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lunedì 7 dicembre 2015

Penelope e il granchio

Ehi, ci sei?

Eccoti! Anche stamattina.

Aspetta che mi siedo. Brr. Non fa mica caldo, sugli scogli, a questa stagione.

È meglio, comunque, di quando erano roventi, quest'estate. Sì lo so, tu hai freddo. Come si difende dal freddo un piccolo animale come te? Non hai pelo, la tua corazza rigida ti impedisce di scaldarti mettendoti vicino ai tuoi simili. O forse no? Dormite tutti insieme, voi granchi, o ognuno nel suo anfratto?

Io mi tiro addosso le pellicce, ma il letto è troppo grande, è vuoto. Mi alzo spesso per vedere se Telemaco è sveglio, ormai è un uomo, in fondo al letto escono i piedoni e due polpacci pelosi, quando dorme. Girerei per le sale, ma sotto ci sono quelli là che bevono e ridono, che dicono che Ulisse non tornerà, che devo pensare al futuro, poi diventano molesti, offensivi.

Verrei qui, da te, ma è pericoloso camminare sugli scogli al buio. E anche nelle notti di luna: quel mare nero che mi chiama è troppo vicino. Lasciarsi scivolare giù sarebbe questione di un istante.

Meglio alzarsi poco prima dell'alba. Dormono tutti, anche i Proci, anche i porcari, anche i cacciatori. Solo Argo mi vede passare, povera bestia. Tempo fa veniva con me, ma non ce la fa più, è malato, è sempre stanco. Sogna, e lo vedi che muove le zampe e le labbra. Forse sogna Ulisse, di saltargli addosso, di leccargli la mano.

Anche io sogno. Ma sarebbe meglio se non dormissi, dato quel che sogno.

Euriclea mi ha scoperta, una mattina. È anziana, ha il sonno leggero, si cura che io mangi, mi lavi, dorma. Mi ha seguita, coprendosi i capelli con il suo scialletto. Ha visto che venivo qui. Mi ha studiata, tre o quattro mattine di fila. Poi ha visto che, quando tornavo, ero meno triste. E allora ha capito, e ha smesso di seguirmi.

È che qui, comunque vada, poi il cielo si rischiara. Il vento salato sposta le nuvole, il mare canta, si alzano in volo i gabbiani.

Da qualche parte, lui sta guardando la stessa acqua.

Io ho superato un'altra notte. E tra poco dovrò alzarmi da qui, andare a casa a far funzionare le cose.

Itaca deve vivere. Itaca deve essere prospera e felice. Itaca deve essere la terra da cui non si può stare lontani. Lo so che lui ricorda ogni roccia, ogni tana di animale, ogni cespuglio. Lo so che, là dove si trova, non importa quante battaglie, quante regge, quante spiagge abbia visto, lui non dimentica.

Chissà se il suo odore è cambiato. Chissà i calli nelle sue mani, le rughe intorno ai suoi occhi. Di certo anche io sono diversa, ormai. Ma se immagino il suo ritorno, oh, nella mia fantasia lui è segnato, è abbronzato, ha nuove cicatrici, nuovi segni del tempo e del destino che lo ha tentato, che lo ha chiamato ad andare lontano. E io bacio ogni millimetro, scavo ogni ferita, sfioro ogni macchia, e lo sento, lo sento che riaffiora, eccolo, il mio bellissimo, giovanissimo marito, che alza gli occhi dalla legna che ha tagliato, si scosta i ricci dalla fronte sudata e mi sorride, mentre il sole gioca coi due verdi diversi dei suoi occhi pieni di gioia. Io sono sulla porta, ho i piedi nudi, con una mano tocco il piccolo ventre che sta tendendosi sotto il peplo chiaro, i miei capelli sono mossi dal vento, sono una regina, la sua regina, ogni volta che mi guarda così tutto il mondo si stende ai miei piedi e niente, nessuno, mi farà mai del male.

È una scena di tanto tempo fa, ma io ancora sento l'aria tiepida della primavera che scorre sulla peluria delle mie braccia, il gorgoglio della pancia dove una nuova vita, mia e sua, sta crescendo, e sento il suo respiro affannato dal lavoro, sento la sua voce. Avrà per sempre quell'abbronzatura, quella forza, quel sorriso, non importa in che condizioni il mare lo riporterà da me.

Ognuna di queste onde, vedi? potrebbe aver toccato la sua nave, averla spinta. Ognuna è la gemella identica dell'onda che un giorno lo riporterà a Itaca.

Per questo io vengo qui ogni mattina. Per ringraziare le onde. Finché si muovono, io posso sperare di vedere la sua vela che si avvicina.

Finché si muovono, io lo aspetto.

All'inizio, sai, avevo paura che il mio cuore si spaccasse per il dolore. Telemaco piangeva, le notti non finivano mai. I giorni erano una nebbia confusa, gente che dava consigli, io stessa che esprimevo sospetti, domande, recriminazioni. Il cibo non aveva sapore. Il cielo era nemico. Le piante mi si aggrovigliavano intorno ai piedi quando correvo lontano verso il monte, per trovare un posto abbastanza isolato da mettermi a urlare.

Ora, non so. L'ho aspettato tanto, ho lottato, ho tenuto il mio dolore e le mie speranze in catene. Avrei più che altro paura che il cuore mi cedesse al suono del suo piede che calpesta la sabbia. Che la pelle mi cadesse di dosso quando i suoi occhi, posandosi su di me, vedessero una donna stanca e sola, non la giovane, lucente regina che ogni notte, sotto le sue mani, era morbida creta impastata con polvere d'oro. Di disfarmi in un turbine di ceneri, dopo che tutto questo amarlo mi ha consumata per troppi mesi.

Ho paura, sai, piccolo granchio. Che non torni mai. Che torni troppo tardi. O troppo presto. Che torni per darmi il colpo di grazia, ripartendo un'altra volta.

Ma non posso pensarci, ora. Sta per sorgere il sole. Devo andare, Itaca non si governa da sola, anche se Telemaco ormai è la mia forza e la mia gioia. Sono orgogliosa di lui. Suo padre deve venire a vedere quanto gli assomiglia.

Se a volte sono stata tentata di mollare, di lasciarmi guidare da altri, guardare Telemaco che cresceva mi ha ricordato tutto quel che rischiavo di dimenticare. Ma Telemaco somiglia a Ulisse perché io gli ho trasmesso quel che lui avrebbe voluto insegnargli. In realtà, lui suo padre non lo ricorda. Non c'è in lui la consapevolezza di essere suo complice, suo specchio, nel modo che ha di tendere la mandibola, di passarsi la mano sugli occhi quando ride.

In realtà, la sola che sa quando Ulisse riderebbe, o aggrotterebbe la fronte, o farebbe un gesto di fastidio, e come lo farebbe, e perché, e pensando a cosa, sono io. Io che sono ancora viva perché nell'aria, davanti a me, vedo la sua espressione, sento riecheggiare la sua voce, ogni volta che apro bocca o penso qualcosa.

Vado, adesso. Guarda! Una barca! Ah... ma è il vecchio Laerte che esce a pesca. Poverino, anche lui. Stasera andrò a trovarlo, così parleremo di Ulisse, di quella volta che il vento ha fatto cadere i rami del grande albero al centro del cortile, e lui quasi si è ucciso per salire a spezzare un grosso ramo rimasto penzolante, e io che guardavo da sotto l'ho visto perdere l'equilibrio, e cadere sul tetto. E poi siamo corsi dentro e lui rideva come un demente, perché aveva sfondato il tetto proprio sopra il deposito della lana e non si era fatto niente, davvero niente. E io mi sono messa a piangere e poi a ridere fino a restare senza fiato: come ero giovane e scema! E quando sono stata senza fiato del tutto lui mi ha sorriso, e io ho pensato che avrei potuto non vedere più quel sorriso, e sono svenuta. Laerte non lo sa, ma quella è stata la notte in cui abbiamo concepito Telemaco, dopo che Ulisse mi ha coccolata e consolata e mi ha giurato che mai e poi mai mi avrebbe lasciata sola. Mai. E poi mai.

Maledetta ogni singola onda che lo ha portato via. Maledetta me che gli ho creduto. Maledetti dèi. Maledetta Itaca che non ti sradichi dal fondo del mare per andare a cercarlo. Maledetto tempo che non passa mai.

Maledetto il mio cuore, che anche stanotte non si è spezzato.

Maledetto questo scoglio su cui consumo le mie albe.

Domani tornerò.




















sabato 5 dicembre 2015

The Immaculate Connection

Sapete quando le situazioni stagnano. Stagnano come i piatti da lavare nel lavandino, il maglione slandrato che non vuoi buttare, i giornali vecchi, il bianco da dare.

E un giorno alzi gli occhi e dici: ma sul serio noi viviamo così? No, dai.

A quel punto, se fosse un film si vedrebbe un mutamento radicale nel giro di due giorni. Lei va e si taglia i capelli e li tinge, e va all'attacco del mondo esterno, o lui va e si fa fare un abito su misura e trova lavoro. O lei bussa finalmente alla porta, con le guance e gli occhi accesi, o lui si fa finalmente trovare sotto l'ufficio, con la rosa rossa.
Eccetera. Al cinema l'abbiamo visto tutti.

Ma non siamo al cinema. Se qualcuno decide davvero di cambiare, ci può essere un lento slittamento, o un terremoto subitaneo, ma la fatica, quella che serve veramente, durerà mesi e mesi. Anni e anni. Sarà uno stillicidio. Una tortura della fossa. Un processo di mitridatizzazione. Se acceleri, se aumenti le dosi all'improvviso, muori.

La Fata New Age: Lei quanto resisterà così?
Castagna: Quanto tempo lo ha aspettato, Ulisse, Penelope?

La Bidella di Burro: Può venire un momento?
Castagna: Sì. Oh! Ciao! È successo qualcosa?
L'Uomo: No, ero in giro, ti ho riportato il bancomat.
Castagna, rientrata in classe: ...
I ragazzi: ...Prof? Ma chi era?
Castagna: Mio marito.
I ragazzi: ...
Castagna: ...
I ragazzi: ...
Castagna: Beh, no, è che fa sempre piacere quando ti restituiscono il bancomat.

Castagna: Sono passi avanti. Alla stessa velocità della deriva dei continenti. Ma sono passi avanti
Grande Pagliaccio: Sì, avvisami quando l'India si stacca dal Madagascar.

Poi però vengono giornate come queste. Dicembre. Il mese crudele del fottuto Natale, sì, non riponevamo alcuna speranza in questo mese, noi, nessuno di noi. Invece, qualcosa forse si muove. Sapete quei momenti in cui non solo a una persona, ma a molte, si sblocca la vita. Cigolando, tossendo, sputacchiando come una locomotiva d'epoca. Ma si muove.

Ed è come quando si mette a nevicare.
Piano piano. Senza rumore. Un fiocco, due, dieci. Poi i suoni  che si smorzano. Il delicato zucchero a velo che ricopre tutto. E a un certo punto, sta succedendo. È diventato tutto bianco, è inverno, e l'orrore che hai vissuto l'estate scorsa è finito.

