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domenica 25 settembre 2016

Gli gnocchi di patate e mirtilli con ragù di cervo e La caccia di selezione.

Lo sapevate che in Emilia Romagna la maggior parte della selvaggina che troviamo nelle macellerie specializzate e nei ristoranti, proviene dalla caccia di selezione?
Che cos'è la caccia di selezione?
E' un sistema di caccia di origine mitteleuropea, dove il cacciatore, denominato selecontrollore, caccia in modo sostenibile, con piani di prelievo messi a punto da personale tecnico qualificato, in base ai censimenti e agli avvistamenti. 
La parte fondamentale della caccia di selezione è proprio quella dei censimenti, che si fanno solo in determinati momenti dell'anno, in cui viene stimato il numero di animali da abbattere in base alla necessità che si evince dal risultato finale. Ad esempio in queste settimane, dal 15 settembre al 5 ottobre, è il momento del bramito del cervo, la sua caccia è sospesa ed è il periodo migliore per osservarli e censirli. 
In relazione all'obiettivo da raggiungere si decidono i capi da abbattere. Lo scopo fondamentale della caccia di selezione è quello di conservare e mantenere inalterata la struttura della popolazione (cuccioli, subadulti, adulti, femmine, maschi). 
La caccia di selezione è particolarmente efficace per controllare e gestire le popolazioni animali degli ungulati “rossi”: capriolo, daino, cervo e cinghiale.
La caccia di selezione, in buona sostanza, è uno studio attento e approfondito delle popolazioni degli animali selvatici, con scopo di conservare e rendere equilibrati il numero degli animali in un'area specifica. L'attenta e consapevole programmazione dei prelievi degli animali permette di gestire la popolazione di una determinata razza, evitando un ripopolamento eccessivo della zona (che causerebbe notevoli danni all’ambiente circostante, ai terreni coltivati e alle aziende agricole presenti in un determinato territorio), tutelando la riproduzione e la fertilità della specie e garantendo un trattamento privilegiato a femmine e cuccioli.
Il piano di abbattimento viene fissato annualmente dalle autorità competenti (da noi la Regione Emilia Romagna) in collaborazione con la Guardia forestale e con l'Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale).
La figura del selecontrollore è molto importante, perchè non si tratta di un semplice cacciatore. Per poter partecipare alla caccia di selezione deve seguire un corso specifico e superarlo con relativo esame. 
Il cacciatore di selezione deve possedere una natura analitica, una calma innata, una spiccata capacità di scelta, una perfetta conoscenza del territorio e della specie cui è rivolto il prelievo e soprattutto una forte e ferrea etica che porterà il cacciatore a rispettare tutto quel bagaglio di regolamenti e norme non scritte che non guarderanno esclusivamente ai risultati, ma principalmente ai metodi di raggiungimento. 
Questo comportamento il selecontrollore lo mantiene anche una volta che ha abbattuto l'animale, che viene immediatamente portato nel centro di misurazione di competenza per i controlli sanitari e per certificare che è proprio l'animale che gli è stato assegnato. L'animale viene poi messo in cella frigorifera per la frollatura delle carni, per un periodo di 15 giorni e viene identificato con una targa per la tracciabilità. Trascorso questo tempo, viene portato in macellazione e preparato secondo criteri europei.
La caccia di selezione congiunta al selecontrollore, rappresentano un metodo scientifico della conservazione della fauna selvatica, per evitare che una data popolazione di animali cacciabili possa crescere troppo rispetto all’ambiente che li ospita oppure scomparire.



Amo la carne di capriolo e cinghiale, ma la mia preferita è la carne di cervo. 
Scegliendo le carni provenienti dalla caccia di selezione, ho la possibilità di mangiare un prodotto controllato e sicuro. E' una carne priva di grassi e colesterolo ma ricca di proteine, proprio perché proviene da animali liberi in natura. 

Oggi ho preparato il ragù di cervo per condire gli gnocchi che ho voluto profumare con i mirtilli.
Questi sono stati i primi di una lunga serie di gnocchi senza l'uovo. Amore a prima vista. 
Questa ricetta è per Annarita Rossi, che ringrazio dal profondo del cuore, de Il bosco di Alici  che con un dettagliatissimo post che i consiglio caldamente di leggere, stampare e conservare, ha lanciato la sfida n. 59 dell'Mtchallage




Gnocchi di patate e mirtilli con ragù di cervo




Ingredienti per 4 persone:

Per gli gnocchi
gr. 600 di patate rosse di Tolè
gr. 160 di farina di tipo 1 macinata a pietra
gr. 100 di mirtilli selvatici
1 cucchiaino di zucchero di canna

Per il fondo scuro di bovino
1 kg di ossa di bovino provviste di carne e un pezzetto di doppione
1 cipolla bionda
1 piccola carota
1 pezzo di gambo di sedano
un cucchiaio di olio extravergine di oliva
un cucchiaio di concentrato di pomodoro
ml 250 di sangiovese di ottima qualità
2 l di acqua
1 rametto di rosmarino, 1 rametto di timo, 4 foglie di salvia, pepe in grani, due chiodi di garofano e sale

Per il ragù:
gr. 700 di spalla di cervo tagliata al coltello
1 cipolla bionda
1 piccola carota
1 pezzo di gambo di sedano
1 piccolo pomodoro rosso
1 fettina di guanciale
un cucchiaio di concentrato di pomodoro
ml 250 di sangiovese di ottima qualità
ml 700 di fondo scuro di bovino
6 bacche di ginepro schiacciate
pepe macinato al momento
1 pezzetto di peperoncino non troppo piccante

Parmigiano reggiano, grattugiato al momento, per guarnire.


Preparazione del fondo scuro di bovino.


