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27 novembre 2020

Choco Biscotti - Cantuccini al cioccolato

Ritorna oggi il Club del 27, la rubrica mensile dell'MTChallenge che ripropone vecchie sfide o rubriche come il Tema del Mese per riprovare ricette perse e rinfrescare la memoria di quanto fatto e cucinato dalla sua operosa e inarrestabile Community.
Si avvicina il Natale e come rappresentarlo al meglio in cucina in questi giorni che lo precedono? Ma assolutamente sì, con forni accesi in ogni casa e montagne di biscotti di ogni forma, genere, gusto e colore, e decorati con ogni specie di glassa, confettino o zuccherino!

Poteva questa Community venirne meno? Certo che no, e per l'occasione ha indetto uno Swap natalizio biscottoso, reale per chi aveva voglia di mettere subito le mani in pasta e tenersi incrociati che poste e corrieri non perdessero il prezioso pacchetto, virtuale per chi (come la sottoscritta) non voleva correre rischi e ha optato per questa scelta, biscottando e impacchettando comunque.

A me sono stati assegnati questi biscotti, praticamente un cantuccino al cioccolato, arricchito con pistacchi e cranberries.

E' un bis-cotto, nel senso più puro del termine perchè viene cotto due volte per farlo risultare bello asciutto. Con assenza totale di grassi, era una volta prodotto come alimento a lunga conservazione, spuntino ideale per i viaggiatori in cerca di una coccola dolce. Notoriamente ricco di frutta secca a piacere, per questa versione natalizia si sono scelti i pistacchi per il loro bel colore verde e il cioccolato, che regala un morso ancora pù goloso.
Saranno perfetti con il caffè o un liquore dolce, tradizionalmente il Vin Santo in Toscana, patria dei cantuccini, a fine pranzo, ma anche inzuppati in un espresso o accompagnati da una buona tazza di tè.
La ricetta è di Jamie O., pubblicata sulla rivista MAG di Mtchallenge.


choco biscotti


Queste piccole golosità vanno a Rita, sperando siano di suo gradimento, con i miei più cari auguri di feste gioiose e serene, anche se magari un pochino diverse quest'anno. Una vecchia scatola di latta presa tantissimi anni fa a Londra da Fortnum& Mason, il nastro originale di un regalo di compleanno (è stampato a rilievo, come potrei buttarlo?), qualche ramo di pino normandiano del giardino, un piccolo addobbo rosso per chiudere il pacco, un mini biglietto e voilà... missione compiuta! 

E a me cosa arriverà? Di corsa ad ammirare la raccolta completa di questo Swap biscottoso e scoprire cosa potrò gustarmi questo pomeriggio all'ora del tè.
 
 
Ingredienti:
200 g di farina 0
60 g di cacao amaro 
175 g di zucchero semolato
50 g di cioccolato fondente 70%
100 g di pistacchi sgusciati
40 g di mirtilli rossi secchi
un cucchiaino scarso di lievito in polvere
3 uova medie, sbattute
1 cucchiaino di estratto di vaniglia


facendo choco biscotti


Tritare grossolanamente e separatamente cioccolato, pistacchi e mirtilli rossi.
Mettere la farina, il cacao, lo zucchero, metà del cioccolato, il lievito e mezzo cucchiaino di sale in un robot da cucina. Frullare finchè ben amalgamato.
Aggiungere le uova e la vaniglia e frullare fino a quando l'impasto non si unisce.
Trasferire il composto su una superficie infarinata, unire anche i pistacchi e i mirtilli rossi e lavorare l'impasto fino a formare una palla.
Dividere l'impasto in 2 pezzi e formare 2 rotoli di circa 3x30 cm. Trasferirli su una teglia ricoperta di carta forno e cuocere in forno già caldo a 180° per 25 minuti. Estrarre la teglia dal forno e lasciare raffreddare i rotoli.
Con un coltello seghettato, tagliare i biscotti in diagonale a fette spesse 1,5 cm. Disporre le fette sulla teglia e cuocere per altri 15/20 minuti. Anche se i biscotti sembreranno ancora un po' morbidi poi si rassoderanno man mano che si raffreddano.


choco biscotti


Se volete renderli più festosi e vi piace decorare, potete sciogliere a bagnomaria 50/60 g di cioccolato fondente (o bianco, se amate i contrasti), travasarlo in una piccola sacca da pasticcere (basterà anche un piccolo cono di carta forno) e decorarli con un motivo a zig zag, lasciando poi rapprendere per almeno 20 minuti. 
Si conservano in un contenitore ermetico per alcuni giorni.

20 dicembre 2019

Terrina di fegatini e Panforte con gelatina di Recioto di Soave


Ultimo Flash mob per questa trilogia dedicata ai dolci senesi organizzata dal Calendario del Cibo Italiano e Sabrina in collaborazione con CNA Siena (sezione CNA Siena Food&Tourism). 
Oggi nel Calendario del Cibo Italiano si celebra la Giornata Nazionale del Panforte, un altro dolce tipico natalizio delle terre senesi e di origini molto antiche. Speziato, profumato, aromatico, un mix sapiente di frutta secca e candita, che nel 2013 ha ottenuto la certificazione IGP

Il Panforte di Siena IGP è un dolce della tradizione senese a base di frutta secca e candita, miele e spezie, che può presentarsi nella versione bianca, ricoperto di zucchero a velo, o in quella nera, con copertura di spezie. 
La storia del Panforte risale al periodo medioevale, conosciuto e apprezzato quando Siena era snodo strategico del commercio delle spezie lungo la via Francigena. Già nel 1200 nelle campagne senesi si producevano dei pani molto ricchi di miele e spezie, che possono essere considerati dei precursori del Panforte. 
E' però a partire dal 1400 che il prodotto acquisisce grande notorietà, anche grazie al commercio al di fuori del territorio locale: oltre che a Roma, veniva apprezzato come prodotto raffinato anche nelle principali corti europee. Il nome si afferma nel 1800, momento in cui la produzione non è più solo prerogativa delle spezierie ma guadagna una dimensione più ampia. Il panforte bianco (più delicato) nasce nel 1879, in onore della Regina Margherita di Savoia, in visita a Siena per il Palio; per questo viene detto anche Panforte Margherita. La ricetta di questo panforte è analoga a quello tradizionale, ma senza le spezie miste, con molto sentore di vaniglia, e canditi di cedro al posto di quelli di popone. Il gusto che lo caratterizza è il risultato dell’uso abbondante e sapiente proprio di queste spezie. Il Panforte di Siena IGP si conserva in luogo fresco e asciutto per periodi anche lunghi, se ben ricoperto una volta avviata la confezione; il prodotto ha infatti una buona conservabilità.
Dolce tipico delle festività natalizie, oggi viene consumato tutto l’anno. Può essere impiegato anche come ingrediente per la preparazione di primi o secondi piatti, sicuramente originali (da taccuini storici).

Da buona mezza toscana, adoro i crostini di fegatini in qualsiasi versione vogliate offrimerli, perchè, come tutte le buone ricette tradizionali e di casa, ogni famiglia ha la propria, spesso con piccole differenze di ingredienti e preparazione. E pensare che il fegato a fettine o alla Veneziana non mi piace, ma è un pò come i funghi, è la consistenza strana che mi fa venire i brividi addosso.
Recentemente ho visto Sabrina in azione (con grembiule e mestoli in mano :-)) e ho assaggiato i suoi, peraltro divini, ma che differiscono dai miei. Nella stessa mia famiglia si fanno in maniere differenti: mia mamma, veneta, li faceva col pane toscano fresco, mettendo acciughe e capperi nel composto (imparati da mia nonna paterna); io seguo le indicazioni della cugina di mio padre (sua madre sorella di mia nonna) e li propongo con pane tostato, con acciughe ma senza capperi, e un goccio di succo di limone. Da qualche anno aggiungo anche un po' di mela in cottura, me l'ha insegnato un cuoco di un rinomato locale di Saturnia, per smorzare il sapore alle volte pungente del fegato.