Lunedì, Cavallino: È tornato, ora lavoro tutta la settimana, poi nel ponte dell'Immacolata andiamo via.
Castagna: E come stai?
Cavallino: Non lo so.
Venerdì, Cavallino: Allora andiamo.
Castagna: Sviluppi?
Cavallino: No. Sì. No. Non saprei.
Castagna: Partite...
Cavallino: Sì, partiamo. L'hotel è un 4 stelle.
Castagna: Bene. Okay.
Cavallino: ...
Castagna: Okay.
(Oh guarda, Cavallino: fuori è tutto bianco, adesso, lì da te)

Due settimane fa, Sanguedelmiosangue: Torna. Irish Twin torna. In Italia. Mi ha scritto.
Castagna: !!!!!!!!!
SDMS: Non sono agitato.
Castagna: No no.
SDMS: E comunque non ne voglio parlare.
Castagna: Di cosa?
SMDS: Ecco. Vedo che hai capito.
Ieri, SDMS: Non ci sono per nessuno fino a lunedì okay?
Castagna: Certo. Posso solo chiederti se ha scritto ancora?
SDMS: Sì, ieri.
Castagna: ...
SMDS: Ma io sono anche tranquillo, alla fine.
Castagna: ...
SDMS: E comunque non ne voglio parlare.
Castagna: No.
(Oh guarda, Sanguedelmiosangue: fuori è tutto bianco, adesso, anche lì da te)

Tre giorni fa, la Tipa: E dice che ci dobbiamo riprovare. E che lui se la sente.
Castagna: Bene!
Tipa: Sì. No. Cioè, è che io sono negativa. Non cambierà niente e ormai è così che sarà la nostra vita, basta. Adesso comunque partiamo, per il ponte dell'Immacolata.
(Tipa, guarda, è un fiocco di neve quello?)
Stanotte, Tipa: Da oggi è una storia diversa, ci riproviamo.
(Tipa, guarda quanta neve!!! È tutto bianco anche da te!)

Tre giorni fa, Castagna: Ho tentato di far organizzare la cena in un momento in cui lui era via per lavoro. Ma non ci sono riuscita.
Cavallino, Sanguedelmiosangue, Grande Pagliaccio, Tipa,  Agatha, Fata Bionda: ...
Castagna: Eh lo so.
Cavallino, Sanguedelmiosangue, Grande Pagliaccio, Tipa,  Agatha, Fata Bionda: E l'Uomo? Glielo dici, all'Uomo?
Castagna: No. Non credo. Non lo so.
Cavallino, Sanguedelmiosangue, Grande Pagliaccio, Tipa, Agatha: SÌ, INVECE!
Castagna: Sì, glielo dico. È meglio. Credo. Non lo so.
Fata Bionda: NO, INVECE!
Castagna: ...
Cavallino, Sanguedelmiosangue, Grande Pagliaccio, Tipa, Agatha, Fata Bionda: Ma non andarci proprio, a 'sta cena?
Castagna: Posso spostare, rimandare, ma non cancellarla: la fanno per rivedere me, tra le altre cose.
Cavallino, Sanguedelmiosangue, Grande Pagliaccio, Tipa, Agatha, Fata Bionda: Ah.
Castagna: Eh. Va bene ci vado, me la levo, dai. E glielo dico, all'Uomo.
Cavallino, Sanguedelmiosangue, Grande Pagliaccio, Tipa, Agatha, Fata Bionda: ...
Castagna: Che poi alla fin fine quella sera lui arriva tardi, ha un impegno prima, quindi posso anche salutarlo di striscio.
Cavallino, Sanguedelmiosangue, Grande Pagliaccio, Tipa, Agatha: ...
Fata Bionda: Lo annulla, l'impegno, lo sai?
Castagna: Aaaaaaagh. Non dire così. Non dirlo.
(Che cazzo ci fanno dei papaveri in fiore a dicembre? No scusate va bene il surriscaldamento globale, ma qui si esagera. Quel periodo è finito. Basta. Fanculo. E poi, non era autunno per sempre, da questo ottobre in poi, nella mia vita?)
L'Uomo, oggi:  Ciao, io svegliato ora
Castagna: Ciao.  Io sto asciugando capelli
L'Uomo: Tra una mezz'ora arrivo. Hai fatto colazione?
Castagna: ...
Castagna, dopo, a Cavallino, Sanguedelmiosangue, Grande Pagliaccio, Tipa, Agatha, Fata Bionda: Se avevo bisogno di risposte su quella cena, ora ce le ho.
(Ehi, guardate!!! Un fiocco di neve!!!)





domenica 22 novembre 2015

Il Natale mi fa male

Stamattina qua c'era un post della serie Abete Nero. Cioè quella che tiene traccia di tutti i lutti e i dolori che si accumulano su questa infausta ricorrenza, nella mia famiglia.

Ora non c'è più.

Per chi avesse fatto in tempo a leggerlo, questo è quanto accaduto, grazie a Whatsapp, tra Asti e Norderstedt due ore dopo.


Agatha: Ora che ho finito la colazione ho letto pure il tuo post. Penso che x prima cosa lo devi togliere dalla rete. Adesso subito. Poi prendi il file, così come è, lo stampi su carta rosa, lo metti in una scatola insieme alla tisana preferita dell'interessata, ci scrivi un bigliettino corto di accompagnamento. Pressappoco "stavo x metterlo nel mio blog, ma mi sono resa conto che riguarda solo noi due, i panni sporchi si lavano in casa. Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensi, la tua versione insomma". E se chiami le amiche A e B dall'inizio alla fine, l'iniziale del suo nome in fondo è uno sdrucciolone di stile. Cos'altro? Ah beh. Forse prima di spedirglielo togli le frasi sull'avvocato e il blocco su pinterest, ché se lo togli dalla retr, non è più in rete. Logica elementare

Castagna: Fatto. Hai ragione. No, non credo di spedirglielo. Troppa amarezza. Non ha risposto a suppliche, aperture, coccole, battute. Questa era una cattiveria, per questo motivo era online. Tu non vedi cosa scrive su pinterest. Io credo che stia vivendo di merda. Non ho la presunzione di poterle aggiustare le cose ma trovo ingiusto che abbia escluso dalla sua vita una persona che le voleva sinceramente bene. Trovo sia l'ennesima dimostrazione di autolesionismo.

Agatha: Allora x questo avvento truce mandale un pacchetto senza ingiurie e testi. Ma mandaglielo: panettone genovese, tisana, cioccolatini, un portachiavi pelouche a forma di pesce, un bagnoschiuma profumato e quant'altro ti viene in mente. Se ci riesci, addirittura 24 piccole cose dolci.  E senza testo, se non un "ti auguro ogni bene".

Castagna: Posso essere onesta? Non ne ho voglia.

Agatha: Lo so che nn ne hai voglia. Per questo dovresti farlo. Come terapia contro il tuo rancore.

Castagna: Finirebbe nella spazzatura, cioè dove mi pare che la gente tenda a mettere me. Oggi è veramente dura. Capisco di essere piagnucolosa e poco obiettiva

Agatha: Beh a qsto punto proprio x terapia ti tocca farlo! non sei da spazzatura. Ti sei solo incagliata.

Castagna: Ma sono stanca di essere forte

Agatha: Non devi essere forte! Solo dolce. Eccazzo ora prendo il telefono

Morale della favola. Oggi è il primo giorno d'inverno. Ha nevicato sulle montagne. C'è un sole assurdo e l'arietta fresca. E io mi vivo male il cambio di stagione e l'avvicinarsi delle festività.

Divento cattiva. Recrimino su chi non mi ha dato la possibilità di dimostrare che potevo fare meglio.  Forse è venuto il momento di isolarsi ancora di più. Non reggerei un altro rifiuto. Quindi non farò richieste.

Finirà prima o poi, vero? Vero?

martedì 17 novembre 2015

Cast

L'istituto comprensivo della Valle delle Meraviglie ha un nuovo Consiglio, da stamattina.

Nella componente docenti ci sono 8 rappresentanti, di cui 3 delle medie. Al numero 1:


Il Gigante

Al numero 4: 


L'Impeccabile

E al numero 8:


La Castagna 

Che poi non significa niente, solo che siamo contenti di lavorare tutti e tre insieme. 



Avec eux

Niente. Non possiamo farci niente.

Ma ci siamo, avec eux, anche noi. 

Noi. Che stamattina abbiamo parlato con la prof del morire a 30 anni facendosi esplodere in pezzi così piccoli che resta intatto giusto un paio di dita, dell'essere vissuti nell'odio sempre, tutta la vita. Che abbiamo parlato dell'uscire a cena in una tranquilla sera del weekend, dell'andare a lavorare una mattina di cielo azzurro in cima al grattacielo, del prendere un treno, e non tornare a casa, mai più.

Abbiamo imparato la frase latina CUI PRODEST? perché la prof ce l'ha scritta alla lavagna. 
(Anche da noi, l'ha scritta. Dice che ci comincia a fare latino già in seconda, perché siamo una classe adatta. 

Comunque poi da noi ha interrogato e son piovuti i 4, eh. 

Io non ho portato il diario e mi ha fatto un montone. 

Io le porto i libri nell'altra classe.
Sempre tu, CCCP??? 
Glieli porto io ho detto.Vero prof?)

Ci siamo noi che confondiamo Bradamante e Rodomonte. Ma sappiamo riconoscere un bullo. E lo integriamo. Che lui voglia o no. Democratici. 

Ci siamo noi che vogliamo bene a Diddl e lo andiamo a prendere quando arriva in sedia a rotelle e lo accogliamo in classe con le mani alzate. 

Ci siamo noi che domani abbiamo il gruppo recupero, e quando Riace azzecca i congiuntivi le ragazze ponpon gli fanno il balletto. E invece se Satana capisce il modo e il tempo di una voce verbale si alzano i maschi e gli fanno la haka. Huuuahh!

Ci siamo noi che siamo il gruppo Olimpia. Che faremo un progetto di eccellenza. E siamo sette maschi e la Gnocca. Chi ha detto che quelle carine sono stupide.

Ci siamo noi che mettiamo in scena il famoso balcone e Giulietta. Però la prof si dispera, che a leggere Shakespeare siamo cani e invece la Pallida di inglese ce lo farà fare in lingua originale, ha detto, accennando un breve sorriso sul volto ascetico.

Ehi, gagnetti, state calmi che prima di voi c'eravamo noi e la prof ci porta a vedere la mostra multimediale sui reportages di guerra, quando usciamo dalle superiori venerdì.

Ci siamo anche noi!!!! Spersa ci ha curati nel lontano Oriente (era Oriente, direi: ma subcontinente o sudest proprio?) e vivremo un po' più a lungo e forse potremo studiare, capire, stare con gli altri...

Ci siamo anche noi eh prof, mica ci scordi.  Eh.
Figuriamoci.
Che poi io c'ho ancora una soggezione dopo tutto questo tempo, oh, che prima di mandarti un messaggio su Whatsapp controllo l'ortografia diciassette volte.
Ahahah che ridere, ma smettila Giovane Lupo.
No, ma sul serio. Fidati che lo fanno anche gli altri, fidati.

Ci siamo anche noi, mamma di Castagna ci ha insegnato a tenere il biberon da soli, con le altre volontarie, e adesso giochiamo sul tappetone, Rachid con Denise e Gabriela con Ivan e Matteo.

Ci siamo anche noi, Profinprimalinea ci fa i laboratori al pomeriggio, dai pupazzi alle opere teatrali, al giornale, al cortometraggio che ha vinto a Roma. E non molliamo la scuola. Ma due note dalla canna dell'Albanese prima di entrare le tiriamo, sì dai.

Ci siamo. Avec eux. E con tutti gli altri.

Speriamo che serva.


















lunedì 9 novembre 2015

Love, actually

La Caramella è separata da 10 anni e parla spessissimo di suo marito. Più che spessissimo: direi anche di continuo.
La Caramella è sola e non fa mistero di quanto questo le costi, ma anche di quanto le costerebbe rimettersi a dividere la vita con un uomo.
La Caramella si veste di colori allegri e ha sempre il gloss sulle labbra.
La Caramella fa la dieta e dice: uh, sono le nove e sto mangiando la seconda banana, andrà bene?
La Caramella mi è simpatica.

Stamattina arriva con un caffè in mano, e mi trova, china sulla minitrousse che tengo in borsa, che cerco di darmi la matita nera sugli  occhi pesti e bofonchio: "eh, anche io adesso vado a prendere un caffè."
"Te lo offro io!"
"Grazie, arrivo..."
"No ma stai, te lo porto!"
"Uau!"
E me lo porta davvero.

