzioni di operai e maestranze durante i tanti mesi di lavoro per allestire lo spazio commerciale.

Dunque ricapitoliamo:

-Il Metropolitan non è affatto una sala storica, risale al 2000

-L'operazione immobiliare, totalmente con capitali privati, potrebbe generare 60 posti di lavoro più i tantissimi posti nell'indotto (i posti di lavoro del cinema quando era aperto erano 5!)

-L'operazione permetterebbe al Comune di incassare quasi 7 milioni di euro da reinvestire (quando si fece una operazione del tutto simile al Cinema Etoile di San Lorenzo in Lucina gli oneri furono pari a 2,5 milioni) su riqualificazioni

-Il Metropolitan, chiuso da 6 anni, finalmente riaprirebbe con una sala da 100 posti rendendo viva una zona della città morta, specie dopo cena

-Un pezzo di città che sprofonda nel degrado sarebbe riqualificato commercialmente: oggi è spettrale

Non ci sono i soldi? Come vedete è una sciocchezza, una scusa, un pretesto: non è mai vero! Semmai non c'è la capacità, non c'è la visione, non c'è la lucidità politica, ci sono tanti interessi contrari al bene comune e parecchia cattiva fede e soprattutto non ci sono le armi per combattere contro chi fa battaglie strumentali. Come in questo caso una politica cittadina che risponde al nome di Michela Di Biase. Tra le prime ad attaccare volgarmente e stupidamente il sindaco Marino, imbarazzante in commissione commercio sulla faccenda dei cartelloni e unica e sola figura politica ad ostacolare questo progetto che chiunque ne studi le carte non potrebbe che giudicare positivamente. E' riuscita, da sola, a bloccare la delibera, a farla passare nelle commissioni da lei partecipate o presiedute e una volta lì a bocciarla: il progetto si è arenato, gli investitori (grandi multinazionali!) già pronti ad affittare gli spazi e ad assumere le persone pattuite sono letteralmente scappati, la società romana che sta cercando di far quadrare l'operazione ha giurato che mai e poi mai investirà in città e se 60 famiglie (ma almeno un centinaio con l'indotto) oggi sono senza lavoro lo devono sostanzialmente a lei. Un centinaio di stipendi sono 300 persone che potrebbero vivere con dignità e che invece ora, senza alcun apparente motivo se non piccoli e squallidi giochi di potere, sono alla disperazione.
Come è dovuta a lei l'assenza di un cinema a Via del Corso, perché il progetto avrebbe aperto un cinema (una delle quattro sale di cui era composta la vecchia multisala ferma dal 2010) che ora è chiuso. 

Ma c'è una cosa ancora più grave: grazie al comportamento di politici di questo tipo, che procedono solo per sciocche ideologie bypassando qualsiasi buon senso e logica del bene comune, sono migliaia e migliaia nel mondo gli imprenditori che stanno alla larga dalla nostra città. E' una autentica tragedia. Si tratta dell'unica città che schifa gli investimenti invece di facilitarne l'arrivo. Dovete vivere questa faccenda come un attentato alla vostra stessa e in special modo a quella dei vostri figli: se sarete costretti a farli scappare all'estero per offrirgli qualche opportunità e anche e soprattutto a causa di questa mentalità.
Il senso di trasandatezza, povertà, trascuratezza che percepite addosso è dovuto a questo: assenza di investimenti; specie di investimenti internazionali. Perché non esiste città al mondo dove un progetto come questo viene non già bocciato (almeno sarebbe una risposta definitiva e permetterebbe al proprietario di andare a investire ora), ma proprio bloccato, insabbiato senza motivo. E' la cosa peggiore che puoi fare quando hai a che fare con chi deve investire: l'incertezza dei tempi. Ad un imprenditore digli di "no", ma non lo tirare scemo per dieci anni perché così lo stai uccidendo. E stai facendo sì che quello racconti a tutti la faccenda tenendo lontane ricchezze, opportunità, business e speranze dalla città.
E a rimetterci sono le persone deboli, quelle che non possono mandare i figli a Londra a studiare scommettendoci sopra 50 o 80mila euro l'anno, quelle che non hanno le chiappe parate dalla famiglia, quelle che vivono del proprio lavoro. E' per questa gente che bisogna consentire alla città di svilupparsi, non certo per fare un favore agli imprenditori privati come ha detto Orlando Corsetti (altro genio in prima fila a sostenere Giachetti) quando, dopo aver approvato il progetto in qualità di Presidente di Municipio, lo ha bocciato in qualità di pessimo presidente della Commissione Commercio nella scorsa consiliatura. Ovviamente nel Consiglio Comunale di Roma le commissioni commercio organizzano barricate invalicabili contro l'imprenditoria di qualità, dimenticandosi storicamente mafia, 'ndrangheta, camorra, mafia capitale e mille altre criminalità che ormai, grazie a questo strano strabismo, si sono impossessate di una percentuale mostruosa delle attività commerciali di Roma. Tutto bene.