Ecco che allora ho pensato ad una terrina, così comoda come antipasto per questi giorni di festa; si prepara in anticipo, che fa sempre piacere nella nostra organizzazione cuciniera, e poi ogni commensale se ne servirà una fetta accompagnata da crostini (un lavoro in meno per noi di porzionatura :-)) Qua ci sta bene anche un pane ai cereali.
E al posto del Vinsanto, forse dato per scontato, ho preferito questa volta usare il Recioto di Soave, per accontentare anche la mia metà veneta, un vino comunque dolce o abboccato, armonico e corposo, leggermente mandorlato.


terrina di fegatini e panforte


Per la terrina:
400 g di fegatini di pollo
una cipolla media
125 ml di Recioto di Soave
olio extravergine di oliva
una noce di burro
mezza mela Golden, sbucciata e grattugiata
brodo vegetale o di carne
acciughe in olio extravergine di oliva
succo di limone
80 g di Panforte
8 g di gelatina in fogli
pepe macinato fresco
Per la gelatina di Recioto di Soave:
125 ml di Recioto di Soave
4 g di gelatina in fogli
Panforte sbriciolato fine
grani di pepe rosa
aghi di rosmarino
capperi sott'olio

 

Lavare bene i fegatini ed eliminare accuratamente la vescica col fiele.
In una padella imbiondire ed appassire la cipolla tagliata finemente con un giro di olio e una noce di burro (al bisogno unire un goccio di acqua o brodo), aggiungere i fegatini ben sgocciolati e tagliuzzati e far insaporire. Unire poi anche la mela.
Sfumare con il vino e portare a cottura, semicoperto, per circa 15 minuti, allungando con mezzo mestolo di brodo se necessario. 
Tritare  finemente il composto con la mezzaluna o col minipimer (lasciando anche qualche pezzettino se piace o frullare uniformemente) e riscaldarlo nuovamente; poi, fuori dal fuoco, aggiungere le acciughe e farle sciogliere bene, aiutandosi con una spatola. Il numero di acciughe varia dal tipo di acciuga, se più o meno slata/saporita: partire con 2 o 3 e mano a mano assaggiare ed eventualmente aggiungere. Correggere, quando ben sciolte, col succo di limone; dare una bella macinata di pepe, assaggiare e bilanciare i sapori (ancora acciuga o limone). Regolare di sale solo alla fine perchè spesso non è necessario.
Mettere la gelatina ad ammollare in acqua fredda per 10 minuti. In una pentolina riscaldare pochissimo brodo e scioglierci la gelatina strizzata bene dall'acqua in eccesso. Unire al composto di fegatini ed amalgamare bene. Trasferire nello stampo della terrina, rivestito con pellicola se si intende poi rovesciarla sul vassoio di portata. Trasferire in frigo a rassodare.

Gelatina di Recioto di Soave: mettere la gelatina ad ammollare in acqua fredda per 10 minuti. In una pentolinariscaldare il Recioto e scioglierci la gelatina strizzata bene dall'acqua in eccesso. Unire qualche grano di pepe rosa, qualche capperino (dimenticati!) e una fettina di Panforte sbriciolato fine a coltello. Versare sul patè rassodato e riporre in frigo a rassodare ulteriormente.
Per i non alcolisti, o per chi ama un sentore alcolico appena accennato, meglio far ridurre leggermente il Recioto a fuoco basso per far evaporare tutta (o quasi) la nota alcolica.

Trasferire la terrina sul vassoio di portata, guarnire a piacere e servire con crostini.


terrina di fegatini e panforte



Tutte le ricette del Panforte Team:

11 dicembre 2019

Pavlova di cioccolato e Ricciarelli croccanti con pere allo zenzero e zafferano


Secondo Flash-mob dediacato ai dolci senesi organizzato dal Calendario del Cibo Italiano, Sabrina e CNA Siena (sezione CNA Siena Food&Tourism). Questa puntata interamente dedicata ai Ricciarelli, quei piccoli dolcetti (chiamarli biscotti sarebbe riduttivo) così soffici e voluttuosi, che quando li metti in bocca si sciolgono piano piano inebriando tutti i sensi fin quasi allo svenimento, perchè oggi nel Calendario del Cibo Italiano si celebra proprio la Giornata Nazionale dei Ricciarelli di Siena.
Sono una grande estimatrice e golosa di Ricciarelli, fin da quando ero piccola; non c'era Natale che non ne arrivasse in tavola un vassoio stracolmo, che a fatica si doveva centellinare per i giorni festivi a seguire.
Mi è spiaciuto molto non poter partecipare al blogtour in terra di Siena del 20 e 21 novembre scorso dove le mie socie hanno potutto godere della visita e produzione in diretta di questi fantastici dolci. Mi avvalgo ancora una volta delle parole di Sabrina per raccontarvi cosa sono i Ricciarelli:

... siamo state a Siena ad incontrare gli artigiani della CNA di Siena, che ci hanno svelato tutti i loro segreti: perché, in effetti, il Ricciarello è un dolce semplice, fatto di pochi ingredienti, ma per farlo bene occorre una manualità ed un occhio speciale. Quindi chi meglio degli artigiani che li producono ormai tutto l'anno? I Ricciarelli sono ottenuti da un impasto di mandorle, zucchero albume e scorza d'arancia, morbidissimo e bianco. La leggenda vuole che un nobile senese, un certo Ricciardetto della Gherardesca (da lui il nome?), rientrando a casa dalle Crociate avesse fatto riprodurre dagli speziali senesi degli strani dolcetti, mangiati in Terra Santa. Sarebbero poi diventati i famosi Ricciarelli, che alcuni secoli dopo l'Artusi inserirà tra i piatti tipici della cucina italiana nella prima edizione del suo manoscritto "La Scienza in cucina e l'Arte di mangiare bene" come ricetta n. 629: Ricciarelli di Siena. Nel 2010 sono stati il primo prodotto dolciario da forno italiano ad ottenere l'IGP. I Ricciarelli ancora oggi sono lavorati interamente a mano e formati uno ad uno con cura e sapienza artigiana. Giolisca e Fabio del Forno di Ravacciano, che ci hanno guidato alla scoperta del mondo dei ricciarelli, li hanno fatti davanti a noi con indiscutibile maestria e poi ce li hanno fatti assaggiare appena fatti, un'incredibile esperienza del gusto!
Allora vediamo come si fanno i Ricciarelli: per prima cosa si produce la farina di mandorle e si fa maturare, cioè si lascia riposare per far sprigionare alle mandorle profumi e sapori e dare la giusta consistenza all'impasto. La maturazione è il primo grande segreto della produzione dei Ricciarelli. Quando la farina è pronta si mescola nell'impastatrice (viste le quantità, a mano sarebbe un problema, ma è l'unica operazione che non è più manuale) con albumi, zucchero e pasta di arancia (cioè arancia candita triturata finissima fino a ridurla in pasta) e si mescola a lungo: l'impasto è orapronto per formare i Ricciarelli. Fabio ci ha fatto vedere come si lavora: sul piano spolverato di zucchero a velo, si  formano dei cilindri di circa 4 cm di diametro, se ne tagliano dei pezzetti e da questi, con abili gesti, ecco nascere il famoso biscotto di Siena. Si stendono sulle teglie coperte di carta forno, si infornano e in pochi minuti i Ricciarelli sono pronti. Naturalmente dei Ricciarelli, come di ogni ricetta tradizionale, esistono milioni di versioni. A Siena, ad esempio, in alcuni laboratori artigianali, come la pasticceria Il Nocino si producono i Ricciarelli crudi, rivestiti di cioccolato fondente: un'altra prelibatezza cittadina, tutta da provare!