  • Scaldare l'olio in una pentola capiente e rosolare lentamente le ossa e i ritagli di carne. 
  • Aggiungere poi il sedano,la carota e la cipolla tagliati a pezzetti e continuare la cottura per una ventina di minuti. Se le ossa e la carne utilizzata sono particolarmente grasse, si formerà un evidente strato di grasso che si deve rimuovere con l'aiuto di un cucchiaio. 
  • Spegnere e fare raffreddare. 
  • Aggiungere quindi il concentrato di pomodoro, mescolarlo al resto e riprendere la cottura.
  • Bagnare ripetutamente con il vino fino a quando non si è amalgamato bene al fondo di cottura, poi spegnere e lasciare raffreddare. La scelta del vino è molto importante, non si deve assolutamente sottovalutare. L’aroma, il sapore e le proprietà organolettiche del vino riescono ad amalgamarsi agli ingredienti che compongono il piatto in modo da evidenziarne tutti i pregi. Per non rischiare di alterare il sapore è preferibile aggiungere un bel vino italiano DOC. Migliore sarà il vino che useremo, tanto più gustosa sarà la nostra ricetta. Al contrario, se utilizziamo un vino inacidito o che sa di tappo questo trasmetterà tutti i suoi difetti ai cibi rovinando il nostro lavoro in cucina invece di preservarne le caratteristiche. Possiamo quindi sfumare la carne o qualsiasi altra cosa con lo stesso vino che siamo soliti bere a tavola.
  • Unire ora l'acqua fredda e portare a leggera ebollizione.
  • Unire le erbe aromatiche e il pepe, il pomodoro tagliato a metà e un po' di sale. Continuare la cottura a fuoco lento, per almeno due ore, schiumando e sgrassando di tanto in tanto la superficie del brodo.
  • Passare il fondo di bovino al setaccio e conservarlo per la preparazione di salse, ragù, arrosti e brasati.

Preparazione del ragù di cervo.
  • Tagliare la carne di cervo a coltello, a piccoli pezzetti, come per fare una battuta. 
  • Tagliare nello stesso modo il guanciale e soffriggerlo, senza altri grassi, in una pentola di ghisa. 
  • Unire il sedano, la carota e la cipolla e continuare il soffritto fino a che le verdure non risultino appassite.
  • Aggiungere la carne di cervo e continuare la cottura fino a che il liquido prodotto non evapori completamente. 
  • Aggiungere il concentrato di pomodoro e amalgamarlo bene alla carne con l'aiuto di un cucchiaio di legno.
  • Bagnare costantemente con piccole quantità di vino sangiovese, in modo da sottolineare il colore e il gusto. 
  • Aggiungere il fondo scuro di bovino bollente e cuocere il ragù a fuoco lento per almeno un paio d'ore. Mezz'ora prima unire le bacche di ginepro, il peperoncino e una generosa macinata di pepe.

Preparazione degli gnocchi.



  • Mettere a cuocere i mirtilli con lo zucchero, come a fare una marmellata veloce. Una volta cotti, frullarli con il minipimer. Farli raffreddare. Ho utilizzato i mirtilli selvatici, quelli che crescono nei boschi dell'Abetone, perchè è a Bologna è facile trovarli da fine agosto a metà settembre, se la stagione è stata generosa. Potete utilizzare chiaramente anche quelli coltivati.
  • Lavare le patate e metterle intere e con la buccia a cuocere in acqua fredda. Scegliere patate delle stesse dimensioni in modo da avere una cottura uniforme. 
  • Appena pronte scolarle e privarle della buccia. Passarle con lo schiacciapatate direttamente sul piano da lavoro. Allargare le patate schiacciate con un tarocco in modo da far uscire tutto il vapore residuo. 
  • Aggiungere il sale, i mirtilli e la farina poco per volta e iniziare a impastare. E’ bene impastare il meno possibile altrimenti gli gnocchi diventeranno duri. Meno farina richiedono le patate e meglio è, gli gnocchi saranno più morbidi.
  • Una volta formata una pagnotta tagliare dei pezzi con i quali ricavare dei filoncini da allungare con le mani, facendoli roteare sulla spianatoia fino allo spessore di circa 1.5 cm. Tagliarli in gnocchi di circa 2 cm. 
  • Passare ogni gnocco sui rebbi di una forchetta, esercitando una certa pressione farli scorrere dal basso verso l’alto oppure usare un riga gnocchi, in questo modo assumono la caratteristica rigatura e si formerà l’incavo che accoglierà il sugo.
  • Non li infarinate troppo altrimenti risulteranno appiccicosi, eventualmente usate della farina di riso che in acqua si scioglie completamente.
  • Cuocerli subito in acqua bollente salata pochi alla volta, appena risalgono in superficie sono pronti per essere conditi con il sugo.

Servire con un'abbondante grattugiata di parmigiano reggiano.

Enjoy!

mercoledì 25 novembre 2015

Orecchioni di patate con ragù di salsiccia di mora romagnola.

Contro il food, verso il Cibo.
Questo è stato il tema itinerante del secondo raduno nazionale dell'Aifb, Associazione italiana foodblogger  di cui faccio parte, che si è tenuto a Rimini dieci giorni fa.
Non è un semplice slogan per contraddistinguere un evento, ma la riaffermazione della filosofia dell'associazione.
Lo si vuole fare attraverso le tre T, Tradizione, Territorio  e Testimonianza. E con me si sfonda una porta aperta. 
Penso alla Tradizione come il passaggio di consegne di un sapere che ha creato la cucina italiana, facendola conoscere a tutto il mondo. 
Penso al Territorio come a una parte di me stessa, uno specchio di quello che sono io ma anche delle mie radici. Lo trovo attraverso il lavoro di chi segue un'etica che a  volte sembra scomparsa, faticando nei campi e nelle stalle, portando la Testimonianza del proprio lavoro nei Mercati della Terra, raccontandosi con gusto e semplicità. 
Trovo tutto questo nelle poche vecchie botteghe bolognesi, dove mi piace fermarmi a fare la spesa e a farmi raccontare come tengono duro, nonostante la concorrenza spietata. La risposta è sempre e solo una: la passione, la benzina senza la quale nulla avrebbe più senso.

Ci sarà molto da raccontare nei prossimi mesi. Ci sarà il Calendario del cibo italiano, di cui vi parlerò a breve.

Questa sera c'è invece l'ultima sfida dell'anno dell'MtchallengeI raieu co-o tocco  (pronuncia "cu u tuccu) di Monica e Luca del blog Fotocibiamo

Il tema dunque è quello della pasta ripiena condita con un sugo a cottura lenta. 
Quanta tradizione e quanto territorio ci sono in questa ricetta? E la testimonianza è data dalle decine di ricette che parlano di Cibo vero, quello delle nostre case, quello che ci fa fare la scarpetta per non lasciare neppure una briciola, che sono arrivate per questa bellissima sfida.

Ho voluto dare il mio contributo con una ricetta che le ha tutte e tre le T, ma ne aggiunge una in più la T di Tecnica, quella della sfoglia tirata a mano e del ragu fatto piano piano.

I ravioli da noi in Romagna li chiamiamo urciò, orecchioni e li facciamo a triangolo. 
Il ragù deve essere bello saporito e la salsiccia di mora romagnola ha tutto il sapore della mia terra.