Poi si agita in giro per la sala prof. E sbotta.
"Allora io sabato mi sono vista con questo tipo..."
"...carino?" faccio io.
"Guarda, secondo me è un figo. È un artista, gira..."
"M-mh?"
"E così, niente, no, che poi non è che abbiamo una storia..."
"M-mh? Vedere foto?"
Intanto in sala prof sono arrivate la Generala e la Celhodoro, e dopo arriva anche la Secca.
La Caramella mi mostra un bel tipo sportivo in foto, poi si agita ancora, e lì cogliamo che non ci è solo andata a cena, col tipo:
"Ma le mie amiche mi hanno sgridata tanto! Mi hanno detto che così non è romantico... ma io scusa sono sola, sono libera, e poi non la voglio mica una storia... lui riparte, e sinceramente a me va bene così!"

La Caramella non ha idea di dove stia lavorando quest'anno, evidentemente. Ma io una sorella liberata non la lascio sola in mezzo all'allevamento di beghine dove entrambe siamo capitate, quindi la sostengo: "ma scusa, tu sei padrona della tua vita, sai tu cosa ti fa stare bene no? E poi le tue amiche, da che pulpito parlano?"
"Mah, ci  sono diverse situazioni... alcune sono state fortunate, oh. E altre sono separate ma si sono rifatte una vita... io non voglio dire che si accontentino eh..."

Interviene la Celhodoro, ex bella donna, molto convinta di sé e nota per aver pubblicamente cornificato il marito non una, ma TRE volte, prima che egli decidesse di non riprendersela più, o lei di non tornare più a casa.
"Secondo me con gli anni una persona capisce cosa è irrinunciabile e di cosa può invece fare a meno... la magia è per le ragazzine."
La Caramella le va dietro, sostenendo che lei non sa se troverebbe mai un uomo che non le pesasse mettersi in casa. Ma è chiaro che lei, alla magia, non ha smesso di crederci, e che il pensiero che la sua vita sentimentale si riduca a un weekend ogni tanto con il trombamico un po' la devasta.
Io affermo che comunque, quando deve scattare la scintilla, quella scatta. E allora, una, tanti programmi su cosa se la sente o meno di fare, li polverizza che è una bellezza.
"Tu dici che comunque quando la persona è quella..." inizia la Celhodoro, e la Caramella fa: "È che ormai mi sembra difficile incontrare uno che mi piaccia sia fisicamente che di testa..."
E io, senza pensare: "Oh, se deve arrivare arriva. Io ne ho incontrati due nella mia vita, e quando arriva te ne accorgi."

Ragazzi. Se avessi detto "io quando ero un uomo tutti questi problemi non me li facevo, peraltro menomale che ora mi sono operata e faccio sesso solo coi cammelli e gli alligatori", GIURO, non mi avrebbero guardata così male. La Generala mi ha letteralmente fulminata.
"Uno l'ho sposato, eh" dico in tono di scusa. E intanto, mentre le colleghe accatastano la legna per bruciarmi, penso, offesa: oh ma che cazzo vogliono queste? Mica ho detto se l'altro l'ho incontrato prima dopo o durante, no? Una POTREBBE aver provato cose grandiose assurde e epocali per più di un uomo, nell'arco di 40 anni? Magari sono stata fidanzata dai diciotto ai ventitre anni con un ragazzo fantastico che poi è tragicamente morto in un incidente, ma sono così fortunata da aver incontrato l'Uomo dopo?

Pensavo che oggi quella che si metteva nei guai dicendo apertamente i fatti suoi fosse la Caramella. Invece ho violato un ferreo tabù: donna sposata!!! Donna sposata non conosce uomo a parte il legittimo consorte!!! Donna sposata, gli occhi, bassi li deve tenere!!! Donna sposata, se domani mattina entra in sala prof e trova Cristiano Ronaldo allungato sul tavolone delle riunioni e completamente nudo, manco lo guarda!!!

Ma. Fatemi. Il. Piacere.

Poi ci ho pensato tutto il giorno. E stasera, combinazione, parlavo con la mia amica Elfodark. Che deve decidersi a mollare il fidanzato, inutile e ormai anche molesto. E mestamente mi diceva: "no vedi una poi deve pensarci, se uno magari è un bravo ragazzo con cui se la sente di mettere su famiglia" e io di colpo sento la mia voce rispondere: "No guarda, una deve pensare se lui la rende davvero felice, perché sì, ti puoi anche sposare così, con uno affidabile, magari non è la scelta sbagliata. Ma nella vita di persone giuste per te ne incontri, e il problema è che magari ne incontri più di una. E allora ti conviene che quello che hai sposato sia veramente il Numero Uno, per te. Altrimenti... te ne vai."
Elfodark mi ha dato ragione, ma, da come parla e guarda, si capisce che lei per ora non si è mai innamorata davvero. E, persino adesso, mi viene da pensare: poverina.

Poi allontanandomi ho pensato a queste due diverse conversazioni.
E ho capito una cosa. Che le mie colleghe sposate si sconvolgono più della mia frase che della trombamicizia di una collega divorziata, perché credono sinceramente che esista LA persona, quella che sposi, quella che non lascerai mai, quella da cui nessuno potrebbe mai distrarti. E mi sa che, proprio perché ho navigato e fatto naufragio nei mari tempestosi  del desiderio, io ci credo tanto quanto loro, e mai come ora, ahimè, mi è stato chiaro che io il mio Numero Uno l'ho incontrato e sposato sul  serio.

(Un attimo prima di sparpagliarci verso le aule, la Caramella ha mormorato in tono ancora più insicuro: "Poi secondo me, in quel che hanno detto le mie amiche c'era anche una punta di invidia..." e io: "Sicuro! Intanto tu la tacca su 'sto weekend l'hai messa". Lei ha riso come una diciassettenne. Che fatica che farò, a non raccontarle niente dei fatti miei per tutto l'anno.)





domenica 1 novembre 2015

Would you please get the fuck out of my silence

Come disse mio cugino (e pensava di metterlo sullo stemma della sua casata nobiliare): "Voglio quietare, cazzo".

Traduco.

Ho ripreso chili, 3 e mezzo sui 4 e mezzo persi, e già questo sarebbe triste. Li ho ripresi in gonfiore in punti assurdi, tra l'altro. Le cosce le braccia etc. La vita no. Il collo sì. Con sopra la faccia che, invece, sembra patita.

Bene. Tutto questo sta per finire, lagne comprese, perché a) non me ne fregherebbe un cazzo di non essere repellente se non fosse che b) devo assolutamente farcela a essere gradevole agli occhi dell'Uomo e c) devo mettere in bolla la pressione arteriosa perché mi hanno trovato la pressione dell'occhio alta e d) devo anche fare un po' caso al discorso zuccheri caffè sale etc perché sto somatizzando di brutto e mi ammalo a nastro. Sono al terzo virus preso in un mese e ora anche basta.

Comunque era per dire che se mi guardo vedo un rottame, a parte per due dettagli, i capelli che oggettivamente sono belli e adesso ben tenuti grazie alle sapienti forbici della Princi, e gli occhi che sembrano più grandi e più verdi che mai, forse a causa del continuo processo di autolavaggio cui sono sottoposti.

Oltre a ciò, la legge non scritta che vige ormai da aprile è
costituita da tre comandamenti: i primi due sono "Donna, tu non vedrai gente", e "Donna, tu metterai la tuta ogni volta che puoi e cioè non quando vai a scuola, non quando esci col marito, non quando vai in giro per lavoro. Ma in tutto il resto del tempo sì". L'altro comandamento è "Donna, tu, salvo impegni di lavoro e uscite col marito, vedrai la luce del sole solo per andare a camminare (quindi in tuta), a yoga (quindi in tuta) o al mattino prestissimo e alla sera tardi nel weekend (quindi in tuta)".

Capite quindi il mio disagio quando, due volte la settimana, devo comparire sugli spalti della piscina comunale vestita come un essere umano di sesso femminile che torna dal lavoro. In pantaloni, perché io la gonna la metto quando non vado a lavorare.

Già, andare alla comunale rappresentava un problema l'anno scorso. Prendi una donna, trattala male, lascia che ti aspetti per ore, ma non mandarla ANCHE ad aspettare la figlia costringendola, per 45 minuti due volte la settimana, a vedere la corsia di agonistica degli adulti, Dio buono.

Quest'anno poi mio marito ha scelto l'atrio della piscina come luogo di tortura, dato che è lì, nei 15 minuti in cui aspettiamo la Princi mentre si asciuga, che mi spiattella cose, mi butta fuori frasi, mi sega le gambe con proposte.

La corsia agonistica della prima fascia oraria serale merita meno dell'anno scorso, grazie al cielo. In compenso, ho discusso al bar di Memole Follettodeifiori la presenza inquietante, nella seconda corsia nuoto libero, di due, a volte tre manzi, che fanno due vasche con stile sciolto, poi si piazzano statuariamente al bordo con braccia conserte, e passano dai 20 ai 30 minuti a mollo come antichi Romani alle terme, parlando fitto. Dalla faccia serissima si capisce inequivocabilmente che parlano dell'origine del mondo, che Dio la benedica, tutto il resto, come dicevano i colleghi di mia madre, non è che mistificazione.
Sono gradevoli da guardare, ma io più che altro li ho studiati perché mi faccio domande profonde. È evidente che non sono lì per il rimorchio. Altrimenti ciondolerebbero altrettanto statuariamente in palestra, a quell'ora. Lì ci sono pochissime persone, i corsi dei bimbi sono finiti, quindi niente nugolo di madri panterose (quelle si eclissano appena va via il Perfido Lucian, l'istruttore gnocco), non è un'ora da ragazze, ma da exatleti che si mantengono in forma e grosse signore che tentano di fare aquazumba sfidando il ridicolo. Non si guardano in giro, i manzi, parlano secco, deve essere un po' come quando io e la Frenci andavamo all'Ikea e ci stavamo tre ore senza comprare niente, solo per parlarci. È una cosa carina, si vede che sono amici, soprattutto due, il terzo ogni tanto nuota anche. E io mi chiedo quand'è che si fanno la fisicata, se lì non muovono muscolo. E mi chiedo perché non vanno a farsi un aperitivo, che costa quanto un ingresso in corsia nuoto libero, se tanto devono solo parlare.

Comunque. Una sera della settimana scorsa si verifica invece uno scenario del tutto diverso. Io poso la Princi ma invece di stare a vedere corro a fare la spesa e preparare cena, ché sono stata in giro tutto il santo giorno. L'Uomo non c'è (...). Ma è la settimana del nostro anniversario di matrimonio (...) e io ho dedicato 4 giorni a ristrutturarmi, pulizia viso depilazione fatta bene e anche nuovo taglio di capelli. Insomma, ricompaio in piscina per prendere la Princi che sono ancora vestita e truccata da lavoro e eccezionalmente ho la piega in perfetto ordine.
Entro correndo e sono già in preda ad un preoccupante giramento di testa, poiché appunto corro da ore, ma anche perché ho il cappotto e in piscina c'è il clima dell'isola di Giava.
Mi abbatto sulla balaustra e guardo se la Princi è ancora in vasca.
Oh.
Ah.
ECCO dove era finito il corso agonistica adulti come Dio comanda, santa Madonna. Questi non stanno a bordo vasca a parlare, no no.
Ma soprattutto. Ecco dove stanno quelli che alle parole preferiscono i fatti.
Il tempo di realizzare che la Princi non è in vasca e neanche a bordo vasca, quindi deve essere uscita da pochi secondi, e in quattro, in due corsie diverse, mi hanno radiografata bene. Addirittura colgo un labiale: "La conosci?" rivolto al miglior pezzo della corsia cinque, che dopo un "No", comunque, si volta di nuovo, forse per stabilire se è il caso di.
Bene, prendo nota. Corsie ad alto impatto ormonale solo dopo le 20,30, è gradito il cappottino sciancrato, astenersi perditempo. Infatti mi asterrò, da ora in poi.

Mi torna in mente una conversazione con SDMS di qualche settimana fa, sull'opportunità di considerare un corso universitario denso di venticinquenni.