princess pavlova


Per la meringa:
3 albumi
(a temperatura ambiente)
175 g di zucchero semolato
1 cucchiaino raso di amido di mais
1 cucchiaino di aceto di vino bianco
60/70 g di cioccolato fondente 50%
6/7 ricciarelli

Per completare:
6 pere Williams mature
il succo di mezzo limone grande
60 g di zucchero
3 cm di zenzero fresco a fettine
un pezzetto di lemon grass
pistilli di zafferano 
chicchi di melagrana
scaglie di cioccolato fondente
400 g di panna fresca montata
zenzero candito


facendo la pavlova


Tostare i riccciarelli sbriciolati in forno a 130° per pochi minuti (attenzione a non farli scurire troppo come quelli sul lato a destra nella foto :-))
Sciogliere il cioccolato a bagno maria, far scendere la temperatura e poi unire due terzi dei ricciarelli tostati.

Frutta: sbucciare le pere, levare i torsoli e tagliarle a fettine. Sistemarle in una casseruola con lo zucchero, il succo di limone, un pochino di buccia del limone grattugiata (usarne uno non trattato), lo zenzero a fettine e la lemon grass; versare tanta acqua da quasi ricoprirle e cuocerle a fiamma bassa per circa 10 minuti, finchè tenere. Gli ultimi minuti di cotture unire anche i pistilli di zafferano, far poi raffreddare, trasferire in una ciotola e conservare in frigo coperta; in questo modo le pere si insaporiranno e otterranno un bel colore dorato (quindi si possono preparare anche il giorno prima).

Meringa: iniziare a montare gli albumi nella planetaria con la frusta a velocità medio/alta finchè belli soffici e spumosi. Aumentare la velocità e, continuando a montare, unire lo zucchero, poco per volta, finchè diventano spessi e lucidi. Verso la fine aggiungere anche l'amido sciolto nell'aceto. Con una spatola, delicatamente senza smontare la maeringa, unire il composto di cioccolato e ricciarelli (ormai freddo) in modo da ottenere un effetto marmorizzato. Disporla sulla teglia rivestita di carta forno nella forma desiderata (anche mini pavlove, se piacciono) con uno spessore più alto nella parte esterna (l'interno sarà più basso per raccogliere poi la panna montata), aiutandosi con una spatola o un coltello.
Infornare a 110° e cuocere per 2 ore o finchè croccante all'esterno e leggermente più morbida nella parte centrale. Spegnere e lasciare raffreddare nel forno con sportello chiuso ancora mezz'ora.
La meringa si può preparare in anticipo e conservare alcuni giorni in una scatola ermetica ben chiusa.

Montare la panna senza zucchero; scolare le pere dallo sciroppo eliminando lo zenzero e la lemon grass, filtrare lo sciroppo e in caso ridurlo ulteriormente sul fuoco se piace più denso, poi versarlo in un piccolo bricco e farlo raffreddare.


princess pavlova


Pavlova: sistemare la meringa sul piatto da portata, ricoprire con la panna, sistemare le fette di pera, decorare con i pistilli di zafferano, cioccolato a scaglie, qualche chicco di melagrana, zenzero candito a pezzettini (manca nella foto) e il resto dei ricciarelli tostati e servire subito accompagnata dallo sciroppo aromatico.

In alternativa, si può riservare un terzo delle pere aromatizzate per la decorazione finale e mescolare il resto, tagliato a dadini, con la panna montata e lo zenzero candito, sempre a dadini o fettine, per farcire la Pavlova.


princess pavlova


Tutte le ricette dei Ricciarelli di Siena Team:


 Tiramisù   

3 dicembre 2019

Pudding di cipolle, mele, bacon e Panpepato con crema al Grana


E' stato un blogtour in terra di Siena affascinante quello organizzato il 20 e 21 novembre da Sabrina e CNA Siena (sezione CNA Siena Food&Tourism) che ho potuto godere, ahimè, solo virtualmente, seguendo i racconti IG e FB dei fortunati (e parecchio invidiati) amici blogger partecipanti.
Tra le varie attività proposte molto interessante (e golosa) la visita al Forno di Ravacciano, un'istituzione nella produzione del pane senese e non solo, perchè la loro grande passione per i prodotti da forno li porta a deliziare i propri clienti anche con i tipici dolci senesi: Cavallucci, Ricciarelli, Panforte e Panpepato. Prodotti che generosamente ci hanno omaggiato per poter partecipare alle singole Giornate in programma in questo mese nel Calendario del Cibo Italiano (le prossime saranno l'11 dicembre dedicata ai Ricciarelli e il 20 dedicata al Panforte) con entusiasmanti e invitanti Flash Mob da far impazzire le nostre papille gustative :-))
Oggi si festeggia la Giornata Nazionale del Panpepato, da sempre considerato un dolce tipico delle festività natalizie ma che ora, vista la grande richiesta da parte di turisti e visitatori della città di Siena, si può trovare in vendita tutto l'anno.
Ma cosa è il Panpepato? Riporto fedelmente la descrizione e storia di Sabrina, ambasciatrice d'eccellenza di questo prodotto tipico della sua terra (e leggete con il tipico accento toscano, mi raccomando :-)):