Sarebbe bello sapere cosa pensano di un progetto simile i candidati sindaco. Sarebbe un dibattito concreto per una volta. Sarebbe bello in particolare capire cosa ne pensa Giachetti, appunto. Perché nella sua compagine, figure che si comportano come la Di Biase invece di essere messe ai margini, vengono valorizzate: si parla di un ruolo per la nostra eroina di Presidente dell'Assemblea Capitolina o addirittura di Assessore alla Cultura. Una beffa. 
Va bene essere belle, va bene essere mogli di importanti ministri come Dario Franceschini, ma soprattutto bisognerebbe valutare il merito di quello che si fa. E qui il merito è disastroso: un danno enorme per la città realizzato solo per allisciare il pelo a esperienze antagoniste e (un tempo) illegali come quella degli occupanti del Cinema America o del Teatro Valle. Ma se una parte del bacino elettorale della Di Biase sono gli occupatori di professione, questo non dovrebbe essere un buon motivo per bloccare l'economia normale, legale e sana. Anche perché perfino la Di Biase sa benissimo, al di là delle sue ideologie dannosissime per la città, che qualsiasi sala cinematografica non può sopravvivere se non associata ad altre attività che la sostengano perché di base l'attività cinematografica è in perdita. Certo se, come i suoi amici, occupi immobili senza pagarli, evadi le utenze e non paghi il personale allora forse poi reggere, ma anche lì è dura.
Sono i miracoli della politica: la favorita per il ruolo di miss preferenze alle prossime elezioni riesce a tenere insieme il voto che le arriva dai frequentatori del salotto di Mariella Haggiag col "no" detto a progetti seri pur di far felice il mondo ambiguo delle occupazioni culturali. "No", peraltro, che impedisce al Comune di avere le risorse per riqualificare Villa Aldobrandini, giusto di fronte al portone di casa di Mariella Haggiag stessa. Cortocircuiti che solo a Roma. 

Cosa si può fare? Semplice. La delibera è pronta e votabile, anche oggi pomeriggio. Il Commissario Tronca può decidere di rimandarla alla prossima Giunta allungando ulteriormente il calvario di quei malati di mente che hanno deciso, comprando quelle mura, di investire nella nostra città. Oppure può metterci una firma: niente paura, non partirebbero subito i cantieri perché il fascicolo a quel punto passerebbe alla Regione Lazio per un parere. E così ci sarebbe tutto lo spazio 'politico' per una ulteriore riflessione nell'ambito della assoluta follia amministrativa che impedisce alla città di decidere sulle sue cose senza passare dal veto di una Regione che, se lo desidera, per motivi lontanissimi e magari di bieca convenienza politica, può bloccare tutto (vedasi Stadio della Roma e mille altri progetti che in questa spoletta muoiono). Dunque l'atto di Tronca sarebbe semplicemente giusto, tecnico, non decisivo tra l'altro. Ecco perché sarebbe auspicabile. Anche per sottolineare, ancora una volta, l'assurdità di certa politica che bada al gioco di potere di quart'ordine e non al benessere dei cittadini. 

Commissario, faccia il commissario! Anche perché questo è e sarà un problema di decine e decine di cinema: li vogliamo tutti chiusi e abbandonati come piace alla Di Biase (i cinema abbandonati sono perfetti per chi li vuole occupare d'altro canto...), oppure li vogliamo aprire ovviamente con spazi più contenuti e collocati all'interno di piattaforme commerciali e di intrattenimento multi sfaccettate ed economicamente sostenibili?

Dovete imparare a immaginarvi la vostra città come una vettura. Impolverata e ammaccata, ma potenzialmente bella e molto potente. La vettura è accesa, ha il motore che gira al minimo e la prima marcia inserita e l'acceleratore dà un filo di gas. Però il freno a mano è tirato praticamente al massimo. La vettura fa qualche millimetro, ma non riesce a disincagliarsi e il motore, pur al minimo, si sforza, si sforza, si sforza. E fa fumo. Un gran puzzo pure. Quanto pensate che questo possa durare? Quanto pensate che manchi ad una esplosione vera? 
Se la bella macchina bloccata è Roma, il freno a mano è la sua classe dirigente e il suo personale politico. Per chi deve rubare uno specchietto, per chi deva divellere un tergicristallo una macchina bloccata è molto più comoda da depredare. Sarebbe più complicato con una macchina lanciata in corsa. 