Come se questo potesse risolvere qualcosa.

(Il video che segue me lo fece notare su Mtv anni fa l'Uomo, come del resto "My Immortal" del post precedente. Sconsiglio caldamente la visione a chi non ha in corso una relazione sentimentale più che felice. E anche a chi ce l'ha. Io allora ce l'avevo, e adesso é ancora peggio rivederlo.)











giovedì 22 ottobre 2015

La speranza mia dolce

Ieri cercavo parcheggio, con Sanguedelmiosangue, per andare da qualche parte a pranzo. Essendo giorno di mercato, era terribile essere in giro prima di mezzogiorno, la città era invasa da zombie dotati di patente discesi appositamente dai paesini, e posti per le auto zero, fino a sopra la cattedrale.
Appunto lì troviamo posto. Discendendo una stradina pedonale dai ciottoli tondi, gli dico:
"Ma tu l'hai mai vista la cattedrale?"
Risponde di no.
Gliela mostro. Siamo d'accordo entrambi che, sulla porta, a me si inarcherà all'indietro la spina dorsale, mi si gireranno gli occhi e inizierò a sbavare parlando in una variante dell'aramaico antico, mentre a lui, probabilmente, accadrà che si spacchi un lastrone di pietra sotto i piedi, e ne escano quattro nerborute braccia nere puzzolenti di zolfo, per trascinarlo giù giù tra i violenti contro natura. Ma decidiamo di correre il rischio perché il gotico piemontese vale la pena, e dentro, io lo so, le colonne sembrano alberi, tutte dipinte con serti di vite che si avvolgono delicatamente fin lassù in cima.
Solo che l'antico legno del portale è sbarrato. Guardo l'ora: attenzione, è scoccato mezzogiorno. The calling of the agnolotto. Tutta la città sta per svuotarsi e gli zombie dei paesini stanno per essere risucchiati verso le loro tavole, in un vortice di bagna cauda.
Infatti, quando svoltiamo verso il centro, siamo presenti ormai solo noi e i turisti. Stranieri, perlopiù.

Ma in tutto questo io ho fatto una cosa che ormai faccio di rado, cioè sono passata a piedi sotto la cattedrale.
Dove passavo ogni santa mattina, con sole o nebbia, pioggia o neve, per andare a lavorare a Scuolaprivata Delle Stronze, il primo anno d'insegnamento della mia vita, l'anno in cui ho scoperto Asti. L'anno secondo della mia vita con l'Uomo. La cattedrale l'ho vista in tutte le sfumature di luce, e il laterizio monferrino cambiava colore e quasi consistenza, veniva da pensare che Monet avrebbe saputo cosa fare, se fosse passato di lì tre o quattro giorni di fila.

E non solo lui.
Stamattina svegliandomi da sola (di nuovo... ancora... sempre sola) ho pensato alla ragazza di ventisei anni che arrivava sui ciottoli tondi, carica di quaderni, dal vento di Genova e dalle nebbie argentate della pianura, e a tutto quel sangue giovane e felice che pompava nelle sue arterie. E ho scoperto che so a memoria, senza averla mai studiata, ma dopo averla spiegata a dieci terze, una poesia nella quale mai mi ero riconosciuta e che, oggi, mi sta addosso come un guanto.

"Che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
la vita umana e il fato!"




sabato 17 ottobre 2015

L'amore d'autunno

E questo è.

La mia amica ed ex collega, che quest'anno festeggerà il secondo anniversario di matrimonio con il marito modello, dopo anni di sbagli, stalking, solitudine e vomitate per l'ansia mentre tirava su come riusciva i due figli, che ora viene a yoga con me, lavora in un paesino dall'altra parte della provincia, scomodissimo ma tanto carino, e dice con una stranissima calma: "no, ma io sono felice".

Le foglie gialle e rosse che cadono.

Il sole che sale piano dietro le nebbie.

L'espressione sul viso dei miei alunni, quando spiego che su Internet non c'è, quello che dovrebbero veramente immaginare a proposito del fare l'amore con qualcuno, che ci arrivano molto più vicino assaporando la potenza di un verso o di una pagina di romanzo.

Mia figlia che ride. O che tiene musi. O che ha sonno. O che stende. O che scrive. Mia figlia, sempre.

L'extraterrestre che scende dalla macchina mentre gli sto passando proprio dietro, non mi vede, e una stringa di miei pensieri, tanto diversi da quelli che avrei avuto un anno fa, che rimane attaccata al suo maglione scuro.

Gli occhi, verdi di due verdi diversi, dell'Uomo, che mi fissano dalla panca di fronte, nell'atrio della piscina, e la sua voce indescrivibile che dice "Non guardarmi così".




venerdì 16 ottobre 2015

A grande richiesta

Le due ricette più richieste dopo gli assaggi della settimana. Ma se a cucinarle non ci sono i micidiali bsmbinetti della mia seconda e i miei tormentati preadolescenti di terza, non sono sicura che possano venire bene.





mercoledì 14 ottobre 2015

Cioccolato fuso

Una delle due nuove colleghe di Inglese, la Caramella, sta sororizzando con me. Non è niente male, a dire il vero, è una che non gira con un palo nel chiulo come altre colleghe, questa dice "ohccheppalle, oggi devo interrogare!!! Dai ma l'intervallo non può durare così poco, su!" E non disdegna di arrivare a piedi fino al bar per farsi un caffè. Però poi lavora, eh. Si muove bene, ha esperienza.
Solo che ha sororizzato così bene da passarmi la simpatica gastrointestinale che i suoi figli hanno avuto la settimana scorsa.
 
E qui si vede che le cose sono cambiate di brutto, perché, a parte infilarmi sotto il piumino sabato alle cinque e mezza di pomeriggio e dormire fino alle sette di sera, in realtà me la sono fatta tutta in piedi. Imbottita di antiemetici, sono andata a lavorare, a yoga e anche a cena fuori con il Borbone Gentiluomo e due sue colleghe. E ho portato e riportato la figlia in e da mille posti senza mai chiedere il cambio al marito. 
Arrivata a lunedì con al mio attivo 80 ore circa di malessere abbastanza atroce, e le gambe molle, avevo qualche dubbio sul fatto di poter gestire il laboratorio di cucina, da me stessa medesima previsto per martedì.
Essendo, oltretutto, martedì, il giorno in cui due terzi della scuola partivano per l'Expo di Milano, portandosi via quasi tutti i prof, e alla domanda "ma tu per esempio potresti coprire parte del pomeriggio?" io avevo risposto sì, per poi ritrovarmi a firmare tre ore di supplenza di fila e essere l'unico docente presente nell'edificio dopo le ore 15 e 30, con una pluriclasse da trenta persone. Che stranissima sensazione, tra l'altro. Come fosse casa mia, e come fossi persa su una montagna del Bhutan, al tempo stesso. Boh. Arrivando a casa ho avuto una botta di magone. Che sentimentale del cazzo che sto diventando.

Comunque. Ieri mattina, grazie a Dio appena guarita, arrivo con dieci sacchi del supermercato e prendo possesso della cucina. Per due giorni di fila, solo perché io sono la veterana del laboratorio che sa dove mettere le mani e loro invece sono nuove, scattano ai miei ordini prima la Bottadicoca, poi l'Impeccabile, e perfino Fraulein Hitler, oltre a un numero imprecisato di bambinetti più e meno imbranati. Risultato: due quiches di zucchine e crescenza, due crostate, un'enorme torta ebraica al cioccolato e arancia (ricetta veramente spaziale della Bottadicoca), crepes dolci e salate, pere Belle Hélène, muffin cioccolato e banane.
Sarebbe a dire spuntino dolce e salato per tutti i presenti, comprese bidelle e segretarie, ieri mattina; "colazione" di stamattina, intesa come assaggino di crostata e torta al cioccolato, per la mia terza rientrata zuppa dalla tirata milanese sotto la pioggia, e per i prof; altro spuntino per tutta la scuola stamattina; e ce n'è ancora per la "colazione" di domani. Cioè, presi dal sacro fuoco, abbiamo cucinato in tempi e dosi così generosi che è avanzata roba da mangiare, in un edificio pieno di bambini: un record. Satana, che in occasione della preparazione delle crepes sfodera un talento divino, è stato due ore d'orologio davanti ai fornelli, a gestire due padelle insieme. Alcuni non hanno la manualità di sbucciare una pera o fare a rondelle delle zucchine, per non parlare del servire le mie elegantissime pere con cioccolato fuso, panna e gelato dopo averle spatasciate, maltrattate e sbattute nel piatto così tanto da farle assomigliare a un budino dell'ospedale vomitato. Ho detto cose irripetibili su come sarebbero stati espulsi da qualsiasi scuola alberghiera, e invocato lo spirito di Simone Rugiati, che venisse a sfotterli per la loro magra abominevole alla prova di presentazione.
Si sono lasciati maltrattare felici.

Ora. Nella lista dei motivi per cui non me ne posso andare da Scuolina Rosa figurano: il fatto di attraversare i corridoi con addosso un grembiule, in mano un vassoio di muffin caldi, della farina su una guancia, attorniata dai ragazzini che hanno il cioccolato fuso fin sulle sopracciglia; il momento splendido in cui chiedendo educatamente permesso ("se lo dite in giro, vi faccio sospendere") mi ficco in bocca il cucchiaio con cui abbiamo spalmato la marmellata di pesche o la Nutella e vedo le faccine illuminarsi di simpatia; la mezz'oretta di calma in cui restano in pochi a pulire e magari si parla a cuore aperto del più e del meno, senza ruoli, senza cattedra; la scoperta di un alunno che in classe si agita come un posseduto o si distrae di niente, e in cucina invece è preciso, sereno, a suo agio. Sono giornate di felicità intensa e innocente. Il massimo dei massimi è ricevere nel frattempo la visita di un prof in pensione, o di un exalunno grande: che, regolarmente, alla vista della cucina inondata di marmocchietti imbranati e al riempirsi le narici del profumo di crostata e biscotti, ha un momento proustiano e si commuove.

Di stamattina mi resterà la prima mezz'ora. Quando sono arrivata in seconda, ho visto che erano in pochi perché, dopo le dodici ore di file, visita in piedi, e pioggia battente, molti stamattina erano a pezzi e non si sono alzati. Allora ho annullato il tema in classe e preferito continuare con le ricette tutti insieme.
"Prima però voglio sapere una cosa. Brad, l'hai tirata tu la matita che è finita in faccia a Orsetta, vero?"
Ecco, Brad Pitt quello vero, da piccolo, quando lo sgridavano e si vergognava tanto che gli veniva da piangere, ve lo figurate quanto poteva essere da mangiare di baci? Questo qua appunto era così. Occhi azzurri pieni di lacrime, deglutizione faticosa, pallore mortale. Annuisce muto e attende il destino che, sicuramente, a giudicare dalla sua espressione disperata, sta per polverizzargli la famiglia, la casa, la vita.
Il destino in questo caso sono io, e detesto iniziare la giornata facendo piangere un dodicenne. Ma dura lex etc. Quindi dico in termini semplificati al ragazzino che credo che sia poco furbo, dopo che i tuoi ti hanno spostato da ScuolaFiga dei Quartieri Alti, dove morivi d'ansia, in una scuola tranquilla dove stai bene con la tua classe, portare a casa una nota che dice chiaro che te ne approfitti e esageri.
Posso vedere, come se avesse la fronte di cristallo, che Brad Pitt pensa a una punizione esemplare tipo accademia militare e si chiede se sia il caso di fare testamento. Invece faccio una cosa strana e gli chiedo di scriversi la nota da solo, cosa che fa, in calligrafia ordinata, riuscendo a non bagnare la pagina di lacrime, perché tiene i denti stretti e risponde solo a cenni, ma guardandomi con un'espressione che dice "oh no ti prego mi sento una merda, mi stavi anche simpatica e non volevo deluderti, oddio scusa, come ho potuto". Roba che io mi devo allontanare di corsa dal suo banco, altrimenti gli stamperei un bacio secco in fronte e gli comprerei le caramelle.
"Informo i miei genitori che l'altro giorno durante la lezione ho tirato una matita che è arrivata in faccia alla mia compagna F. Non ho detto che ero stato io e così ho fatto prendere una nota sul registro a tutta la classe." Gliela firmo, gli chiedo di portarla controfirmata, andiamo in cucina.