Orecchioni di patate con ragù di salsiccia di mora romagnola. 



per 4 persone

per la soglia:
gr. 200 di farina 0
2 uova

per il ripieno:
due patate media grossezza
gr. 100 di parmigiano reggiano
1 uovo
1 cucchiaio di prezzemolo tritato
noce moscata

per il ragù:
1 gambo di sedano
1 carota 
1 cipolla piccola
cm 40 di salsiccia di mora romagnola
gr 400 di polpa di pomodoro
qualche foglia di basilico
aceto di mele, olio extravergine

brodo vegetale
parmigiano reggiano grattugiato al momento e pepe di mulinello per guarnire

Preparare il ragù:
Il ragù va fatto nel tegame di coccio. Deve essere sempre quello e non si deve utilizzare per nessun'altra preparazione. Tritare le verdure per il soffritto. Mettere sul fornello il coccio a scaldarsi con lo spargi fiamma sotto, per non rischiare di romperlo con il troppo calore.
Aggiungere due cucchiai di olio extravergine e le verdure.  Salare leggermente e soffriggere per almeno 10 minuti, fino a quando le verdure non sono appassite.
In una padella antiaderente mettere a soffriggere a fuoco vivace la salsiccia ridotta a tocchetti. Non deve cuocere, ma solo sgrassarsi un po'. Sfumare con qualche cucchiaio di aceto di mele.

Se usate la mora romagnola o comunque un suino allevato allo stato semi brado, la carne sarà particolarmente magra. Parlo diffusamente della mora in questo post 
http://lesmadeleinesdiproust.blogspot.it/2014/10/zuppa-di-lonza-di-mora-romagnola-con.html

Unire la carne al soffritto, aggiungere il pomodoro e le foglie di basilico, portare a bollore, coprire con il coperchio di coccio e cuocere a fuoco lento per almeno tre ore.
Non fare asciugare tutto il pomodoro, ma lasciare la salsa un poco lenta.

Preparare il ripieno:
Lavare e cuocere in acqua due patate di media grossezza. Una vota cotte, sbucciarle e lasciarle intiepidire. Grattugiare il parmigiano e unirlo alle patate schiacciate con una forchetta. Aggiungere il prezzemolo, l'uovo e una abbondante grattugiata di noce moscata.
Amalgamare per bene e fare riposare.

Preparare la sfoglia:
Setacciare sul tagliere la farina a fontana. Rompere al centro le due uova e cominciare ad amalgamare la farina con una forchetta. Impastare poi con le mani fino a quando non si avrà una palla di pasta bella liscia.
Mettere a riposare una mezz'ora, coperta con una tazza di ceramica.

Tirare la pasta con il matterello, fino ad ottenere una sfoglia sottile un paio di millimetri. Tagliare a grossi quadrati e riempirli con un cucchiaio di ripieno. Chiuderli a triangolo e fermare bene i bordi, schiacciandoli con una forchetta.

Mettere a bollire un litro e mezzo di brodo vegetale preparato in precedenza con una carota, un gambo di sedano e uno di cipolla, erbe aromatiche, sale e pepe.

Quando bolle buttare gli orecchioni e cuocerli per un minuto dal bollore.
Scolarli con l'aiuto di una ramina e condirli con abbondante ragù, parmigiano reggiano  e pepe macinato al momento.






giovedì 24 settembre 2015

Patatainbo, la festa della patata e Riso pilaf e patate, con cuore di burrata e noce moscata.

Dal 21 al 27 settembre Bologna festeggia la patata, celebrando la 7^ edizione del Festival Nazionale della Patata italiana di qualità, Patatainbo2015.




Lunedì 21 settembre c'è stato il primo appuntamento con una esclusiva serata di gala al Carlton Hotel, durante la quale è stata presentata dalle autorità bolognesi l'edizione 2015 di Patatainbo e dove 19 prestigiosi ristoranti hanno gareggiato in una gustosissima sfida all'ultima patata, facendoci assaggiare piatti eccellenti.
Ho avuto il privilegio di rappresentare l'Aifb, Associazione italiana food blogger www.aifb.it, con alcune socie/amiche ed è stata una serata molto piacevole. 


Trecento ristoranti in tutto il Paese, di cui ben 90 in Emilia-Romagna, dedicheranno almeno una pietanza al tubero, supportati anche dalle associazioni di panificatori, pasticceri, sfogline e salumieri.
Potete trovare l'elenco completo dei ristoranti e tante altre curiosità sul sito www.patatainbo.it
e sulla pagina facebook le notizie in diretta https://www.facebook.com/PatataInBo?fref=ts







Palazzo Re Enzo, in pieno centro a Bologna, il 25, 26 e 27 settembre ospiterà lo Street Food, un'occasione per gustare la patata in tanti modi.
Quest'anno si potranno apprezzare piatti proposti fino a tardi sera e l'organizzazione spera così di raddoppiare i ventimila visitatori dello scorso anno.

Potete utilizzare l'hastag #patatainbo2015 per raccontare la vostra esperienza sui social.

Non vedo l'ora di assaggiare la patata ai 3 sali ma anche il jacked potatoes al cartoccio e la patata sfogliata fritta.













Patatainbo ha tra i suoi obbiettivi quello di dare visibilità e quindi di promuovere la patata, considerata da sempre un prodotto povero, ma estremamente versatile in cucina e ricco di qualità.
Il territorio del bolognese è l'habitat ideale per la coltivazione di questo tubero, diventato Dop nel 2010. Si tratta di una varietà denominata Primura, a pasta gialla, omogenea e consistente, di dimensioni medio grandi e altamente conservabile.
Solo a Bologna esiste la Borsa Patate che ne sottolinea il valore commerciale, 
I produttori appartenenti al Consorzio della patata di Bologna producono dai 60 agli 80 mila quintali di patate all'anno e promuovono un percorso basato sulla filiera corta, dal produttore al commerciante.
Patatainbo, quando il lavoro si fa arte.

Durante la serata di gala di lunedì sera al Carlton Hotel, uno dei piatti che ho preferito è stato il Risotto con patate e macis proposto dallo Chef Ivan Poletti della Cantina Bentivoglio di Bologna, dal quale ho preso spunto per preparare la mia ricetta:
Riso pilaf e patate con cuore di burrata e noce moscata, pochi ingredienti ma di qualità ne fanno un piatto ricco di gusto e nutriente.