I dirigenti e i politici che ci siamo dati, salvo poche eccezioni, possono avere un ruolo solo in questa pozzanghera di degrado e incuria. In una situazione normale sarebbero fuori contesto e dovrebbero cercarsi un lavoro vero, verrebbero soppiantati da gente finalmente preparata e in gamba. 

Ultima settimana di vita per l'Alcazar. E riflessione generale sui cinema che chiudono

25 gennaio 2016

Chiude il Cinema Alcazar. Questa è l'ultima settimana della sala - una delle ultimissime monosala - di Trastevere che domenica prossima calerà la saracinesca per l'ultima volta. A Roma sono decine e decine le sale che hanno chiuso negli ultimi anni e altre seguiranno sacrificate non solo sull'altare di Netflix, di internet, della paytv, ma anche in nome dell'ideologia. 

Per sopravvivere i cinema devono cambiare. Qualche volta, purtroppo, anche chiudere e trasformarsi in altro perché un cinema che chiude libera in qualche modo pubblico per quelli circostanti. Cambiare perché invece di tenere grandi sale mezze vuote si possono fare sale più piccole con fattore di riempimento più grande e circondarle di servizi che possano sostenere economicamente tutto il resto. 

Certo non si deve arrivare alla presa per i fondelli del cinema Etoile di Piazza San Lorenzo in Lucina che si è trasformato in spazio da 10 posti circondando dal maxi store di lusso di Louis Vuitton, ma il cambiamento è fondamentale. Oggi i cinema muoiono, invece, strozzati dalle regole di chi pretende di amarli, di chi vuole vincolarli, da chi - coi soldi di chi? - obbliga che restino aperti anche se non riescono a sostenersi neppure lontanamente. E così l'alternativa è solo una: cinema vuoti e chiusi, da anni, con l'unico vantaggio, tutt'al più, per chi li occupa. 

Si volevano fare case al posto del Cinema America. Si poteva dire di sì, si poteva dire di no, si poteva occupare abusivamente il cinema oppure, governando il problema, si poteva sedersi al tavolo con la proprietà e proporre alternative ferma restando la necessità del mantenimento di una piccola sala. E' quello che si è fatto tra l'altro in molte città italiane: a Siena, non propriamente un bastione elettorale degli sporchi speculatori della destra, si è fatto così su tutti i cinema: l'Odeon si è trasformato in una galleria commerciale e in piccoli uffici, più una piccola sala; il Metropolitan ora è un supermercato alimentare e delle residenze, oltre naturalmente ad una sala sebbene molto più piccola di prima; il Moderno niente: solo "case per ricchi" come le chiamano i movimenti che da noi (e non nella rossa Siena a riprova che la vera sinistra è altra cosa dal fascismo dei centrosocialari romani) riescono a tenere tutto bloccato; il Fiamma solo un supermercato e così via: dentro la città oggi non ci sono cinema abbandonati e le sale che sono oggi attive lo sono grazie al fatto che si è consentito alla proprietà di trasformarle in parte. 

I cinema possono diventare spazi per convegni, co working, ricavare aree commerciali, piccoli incubatori di start-up, residenze per artisti e creativi, quando c'è spazio appartamenti e spazi per la ristorazione. E' fondamentale che frequentandoli sia garantita una esperienza piacevole che non si fermi alla visione di un film, visione che ormai si può esperire anche altrove. Ma anche solo se restiamo a Trastevere quale "esperienza" garantiscono i nostri cinema? Passate lungo Viale Trastevere e traguardate l'Alcazar: non riuscirete a vederlo perché è sommerso da una coltre di monnezza, furgoni che tolgono la visuale, sosta selvaggia da far paura, alberi abbandonati, cassonetti e bancarelle. E la stessa cosa vale per il cinema Roma, dirimpetto, guarda caso chiuso anche lui. I cinema si devono trasformare, per provare a resistere, in pezzi qualificati e qualificanti di città: luoghi dove trovare anche un bel negozio, un ottimo ristorante, o un albergo di design.

Ma ciò che è normale in tutto il mondo a Roma viene bollato come "speculazione" in nome di una mentalità folle e autolesionista che è invece utilissima a mantenere inalterato il potere para mafioso di movimenti, centri sociali e certa brutta, bruttissima politica che ha trovato in questa città l'humus perfetto per far attecchire la gramigna di un cattocomunismo veterosindacale che genera invidia, povertà, disoccupazione, abbandono e sciatteria. E che, dopo averle generate, le considera un bene irrinunciabile. Una virtù.