"Adesso qualcuno porta le crostate alla mia terza" dico.
"VADO IOOOO" strillano.
"Ah no, vado io" rispondo, "altrimenti finisce come ieri, che alcune crepes sono partite ma non sono mai arrivate..."
Poi ci ripenso: "No anzi, ci mando Brad Pitt. Che ne ha già combinata una e adesso non si sognerebbe mai di farmene un'altra, vero?"
Che bello, vedere le nuvole sparire dagli occhi azzurri. Parte come un soldatino. Per il resto della mattinata, ce l'avrò attaccato al fianco destro come un'ombra, al bancone della cucina, in mezzo a dieci ragazzini ululanti che si fanno dire le cose sei volte eseguirà, in un silenzio trappista, qualsiasi mia richiesta nell'attimo in cui la formulerò, e non lo sentirò mai nemmeno respirare.

Vado a omaggiare di persona la terza, durante la distribuzione della crostata. La Boscaiola ha già fatto capolino in cucina per salutare, sorridendo. La Vagabionda, quando arrivo in classe, mi viene incontro a braccia tese. "Bisogno di coccole?" chiedo sorpresa. "Sììì." E mi ritrovo così sollevata di vederle lì tutte e due, contente di essere a scuola, che la abbraccio davvero.

Stasera, in salotto da noi asciugano sullo stenditoio una dozzina di grembiuli. Domani lezione, ora basta giocare col Dolceforno, cazzo siamo indietro, scattare, fuori i quaderni. Pomeriggio coi genitori in riunione e, mannaggia, non ho scritto i Pdp e neanche i progetti, scadenza per la presentazione: domani, vacca maiala.  Eh. Qualcuno vuole un muffin?

Ah scusate. Guardate con che grembiule si è presentato Satana, per la serie: paraculi fin da piccoli. Ma, in effetti, è il Michelangelo delle crepes, per cui gli abbiamo perdonato il full frontal.












 

Al cuore, Ramon

Okay. Ieri avevo 4 ore di lezione. Ho fatto le prime 2. Poi sono uscita alla fine della sesta. Perché le 4 successive le ho passate a gestire, con un vicepreside molto preoccupato, il fatto di avere 3 (TRE) alunne che si sono inflitte tagli con il cutter. Una aveva uno sbrego di 15 centimetri su un avambraccio.

E la cosa più brutta è che delle tre questa è l'unica che sta zitta e non dice perché. È la nostra boscaiola bisessuale dichiarata, coi capelli strani. Che non avevo mai visto piangere e che ha il pelo sullo stomaco di fare a ME scena ostinatamente muta, una volta, prova di resistenza, per 75 minuti.  Ma ha pianto quando le ho preso la mano gentilmente per girare il braccio e esaminare di nuovo la ferita. Ha pianto anche mentre continuavo a tenergliela, la mano.

Dopo la vista delle ferite, lo spiegone in classe e la discesa in presidenza, in piena crisi isterica, di padre e madre della Vagabionda, mi hanno dovuto dare dieci minuti di bonus per farmi bere un caffè battendomi su una spalla. La Bottadicoca, che sul serio sta diventando mia amica, si è fatta carico di fornirmi in fretta e furia un argomento del più e del meno su cui concentrarmi, mentre io stupefatta realizzavo che avevo il labbro inferiore che tremava. E non mi ci hanno MAI vista, così. Tolte le occasioni strettamente legate alla morte della Compagna Collega.

Poi dopo poco il Gigante torna a cercarmi per dirmi che anche la Gnocca ha dei tagli. La aspettiamo insieme, parlando, un bel po' sconsolati, mentre fa la prova di Tecnica. Poi lui, che ha lezione, me la lascia. Questa ha meno recriminazioni esplosive sulle persone che ti ghettizzano perché sei bisex, rispetto alla Vagabionda, e una parlantina che compensa abbondantemente il mutismo doloroso della Boscaiola. Parla a ruota libera e intanto trema come un pulcino.

Adesso tra me e il vicepreside è insorta la questione se affrontare l'argomento sessualità con le famiglie. Lui dice che preferirebbe sapere. Io dico che devono essere le ragazze a parlare. La Boscaiola non ha niente da dire che a casa non sappiano già. Le altre due potrebbero essere solo molto confuse.

Tutte e tre stanno male, però. Con una differenza. La Gnocca è in una classe-caserma di machisti, caciaroni, infantili, simpatici e svegli per carità, ma insomma, persino io lì ho dato una nota di classe sul registro. Per un mozzicone di matita volato durante una lezione, tra l'altro in faccia  a Orsetta Marrone. E, ahiahia, nessuno ha rivendicato il gesto insano. Ma Brad Pitt, durante l'interrogatorio, era bianco come un lenzuolo. Qualcosa mi dice che a casa Pitt non la prenderebbero bene se portasse una notazza dalla scuola dove lo hanno trasferito per farlo andare a lezione sereno. Insomma, la Gnocca ha compagni di classe che vanno ancora civilizzati (che cazzo ha fatto per UN ANNO INTERO la mia collega Stepford Wife?).
Invece la terza C della Boscaiola e della Vagabionda, in occasione della scena penosa in cui ho fatto tirare su le maniche a entrambe, e poi le ho fatte parlare (una, l'altra piangeva), ha dato ottima prova. Seri, forti, compatti, non una parola fuori posto, partecipi senza drammatizzare. Anche Jojen, il nuovo arrivato da Scuolafiga delle Classi Alte, ormai è parte della classe e ha coccolato la Vagabionda, sua compagna di banco, non prima però di essersi alzato sulle sue assurde gambe da trampoliere per andare fino al banco della Boscaiola, a batterle amichevoli buffetti sulla schiena, con sincera simpatia.
E così l'ho detto: "Sentite, VOIALTRI, prima che vada devo dire ancora una cosa: siete una classe coi fiocchi,veramente". Al che i fotoni del sorriso di CCCP, che già normalmente sono rilasciati in quantità di tutto rispetto durante le mie ore, hanno dato un lampo che ha attraversato la classe, tipo quando prendi in pieno un autovelox. Non che fosse l'unico che sorrideva eh. Io invece a sorridere non ce la facevo. Ma quando ce vo', ce vo'. Sono davvero in gamba, i rospetti.

Sulla porta, partiti i pullmini, io e il Gigante ci salutiamo stancamente.
"E questo era il lunedì", mormoro io.
"Era il lunedì", ripete lui.
"Ciao, a domani."
"Ciao."

Come direbbero alcuni exalunni, poi boh, tipo che stamattina mi sono candidata per il Consiglio di Istituto.




giovedì 8 ottobre 2015

Then I will love what (s)he becomes

E adesso è ottobre.
Ho le gambe di legno e questa strada che tanto amo, che fa il giro delle colline a nordovest della città, mi pare un calvario, pur con le sue ville di mattoni rossi, le sue staccionate all'inglese che dividono i paddock, le foglie gialle che punteggiano i rami ancora verdi.

In questa magnifica giornata di tiepido sole, la Princi smaltisce con una bella dormita le fatiche del nuovo corso di nuoto e dei giochi matematici del progetto Diderot. Sanguedelmiosangue, dopo aver superato brillantemente il periodo di prova, nel suo caso durato circa 40 minuti, è stato ufficialmente assunto, a un anno da che ho licenziato Tuttapanna che non mi dava sufficiente continuità, quindi ora è nel mio ufficio a smazzare faldoni.

Io ho lavorato alle sudate carte martedì, poi ho avuto una di quelle serate in cui l'Uomo, la mia personale fetta di sole in questa vita, mi sbatte in faccia le cose che, finchè vivremo qui quantomeno, dovremo pagare. E mi ributta giù nel buio.
Stavolta, dalle pagine locali di un quotidiano, un ben noto viso ci fissava e lui prima me lo schiaffa davanti e poi, con raffinato sadismo, si alza per fare una telefonata, serafico, mentre io sto lì impietrita con le guance ustionate dal rimorso. Scenario: la zona bar delle piscine. Temporaneamente trasfiguratasi nel grigio New England di Hawthorne.

Poi beh, diciamo che gli ultimi mesi, e le conversazioni delle sei di mattina con Agatha, la mia amica whatsappica del lontanissimo Nord Europa, mi hanno insegnato tanto. Così sollevo i miei molti chili di tristezza, colpa e smarrimento dalla panca e mi sfilo le scarpe per entrare nello spogliatoio, dove la Princi sta asciugando i suoi bellissimi capelli ormai lunghetti e vaporosi.
Diciamo che ormai sono addestrata a piangere solo lo stretto indispensabile, e di certo non più perchè ho subito un rapimento da parte di quella creatura ultraterrena. Piuttosto piango per tutto quel che assolutamente non sono più in grado di capire, evitare o quantomeno attutire nella mia, ora terrenissima, per non dire ctonia, esistenza attuale.
Comunque, quando arrivo a piedi nudi, buongiorno verruche, dalla Princi, le due lacrime di numero che mi hanno scottato le palpebre nel breve spostamento si sono già asciutte, come direbbe mia figlia.
E il resto della serata passa senza intoppi davanti a una pizza, il che, dice Agatha, dimostra molte cose. E, secondo il resto dell'universo creato, dimostra una cosa sola, e incontestabilmente: che sono una povera scema.

Ma io tengo duro. E anche mercoledì, dopo un po' che cammino sentendomi da schifo, totalizzo i miei 45' di aria aperta e attività fisica. E al ritorno si sa che ci sono i capelli da lavare e tante cose da finire, e anche a stasera dai che ci siam quasi arrivati anche se è ottobre.

Questo penso. Ma c'è una sorpresa, la sera. Non al cinema, dove arriviamo in ritardo per vedere "Inside out" e l'Uomo è molto scocciato, perché abbiamo perso il cortometraggio iniziale, che lui ha già visto. Io gli chiedo di cosa parlasse, mi risponde "di due vulcani, ma bisogna vederlo, non si può raccontare". Allora gli prometto che tornerò a vederlo e sento che è contento. La sorpresa ce l'ho quando, rientrando, ne trovo una versione parziale su Youtube.

(Che stai facendo, esattamente, Uomo? Va beh. Io, comunque, ti amo.)

martedì 22 settembre 2015

Primi spunti - 3

"E adesso che abbiamo scritto la frase facciamo quello che facevamo già l'anno scorso..."
"...sbagliare."
Vocione che proviene dalla taiga: è la versione 3.1, potrnziata a livello ormonale, di  CCCP, la gioia della mia vita in questa terza.

Ah, mi sono innamorata. In seconda. Di Attimo Fuggente. Che sembra uscito dal suddetto film. Ciuffo bruno, pallidino, fragile, poco concentrato, ma mica scemo. Quando ride è stupendo, ma lui non lo sa. Le ragazzine sono impallate per Brad Pitt, ovviamente, e per i bei ragazzi alti della terza A (i fratelli piccoli di Winnie Pooh, Atreiu e Huck Finn, e un paio di loro compagni). Io punzecchio Attimo Fuggente: "caffè? Cappuccino? Su su sveglia!!" perché al mattino è nella nebbia fitta.

In seconda c'è Satana, ma in prima c'è Belzebù. Penso che ci ucciderà tutti. È tremendo.
Paddy è un DSA grave. Portato dalla sottoscritta in primo banco, d'urgenza, a metà della prima lezione seria di Geografia, ha smesso di alzarsi. Ma resta indietro come Tarzan a un pranzo di gala.




domenica 13 settembre 2015

Primi spunti - 2

In prima sono cinquemila, o almeno tali sembrano.