Ingredienti per 2 persone:

gr 170 di riso Carnaroli
gr 340 di acqua
1 piccolo scalogno
una patata Bologna Dop di taglia media
mezza noce moscata
un etto di burrata
due cucchiai di olio extravergine d'oliva

Ho messo a bollire l'acqua con un cucchiaino di sale di Cervia.
Ho lavato, pelato e tagliato a cubetti la patata. 
Ho lavato il riso un paio di volte, l'ho messo in una casseruola da forno con lo scalogno e i cubetti di patata, ho aggiunto l'acqua bollente salata, ho coperto con carta stagnola e ho messo a cuocere in forno preriscaldato a 180° per 15 minuti.
Ho poi tolto lo scalogno e ho condito l riso e le patate con l'olio extravergine e la polvere di mezza noce moscata grattugiata.
Ho diviso il riso in due tazze. Centralmente ho fatto lo spazio per la burrata che ho diviso in parti uguali.
Ho compattato bene il riso con l'aiuto di un cucchiaio. 
Ho girato ogni tazza su un piatto e ho servito subito.

giovedì 29 gennaio 2015

Canederli di pane verna e aringa, con il suo caviale su crema di porri e zeste di arancia.

La prima volta che ho portato Enrico in montagna è stato trent'anni fa, lui aveva poco più di un anno e io appena venti. Eravamo andati con amici, chiaramente senza figli, che sciavano, chiaramente noi no e che ci salutavano al mattino e rientravano dalle piste alla sera. 
Enri ed io stavamo soli tutto il giorno. Pioveva, non c'era neve in paese, nei rifugi non si poteva stare perché all'epoca ancora si fumava nei locali pubblici che diventavano una sorta di camera a gas, quindi eravamo confinati in albergo a guardare la tv. Una noia mortale, tanto che una volta tornati a casa ho giurato che mai più avrei ripetuto quell'esperienza. L'unica cosa positiva è stata che dalla fretta di lasciare l'albergo, abbiamo dimenticato il ciuccio di Enri in camera e visto che lui era troppo piccolo per capire che se ne poteva comprare un altro, si rassegnò alla perdita e non me lo chiese più.

La seconda volta è stato dopo dieci anni, convinti dagli stessi amici a passare il capodanno a Canazei.
Enrico in realtà era da tempo che mi chiedeva di andare sulla neve, così ho ceduto.
Beh...devo dire altra gita sia per me che che lui! Di neve ce n'era anche troppa! Nevicava di notte e di giorno c'era un sole splendente. Enri andava a sciare con suo padre e gli amici e io che non scio, passavo il mio tempo tra spa e sole, una meraviglia!
E' stato talmente bello che poi non ho più avuto scampo. Negli anni a seguire la settimana bianca era d'obbligo.

Perché ho raccontato tutto questo? Per colpa dei canederli! Quando ho letto il tema del mese dell'MTChallenge (oramai non lo nominerò più, visto che scrivo solo di questo... lesmadeleinesdiproust è un'appendice dell'MTC... :)))) proposto da Monica Giustina di One in a million,  i canederli appunto, subito li ho associati a mio figlio. 
Lui adora la montagna, tanto che lo so che prima o poi si trasferirà lassù in Trentino, e adora anche la cucina: mangerebbe polenta taragna anche d'estate! 

Ho rischiato però di non partecipare questo mese. 
Avevo in mente tutta un'altra ricetta, ma non ho trovato l'ingrediente principale.
Peccato perché mi piace divulgare attraverso l'MTChallenge le eccellenze del mio territorio, soprattutto i presidi slow food. 
Non potevo però rinunciare a preparare i canederli e allora ho pensato all'aringa affumicata, un pesce che amo visceralmente come quello che ha all'interno, le uova, una prelibatezza unica, tanto che vengono chiamate il caviale dei poveri.
Ho scelto l'aringa argentata che a differenza di quella dorata ha un sapore più delicato.
Ho preparato un brodo leggero ma molto speziato, utilizzando una piccola coscia di pollo, sedano, carota e porro infilzato di chiodi di garofano, qualche bacca di ginepro, un pezzetto di lemon grass, qualche grano di pepe e un pezzetto di radice di zenzero per dare freschezza.
Ho utilizzato le ultime fette di pane verna che avevo in congelatore , comprato a Siena al raduno dell'Aifb, che ho aromatizzato con il prezzemolo.
Ho cotto i canederli nel brodo speziato e per addolcire il sapore intenso dell'aringa li ho adagiati su una semplicissima crema di porro, insaporita da un medaglione di caviale di aringa e finiti con una grattugiata di buccia di arancia.

A noi sono piaciuti tanto.

Canederli di pane verna e aringa, con il suo caviale su crema di porri e zeste di arancia.


Ingredienti per due persone:

Per il brodo:
un quartino di gallina
una carota
un gambo di sedano
un pezzetto di porro
4 chiodi di garofano
2 bacche di ginepro
1 pezzetto di radice di zenzero fresca
due granelli di pepe
un pezzetto di foglia di lemon grass
sale

Per i canederli:
tre fette di pane verna
una mezza aringa affumicata
mezzo bicchiere di latte
un cucchiaio di prezzemolo tritato
due cucchiai di parmigiano reggiano grattugiato al momento
un uovo

Per la crema di porro:
un porro
brodo 
una noce di burro, olio evo

Per guarnire:
due cucchiaini di uova di aringa
zeste di arancia bio

Prepara un brodo con acqua fredda, la gallina e tutti gli odori descritti negli ingredienti. Porta ad ebollizione e schiuma più volte, fino alla completa eliminazione di residui. Cuoci a fuoco lento per tre ore.

Spezza il pane in piccoli pezzetti. Sbatti l'uovo con il latte e versalo sul pane. Fa riposare per una mezz'ora.
Nel frattempo pulisci l'aringa dalla spiga e dalla pelle. Tagliala a tadini con il coltello.
Trita il prezzemolo e grattugia il parmigiano.
Sminuzza con le mani il pane oramai ammorbidito, aggiungi gli altri ingredienti e impasta cercando di compattare bene. L'impasto deve restare umido ma compatto. Sulle mani deve rimanere pochissimo impasto.
Forma delle palline di circa quattro centimetri di diametro.

Prepara la vellutata scaldando in un pentolino il burro e un filo d'olio evo. Aggiungi il porro tagliato a rondelle fini. Soffriggi qualche minuto, poi bagna con il brodo che oramai è pronto. Cuoci fino a quando il porro sarà quasi completamente disfatto. Aggiungi altro brodo se serve. Frulla con il minipimer per ottenere una crema vellutata.