Il Panpepato è un'arte antica che solo abili artigiani portano avanti. Era considerato un dolce pregiato per la presenza del pepe, spezia rara e costosa, e la sua importanza era tale che veniva accettato come merce di scambio anche al posto delle monete. Questi pani venivano considerati come ricostituenti tanto che la leggenda narra che nella famosa battaglia di Montaperti, i Guelfi Fiorentini si sarebbero nutriti in modo normale, mentre i Ghibellini senesi si sarebbero portati molti Panpepati, fortemente energetici, annientando così i nemici, se pur numericamente superiori.
Il Panpepato ha una storia antica molto interessante. All'inizio era il melatello, cioè farina impastata con l'acqua dolciastra proveniente dal lavaggio dei contenitori del miele; poi pian piano si aggiunse il miele vero e proprio e nacque il pane melato. A questo impasto si cominciò ad aggiungere frutta di stagione (uva, fichi, susine) spezzettata e cotta leggermente per lasciare morbido l'impasto. La frutta restava umida, il pane era piacevolmente morbido, ma si  formavano dopo alcuni giorni delle muffe che rendevano acidulo il pane dandogli un sapore fortis. Così il melatello si trasforma in panes fortis.
Nel XIII secolo si iniziano ad importare dall'oriente spezie, bacche, frutti e radici con sapori e profumi particolari a cui venivano attribuiti poteri particolari e si vendevano nelle Spezierie oppure si reperivano nei conventi dove venivano portate dai pellegrini.
Pian piano le spezie entrarono anche nelle cucine per allungare la conservabilità dei cibi e per mascherare alcuni sapori non proprio gradevoli, in particolare pepe, cannella e chiodi di garofano. All'Archivio di Stato è conservata una pergamena datata 7 febbraio 1205, che cita panes melatos et pepatos, dolci portati come tributo al Monastero di Montecellesi nei pressi di Fontebecci (appena fuori Siena). La leggenda attribuisce proprio a questo monastero la paternità del Panpepato. Si narra che Niccolò de' Salimbeni (citato da Dante nella Divina Commedia), animatore della Brigata Spendereccia, molto sensibile ai piaceri della tavola, in atto di pentimento per la sua vita dissoluta avrebbe donato tutte le sue preziosissime spezie al Convento di Montecellesi. Un giorno una novizia, riordinando il cellario, scoprì che alcuni sacchetti di spezie, mandorle, canditi e farina si erano lacerati ed il loro contenuto sparso sul ripiano. Così, per non gettare quel ben di Dio, pensò di gettare tutto in una pentola con il miele, sperando di poterne tirare fuori qualcosa di buono da donare ai poveri. E così fu. Velocemente il dolce fu richiesto anche fuori Siena e ci sono molti documenti che testimoniano come intorno alla metà del 1300 fosse tra i dolci più apprezzati, spesso presente nei menu delle corti. Se la produzione iniziò nei conventi, quasi di sicuro fu proseguita dagli speziali; infatti nel 1599, i 12 speziali allora presenti a Siena proposero al Granduca Ferdinando de' Medici, Governatore di Siena, di insegnare la loro arte a chi lo desiderasse per evitare preparazioni scadenti. Esiste poi un documento risalente ai primi del '700 che indica i 17 ingredienti (17 come il numero delle contrade dal 1675) del panis fortis: miele, farina di grano, noci, nocciole di monte, mandorle, popone (cioè melone) candito, cedro candito, arance candite, scorza di limone candita, corteccia di cannella, coriandolo, pepe aromatico, chiodi di garofano, noce moscata, acqua e fuoco.

Personalmente ho pensato a un tortino salato, che ho volutamente chiamato Pudding, perchè come il famoso pudding natalizio inglese contiene frutta e spezie, date dal Panpepato, anche se in versione non dolce. Il matrimonio con bacon e cipolle è pienamente riuscito; la crema al Grana lo ingentilisce e la decorazione con il ribes rosso, fatta per la foto, si è poi rivelata ancora una volta un contrasto decisamemente favorevole alla preparazione, quindi abbondatene pure se volete provarlo, non ve ne pentirete :-))



pudding con panpepato



Ingredienti:
1 cipolla rossa di Cannara, circa 200 g
1 mela Golden, circa 200 g
150 g di bacon a fette fini
la scorza di mezza arancia non trattata grattugiata
90/100 g di Panpepato
3/4 fette senza crosta di pane ai 3 farri Equilibrio Esselunga
(o altro simile)
1 uovo sbattuto
olio extravergine di oliva
burro
pan grattato
semi di sesamo bianco e nero

Per la crema al Grana:
150 g di Grana grattugiato
230 ml di panna fresca
pepe macinato fresco


facendo pudding con panpepato


Mettere una noce di burro e un paio di cucchiai di olio in una padella larga e soffriggere la cipolla tritata finemente e la mela (sbucciata e grattugiata) finchè risultano tenere, circa 10/15 minuti.
Tritare finemente il bacon a coltello ed unirlo al composto in padella; cuocere mescolando spesso per circa 5 minuti.
Aggiungere la scorza dell'arancia, togliere dal fuoco e lasciare raffreddare; il composto deve risultare molto morbido e umido, non secco.
Nel frattempo tritare in un robot il Panpepato con il pane ed unirlo poi al composto in padella raffreddato; infine aggiungere anche l'uovo sbattuto.
In una ciotolina mescolare un paio di cucchiai pepadi pane grattugiato con i semi di sesamo bianco e nero (oppure di nigella damascena, che profumano di cipolla); imburrare gli stampi e cospargere internamente questo mix.
Dividere l'impasto del pudding negli stampi e cuocere in forno caldo a 190/200° per circa 20/25 minuti, coprendo con un foglio di alluminio a metà cottura se si scuriscono troppo.
Lasciare riposare i pudding 5 minuti fuori dal forno prima di rigirarli sui piatti da portata, accompagnandoli con la crema al Grana.

Crema al Grana: riunire in una casseruola il Grana e la panna e sciogliere a fuoco bassissimo finchè ben amalgamato (meglio se a bagnomaria per evitare che la crema stracci), mantenendola al caldo fino al momento dell'utilizzo.
Per un sapore più deciso, si può sostituire il Grana con Pecorino, Taleggio, Gorgonzola o altro formaggio saporito a piacere.

Con questa dose vengono fuori 5 pudding con stampi monouso in alluminio da 9 cm di diametro, oppure 7 da 7 cm di diametro.


Tutte le ricette del Panpepato Team:



12 febbraio 2018

La Ribollita di Casa Cortella per il Calendario del Cibo Italiano


E' stata una settimana particolarmente freddolosa,  con spruzzate di neve anche in pianura.
Qui la sera si va spesso di zuppe, perchè riscaldano e confortano in questi giorni ancora grigi e invernali. Una, tra le tante, che più amiamo (e mangiamo) è la Ribollita, oggi celebrata nella Giornata Nazionale a lei dedicata del Calendario del Cibo Italiano.

E' in assoluto una delle mie zuppe preferite, una ricetta che sa di casa e sapori antichi.
Sicuramente ognuno cela la propria ricetta personale, aggiungendo/togliendo questo o quello,  come la mia (nostra) cara amica Grazia, che per tradizione non manca mai di festeggiare il suo soggiorno elbano con tutta la compagnia con la spiaggiata più attesa dell'anno, gioiosamente riuniti intorno al suo pentolone di ribollita fatta con tanta cura e amore.
Si dice ribollita perchè una volta veniva fatta in grandi quantità, e riscaldata nei giorni seguenti, diventando sempre più gustosa ogni volta che la si ribolliva.
Da qui il consiglio di farla sempre almeno un giorno prima di degustarla, tenendola abbastanza morbida per avere poi la consistenza giusta quando si aggiungerà il pane (che comunque non è obbligatorio, si può anche degustare così al naturale). 
Pane che ho imparato ad affettare sottilmente, su consiglio di mia cugina, fiorentina doc: in questo modo si amalgamerà meglio e più velocemente, lasciando la zuppa più morbida. Ma anche in questo caso vale e prevale il gusto personale, e ognuna la adatterà a proprio uso e consumo: più morbida o più consistente a piacere.
Si possono usare fagioli borlotti, cannellini o toscanelli, sia freschi che secchi, a seconda della loro reperibilità stagionale.