E sono PICCOLISSIMI. Soprattutto se rapportati agli exalunni che per tutta la settimana hanno descritto ampi giri a passi rilassati e distesi nei corridoi, perché le superiori iniziano dopo. E' difficile credere che anche questi cosini implumi, questi gattini abbandonati nello scatolone, diventeranno altrettanto grandi e spavaldi.

E ce n'è uno che si chiama come il santo protettore dell'Irlanda, ed è biondo come un bambino anglosassone e viene da una famiglia troppo numerosa e scalcinata, come appunto gli emigranti irlandesi. Perciò lo chiameremo Paddy.
E ce n'è un altro che chiameremo Lexotan, perché ha tutta l'aria di averne bisogno. Fisicamente, è la versione maschile di Mercoledì Addams. Ma più ansioso.
E mille bimbe castane di varia etnia e provenienza ma tutte uguali uguali uguali, per cui spiccano la cuginetta di Punta di Diamante, che è castana pure lei ma con due fanali celesti, talmente grandi da essere destabilizzanti, al posto degli occhi, l'unica mora che chiameremo Frangetta, e le rare bionde. Di cui una sembra la Fatina dei Fiori. E l'altra è la mia strappacuore di quest'anno.
E' piccola in modo assurdo. Ha la coda mossa e un po' sfatta, e gli occhi azzurri, ha gli occhiali, ed è tutta un tic nervoso. Hffh hfffh. Tira su col naso. E dicono le maestre che quando è tesa scatta anche con la testa, verso la spalla, da non riuscire a scrivere. Hffh hffh. Me la mangerei di bacioni, di quelli con lo schiocco proprio. Non so ancora come chiamarla, ma ha anche un nome incantevole che più adatto a lei non si potrebbe. Ed è sveglia, sarà nevrotica quanto si vuole, ma fatevelo dire, io e lei insieme faremo grandi cose. Devo trovarle il soprannome più bello e tenero del mondo. Aiutatemi.



giovedì 10 settembre 2015

Primi spunti - 1

In seconda già vedo che sarà croce e delizia.
C'è la piccola dislessica disprassica che però ci mette coraggiosamente del suo meglio.
C'è Orsetta Marrone, sorellina di Orsetto Marrone, che va in ansia quando sbaglia. Anzi, va proprio in ansia quando risponde, parte convinta poi si accartoccia.
C'è Satana. Ebbene sì me lo sono ripreso, uguale identico a quando l'ho bocciato.
C'è la Gnocca, che però è anche in gamba.
C'è Brad Pitt. Che è quello che l'anno scorso aveva attacchi di panico urlati a metà corridoio (più verso la porta) e nooo nooo io voglioandareacaaaasaaaa. Frutto di un anno quasi intero a Scuola Fica dei Quartieri Alti. Dove allevano la super razza, primi in tutto, pieni di soldi, pieni di boria, primi alle gare, criteri di valutazione da liceo. I Fiumi di porpora, se capite cosa intendo. Infatti qui sta benone e quest'anno si è iscritto anche un suo compagnuccio di pallone, l'Albarino. Che è grazioso, castano e tutto firmato, e impostato in modo militare da accademia ufficiali, tanto quanto Brad che è biondino, tutto firmato e perdutamente, rapinosamente, quasi fastidiosamente bello, come Brad Pitt quello vero.
"Voi due la fatica non la temete, tanto, prima di andare a scuola, flessioni nel cortile alle sei e mezza di mattina sotto la pioggia, l'anno scorso, no?" Brad mi guarda con aria pensosa. L'Albarino mi sorride grato.

lunedì 31 agosto 2015

Il campanile è sempre lì

Quest'anno saranno 70.

Tre classi. Nella più numerosa, ovviamente quella dei primini, Castagna avrà un'ora sola a settimana.

E 3, forse 4 insegnanti di sostegno. L'Inutile, lo Stronzo, il Terrore dei Sette Mari, di sicuro. Poi magari, se rimane un ciccinin di compassione al Buddha Manjushri, l'Impeccabile.

Un bel pacchettino mi hanno confezionato. Poi vi esplico perché me lo aspettavo. Diciamo che agli orali ho avuto una bella sorpresa, del genere candelotto di dinamite "anonimamente" recapitato nel posteriore, da parte di due esimie colleghe. Per cui mi sono presa platealmente a cornate in sede d'esame con la commissaria che, ovviamente, era la neotrasferita preside C.
E indovinate chi ha preso la reggenza quest'anno...

Eh già.

Paesino di Sogno fa la festa patronale con sagra, marcia non competitiva, orchestrine e fuochi d'artificio. Castagna ha spiegato alla Princi il motivo per cui, soprattutto assente l'Uomo, non ci può andare. Ripiegheranno, presente l'Uomo, sulla festa di Piccola Svizzera dove Punta di Diamante le ha caldamente invitate.

Il campanile barocco è sempre stupendamente lì che si staglia in cima alla collina e Castagna lo vedrà di nuovo dalla sua aula, cioè da una delle tre. Che si trovano, con assoluta coerenza, in tre diversi corridoi.

Sarà un anno molto lungo.


domenica 23 agosto 2015

Salti nel tempo

"La professoressa Castagna!"
Ummadonna e chi è questo marcant... non ci posso credere. Mai più incontrato in quattro anni. Eppure eccolo qua.
"Ommioddio ciao. Come stai? Quanto tempo..."
"Bene prof. Sono un po' cresciuto..."
"Vedo."
Inevitabile. Le ragazzine sedute sul muretto da cui è sceso sono tutte voltate verso di lui come girasoli.
"Comunque tutto bene... solo che ho fatto una cazzata."
"Tipo? "
Mollare la scuola non può essere, non lui. Ma non faccio in tempo a formulare ipotesi perché, come se fosse una qualunque mattina di scuola immediatamente di seguito a tutte le altre, mi ha completamente catturato nella sua conversazione e va a raffica. 
"Perché sono andato all'istituto tecnico."
"Eh."
"E non facciamo niente in quella scuola. Voglio dire... non c'è niente... per me."
I muscoli sono aumentati, la consapevolezza di avere un cervello che basterebbe da solo a far funzionare un centro ricerche invece è la stessa.  Non facciamo giri di parole, finte modestie, ma nemmeno spariamo cazzate. Non è borioso e io sono serissima, sappiamo di parlare oggettivamente, come quel giorno in cui con calma gli ho spiegato che lui ragionava come un professore, non cone un alunno, e le sottigliezze su cui si fermava non erano pane per i suoi compagni.
"Eh lo so... ma uno può anche essere il più bravo dell'Itis, eh."
"Sì ma... ho sbagliato."
"E beh adesso finisci, ancora un anno,no? E per dopo, cosa pensi di fare?" 
"Avrei un progetto, ma va beh."
Esita. Io aspetto. 
"Se me lo vuoi dire..."
Fa un sorriso caldo come il sole e decide di dirmelo, con la stessa fiducia con cui mi parlava a tredici anni.
"Vorrei entrare nei vigili del fuoco, prof. Ci terrei proprio."
"È una buona idea! Devi fare il concorso, dopo il diploma, no?"
"Sì ma è difficile che prendano, entrano in pochi."
"Beh però vale la pena provare, no?"
"Senz'altro. E se non mi prendono, vado al Politecnico, prof. Tanto io... beh, io lo faccio, il Politecnico."
"Oh sì, tu sì."

Signore e signori, Punta di Diamante. Quattro anni dopo. 







mercoledì 5 agosto 2015

D(')estate

Castagna sta sperimentando la prima estate della sua vita quasi interamente passata in città.
Data la sfiga galattica che affligge i suoi spostamenti (macchine rotte/rubate/ritrovate distrutte/nuove che si guastano/sostitutive a singhiozzo) non ci giura, che la settimana prossima riuscirà finalmente a togliersi dalla rovente Padania.

Se ci riesce a livello logistico, spera di riuscirci anche a livello di testa.

Ma sappiamo tutti che anche la marmitta mentale, il carburatore psicologico, il radiatore emotivo, sono a rischio di mollarci strada facendo.

Non va bene, ecco. Continua, da troppo tempo, a non andare bene.

Non esiste più limite all'insonnia, che ormai mostra il giro completo dell'orologio. Non esiste limite ai luoghi in cui ci si può mettere a lacrimare in silenzio, ma il supermercato e il centro commerciale si confermano i più rischiosi. Non esiste una fine agli scambi di messaggi notturni con Sanguedelmiosangue che, pure lui, passa una fase di curve sentimentali niente male.

La domanda "dormi?" su Whatsapp ormai compare alle tre, alle quattro, alle sei meno venti. Stanotte anche Grande Pagliaccio, che dormiva con suo figlio durante una delicata fase di spannolinamento notturno, alle 03.17 era online, causa pipì preventiva.

Peraltro, i desolati amici di Castagna ormai stanno pian piano cedendo le armi. Il lungo viaggio dell'Uomo alla ricerca di se stesso continua, e Castagna ripete ormai all'infinito le stesse cose, per mancanza di nuovi elementi. Come aiutarla, dato che il consiglio più spesso fornito: "ma mandarlo tu a fare in culo no?" viene recisamente respinto? Come sostenerla, visto che deve per forza di cose aggrapparsi a singole frasi, a brevi gesti spesso contraddetti da tutto il resto della situazione e del comportamento? Come sollevarla da tutto il suo indefesso rimuginare, se anche dormendo il suo stanchissimo cervello PENSA? Non sogna. Pensa.

Avete presente quando andate a dormire con un problema che non avete risolto, e al mattino la soluzione è di fianco alle pantofole, subito davanti ai vostri occhi? In un memorabile, deprecabile caso, tempo fa, una notte sono andata a dormire con il dilemma di dove incontrare una persona senza compromettermi, e contemporaneamente con in testa la scaletta di un'attività scolastica da gestire il giorno dopo, e al mattino le due istanze diverse si erano incontrate, piaciute, e riprodotte, figliando una soluzione che le metteva a posto tutte e due.

Ecco, mi succede una cosa del genere. Il mio cervello si spegne come per un blackout dopo un'intera giornata di pensieri e domande, e al mattino mentre apro gli occhi il filo del discorso è già lì che prosegue. Solo che in queste mattine aride e grigie non c'è la soluzione, perché quella purtroppo non dipende da me.

O forse sì.

Il punto è. Okay. Ci siamo fatti male oltre ogni possibile perdono. Ma siamo qui a parlarne. Siamo qui, anche se tra me e lui ci sono chilometri e ore intere di silenzio: la giornata non passa mai senza un contatto. Il colpo di pinna della megattera sull'acqua. Per guidare il piccolo che la segue nelle mostruose, assordanti correnti oceaniche.
Non sappiamo se ci sia, la soluzione.
Ma io ho tre certezze, molto accartocciate e sgualcite, ma imperiture. Sono sua moglie, questa è la nostra famiglia, e non è ancora finita. Quindi su queste devo puntellarmi per non sprofondare nelle sabbie mobili.

Pertanto,

Io sono qua. Ora mi sposto qualche giorno, per riprendere le forze, e lui sai che le vorrei riprendere standogli vicino, e che ora non possiamo. Ma sono qua. Qua mi troverà. Contraddizioni, difetti, paure e sbagli compresi. Ma troverà anche quello che sono diventata, una volta messa di fronte al reale rischio di perderci.

E un'altra cosa. La Princi. La Princi sta per scendere in campo. Dopo aver mantenuto una regale, sdegnata neutralità, per settimane, ieri è sbottata.
La mia tigre.
Il mio drago dell'antica Valyria.
Se non ci riesce lei, a fargli VEDERE cosa succede, non so chi altro.

La settimana prossima saranno in vacanza loro due soli, in montagna. Davanti al grande, divino monte dal fianco geometrico che io venero da quando riesco a ricordare. Sotto i tramonti al confine francese, con il suono del vento tra i pini, con il profumo delle piante selvatiche.