Filtra il brodo e riportalo a bollore. Butta i canederli e cuocili per 5 minuti.
Scolali con l'aiuto della schiumarola.
Metti sul fondo del piatto la crema di porri, adagiaci sopra i canederli e in mezzo il caviale.
Finisci con una grattugiata fresca di buccia di arancia non trattata.

Per tutti i segreti e le finezze per la preparazione e la cottura dei canederli, leggi il post di Monica

Alla prossima.
Sabrina



domenica 2 novembre 2014

Una lasagna che ti avvolge come una coperta...

E' stata la prima ricetta che ho letto e l'emozione che ho provato nel leggerla mi ha fatto capire di essere di fronte al classico colpo di fulmine. 
Man mano che arrivavano le ricette devo confessare che ho vacillato parecchie volte. Avete fatto delle cose stupende che mi hanno riempita di orgoglio e tante volte commossa, ma questo colpo di fulmine non è stato un calesse ma un amore vero.
Le Lasagne di grano rosso antico con ragù dell'aia e vellutata al Pignoletto di Francesca Carloni di Burro e Zucchero mi hanno completamente conquistata.


Questa ricetta è un trattato della lasagna, a partire dalla storia, quella chicca della stratificazione sociale è notevole. La sfoglia è spiegata con dovizia di dettagli e tirata alla perfezione. Il ragù dell'aia finisce per essere tre ragù in uno per la diversa cottura delle carni che sono aromatizzate ognuna con un'erba aromatica diversa.. Il fondo bianco con il pignoletto è stato il tocco da maestra, quello che mi ha fatto capitolare definitivamente.
La lasagna di Francesca è una vera e propria lezione di cucina. Non ha trascurato nulla. Ha spiegato con grande naturalezza ogni step, arricchendoli di nozioni tecniche senza trascurare la parte affettiva, avvolgendo chi legge in una calda, saporita e rassicurante coperta.  E per finire gli ingredienti utilizzati: Francesca li ha scelti con cura tra le eccellenze dei prodotti del suo territorio, chiudendo il cerchio e ottenendo così una lasagna perfetta.
Ecco questi sono i motivi per i quali Francesca vince la sfida della lasagna, sfida n. 42 dell'MTCHALLENGE

In ordine sparso voglio salutare chi mi ha fatto vacillare.
Mari la Lasagna pazza, la sua sfoglia di grano arso è perfetta. Ne ho sentito il profumo attraverso la foto, tanto che sto impazzendo per averla e ho cercato invano al Salone del Gusto.
Mrs. Acciuga, la signora Galliti, ho ancora la testa che mi gira per quelle trippe di stoccafissi e sto rischiando di venire incenerita all'istante dal mio pescivendolo (o è lui che rischia se non me le trova???).
Caris e la vasocottura, sarà la prima lasagna che farò tra quelle proposte. Cara, non ti ringazierò mai abbastanza per averci insegnato questa tecnica affascinante.
Stefania e la farina di tumminia. Miiiiiiiiii che vacillo solo a nominarla! 
Arianna, la sua sfoglia di liquerizia e il suo fondo bruno. Sei riuscita a dormire cara stanotte, non ti fischiavano le orecchie? Io ho combattuto fino all'ultimo. Grazie per questa lasagna di alta classe che può creare solo una grande cuoca.
Pasquale e le nocciole. Quel tipo di piatto che ti fa chiedere il bis almeno due volte!
Antonella: tre proposte una più valida dell'altra. Ma quella sfoglia a pianoforte ha suonato una melodia celestiale. 
Flavia e la sua lasagna di mare: sfoglia perfetta, da vera azdora bolognese trapiantata in Sicilia. 
Fabiana l'artista: inarrivabile, il suo estro mi spiazza ogni volta.

Vorrei ringraziare tutti, ma proprio tutti, per questo mese incredibile. 
E' stata un'esperienza fantastica che mi ha arricchita che mi ha insegnato tanto. Ho letto con attenzione tutte le ricette arrivate, 160, tantissime, la maggior parte negli ultimi giorni. Ogni volta ho provato una grande responsabilità di fronte al vostro lavoro. Avete tirato la sfoglia e vi siete cimentati in un caposaldo della cucina italiana, con umiltà e professionalità, raccontando della vostra vita, della famiglia facendo sentire partecipe chi vi legge. Mi scuso con chi non ha ricevuto il mio commento, ma credetemi, ho preferito così piuttosto che scrivere un banale Brava!. Il tempo è stato davvero poco per me che in questo periodo sto lavorando tantissimo. Cercherò di passare e ringraziarvi.
E ora questa emozione tocca alla Franci...ma chi farà la vignetta questo mese? :))))
Grazie ancora.
Arrivederci...






domenica 5 ottobre 2014

MTChallange n. 42, Sua Maestà La Lasagna al forno.

La prima e unica volta che mi è stato chiesto di cucinare per insegnare una ricetta è stato tanti anni fa. La "lezione di cucina" doveva avvenire durante la preparazione di una cena a casa di cari amici e in presenza di loro amici, a cui i primi avevano decantato ai secondi le lodi della mia catalana di crostacei (la ricetta che avrei dovuto insegnare).
Sono un'entusiasta incosciente e come tale ho accettato volentieri, anche solo per trascorrere una serata diversa. Ho cominciato a preparare gli ingredienti della catalana, senza spiegare cosa stessi facendo. Gli amici mi stavano guardando, mi sembrava che non ci fosse bisogno di spiegare e che i miei gesti parlassero da soli. Poi la moglie di uno di questi mi dice: "...ma...perdonami non ci racconti nulla?". Il marito la guarda e le risponde: "non dice nulla perché non ha bisogno di farlo. Non vedi che va a sentimento?"

Ecco, questo è il terzo giudice della 42esima sfida dell'MTChallenge! Siete contenti? 
Cosa mai vi potrò insegnare io che devo solo imparare da voi? Come potrò fare a trasmettervi la naturalezza, la gestualità e il sentimento con i quali si prepara questa fantastica ricetta?

Sto parlando di sua Maestà La Lasagna, pietra miliare della cucina della mia terra, che rispecchia in tutto e per tutto e che si riconosce in  tutti i suoi ingredienti principali: la sfoglia, il parmigiano e il ragù di carne.
E' un piatto amato da chiunque. Sfido chi riesce a trovare una persona a cui non piacciono!