Lì dietro c'è un cinema

E intanto l'Alcazar chiude, l'America rimane abbandonato insieme a decine di altre ex sale e così anche il Metropolitan: un enorme spazio in Via del Corso che potrebbe produrre mezzo centinaio di posti di lavoro e che viene lasciato bloccato perché - pur in presenza di un discreto accordo, ovviamente migliorabile, da parte della Giunta - non si vuole accettare che al posto di un (troppo) grande cinema si ricavi un (più) piccolo cinema affiancato da spazi commerciali. Un delitto per i benpensanti che in nome della purezza della cultura celebrano la bellezza del degrado e dell'abbandono. Un delitto doppio anzi: il Metropolitan (ma è solo un esempio su decine) avrebbe generato solo in oneri ordinari e straordinari 7 milioni nelle casse del Comune, soldi già destinati a molti interventi tra cui, ad esempio, la riqualificazione di Villa Aldobrandini. Oggi abbiamo Villa Aldobrandini mangiata dal degrado e un cinema chiuso e vuoto. Oltre che 60 posti di lavoro perduti. E ora la mancata manutenzione di un edificio vuoto e chiuso dal 2010 sta iniziando anche a dare problemi. Ma la mentalità malata del vero potere forte della città (l'ideologia cieca e stupida) è salva anche sta volta: la pressione dei movimenti è riuscita a far esprimere negativamente il Consiglio e le Commissioni Commercio e Cultura e tutto si è fermato chissà per quanto ancora.

Sale cinematografiche chiuse a Roma. Chi dice di difenderle è chi le sta condannando all'abbandono

23 dicembre 2014

“Il cinema non morirà mai, ormai è nato e non può morire: morirà la sala cinematografica, forse, ma di questo non mi frega niente”.
-Mario Monicelli, 1991

In Italia il pubblico dei cinematografi è cresciuto per tutti gli anni Trenta e Quaranta fino alla metà degli anni Cinquanta arrivando a superare gli 800milioni di spettatori nel 1955. Da quell'anno, nata la televisione, gli spettatori hanno subito una flessione che è arrivata ben sotto ai 100milioni di spettatori annui per poi risalire e attestarsi un po' sopra questa soglia psicologica. Sta di fatto che, rispetto agli Anni Cinquanta, il numero di spettatori si è stabilizzato su una sommatoria otto volte inferiore. Peccato che alcuni geni e alcune vestali della difesa della cultura pretendano che l'offerta di sale cinematografiche, le relative caratteristiche, la loro dislocazione in città sia esattamente uguale a quella di sessanta anni fa. E' ovvio che sia impossibile, è ovvio che quell'offerta debba evolvere e differenziarsi, ma è evidente come benpensanti di ogni risma facciano finta di niente. E' un caso essenzialmente romano, dove figli di papà ben protetti si divertono ad occupare sale abbandonate, abbandonate perché magari gravate da vincoli che ne impediscono la trasformazione o in qualcosa d'altro (talvolta è necessario) o sempre in sale cinematografiche, ma più contemporanee.

Lasciamo perdere il Volturno e l'America, episodi squallidi e prepotenti, e concentriamoci sul Cinema Metropolitan. Su questa sala all'inizio di Via del Corso si sta letteralmente accanendo la politica. La Giunta ha giustamente approvato una trasformazione del cinema: sale cinematografiche più piccole e nell'enorme spazio rimanente (oggi non servono sale da centinaia di posti) largo ad attività commerciali per sostenere tutta la piattaforma. Un cinema, insomma, non è più solamente un cinema ma diventa un dispositivo urbano di servizi (commercio, ristorazione, cultura) che si autosostengono l'un l'altro e si mantengono grazie alla loro stessa sinergia. A queste funzioni, a seconda dei casi, se ne possono aggiungere altri: residenziale, ricettivo, laboratori ecc.

Certo, non si deve cadere nel ridicolo come il caso del Cinema Etoile di Piazza San Lorenzo in Lucina che doveva in qualche maniera sopravvivere pur dentro un bellissimo store di Louis Vuitton e che invece si è ridotto ad una saletta patetica con poche seggiole. Il cinema deve rimanere e la sua presenza deve essere garantita in percentuali che possono essere variabili, ma devono essere credibili e reali, ma dopodiché a tutto il resto deve essere dato modo di cambiare, evolvere, modificarsi, tentare nuove strade di sostenibilità imprenditoriale.

Dopo l'approvazione in Giunta, invece, sul Metropolitan si sono scatenati (e non solo quelli di Sel, anche il Pd): le Commissioni consiliari (cultura e urbanistica) hanno dato parere negativo alla trasformazione e speriamo che il Consiglio non si faccia traviare perché altrimenti, semplicemente, significherebbe lasciare il Metropolitan in abbandono per ancora chissà quanto tempo. Il cinema è chiuso dal 2010 e nessun imprenditore degno di questo nome è interessato a riaprirlo dovendo destinare alle attività cinematografiche più spazio di quello che il mercato richiede alle attività cinematografiche stesse.

ShareThis