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9 febbraio 2018

Fritole veneziane per il Calendario del Cibo Italiano


E cosa non c'è di più simpatico e accattivante da degustare delle tradizionali fritoe venessiane? E' impossibile resistere, son peggio delle ciliegie, una tira l'altra :-))
Siamo ufficialmente nella settimana carnevalesca; domani sarà la volta di Verona con la grande sfilata del venerdì gnocolar, al termine della quale tutti in piazza San Zeno per la tradizionale gnoccolata comune. Io preparerò una vagonata di gnocchi tricolore (bianchi, rosa con la barbabietola e verdi col cavolo nero) con le mie allieve per poi gustarceli come da tradizione.
I dolci che faranno poi capolino saranno i caratteristici galani e le fritole, le caratteristiche frittelle.
L'altro giorno ho galanato alla grande con amiche e allieve, la giornata di frittura dolce è diventata quasi un appuntamento tradizionale fra noi :-); ma non abbiamo avuto tempo di riprovare la ricetta di frittelle trovata su un numero della Cucina Italiana di qualche anno fa.
Il risultato allora fu molto soddisfacente, sia dal punto di vista esecutivo, per niente difficili, che gustativo: approvate alla grande, quindi urge rimediare in fretta nei prossimi giorni prima che il Carnevale finisca!


fritole veneziane


Ingredienti:

500 g di farina 00
300 g di latte tiepido
100 g di uvetta *
80 g di pinoli *
80 g di zucchero semolato
20 g di lievito di birra
3 uova
la buccia di mezza arancia
la buccia di mezzo limone
un bicchierino di grappa
vino bianco
zucchero a velo o semolato per guarnire
olio di arachide per friggere

* non ho messo uvetta e pinoli ma 2 mele grattugiate

 fritole veneziane




Mettere l'uvetta in ammollo in mezzo bicchiere di vino bianco.
Sciogliere il lievito nel latte tiepido.
In una ciotola mettere la farina setacciata con lo zucchero e un pizzico di sale, fare la fontana e al centro romperci le uova, sbatteerle bene e incorporare un pochino di farina.
Con una frusta iniziare ad impastare aggiungendo il latte col lievito e la buccia degli agrumi.
Scolare l'uvetta ed unirla all'impasto insieme al vino e alla grappa.
Lasciare lievitare per un'ora/un'ora e mezza coperto ed in luogo caldo.
Incorporare i pinoli mescolando con un cucchiaio (io la mela).
Riscaldare l'olio e quando ben bollente friggere le frittelle versando un po' di impasto alla volta col cucchiaio finchè ben dorate (cuocerle bene altrimenti l'interno resta crudo).
Scolare prima su un colino poi su carta assorbente, cospargere di zucchero a velo o passarle in quello semolato e servire.

Quando friggo, ricopro bene i fuochi con alluminio: restano così quasi puliti :-)

La chicca in più: finestre aperte, incensi accesi, cappe al massimo, lampe berger al profumo preferito, tutto aiuta per evitare che l'odore di fritto ristagni dentro casa ... ma una o due gocce di olio 31 nell'olio di frittura (messo da freddo) sarà indispensabile! (ed il fritto non ne risente, provare per credere!)

 
Venetian Fritters


Tomorrow Verona will have the biggest Carnival show of the year, the grand parade named venerdì gnocolar, meting then in Piazza San Zeno for the traditional gnocchi for everyone and traditional galani and fritole (fritters) will be served for dessert.
The other day I made a lot of galani with ​​friends, sweet fry day has become almost a tradition among us :-); but had no time for this fritters recipe I found on the best Italian cooking magazine,
Cucina Italiana some years ago. The result was very satisfactory, easy to do and delicious to taste, which means totally approved. So will have to make them in the next days before Carnival is over :-))


fritole veneziane



You need:

500 g all-purpose flour
300 lukewarm milk
100 g raisins *
80 g pine nuts *
80 g ogranulated sugar
20 g fresh yeast
3 eggs
zest of half an orange
zest of half a lemon
a very small glass of grappa (or vodka)
half a glass of white wine
granulated or powdered sugar for garnish
peanut oil for frying