Ingredienti:

cipolla, sedano e carota per il soffritto
fagioli secchi cannellini o borlotti
olio extravergine di oliva
verza, cavolo cappuccio, cavolo nero
cipolla, carote, sedano, bietole, patate,
zucchine (quando in stagione)
un cucchiaio o due di salsa di pomodoro, facoltativo
sale/pepe o dado homemade
peperoncino, se piace
finocchio selvatico, se piace
pane toscano raffermo


Mettere a bagno i fagioli per una notte se si usano quelli secchi.
L'indomani eliminare quelli risaliti in superficie, risciacquarli e cuocerli in pentola a pressione per circa 15 minuti dal fischio in abbondante acqua, con un rametto di rosmarino e uno di salvia legati insieme (cuocendoli in pentola normale il tempo di cottura si allunga a un'ora, un'ora e mezza).
Non buttare questa acqua che servirà per cuocere la zuppa.
Far rosolare cipolla, sedano e carota tritati finemente per il soffritto.
Aggiungere tutte le verdure mondate e tagliate, iniziando da verze e cavoli, una per volta (la salsa di pomodoro per ultima, se usata), far appassire, allungare quindi con l'acqua di cottura dei fagioli. Tritare 2/3 dei fagioli lessati e aggiungerli alla zuppa, il resto dei fagioli interi andrà aggiunto a cottura quasi ultimata.
Salare e pepare (o insaporire col dado homemade), eventualmente aggiungere il peperoncino/finocchio selvatico a piacere.
Portare a cottura le verdure, in pentola a pressione cuocere 30 minuti dal fischio, altrimenti in pentola normale lasciare sobbollire per un'ora e mezza circa.
E' meglio se fatta il giorno prima, così le verdure riposano e i sapori si amalgamano bene.
Mezz'ora prima di servire disporre nella zuppiera uno strato di zuppa ben calda, uno di pane a fette tagliate molto sottili, un altro di zuppa, un altro di pane e finire con la zuppa e lasciare riposare coperta per circa 10/15 minuti.




365 giorni di festa per celebrare le glorie della nostra cucina: 
la più famosa, la più bella (e buona) del mondo!
La festa del cibo che si rinnova ogni giorno,
attraverso la celebrazione dei piatti e dei prodotti che hanno reso unica la cucina italiana,
in Italia e nel mondo.

30 marzo 2016

Crostini Toscani


Si celebra oggi, per il Calendario del Cibo Italiano, la Giornata Nazionale dei Crostini, con ambasciatrice Ottavia, che ce ne parla ampiamente nel suo articolo di presentazione sul sito Aifb.

Quando si parla di crostini, esce prepotentemente la parte toscana che c'è in me, e l'unico, vero crostino a cui è riservato il posto d'onore sulla nostra tavola, è quello di fegatini di pollo.
Proprio una classica ricetta toscana, di cui ogni famiglia vanta la propria.
Personalmente seguo le orme della mia cugina fiorentina, servendoli caldi e con il pane abbrustolito (che l'Artusi diceva di bagnare nel brodo, prima di farcirlo con il paté).
Unica variante: la mela grattugiata in cottura, che smorza il sapore amarotico dei fegatini, me l'aveva consigliato un cuoco di Saturnia anni fa.
La mia nonna aggiungeva anche una manciata di capperi, usava il pane fresco e li serviva freddi.
Noi ce li gustiamo spesso, e non c'è riunione famigliare e/o amichevole che non siano nel menu.



crostini toscani


Ingredienti:

400 g di fegatini di pollo
una cipolla piccola
un bicchiere di vin santo o vino bianco
olio extravergine di oliva
una noce di burro
mezza mela Golden, sbucciata e grattugiata
brodo vegetale o di carne
un paio di acciughe sotto sale
succo di limone
sale
pane toscano cotto a legna


Lavare bene i fegatini ed eliminare accuratamente la vescica col fiele.
In una padella imbiondire la cipolla tagliata finemente con un giro di olio e una noce di burro, aggiungere i fegatini ben sgocciolati e tagliuzzati grossolanamente e far insaporire. Unire poi anche la mela. 
Sfumare con il vino e portare a cottura, semicoperto, per circa 20/30 minuti, allungando con mezzo mestolo di brodo se necessario. 
Tritare  finemente il composto con la mezzaluna e riscaldarlo nuovamente, facendolo asciugare se fosse troppo liquido, oppure allungandolo con un paio di cucchiai di brodo se fosse troppo denso.
Fuori dal fuoco aggiungere le acciughe e farle sciogliere bene, poi il succo di limone: assaggiare e bilanciare i sapori. Aggiustare di sale e pepe solo alla fine perchè spesso non è necessario.
Servire subito su fettine di pane appena tostati.

22 febbraio 2016

La Signora Ribollita per il Calendario del Cibo Italiano


Oggi il Calendario del Cibo Italiano celebra la Giornata Nazionale della Ribollita: ce ne parla ampiamente Giovanna nel suo articolo di presentazione sul sito Aifb.


E' una delle mie zuppe preferite, una ricetta che sa di casa e sapori antichi.
Sicuramente ognuno cela la propria ricetta personale, aggiungendo/togliendo questo o quello,  come la mia (nostra) cara amica Grazia, che per tradizione non manca mai di festeggiare il suo soggiorno elbano con tutta la compagnia con la spiaggiata più attesa dell'anno, gioiosamente riuniti intorno al suo pentolone di ribollita fatta con tanta cura e amore.
Si dice ribollita perchè una volta veniva fatta in grandi quantità, e riscaldata nei giorni seguenti, diventando sempre più gustosa ogni volta che la si ribolliva.
Da qui il consiglio di farla sempre almeno un giorno prima di degustarla, tenendola abbastanza morbida per avere poi la consistenza giusta quando si aggiungerà il pane (che comunque non è obbligatorio, si può anche degustare così al naturale). 
Pane che ho imparato ad affettare sottilmente, su consiglio di mia cugina, fiorentina doc: in questo modo si amalgamerà meglio e più velocemente, lasciando la zuppa più morbida. Ma anche in questo caso vale e prevale il gusto personale, e ognuna la adatterà a proprio uso e consumo: più morbida o più consistente a piacere.
Si possono usare fagioli borlotti, cannellini o toscanelli, sia freschi che secchi, a seconda della loro reperibilità stagionale.

Ingredienti:

cipolla, sedano e carota per il soffritto
fagioli secchi cannellini o borlotti
olio extravergine di oliva
verza, cavolo cappuccio, cavolo nero
cipolla, carote, sedano, bietole, patate,
zucchine (quando in stagione)
un cucchiaio o due di salsa di pomodoro, facoltativo
sale/pepe o dado homemade
peperoncino, se piace
finocchio selvatico, se piace
pane toscano raffermo


Mettere a bagno i fagioli per una notte se si usano quelli secchi.
L'indomani eliminare quelli risaliti in superficie, risciacquarli e cuocerli in pentola a pressione per circa 15 minuti dal fischio in abbondante acqua, con un rametto di rosmarino e uno di salvia legati insieme (cuocendoli in pentola normale il tempo di cottura si allunga a un'ora, un'ora e mezza).
Non buttare questa acqua che servirà per cuocere la zuppa.
Far rosolare cipolla, sedano e carota tritati finemente per il soffritto.
Aggiungere tutte le verdure mondate e tagliate, iniziando da verze e cavoli, una per volta (la salsa di pomodoro per ultima, se usata), far appassire, allungare quindi con l'acqua di cottura dei fagioli. Tritare 2/3 dei fagioli lessati e aggiungerli alla zuppa, il resto dei fagioli interi andrà aggiunto a cottura quasi ultimata.
Salare e pepare (o insaporire col dado homemade), eventualmente aggiungere il peperoncino/finocchio selvatico a piacere.
Portare a cottura le verdure, in pentola a pressione cuocere 20/30 minuti dal fischio, altrimenti in pentola normale lasciare sobollire per un'ora e mezza circa.
E' meglio se fatta il giorno prima, così le verdure riposano e i sapori si amalgamano bene.
Mezzora prima di servire disporre nella zuppiera uno strato di zuppa ben calda, uno di pane a fette tagliate molto sottili, un altro di zuppa, un altro di pane e finire con la zuppa e lasciare riposare coperta per circa 10/15 minuti.