Io sarò nel mio Tibet, spero. Altri colori, altro paesaggio. Vivo nel terrore che mi diano la stessa stanza dove, anni fa, abbiamo festeggiato rumorosamente, in una notte calda, il suo passaggio in ruolo. Ma sentirò la sua mancanza in ogni dove. Poco cambia, in effetti, il letto in cui dormo.

Poi torneremo qui. Chissà se uguali o cambiati. Chissà se in due, in tre, uno solo, una sola. Chissà.

L'altra sera, con la Tipa, si messaggiava di concerti degli U2 e di andarci noi ragazze quarantenni, o di mandarci Princi e Cuba Caliente (eh già... poi vi aggiorno) e di chi è possibile, ahimè, incontrare a un concerto del genere. "Ma in tutto una stadio???" inorridiva lei. E io: "Ma no dico ma ce l'HAI presente la sfiga che ho?"

La Tipa insisteva. Io le confessavo che adesso, no, ma proprio NO, sentire Bono cantare Stay, If God would send his angels, Staring at the sun, e peraltro nemmeno il repertorio precedente, With or without you, Where the streets have no name, All I want is you. Che, scherziamo? Ma se a me viene voglia di suicidarmi al solo sentire una suoneria di cellulare  o il jingle di una pubblicità.

E si parlava di gente che non si fa problemi del genere. E io dicevo che no, non esistono solo gli uomini che non si fanno problemi. (Io in particolare ho una chiarissima capacità rabdomantica di individuare solo quelli che se ne fanno troppi: un giorno vi racconterò di Bon Jovi, il mio flirtino sulla nave, quando avevo 17 anni. Fin da allora si vedeva che io, uno che si buttasse a capofitto senza paracadute, non lo avrei mai incontrato, e che dei due, nella coppia, quella che quando parte per la tangente si lancia davvero, sebbene nella quotidianità sia una palla di fobie e paturnie varie, sarei sempre stata io.)
Da lì si passava a parlare del credere nei miracoli. Celo. E nell'amore cieco. Celo. E nella passione travolgente. Celo, celo, celo.
Finchè mi usciva la seguente definizione: "Io ho scoperto che ci credo tantissimo [nell'amore]. Non come idea, proprio come forza che muove la natura. Tipo il vulcanesimo"

Sarà per quello che confido nel potere dei luoghi. Dei monti. Delle campagne toscane.

Mah. Magari resterò sola come un cazzo di inutile cane sull'autostrada, ma di certo non smetterò di avere una fervida immaginazione. Infatti ho ripreso a scrivere. Almeno quello.











giovedì 30 luglio 2015

Somewhere along in the bitterness

Questo sarà un post dalla sintassi a spezzatino, perchè me lo invio a botte di sms. Sono in giro con in mano il mio Nokia dell'età della pietra. Scrivo mentre

cammino, e cammino lungo la passeggiata che farò ogni santo giorno quando abiteremo di nuovo a Genova. Perchè credo che alla fine andrà così. Non so quanti

di noi verranno fuori da questa situazione. Non so se ci arriveremo separatamente, insieme, in contemporanea o prima uno poi gli altri. Ma ad un certo punto

è improvvisamente diventato chiaro che tra le colline non c'è rimasto molto, per nessuno di noi. L'Uomo ha nostalgia di casa. Io ho bisogno di un posto dove,

se una donna apre la bocca, le sue parole vengono ascoltate, anche se non ha un uomo al suo fianco. La Princi deve cercarsi un lavoro, e un fidanzato, in una

città dove esistano vie di mezzo tra il figlio di feudatari, cocainomane, e il tamarro scappato di casa, cannato. Senza togliere nulla ai miei meravigliosi

exalunni, che infatti van via dai paesi, per vivere a Torino o all'estero, diciamo che il parco ventenni della nostra zona tende a essere deludente.

Mentre ne parlavo pochi giorni fa, e guidavo in mezzo alle campagne con la Princi, lei a bruciapelo ha voluto sapere "come farai senza questo?" alludendo soprattutto

alla serata appena trascorsa. In cui eravamo state accolte come regine in un paesino lillipuziano, su un cocuzzolo boscoso tra Paesino di Sogno e Paesino Blu.

Dove alunni exalunni e genitori che coprivano complessivamente 8 anni della mia vita lavorativa mi hanno fatto sentire a casa, e raccontato le loro vite, come

al solito. "Ah, ma torno" ho detto. "E' un'ora di macchina, in effetti" ha detto lei. Gli exalunni una cena per vedermi la organizzano, lo so. Ma è il verde,

sono le colline, è la neve. Queste cose, le chiesette medievali, le stradine nel bosco, non potrò portarmele dietro. Però in questi giorni tremendi penso che

potrebbe anche andare a finire che la neve non la vorrò mai più vedere. E nemmeno i papaveri. E la nebbia. E le piogge primaverili sui fiori. E il campanile di

Paesino di Sogno. Ora sono col culo sui sassi di una piccola porzione di spiaggia libera, in città. Soffia un vento tiepido, umido, salato. Sta

alzandosi la marea. Non c'è il sole. Il mare canta qui davanti come se sapesse che deve convincermi. Ma non serve. Ci sto già pensando. Qui forse potremo andare avanti.

Poi naturalmente è un trascurabile dettaglio che ora trasferirsi sia diventato impraticabile, grazie alle nuove politiche del ministero. E che se va tutto come

deve andare la Princi abbia davanti altri 4 anni di scuola. E che la casa di mio padre e delle zie sia interamente da ristrutturare, e troppo grande, nel malaugurato caso che non ci si vada a stare almeno in tre.

Ma abitare a Genova è uno stato mentale, prima di tutto. Per anni "casa" è stata quella dove si tornava nel weekend. Prescindendo dal fatto che, come l'Uomo ha detto ancora 10 giorni fa, casa era dove lui stava con me. Ovunque fosse. E però lui usa il passato. Io uso il futuro. Una conversazione

così è impossibile. Possiamo usare solo il presente. Che per lui è una valigia nel bagagliaio. E per me un girone dell'inferno. A volte, solo a volte, un istante che batte le ali veloce, in un suo sguardo, e poi va via.

Ho camminato scrivendo fino ad avere le gambe dolenti, gli occhi stanchi, le labbra asciutte, i capelli un groviglio di vento, sale e sudore. Un'altra giornata è passata. Non mi sono ancora arresa.  

Uno dei locali più fighi qua sul mare sta già preparando per l'aperitivo serale. L'altoparlante sulla terrazza amplifica How to save a life. Che l'80 per cento dei malati di serie tv associa inesorabilmente a Grey's Anatomy stagione 1. Quella che io so

a memoria, perchè mi ricorda quando tutto stava per cominciare, quando ero anche io una specializzanda, che non aveva mai tempo per dormire, che non immaginava ancora di che cosa fosse capace, che aveva appena incontrato il suo dottor Shepherd e non lo sapeva.  

venerdì 24 luglio 2015

O magari giochiamo al Diavolo veste Prada, e poi ci guardiamo bene allo specchio

Se Castagna, che a questa stagione ha tre possibili tenute

- braghetta maglietta e felpa da gita in montagna
- vestitino da mare scollacciato per non soffrire il caldo (sostituibile, in casa, con t-shirt e mutande)
- vestitino da città in lino per le volte che deve andare a rompersi il cazzo in banca, dal commercialista, etc

al mattino, alle nove, a Asti,
in assenza di riunioni a scuola e di colloqui con specialisti dell'educazione/della psiche/delle pratiche di affido/della logopedia/ dell'ortodonzia /del belino che ti strangoli, ovviamente legati alla Princi,

esce di casa con

le perle al collo,
una generosa vista sulle ancora guardabili tette,
il mocassino da figlia di papà albarina,
e la tipica smorfia alla Mariangela Melato che fa la bottana industriale("maleducato cafone buzzuRRo"),

dove va?

Va al concessionario che QUATTORDICI giorni fa le ha venduto la macchina nuova e ci va DOPO aver già mandato la mail all'assistenza, all'avvocato, e al meccanico dell'officina autorizzata ingiungendo di tenere tutti i pezzi del veicolo per periziarli (papà, mi stai vedendo? sei fiero? non ho studiato Legge, sai che sarei morta se avessi dovuto vivere in mezzo agli avvocati, sai che io voglio i miei gessetti e le mie biro rosse e le mie scarpe da ginnastica, ma guarda come sono diventata brava a far finta di muovermi nel mare degli squali, quando serve).

Perché, rubatami da sotto le finestre la vecchia baracchetta coreana blu scassata, tenuto da parte il vecchio macinino azzurro dei miei ormai dismesso per le prime prove di guida della Princi, finalmente mi ero decisa, dopo due anni di guasti riparati con lo scotch da pacchi, a fare il grande salto.
Nuova di zecca. Bianca. Grande. Silenziosa. Spaziosa. E regalata dalla genitrice, in un momento in cui avevo davvero bisogno di sentire che qualcuno, a parte la mia seconda personalità dissociata, mio cugino e mia figlia, stava facendo squadra con me, ragion per cui accettata davvero con un livello di gratitudine difficile da spiegare.

Due meravigliose settimane di passaggi a chiunque, di complimenti su come si sta comodi seduti dietro, di commenti su quanto è bella alta e leggera e ammortizzata che pare di essere su una nave da crociera, neanche un pelo di cane o una carta di caramella sotto il sedile, ed ecco...
...la sfiga imperiale che mi perseguita...
...il karma orrendo di quella strage degli innocenti che devo aver commesso in qualche vita precedente...
...l'altroieri (temperature esterne percepite, in alcuni punti della Padania, tra i 45 e i 50 gradi) mi molla in autostrada. Prima volta che prendevamo l'autostrada. E come mi molla: proprio lei, che al mattino quando inserivo le chiavi mi accoglieva con Welcome e al toglierle illuminava gentilmente la scritta Goodbye, mi molla senza accendere una spia, senza suonare, vibrare, messaggiarmi, senza neppure fermarsi, mi molla gradualmente in pochi chilometri tirando male, mi molla facendo spegnere l'aria condizionata (grazie eh, dato il clima) e poi arrivando a fatica a una piazzola, dopo che avevo vissuto un improvviso ritorno al cattolicesimo, quando ho capito che non avrebbe tenuto un altro cambio di marcia e ho dato un'occhiata ai centimetri tra me e un TIR alle mie spalle.

Mi molla. E molla la Princi. E il cane.
Un'ora. A quaranta e spingi gradi. In una cazzo di aiuola pisciata da cani e cristiani.
Poi il carro attrezzi. L'Uomo che arriva da non si sa dove, con lo scazzo. Il rientro a casa. Tre litri e mezzo d'acqua e poi il cuore che sfarfalla, forse il sangue gassato, il mal di testa, la notte in bianco.

E adesso secondo loro me la ridanno riparata.

Eh???

No no no no no. Me ne date un'altra nuova, e dovrete anche ringraziare se non la prendo di un'altra marca. E me la testate, grazie, che ho famiglia, non voglio ammazzarmi.

E intanto datemi l'auto sostitutiva magari, e prima di subito, che voglio andare in vacanza.

Non so se la spunteremo, anche se ci ho messo sopra anche l'Uomo e l'avvocato.

Ma stamattina i consigli degli amici

raccomandata brutta eh
Red Bull ghiacciata prima di iniziare, occhio che dopo ti viene la diarrea, ma durante sei invincibile
spaccagli. il. culo.
tamburella con le dita smaltate e fingiti annoiata
etc etc

mi hanno caricata bene e sono riuscita a continuare a sorridere, agitare le perle (quelle della zia, vecchie e perfette, tondissime, non le scaramazze di moda ora, ma quelle che potrebbe avere al collo the dowager countess of Downton, insomma) e non alzare mai la voce mentre chiarivo che

no
non potete giocarvela con il venditore che mi manda al settore tecnico e il meccanico che mi dice che devo andare al settore commerciale

ho già avvisato il mio legale
no
non circolerò su una cosa che ha perso il suo valore d'acquisto in quindici giorni
e
no
non importa se devo aspettare la perizia tecnica
però

mi ruga parecchio non poter partire per le vacanze (quali? ah già, loro non devono saperlo).