“[...]mi piace la lasagna… e poi mi piaci tu!”
tratto da Cuba Libre - Zucchero Fornaciari



Due cenni storici.

Tra gli strati di pasta della lasagna scorre una storia molto antica, che passa dall'antica Grecia dove c'era una “lasana” (tripode da cucina) e dall'antica Roma, dove veniva cucinato un piatto molto simile a quello odierno e  la cui descrizione si trova nel trattato De re coquinaria (L’arte culinaria) di Apicio, gastronomo romano.
Secondo l’usanza romana la pasta veniva tagliata a strisce molto larghe, cotta in pentola o su piastre e condita con legumi e formaggio.
La lasagna rimase in uso in questo modo per molti secoli, fino a quando l’editore Francesco Zambrini, nel 1863 a Bologna, riportò la ricetta ne Il libro della cucina del sec. XIV, lanciando l’uso delle lasagne a strati condita con il solo formaggio.
Non si sa quando questa versione primitiva è arrivata a trasformarsi nella Lasagna alla bolognese. Ma con il passare del tempo, soprattutto a partire di primi del '900, questo piatto fu proposto sempre più frequentemente dai ristoratori bolognesi, fino a quando Paolo Monelli, giornalista e scrittore emiliano, nel 1935 la consacrò nel suo libro Il Ghiottone errante.
Le lasagne si sono insediate come ricetta cardine a Bologna, tanto che ogni famiglia del capoluogo emiliano e non solo, ma di tutta l'Emilia Romagna, ne possiede una propria versione.
Possono essere gialle oppure verdi, ma condite rigorosamente con il ragù alla bolognese, di cui ugualmente esistono numerose interpretazioni.
La Ricetta delle lasagne verdi alla bolognese è stata solennemente decretata dall'Accademia Italiana della Cucina, delegazione di Bologna San Luca, dopo un scrupoloso esame di tutte le ricette trovate nei testi di cucina e nei ricettari appartenenti alla tradizione delle famiglie bolognesi,  con una cerimonia che si è svolta il 28 Maggio 2003. La ricetta è stata poi depositata il 4 luglio 2003 presso la Camera di Commercio di Bologna al Palazzo della Mercanzia.



La mia ricetta delle Lasagne verdi al forno.

La lasagna è stata negli anni della mia giovinezza il piatto della domenica e di tutte le feste importanti.
Per questo motivo quando l'ho scelta come  ricetta n. 42 dell'MTC è stato subito chiaro nella mia mente che l'avrei voluta preparare con la mia mamma.
Quindi ho inforcato la mia bicicletta, sono andata in stazione, l'ho caricata sul treno e sono andata a Imola.
Ho fatto la spesa nei miei negozi storici, quelli in cui sono andata per la maggior parte della mia vita, prima di trasferirmi a Bologna.
Ho scelto accuratamente tutti gli ingredienti (sono per una lasagna per 8 persone): per il ragù le parti di maiale, pancetta e lonza, sono di mora romagnola, mentre il macinato di manzo e di vitello sono di mucca di razza romagnola. Il parmigiano è un 24 mesi; il latte, il burro e le uova sono di contadino. Per la sfoglia ho comprato una semola di grano duro Senatore Cappelli  e una farina 0 di grano tenero.
Mamma mi stava aspettando, pronta per affiancarmi in questa avventura e insegnarmi i suoi trucchi per preparare la lasagna più morbida, vellutata, saporita e succosa che si possa immaginare.

Il ragù.



Il procedimento.


  1. Tritare con la mezzaluna molto finemente la cipolla, il sedano e la carota.
  2. Mettere a soffriggere, senza rosolare, in una pentola di coccio la pancetta macinata con quattro cucchiai di olio extravergine d'oliva.
  3. Aggiungere gli odori tritati e continuare a soffriggere dolcemente fino a quando le verdure non sono appassite.
  4. Unire la carne macinata e mescolare bene con un mestolo facendola rosolare finché non “sfrigola”. Bagnare con il vino fino e mescolare fino a che non è completamente evaporato.
  5. Unire la passata e il concentrato, le foglie del basilico, la noce moscata e un pizzico di zucchero per smorzare l'acidità del pomodoro. Salare, portare a bollore e coprire con un coperchio di pirex. Fare cuocere a fuoco lento per due ore. Deve rimanere "lento", sugoso, non deve essere un ragù "concentrato"
Il mio ragù rispetto al classico ragù alla bolognese preparato con il solo macinato di manzo e la pancetta, ha in più la lonza di maiale e il vitello che a mio gusto personale lo rendono più saporito. Il ragù alla bolognese ha il latte e  la panna, utilizzati per togliere l'acidità del pomodoro. A mio avviso appesantiscono molto il ragù e quindi utilizzo il classico pizzico di zucchero per togliere l'acido.

La sfoglia verde.


Ingredienti:

gr. 300 di farina 0 di grano tenero + un po'
gr. 40 di spinaci 
3 uova

Mettere sul tagliere la farina a fontana con al centro le uova e gli spinaci precedentemente lavati, cotti al vapore e strizzati bene della loro acqua. Siccome le farine non assorbono mai allo stesso modo i liquidi e in questo caso ci sono anche gli spinaci, tre etti ci vogliono ma ne tengo ancora a portata di mano per aggiungerla all'occorrenza mentre impasto.
Lavorare molto bene ed energicamente l'impasto fino ad amalgamare completamente gli spinaci e fino a quando non diventa liscio, aggiungendo, se necessario, della farina.
Farlo riposare coperto con una ciotola per una mezz'ora.
Riprendere l'impasto e stenderlo sottile con il matterello. 
Impugnare il matterello tenendo le mani vicine e facendo pressione con il pollice e il palmo appena sotto. Partire dal cento e ruotare spesso la sfoglia. Man mano che cresce la ruoto arrotolandola sul matterello. I fianchi devo ondeggiare. Per farla tonda, far scorrere le mani su e giù per il matterello.

Una volta stesa, lasciare la sfoglia ad asciugare intanto che si prepara la besciamella.

La besciamella.


Il procedimento.

Mettere a bollire il latte tenendone da parte un bicchiere.
Nel frattempo sciogliere il burro a fuoco lento, mescolando continuamente con un cucchiaio di legno.
Togliere il burro dal fuoco e incorporare a poco a poco la farina mescolando con energia per evitare che si formino grumi.
Aggiungere il latte bollente un poco per volta.
Rimettere la salsa sul fuoco e continuare a rimescolare fino al bollore.
Aggiungere alla fine una copiosa grattugiata di noce moscata.