31 ottobre 2015

Fish&Chips Mediterraneo


Dalla collaborazione dell'Associazione Italiana Food Blogger con il Consorzio Pecorino Toscano Dop ha preso il via lo scorso settembre un interessante blog tour in Maremma, che ha visto protagonisti alcuni soci nei luoghi di produzione e lavorazione di questo formaggio.
Giusto il tempo di rientrare nei propri confini, che parte un avvincente challenge, Mai dire Mai, ovvero inconsueti e curiosi abbinamenti per il più tipico dei formaggi toscani.




24 blogger sfidano 12 ingredienti insoliti: mango, gamberi, uva, piccione, funghi, rapa rossa, cacao, cozze, curry, caffè, coniglio e zucchero. L'abbinamento è a sorpresa, e non interscambiabile, e per certi versi lascia alcuni stupefatti, la Dea Bendata pare abbia voluto divertirsi con gli accoppiamenti.
Sulla pagina ufficiale di FB le proposte finora presentate dai partecipanti alla sfida.




L'ingrediente sorteggiato per me e la mia compagna di avventura Elena sono state le cozze. Lei è stata più diligente e ha presentato anzitempo qui la sua proposta golosa.
Io non mi smentisco, come al solito, e arrivo giusto in tempo alla quasi conclusione della sfida.

Cucino regolarmente questi molluschi, piacciono a tutti e in occasione di pranzi o feste sono anche molto scenografici e conviviali.
Ma non ne mangio per via di quella storiella che mi hanno sempre raccontato da piccola e che mi ha praticamente bloccato già in tenera età.
Le cozze, infatti, vengono anche chiamate spazzini del mare, perchè, filtrando quasi 50 litri di acqua di mare in 12 ore, ne trattenengono ogni impurità, dalle sostanze viventi per nutrirsi a quelle nocive, come i metalli pesanti e i batteri. Questi ultimi non sono ritenuti pericolosi perchè muoiono con la cottura dei molluschi, ma i metalli pesanti restano. Oggi la maggior parte di questi mitili proviene da allevamenti certificati, che devono indicare in etichetta il luogo di coltura e quindi garantire la pesca in acque idonee. Od eventualmente dichiarare il processo di stabilizzazione (purificazione) a cui sono stati sottoposti per renderli affidabili.
Una volta acquistate in una pescheria di fiducia, si possono conservare 2 o 3 giorni in frigorifero nella loro rete e con il loro liquido racchiuso nella conchiglia, in una bacinella coperta con un canovaccio umido, ma non in acqua, perchè morirebbero presto, consumando tutto l'ossigeno presente in poco tempo.
In commercio si trovano cozze già raschiate da ogni impurità sul guscio. Meglio comunque lavarle al momento dell'utilizzo, si possono anche lasciare in ammollo un'oretta in acqua leggermente salata. Quindi controllarle una per una e togliere il bisso, il filamento che esce dal guscio: ora le cozze sono pronte per essere cucinate.
Anche le cozze seguono le antiche credenze popolari dei pescatori: andrebbero consumate nei mesi senza la erre, perchè sarebbero più gustose e saporite. Non a caso il periodo migliore per gustarle è proprio la primavera e l'estate, quando sono nel momento della riproduzione e quindi più grasse e ricche di proteine.

Ero partita dall'idea di un tortino, mai realizzato e che ben presto si è tramutato in gnocchi tricolore, gustati ed apprezzati, ma non così avvincenti. Si mettono alla prova anche dei tortelli, ma mi sembrava di approfittare troppo di un consiglio culinario autorevole.
E nel mentre della prova ecco che mi balena l'idea sfiziosa del fish&chips.
Amo le contaminazioni, forse non essendo io una purosangue e non avendo un singolo territorio di appartenenza. E nelle nostre scorribande londinesi (ho un figlio che vive là) fish&chips è un must, quasi all'ordine del giorno.
Amo le spezie, le erbe aromatiche, gli aromi naturali: la via delle Indie un giorno (spero non troppo lontano) mi porterà a raggiungere quei luoghi profumati, colmi di fascino coloniale di altri tempi.
Adoro friggere: quello scricchiolio e crepitio nell'olio bollente è la più bella sinfonia culinaria che si possa sentire! Anche l'ingrediente più semplice e povero, una volta fritto assume un'altra personalità, quasi regale, una sorta di vestito a festa. Non a caso si dice che fritta è buona anche una suola da scarpe :-). E non importa l'odore di fritto (qualcuno osa chiamarlo puzzo, a torto) che produce, a cui si può ovviare con piccole astuzie: una goccia di olio 31 nell'olio di frittura, una Lampe Berger accesa, una protezione per i capelli (basta una cuffia monouso da doccia), un camice al posto del grembiule per proteggere i vestiti. E nella bella stagione, ci si può attrezzare all'aperto: sul balcone, in terrazza, in giardino, con il grande rischio, però, di avere poi la fila dei vicini fuori dalla porta che vogliono partecipare all'assaggio!

Tre tipi di patate, dai colori invitanti e sgargianti, anche se una non lo è davvero: la batata, o patata americana (qui nella versione arancione, meno comune da noi, ma ora più facilmente rintracciabile con l'accrescere dei negozi e dei mercati etnici) infatti appartiene ad un'altra famiglia botanica, le Convolvulaceae (quella delle belle campanelle blu rampicanti, per intenderci), e non alla famiglia delle Solanaceae, a cui fanno capo patate e pomodori.

Una mousse di pecorino, cremosa e delicatamente saporita, come intingolo goloso di accompagnamento, da degustare a temperatura ambiente o fresca, a piacere.

E voilà, l'aperitivo è servito: brindiamo alla sfida più intrigante e sorprendente e con i miei personali vivissimi complimenti a tutti i partecipanti ... vinca il migliore!


fish&chips mediterraneo



Ingredienti:

cozze
patata vitelotte
patata a buccia rossa
batata a polpa arancione
farina
 pane grattugiato
sesamo bianco e/o sesamo nero 
olio di semi di arachide
uovo sbattuto
sale 

per la spuma al pecorino:
50 g di pecorino toscano dop grattugiato
50 g di pecorino toscano dop stagionato grattugiato
350 g di panna fresca
timo fresco

Mousse di pecorino: scaldare la panna, aggiungere un paio di rametti di timo e lasciare in infusione 30/40 minuti. Togliere il timo dalla panna, portare a bollore e aggiungere il pecorino: mescolare con delicatezza finchè ben amalgamato. Passare al setaccio. Mettere in frigo a rassodare.

Patate: lavare bene ogni tubero, strofinando la buccia con una paglietta per levare ogni residuo di terra e/o ogni eventuale imperfezione. Asciugarle ed affettarle fini (senza sbucciarle) con una mandolina, disponendole su uno strofinaccio pulito. Tamponare con carta da cucina.

Cozze: non vale la pena aprire le cozze da crude, è un lavoro più faticoso e lungo. Meglio metterle in una padella capiente, dopo averle comunque lavate e passate una per una per eliminare ogni possibile residuo di bisso, sul fuoco a fiamma vivace e con coperchio. In un minuto o due i molluschi si apriranno. Recuperare le cozze che si toglieranno dalla valve con grande facilità: quelle che non si sono aperte si scartano.
Tamponare i molluschi con carta da cucina, infarinare e setacciare per eliminare ogni eccedenza di farina, passare nell'uovo sbattuto e poi nel pangrattato. Questo può essere semplice o mescolato con sesamo bianco e/o nero.
Si possono preparare impanate in anticipo, conservandole in frigo su un piatto spolverato di pangrattato e coperte da un foglio di alluminio.