Che poi uno dice se davo retta a papà e studiavo legge forse non ci arrivavo a quarant'anni a farmi rispettare, magari mi muovevo così già a trenta. E il pensiero va a tutti i bastardi, gli incompetenti, gli stronzi gratuiti, i figliditroia che ho incontrato

durante il percorso preadottivo
durante la gestione della salute di mio padre
durante lo smazzamento delle varie questioni fiscali e amministrative che ho ereditato di colpo
et alia

che mi sono costati gastrite, colite, bruxismo, insonnia, e malumori sparsi.

Poi arrivo a casa, mi tolgo le perle, faccio il caffè alla Princi, chiacchiero con la Fata Romena, i pensieri si acquietano, e diventano uno solo.

Che tutto ciò non mi costerà neanche un istante di stress di troppo, ormai. Sono al di là delle umane cose. Ho in testa solo noi. Questo è un vero problema, il resto sono moscerini della frutta che passeggiano sul bordo del tavolo.

La vida es otra cosa.

La mia vita con te è tutta la mia cosa.












giovedì 23 luglio 2015

"Giochiamo a vegeto?"

Qualcosa in me sta veramente succedendo.

Consapevolezze recenti, vecchi punti di forza, imparare a chiedere scusa, difendere il terreno conquistato, cedere le armi.

Ho riflettuto sulle piccole cose che, per un motivo o per l'altro, rappresentano appigli per le mie giornate molto silenziose.

Mi sono accorta che uno dei compiti quotidiani che mi dà maggiore benessere è dar da bere alle piante. Che ne studio la salute con interesse reale. Sono poche, una tuja da vaso, un'ortensia, un piccolo melograno, una rosa e una non meglio identificata pianta grassa che qualcuno aveva lasciato a morire sul pianerottolo.

Non è solo che le guardo ogni volta che esco sul terrazzino. È che le penso, quando sono fuori casa. Quindi hanno acquisito un senso altro, rispetto alla normalità delle incombenze domestiche, un po' come le lavatrici compulsive che (Desdemona!!!) hanno ritmato con il loro suono monotono tutta l'estate scorsa.

Ho capito che le mie piante simboleggiano la pazienza, la tenacia, la determinazione delle radici, la speranza delle foglie, e nutrire la loro crescita è un lavoro di profonda responsabilità, mentre fuori infuria la canicola.
       
Vorrei un grande albero sotto cui stendermi all'ombra con te. Ma per ora ho solo questi modesti, stentati vegetali da curare, da sola. Non mi arrenderò, reggeremo al caldo. Insieme.

domenica 19 luglio 2015

La lista 9

1)
Cambia umore di continuo.
Sta ore davanti alla Playstation.
Non propone mai niente.
È depresso.
Se provi a dirgli che deve parlarne o curarsi, si incazza.
Lancia le cose, l'altro giorno anche a sua figlia.
Non dorme.
Ha sfondato a pugni le ante di un armadio.
Non mi tocca più.
Esce e non so dove vada.
È sempre col telefonino in mano.
Ha perso peso.
È andato a giocare a calcetto con gente che ha quindici o vent'anni meno di lui e si è danneggiato i legamenti.
Ha grane sul lavoro.
Io non lo so se abbia un'altra.
Si addormenta alle 9 e mezza come un vecchio.
Vuol fare sempre le stesse cose.
Fa discorsi nerissimi, sembra che pensi solo alla morte.
Non vuol fare più le cose di prima.
Ha la testa da un'altra parte.
Si ammala di continuo.
Non si concentra.
Non si accorge nemmeno che gli sto parlando.
Non c'è mai.
Come padre c'è, ma con me è come se non funzionasse più niente.
Non è la persona che ho sposato.
Non sembra più lui.

2)
Io cerco di tirare avanti ma guarda che è dura.
Sono stanca.
Ho paura che un giorno mi alzi le mani e mi faccia male.
È tutto sulla mia schiena.
Sento che sto buttando via i miei anni migliori.
Non capisco.
Non so cosa devo fare.
A volte lo manderei a fare in culo guarda.
Non dormo più.
Devo prendere le gocce.
Mi ammazzo di lavoro.
Se passasse un altro e mi facesse un sorriso io non lo so mica cosa farei, tanto per come mi tratta lui.
Non so più come aiutarlo.
Sono stufa.
Non so perché torno a casa la sera.
Ci sarebbe uno che mi messaggia, sì.
Vorrei scappare lontanissimo, ma proprio che nessuno sapesse dove trovarmi.
Non so come andremo a finire.
Io le sto provando tutte.
Perché sto con uno stronzo del genere?
Perché sono ancora innamorata di lui, povera cretina.

Ecco. Se voi pensate che le frasi 1 descrivano tutte l'Uomo, e le frasi 2 siano tutte uscite dalla mia bocca, bene, vi informo che siete in errore. Sto raccogliendo tracce di impronte nel bosco, segni di passaggio di questo orrendo animale, di questo mostro che passa attraverso i letti matrimoniali, che mastica anelli nuziali, che sfascia case e tormenta i sonni dei bambini.
E più ascolto le amiche o le conoscenti con cui mi capita di trovare un momento di intesa reciproca e privacy, e più vedo che il problema non ce l'abbiamo solo noi.
Per non parlare della quantità di indicazioni minori, date da gente che non ha confidenza sufficiente per raccontare nei dettagli quanto sono lunghe le notti, quanto è doloroso il giorno, quanta solitudine c'è tra le lenzuola.

3)
Con mio marito è un periodo difficile.
Non è un bel momento per proporgli le cose.
Abbiamo attraversato una gran brutta fase.
Siamo un po' stressati.
Non lo so ancora cosa faremo quest'estate.
Io sono al mare coi bambini, poi vediamo se lui ce la fa a raggiungerci.
Non vedo l'ora che partano tutti, ho bisogno di un po' di tempo per me.

Per carità. Non è che non abbia visto anche me stessa, e diverse amiche, attraversare fasi penose, di depressione, piagnucolamento, spleen esistenziale, o anche quella che la mia amatissima Cavallino al liceo definiva "merda nel cervello". C'è chi ha avuto la depressione post partum e chi ha perso la testa dietro a un collega o rischiato il revival con un ex, chi si è lasciata andare fisicamente, chi si è sposata col lavoro, chi ha scoperto che diventata mamma le importava solo dei figli e chi ha scoperto di non essere tagliata a fare la mamma, chi si è fatta viziare, chi ha viziato il coniuge, chi si è persa in un bicchier d'acqua, chi si è lasciata travolgere da una famiglia ingombrante, chi si è isolata da tutti...
Immagino quindi che potrei scrivere una lista 4, di frasi annoiate, autocommiserative o egoistiche, pronunciate da me e da parecchie altre voci femminili, e una lista 5, di frasi stizzite e sconsolate o brontolamenti misti, intonati in polifonia da voci maschili.

Ma per la verità queste liste avrei potuto più agevolnente scriverle 5 o 6 anni fa, mentre il biennio 2014 2015, almeno nello spicchio di mondo che frequento io, sembra attraversato soprattutto da spaventose crisi maschili. Come se si fossero tutti messi d'accordo, e parlo di gente che abita in un raggio di 1000 km, non di una squadra di quarantenni che si cambia nello stesso spogliatoio tre volte la settimana. Il contagio non può essere avvenuto per contatto.


Avere una figlia di diciotto anni con amici che vanno dai 15 ai 20, e un mestiere come il mio, mi permetterebbe di scrivere una lista 6,  ancora più dolorosa, di frasi di prepuberi e adolescenti travolti dal mostro che si sta mangiando le loro famiglie.

E poi c'è la lista 7, quella che raccolgono gli psicologi o i maestri di ginnastica o i nonni o le maestre elementari, che contiene lo stesso mostro, disegnato a colori scuri da quelli più piccoli.

Ora vi chiedo. Potreste gentilmente darmi una stima anonima di quante coppie conoscete in cui lui, in questo periodo, è messo come da lista 1?
Perché mentre le crisi femminili a cui ho assistito e assisto sono spalmate su parecchi anni, il fenomeno che colpisce il cromosoma Y sembra essersi manifestato tutto d'un colpo negli ultimi tempi. Premetto che frequento quasi solo gente tra i 40 e i 50.

Sto cercando di capire. Non voglio far passare come un'epidemia, o una moda, quel che succede all'Uomo. Ognuno di noi sa che quando si arriva ad un certo punto, e ci si arriva partendo da un matrimonio serio, con gente che si è scelta in modo inequivocabile, e che si è fatta il mazzo per far andare tutto bene, i problemi che vengono allo scoperto hanno sicuramente radici strettamente personali, e profonde. Non voglio sminuire, o mettere in ridicolo. Ma vorrei che tutti questi maschi in botta d'ansia si parlassero tra loro e capissero di non essere soli al mondo. Noi donne lo facciamo. E questo, come quella caramella, che la Zia Bella mi faceva trovare sul cuscino per lenire le mie giornate di liceale musona, non risolve, ma aiuta.

E più di ogni altra cosa vorrei la lista 8, quella che dice, a loro e a noi, cosa bisogna fare per superarla.
E la 9, quella che (io lo so che esiste) dice che dopo una roba del genere la navigazione continua e le rapide finiscono, o almeno, si affrontano di nuovo insieme.





















sabato 4 luglio 2015

Cliffhanger

Io penso che sia amore, ancora. Che sia un amore ferito gravemente.

Volevi fare la figa eh, noi qua, noi là, noi adottiamo una ragazzina straniera, noi coppia, noi Castagna, noi prof.
Intanto il cadavere dei problemi più grossi si decomponeva sotto le ortensie del giardino, e tutti fingevamo di non sentire l'odore.
Poi ti sentivi gnocca eh, con la tresca col bel ragazzone dalle mani forti, con i messaggini proibiti nel cuore della notte, coi giochi di sguardi, col batticuore per il suo sorriso dolce, altro che trentotto anni, ti sentivi invincibile e viva come a venti, e intanto ignoravi il dolore con cui ogni sera andavi a dormire, tutto il non detto il non fatto il non risolto, che faceva così male in quei dieci centimetri di materasso che separavano te da tutto il tuo mondo.

Io penso che sia ancora amore, e che sia io che l'Uomo siamo degli assassini. Che il non detto stia rischiando di vincere sul fatto. Che il fatto sia molto e il da fare ancora di più. E che ci voglia una disciplina feroce a non fuggire.





Io penso che le punte di peggiore sofferenza, gli sbagli più gravi, per qualche assurdo motivo sono tutti datati 1 o 2 giorni prima degli incontri più importanti coi servizi sociali per l'affidamento della Princi, e questo deve per forza voler dire qualcosa.

Io penso al mio braccio che sfiora il suo in macchina, ai suoi improvvisi scatti di insofferenza di fronte alle solite cose, ad un foglio con la scansione delle vacanze separati che si ridurrà in poltiglia da qui alla fine dell'estate a forza di innaffiarlo di lacrime. E al suo sguardo addolorato.

E penso che resterò appesa allo spunzone di roccia finché le forze me lo consentiranno. Perché non voglio che la tempesta mi spazzi via. Ora ho paura ho male ho freddo la pioggia mi schiaffeggia e i fulmini mi si schiantano troppo vicino. Ma può bastare una decina di minuti per far schiarire il cielo e io quei minuti per te ce li avrò sempre, Uomo. Io sarò lì quando il tuo cielo si schiarirà e ci asciugheremo insieme.

E se vuoi buttarmi giù, dovrai staccarmi le dita dalla roccia una ad una. E guardarmi cadere. Ma io penso che non cadremo. Penso che sia ancora amore. E che se è vero che a volte la merda è troppa e amarsi non basta, come dice Sanguedelmiosangue, possa essere vero anche il contrario.