Non metto sale nella besciamella perché verrà insaporita dal parmigiano durante la composizione della lasagna.

La composizione della lasagna.


  • Mettere a bollire abbondante acqua salata.
  • Preparare una ciotola di acqua ghiacciata e uno scolapasta.
  • Tagliare la sfoglia in grandi rettangoli.
  • Buttarne un paio per volta  nell'acqua bollente e quando riprende il bollore, scolarli con l'aiuto di una schiumarola, raffreddarli nell'acqua gelida e metterli a scolare bene stesi nello scolapasta.  
  • Continuare in questo modo fino a cuocere tutti i rettangoli.
  • In una teglia da forno versare un mestolo di ragù e uno di besciamella e stenderli bene fino a coprire il fondo.
  • Man mano che le lasagne si sono scolate bene dall'acqua stenderle nella teglia a strati, alternandole con uno strato di ragù, uno di besciamella e una buona manciata di parmigiano grattugiato al momento (in tutto circa un etto e mezzo), fino a riempire lo stampo.
  • Cuocerle in forno preriscaldato a 180° per 20 minuti.
  • Spegnere il forno e lasciarle riposare qualche minuto prima di servirle.

I miei consigli.

La lasagna è un primo piatto che per la sua completezza diventa un piatto unico ed è quel tipico piatto che non ha mezze misure: che sia fatto di carne, pesce o verdure, deve essere succulento.  .
Per succulento intendo gustoso, ricco, ma con estrema attenzione all'equilibrio fra gli ingredienti e l'armonia dei sapori. Non deve esserci un elemento che sovrasta l'altro. 
La lasagna è una sinfonia non una musica da camera o un assolo. Come direbbe il mio conterraneo chef pluri stellato Bruno Barbieri: non deve diventare un mappazzone! :))
Occorre quindi tenere sempre molto umidi gli ingredienti che condiscono la lasagna, non si devono seccare durante la cottura in forno.
Suggerisco di utilizzare sempre prodotti freschi e di prima qualità, prediligendo la stagionalità e quindi il km 0. Per quanto riguarda carne e pesce consiglio prodotti provenienti da allevamenti non intensivi.




Mi fermo un attimo e ripenso a questi ultimi tre giorni.
Stavo rientrando a casa dopo una giornata infinita di lavoro, ero in auto con il mio compagno che accendo l'ipad per vedere se fosse arrivata una mail che stavo aspettando, quando vedo scorrere velocemente le notifiche di facebook che dicevano: Congratulazioni!! Grande, hai vinto!!! e ho pensato, boh..cos'ho vinto? ma ce l'hanno com me? Poi vedo una notifica di Patty, Andante con gusto, che mi urla in maiuscolo SABRYYYY SVEGLIAAA, DOVE SEI???? HAI VINTO L'MTC!!!!!!
E io ad alta voce, improvvisamente senza salivazione, completamente agitata e sotto shoc tanto da far preoccupare il mio compagno: Oddio ma cosa stanno dicendo?? ma parlano con me! cos'ho vinto??? ohmmioddiommioddio! Un'emozione fortissima. Giuro che è proprio così, non me l'aspettavo ed è stata una cosa meravigliosa.
Sono ancora scombussolata perché poi tutto da quel momento è cambiato. La mia agenda è stata completamente sconvolta e la mia attenzione è andata alla ricetta da preparare. 
Sono tre giorni che mi destreggio tra caminetti, lasagne e post da scrivere.
Ringrazio di cuore Acquaviva scorre per avermi onorata e gratificata con questa vincita. So che non sarò mai alla tua altezza cara, ma spero di non deluderti.

Ieri per me, il giorno della preparazione della ricetta, è stato un giorno perfetto. Tutte le cose sono andate come avevo desiderato. Ma ciò che più mi ha riempito il cuore è stata la complicità e la sintonia che ho avuto con la mia mamma nel condividere con lei questo momento.
Lei che è un po' generale di ferro come la cara Acquaviva (smack!), è stata dolce e delicata e ho letto nei suoi occhi la felicità e l'orgoglio di partecipare all'Mtc, anche se non so se abbia capito fino in fondo di cosa si tratta veramente. Si è davvero divertita ad aiutarmi a preparare il "set fotografico". Ad un certo punto era sparita nella sua camera a stirare alla perfezione il tovagliolo! 
Prima di tornare a casa le chiesto di fare una foto insieme per immortalare quella bellissima giornata. Le ho promesso che non l'avrei pubblicata nell'internet, come lo chiama lei, magari un'altra volta, con i capelli freschi da parrucchiera :)) 

Grazie ancora a tutti per i complimenti e per la fiducia. Grazie Ale, spero di non farti impazzire! 
E adesso scatenatevi!! 
Voglio vederne di tutti i colori!
Buona Lasagna a tutti!



domenica 28 settembre 2014

Il bulbo millenario: Lo scalogno di Romagna igp e il suo riso.



Mentre lo sbucci gli occhi lacrimano e l'odore pungente che emana ti pizzica le narici ma al palato è una vera prelibatezza, capace di regalare ai cibi un aroma e un sapore unico esaltandone il gusto.
E' lo scalogno, Allium Ascalonicum, un piccolo bulbo della famiglia delle liliacee, più forte della cipolla ma più delicato dell'aglio, un misto di profumi e sapori intensi che da sempre caratterizza la nostra cucina romagnola.

Origini, coltivazione e conservazione.

Lo scalogno arriva in Romagna circa cinquemila anni fa, portato dai popoli di origine celtica provenienti dall'oriente. Il termine allium in celtico significa "bruciante".
L'aspetto è quello di un bulbo con tanti piccoli bulbi aggregati, avvolti da una pellicola il cui colore varia dal ramato al rossastro o bruno fino al grigiastro, con la caratteristica barba di lunghe radici.
Lo scalogno non produce fiori e quindi neppure semi e quindi l'unico metodo di coltivazione è il trapianto dei bulbilli. Questo pone un problema alla coltivazione: non potendo ottenere il seme si deve conservare il bulbo, ma quest’ultimo ha un periodo limitato di conservazione, per cui ipoteticamente se nessuno ripianta il bulbo raccolto durante l'anno,  il tipico scalogno di Romagna scompare. Per questo stesso motivo lo scalogno non ha subito mutazioni nel corso degli anni, ma mantiene lo stesso corredo genetico di cinquemila anni fa.
Per conservare lo scalogno conviene tenerlo al sole per alcuni giorni poi si può conservare sotto le tettoie o altri locali ben ventilati, raccolto nelle tipiche trecce.