Frittura: preparare sul fuoco due padelle, una più grande per le patate, con abbondante olio di semi di arachide ciascuna. Portare l'olio a temperatura, 170/180°, e friggere le patate, prima quelle bianche, poi le arancioni ed infine le viola, in pochi minuti saranno pronte. Scolare su carta assorbente, salare solo al momento di servire. Friggere anche le cozze e scolare su carta assorbente. Non salare.


Servire il fish&chips con la mousse di pecorino e ... in alto i calici!

fish&chips mediterraneo


Varianti: la mousse di pecorino si può aromatizzare con l'erba aromatica preferita, in estate si potrebbe osare con della mentuccia ed un pizzico di buccia di limone o lime grattugiata. Oppure optare per una variante più esotica, aggiungendo un pizzico di curcuma e curry, donando anche un colore dorato.
Valgono le stesse opzioni anche per le cozze, se si preferisce degustare la mousse di pecorino al naturale: il pangrattato si può aromatizzare a piacere, con un trito di aromatiche o con la spezia che più aggrada. I semi di sesamo possono essere sostitui con quelli saporiti e cipollosi di nigella sativa (la trovo da Tiger).


fish&chips mediterraneo


#maidiremai #aifb #pecorinotoscanodop

11 marzo 2014

Black & White Wednesday # 120


Susan of The Well-Seasoned Cook is hosting this week BWW,
please email your entries to thewellseasonedcook AT yahoo DOT com



Last Saturday at Stazione Leopolda in Florence,
main entrance @ Taste,
the fair dedicated to excellence in taste and food lifestyles.


taste 2014










 
We have a group on Flickr if you'd like to join and share your pics,
  hashtag #BWFood on Twitter.

31 gennaio 2014

La Signora Ribollita - Tuscan Ribollita - MLLA # 67


Una delle mie zuppe preferite, una ricetta che sa di casa e sapori antichi.
Sicuramente ognuno cela la propria ricetta personale, aggiungendo/togliendo questo o quello,  come la mia(nostra) cara amica Grazia, che per tradizione non manca mai di festeggiare il suo soggiorno elbano con tutta la compagnia con la spiaggiata più attesa dell'anno, gioiosamente riuniti intorno al suo pentolone di ribollita fatta con tanta cura e amore.
Si dice ribollita perchè una volta veniva fatta in grandi quantità, e riscaldata nei giorni seguenti, diventando sempre più gustosa ogni volta che la si ribolliva.
Da qui il consiglio di farla sempre almeno un giorno prima di degustarla, tenendola abbastanza morbida per avere poi la consistenza giusta quando si aggiungerà il pane (che comunque non è obbligatorio, si può anche degustare così al naturale). 
Pane che ho imparato ad affettare sottilmente, su consiglio di mia cugina, fiorentina doc: in questo modo si amalgamerà meglio e più velocemente, lasciando la zuppa più morbida.
Si possono usare fagioli borlotti, cannellini o toscanelli, sia freschi che secchi, a seconda della loro reperibilità stagionale.
Ingredienti:

cipolla, sedano e carota per il soffritto
fagioli secchi cannellini o borlotti
olio extravergine di oliva
verza, cavolo cappuccio, cavolo nero
cipolla, carote, sedano, bietole, patate,
zucchine (quando in stagione)
un cucchiaio o due di salsa di pomodoro, facoltativo
sale/pepe o dado homemade
peperoncino, se piace
finocchio selvatico, se piace
pane toscano raffermo


Mettere a bagno i fagioli per una notte se si usano quelli secchi.
L'indomani eliminare quelli risaliti in superficie, risciacquarli e cuocerli in pentola a pressione per circa 15 minuti dal fischio in abbondante acqua, con un rametto di rosmarino e uno di salvia legati insieme (cuocendoli in pentola normale il tempo di cottura si allunga a un'ora, un'ora e mezza).
Non buttare questa acqua che servirà per cuocere la zuppa.
Far rosolare cipolla, sedano e carota tritati finemente per il soffritto.
Aggiungere tutte le verdure mondate e tagliate, iniziando da verze e cavoli, una per volta (la salsa di pomodoro per ultima, se usata), far appassire, allungare quindi con l'acqua di cottura dei fagioli. Tritare 2/3 dei fagioli lessati e aggiungerli alla zuppa, il resto dei fagioli interi andrà aggiunto a cottura quasi ultimata.
Salare e pepare (o insaporire col dado homemade), eventualmente aggiungere il peperoncino/finocchio selvatico a piacere.
Portare a cottura le verdure, in pentola a pressione cuocere 20/30 minuti dal fischio, altrimenti in pentola normale lasciare sobollire per un'ora e mezza circa.
E' meglio se fatta il giorno prima, così le verdure riposano e i sapori si amalgamano bene.
Mezzora prima di servire disporre nella zuppiera uno strato di zuppa ben calda, uno di pane a fette tagliate molto sottili, un altro di zuppa, un altro di pane e finire con la zuppa e lasciare riposare coperta per circa 10/15 minuti.



Tuscan Ribollita

Definetely one of my favorite soups, full of traditional home flavors.
And for that everyone hides his personal recipe, with a little more or less of this and that.
Ribollita means boiled twice as once it was made ​​in large quantities, and re-heated in the following days, becoming more and more delicious every day after.
So get yours the suggestion to make it at least a day in advance, and fluid enough if you plan to add the bread (which however is not mandatory, you can also serve it without).
I've learned from my Florentine cousin to slice thinly the bread: in this way he will fit in better and faster, leaving the soup softer.
You can use borlotti beans, cannellini or toscanelli, both fresh or dried, depending on their seasonal availability .

ribollita-tuscan ribollita


You need:

onion, celery and carrot for soffritto
dried beans or cannellini beans
extra virgin olive oil
cabbage, kale,
carrot, onion, celery, chard, potato,
zucchini (when in season)
1 or 2 tbsp tomato sauce, optional
salt/pepper or homemade stock cubes
chili, if you like
fennel, if you like
leftover Tuscan bread
(or any rustic bread)


Soak the beans overnight if using dried ones .
The next day remove those recovered to the surface, rinse and cook in a pressure cooker for about 15 minutes from the whistle with plenty of water, with a sprig of rosemary and sage tied together (if using a regular pot cooking time will be an hour, an hour and a half).
Do not throw away cooking water, will be used for the soup.
Sauté onion, celery and carrot, finely chopped.
Add all chopped vegetables, one at a time, starting with cabbage and kale, amalgamating the previous with the following (tomato sauce the last, if used), then add the bean cooking water. Blend 2/3 of the cooked beans and add to the soup, the remaining will be added  when the soup is done.
Add salt and pepper (or season with homemade stock cubes), optionally add a little chili/fennel at your pleasure.
Cook the vegetables in a pressure cooker for 20/30 minutes from the whistle , otherwise in a regular pot let simmer for an hour and a half.
As said before, better if made in advance, all vegetables and flavors will nicely amalgamate.
Half an hour before serving, arrange a layer of piping hot soup in a large bowl, place sliced ​​bread, again soup, then again bread and repeat till you come to the top of the bowl: let stand covered for about 10/15 minutes then serve.




entro 31 gennaio

This recipe goes to Brigida for My Legume Love Affair # 67, both for English and Italian edition, the international event created in 2008 by Susan of The Well-Seasoned Cook and now organized by Lisa of Lisa’s Kitchen.



This recipe is my personal entry to WHB #418
hosted by Simona from Briciole
both for English and Italian edition.
Thanks again to Haalo who manages greatfully all events,
to Bri for Italian edition.
Thanks again to Kalyn for her successfull idea!