I bulbi possono essere conservati in vasetti di vetro con olio o aceto. Diversi sono i procedimenti per confezionare lo scalogno in vaso. Mio padre grande estimatore e consumatore di scalogno, tanto che nel suo orto non manca mai, ha l'esclusiva in famiglia per la sua preparazione, che è molto semplice.

La ricetta di famiglia.

Gli scalogni sottolio e sottaceto di Babbo Dante.

I sottoli. Pulisce  bene i bulbi togliendo le pellicole esterne, li stende uno di fianco l'altro in una teglia coprendoli di sale grosso per almeno due giorni.Trascorso questo tempo li scrolla bene dal sale e li mette in infusione per altri due giorni in aceto di vino bianco. Poi li toglie dall'aceto, li asciuga bene e li ripone in vasetti coperti di olio extravergine d'oliva. Riposti in luogo fresco come la cantina, si conservano a lungo.
I sottaceti. Il procedimento è lo stesso dei sottoli a parte il passaggio nel sale che non c'è. Babbo li pulisce dalla pellicina e li mette in un grande vaso coperti di aceto. Prima di consumarli li lascia in infusione in cantina per almeno un mese.
Lo scalogno sottolio e sottaceto non manca mai nelle nostre tipiche "merende" romagnole della domenica dove accompagna i taglieri di salumi, formaggi e piada.

In cucina.

Gli scalogni freschi hanno foglie verdi molto aromatiche e delicate che tagliate finemente in Romagna le utilizziamo per insaporire le insalate estive.
Lo scalogno è anche la base della tipica tagliatella romagnola al prosciutto, ma anche del ragù di carne, di salse (la bordolese e bernese), zuppe, torte rustiche, ripieni e farciture. Fantastico cucinato arrosto o caramellato. E' anche un ottimo accompagno per  stufati, brasati, lessi, arrosti, cacciagione o piatti di pesce. 
Cracco lo ama molto tanto da dedicare un libro alla preparazione dello scalogno.

Marchio IGP.

Lo scalogno di Romagna ricco di proprietà benefiche (ricostituenti, digestive, disintossicanti, afrodisiache e antibiotiche), tanto da essere considerato una vera e propria farmacia naturale, ha ottenuto nel 1997 da parte della Comunità Europea il marchi IGP (indicazione geografica protetta).


La sagra.

Lo scalogno di Romagna viene celebrato la terza domenica di luglio, in una sagra a lui dedicata, a Riolo Terme, ridente cittadina termale in provincia di Ravenna. Lungo le vie del centro dal giovedì alla domenica c'è la mostra mercato dello scalogno da parte degli agricoltori che sono in possesso della certificazione del prodotto e presso lo stand gastronomico la Pro Loco propone un menu rigorosamente a base di Scalogno di Romagna. 

Lo scalogno e il riso.

Perchè ho raccontato dello scalogno in questo post?
Perchè questo mese è tornato l'MTChallenge e l'argomento del mese proposto da Acquaviva scorre è il riso. (ps: Cara Acquaviva ma che felice sono stata di abbracciarti a Bordighera?) 

Nella maggior parte delle preparazioni di piatti a base di riso c'è una base di cipolla o porro e per me che sono romagnola, lo scalogno non poteva mancare.

Arrivo come sempre all'ultimo e quindi chi segue questa gara culinaria ha già letto tutto ciò che c'era da raccontare sul riso e anche di più.
Allora io mi limito a ringraziare Acquaviva per aver proposto un tema così vasto e affascinante come quello del riso e vi lascio la mia ricetta di tradizione, Il riso con scalogno di Romagna, dove ho utilizzato come cottura, il metodo che più amo per la preparazione del riso, il pilaf.

Il riso con scalogno di Romagna al Barbera



Ho utilizzato il riso carnaroli integrale dell'Azienda agricola Venerìa di Vercelli, azienda di grandi e antiche tradizioni che produce un riso fantastico, controllando direttamente il processo di produzione, dalla selezione delle sementi, alla coltivazione, fino alla trasformazione e al confezionamento del riso, garantendo così la qualità del prodotto. Alla Venerìa nel 1948 il regista Giuseppe De Santis girò il capolavoro Riso amaro con la splendida Silvana Mangano e il grande Vittorio Gasmann.

Carnaroli Integrale

Appartiene alla Varietà superfino, si ottiene attraverso la semplice rimozione della lolla dal risone. 
É un riso dalle ricche qualità organolettiche e nutrizionali. In cottura esercita una forte resistenza alla penetrazione dell’acqua e non rilascia amido. Il sapore è intenso e deciso e si consiglia di consumarlo bollito condito con dell’olio a crudo, come contorno in sostituzione del pane o nelle zuppe.
Tempi di cottura: 45/50 minuti circa.



Ingredienti per 4 persone:

gr. 320 di riso carnaroli integrale
16 scalogni di Romagna + 2 
2 bacche di ginepro e 4 chiodi di garofano
gr.700 di acqua bollente e salata 
2 dl di Barbera di Romagna + 1 dl di brodo vegetale
scaglie di parmigiano reggiano
olio extravergine d'oliva

Ho messo a bollire l'acqua con un cucchiaio sale di sale integrale di Cervia.
Ho pulito due scalogni, li ho incisi a metà e ho inserito una bacca di ginepro e due chiodi di garofano in ogni scalogno.
Ho lavato il riso un paio di volte, l'ho messo in una casseruola da forno con i due scalogni, ho aggiunto l'acqua bollente salata, ho coperto con carta stagnola e ho messo a cuocere in forno preriscaldato a 180° per 50 minuti.

Ho preparato gli scalogni per il condimento del riso, pulendoli e lavandoli bene.
Li ho tagliati a spicchi e li ho messi a soffriggere con due cucchiai di olio e un pizzico di sale.
Ho alzato la fiamma del fornello e ho bagnato gli scalogni con il vino e l'ho fatto evaporare. Ho aggiunto il brodo e ho completato la cottura aggiustando di sale.

Una volta cotto il riso, ho tolto gli scalogni con le spezie, ho condito il riso con olio extravergine, gli scalogni al Barbera e scaglie di parmigiano reggiano.


Con questa ricetta partecipo all'MTChallenge di settembre.