16 ottobre 2013

Schiacciata con l'uva - Grape Focaccia for World Bread Day 2013


scroll down for English version


Oggi è la Giornata Mondiale dell'Alimentazione e non a caso Zorra l'ha scelta come Giornata Mondiale del Pane, coinvolgendo bloggers da tutto il mondo in una grande hola della panificazione!
Ci sarà un gran fermento per la blogsfera, e sarà poi bello ammirare ed assaggiare tutti i diversi pani provenienti dai paesi più disparati. Chissà se si riuscirà a raggiungere quota 365, un pane per ogni giorno dell'anno, come auspica con fervore Zorra!

E' definitivamente Autunno, umidiccio e abbastanza piovoso, e la campagna regala gli ultimi grappoli prima che la vendemmia se li raccolga tutti.
Ho pensato allora di regalare al resto del mondo qualcosa di stagione, un pezzetto, anzi, una fetta della nostra terra, della mia amata Toscana, tradendo il caratteristico grappolo da vino Canaiolo per una locale uva fragola, di cui ho un'amica spacciatrice eccezionale.
Già altre colleghe illustri ne hanno fatto strage su questi schermi prima di me, Anna Rita, Paoletta e Aurelia, giusto per citarne qualcuna, basandosi tutte sulla ricetta del Petroni (di cui mi sono omaggiata il libro tempo fa). Potevo rinnegarla io?

La tradizione vuole che sia fatta in teglia quadrata o rettangolare, la mia misura internamente 21x21, e con questa dose di impasto mi sono venute anche due tartellette (10 cm di diametro).

I pareri sono discordanti: in casa mia è stata snobbata perchè poco dolce )confesso che sono stata parca di zucchero :-) e si sentono i semini dell'uva (!), mentre le amiche hanno apprezzato perchè poco dolce e non hanno neanche notato i semini.
Come si suol dire ... de gustibus non disputandum ... !

E per chi avesse un buon pane fragrante fra le mani e volesse unirsi alla grande hola panifera, c'è tempo fino alla mezzanotte di oggi per postarne la ricetta: info e regole qui.


schiaccia all'uva




400 g di farina 0
200 g circa di acqua a temperatura ambiente
4/6 cucchiai di zucchero di canna fine
(la ricetta originale ne prevede 200 g in totale)
10 g di lievito di birra
1 cucchiaino di malto d'orzo
1 cucchiaino scarso di sale fino
olio extravergine di oliva
700/800 g di uva nera da vino (varietà canaiolo o uva fragola)
semi di anice, facoltativi


schiaccia all'uva


Impasto: sciogliere il lievito nell'acqua, aggiungere il malto e un paio di cucchiai di olio.
In una ciotola mettere la farina e un paio di cucchiai di zucchero (per gli amanti del più dolce se ne può aggiungere di più, poco alla volta aggiungere i liquidi ed iniziare ad impastare, dapprima con la forchetta e poi sulla spianatoia. Aggiungere il sale dopo che i liquidi sono stati assorbiti.
Lavorare bene l'impasto, deve risultare morbido ed omogeneo.
Si può impastare anche con l'impastatrice.
Formare una palla, mettere a lievitare in ciotola leggermente unta e coperta fino al raddoppio.


 facendo schiaccia all'uva


Lavare l'uva ed asciugarla e sgranare gli acini.
Dividere la pasta a metà, una parte leggermente più grande.
Stendere la parte più grande in un quadrato e foderare una teglia quadrata (leggermente unta in precedenza) facendo attenzione che la pasta ricopra anche i bordi.
Riempire con gli acini di uva, cospargere sopra due (o tre o più per gli amici più zuccherini) cucchiai di zucchero e un giro di olio.
Stendere anche l'altra parte di impasto in un quadrato grande come la teglia (o poco più) e metterlo sugli acini di uva, ripiegando i bordi della pasta sottostante e premendo con le dita in modo da sigillare bene i lati (altrimenti in cottura esce il sugo dell'uva e si brucia).
Ricoprire ancora con gli acini rimasti, cospargere sopra un paio di cucchiai di zucchero e un giro abbondante di olio. Se piace, cospargere qualche semino di anice.
Cuocere in forno caldo a 180° per circa 50 minuti.
Le tartellette piccole (10 cm di diametro) cuociono in mezzoretta.

Un consiglio: meglio sistemare un foglio di stagnola sul ripiano inferiore del forno in modo che se del sugo dovesse fuoriuscire dalla teglia non cade direttamente sulla lastra del forno.

schiaccia all'uva


uva fragola-foxy grapes



Grape Focaccia


Today is World Food Day and t's also World Bread Day, the big baking event Zorra created long ago to gather so many bloggers from all around the world to bake a new bread for this special day, as to have a great baking hola troughout the world!
It's definitely Autumn, pretty moist and quite rainy, and the countryside is offering the last grapes before they are all pickled for the seasonal harvest.
So I would like to give to the rest of the world something seasonal and a little a bit, actually a slice of our land, my beloved Tuscany, even though I had to betray the traditional Canaiolo grape for the more peculiar Foxy grape, having an exceptional dealer friend for it.

Tradition calls fora  square or rectangular baking dish, my inside size 21x21, and with this amount of dough I made also two tarts 10 cm diameter.

Opinions are divided: at home the tart was snubbed because not sweet enough (but I must confess I used less sugar :-) and you could feel the grapes'seeds under your teeth (!), while friends have appreciated because it was not much sweet and they did not even noticed the seeds.
As they say ... de gustibus non disputandum ... !

If you have a good fragrant bread in your hands and would like to join the great baking hola,you have time until midnight to post the recipe: info and rules here.



schiaccia all'uva



 You need:


 400 g all-purpose flour
about 200 g water, room temperature
4/6 tbsp fine sugar cane
(original recipe calls for 200 g)
10 g fresh yeast
1 tsp barley malt
about 1 tsp salt
extra virgin olive oil
700/800 g red wine grape or foxy grape
anise seeds, optional

schiaccia all'uva


Dough: dissolve yeast in water, add the malt and a couple of tablespoons of oil.
In a bowl put the flour and a couple of tablespoons of sugar (if you are a sweeter palate add one more), gradually add the liquids and begin to knead, first with the fork and then on a work surface. Add salt when liquids have been absorbed.
Knead the dough until soft and smooth.
You can use a mixer to make it easier.
Shape into a ball, let rise in lightly greased bowl, covered, until doubled.


facendo schiaccia all'uva


Wash and dry the grapes and remove the berries from the stems.
Divide the dough in half, one part slightly larger.
Roll out the larger dough into a square and place into a square baking dish (lightly greased before) making sure that the dough come up to the edges.
Fill with grape berries, sprinkle over two (or three or more for sugar addicted lovers :-) tablespoons of sugar and drizzle with oil.
Roll out the other piece of dough into a square as big as the pan (or just a very little more) ) and place on the berries, turning the edges of the lower pastry onto the upper one, and press with your fingers to seal well (otherwise some grape sauce might come out and burn the oven).
Cover again with the remaining berries, sprinkle over a few tablespoons of sugar and a drizzle of oil. If you like, sprinkle some anise seeds.
Bake in preheated oven at 180° for about 50 minutes.
The smaller tartlets (10 cm diameter ) are ready in half an hour.

A little suggestion: better put a sheet of foil onto the bottom shelf of the oven to avoid any probable exceeding sauce to burn on it.


 schiaccia all'uva


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