* I just used 2 grated apples instead of raisins and pine nuts


 fritole veneziane

Put the raisins to soak into white wine.
Dissolve yeast in milk.
Pour sifted flour, sugar and a pinch of salt ina large bowl, make a well in the center and break eggs into, beat eggs well with a fork then incorporate a little flour.
 Pour milk with dissolved yeast little by little and use whisk to mix and amalgamate the compound.
Add citrus zest, drained raisins (or grated apples), wine used for soaking and grappa.
Let rise for an hour/an hout and a half covered and in a warm place.
Add then pine nuts, stirring carefully with a spoon.
Heat oil and when very hot fry the fritters slipping a little compund with a spoon.
When golden (and make sure they are otherwise they won't cook well inside) drain first in a sieve and then on paper towels.
Sprinkle with powdered or granulated sugar still warm and serve.

When I fry, I cover my stove with aluminum: it won't get dirty that much :-)

One more tip: open windows, lit incense, hoods up, lampe berger with favorite fragrance, all helps to prevent the awful smell of fried food in the house ... but one or two drops of oil 31 into frying oil (when cold) will be essential! (and food not affected, try it!)



365 giorni di festa per celebrare le glorie della nostra cucina: 
la più famosa, la più bella (e buona) del mondo!
La festa del cibo che si rinnova ogni giorno,
attraverso la celebrazione dei piatti e dei prodotti che hanno reso unica la cucina italiana,
in Italia e nel mondo.

18 dicembre 2017

Il Pandoro di Verona delle sorelle Simili per il Calendario del Cibo Italiano


Le feste si avvicinano, ancora pochi giorni e sarà Natale e sulle nostre tavole non mancherà il dolce in assoluto che ci piace di più: sua Maestà il Pand(e)oro!

Anche il Calendario del Cibo Italiano lo festeggia, dedicandogli oggi la sua Giornata Nazionale, raccontando storia e curiosità legate a questo soffice, arioso, morbido e burroso dolce, emblema della città di Verona.

Ho iniziato a fare pandori anni fa, ma la prima volta è stato un disastro. Probabilmente l'inesperienza con gli impasti di allora e forse la fretta di voler realizzare un dolce che, al contrario, ha bisogno di grande calma e pazienza, proprio come l'attesa della grande notte, mi aveva portato sull'orlo di una crisi di nervi per la grande ciofeca che ne era uscita fuori: c'era il sapore vanigliato e burroso, ma non aveva lievitato per nulla e quindi era gnucco gnucchissimo!
In seguito mi ci sono proprio impegnata ed i risultati mi hanno soddisfatto alla grande, ancora una volta la maestria e l'affidabilità delle ricette delle Sorelle Simili non ha deluso.


pandoro



Ho provato a far anche i pandorini, così teneri e deliziosi e perfetti per regalini natalizi, con la dose di questo impasto ne vengono 7 (ma avendo 6 stampi solo uno l'ho sistemato in uno stampo a stella.
Non è un impasto difficile, ma richiede tempo e pazienza; anche la sfogliatura non è così impegnativa, sicuramente la prima sarà coi bordi traballanti e un pochino imprecisa, ma poi l'impasto si riprende in frigo e la seguente sarà più facilmente eseguibile, la terza poi sarà perfetta e quasi una passeggiata che viene voglia di dire ma come, già finito? (e furbamente ho messo la foto di quest'ultima :-).
Iniziando la sera prima, visto che l'impasto deve riposare in frigo tutta la notte, la cottura avviene nel tardo pomeriggio; è poi una gioia portare il Pandoro ancora caldo agli amici quando si è invitati a cena, oppure sfornarlo direttamente in tavola quando si hanno ospiti!
Una sola nota leggermente stridente: la crosta è un pochino più spessa e non così morbida come in quelli comprati, ma già quella del secondo pandoro e dei pandorini era meglio del primo (avevo cambiato forno di cottura); in ricetta riporto le indicazioni delle sorelle, ma forse conviene abbassare di 10° la temperatura del forno, o perlomeno nel mio, aggiornerò alla prossima infornata.


pandoro


Questi sono piccoli consigli che posso dare sulla buona riuscita di questo dolce:

- usare solo farina di forza, quella che al supermercato è indicata come manitoba (oppure preprarsi la miscela usando 70% farina 0 e 30% manitoba pura),
- le uova (medie) meglio non fredde, leggermente sbattute prima di unirle all'impasto,
- il burro tagliato a pezzettini farà prima ad ammorbidirsi,
- meglio usare un burro tedesco o cercare quello ottenuto da centrifuga,
- usare solo i semini della bacca di vaniglia, non aromi artificiali,
- per praticità iniziare la sera prima e fare la lievitazione del primo impasto in frigo perché l'ultima lievitazione è molto lunga, anche 5/6 ore, altrimenti si rischia di metterlo in forno a mezzanotte,
- un'impastatrice aiuta molto nel lavoro, ma dare sempre un'ultima lavorata e battuta a mano, aiutandosi con una spatola se necessari,
- spolverare sempre il piano di lavoro e il matterello quando si sfoglia,
- preparazione dello stampo: per non aver brutte sorprese nell'estrarre il pandoro una volta cotto, meglio usare una piccola accortezza che suggeriscono le sorelle: capovolgere lo stampo sul tavolo (base piccola in alto) e appoggiarci sopra un pezzo di alluminio, circa 30x30, per prendere la forma dello stampo, premendo bene lungo le scanalature. Poi rimettere lo stampo nella posizione d'uso (base piccola che appoggia sul tavolo), imburrare leggermente la base e fissare l'alluminio nella parete interna facendo combaciare le pieghe prese alle pareti scanalate. Imburrare quindi (meglio con pennello e burro sciolto) sia la stagnola che le pareti fino al bordo dello stampo. In questo modo il pandoro si sfilerà facilmente e non c'è pericolo che la punta possa rimanere attaccata al fondo (se fosse malauguratamente attaccato alle pareti, ma non mi è mai successo in tutte le mie pandorificazioni, basterà passare delicatamente una lama di coltello tra il pandoro e la parete dello stampo).


stampo preparato per pandoro-lined mold for pandoro



Ingredienti:

450 g di farina di forza
135 g di zucchero
170 g di burro
4 uova
18 g lievito di birra
acqua tiepida
1 cucchiaino di sale
1 stecca di vaniglia
una noce di burro per lo stampo
zucchero a velo



pandoro




Lievitino:
15 g di lievito di birra
60 g di acqua tiepida
50 g di farina di forza
1 cucchiaio di zucchero
1 tuorlo

Sciogliere il lievito nell'acqua, aggiungere lo zucchero, il tuorlo e la farina e  sbattere bene con una frusta finchè il composto risulta ben amalgamato e senza grumi. Sarà abbastanza liquido.
Lasciare lievitare in luogo tiepido per circa un'ora, fino al raddoppio.

Primo impasto:
200 g di farina di forza
3 g di lievito di birra
25 g di zucchero
30 g di burro a temperatura ambiente
2 cucchiai scarsi di acqua tiepida
1 uovo, leggermente sbattuto

Aggiungere al lievitino il lievito di birra sciolto  nell'acqua tiepida, lo zucchero, la farina e l'uovo,.
Quando gli ingredienti saranno ben amalgamati unire anche il burro morbido e lavorare e battere bene l'impasto finchè il burro si sarà tutto assorbito. Anche se si impasta con un'impastatrice, sempre meglio battere l'impasto sulla spianatoia e dargli l'ultima lavorata a mano.
L'impasto è abbastanza appiccicoso ma meglio sporcarsi le mani e la spianatoia di farina (poca) che aggiungerne all'impasto.
Lasciare lievitare in ciotola, coperto, in frigo tutta la notte.

Secondo impasto:
200 g di farina di forza
100 g di zucchero
2 uova
1 cucchiaino di sale
i semini della stecca di vaniglia

140 g di burro a temperatura ambiente per sfogliare

Tirare fuori la ciotola dal frigo e lasciarla rinvenire a temperatura ambiente per circa un'ora (l'impasto durante la notte dovrebbe essere lievitato al raddoppio).
Unire all'impasto precedente le uova, lo zucchero, la farina, il sale ed i semi della vaniglia (incidere la stecca per il lungo con un coltello affilato e schiacciare col dorso della lama per estrarre i semini).
Lavorare e battere bene come nel primo impasto.
Trasferire poi l'impasto in una ciotola unta di burro e lasciare lievitare coperto e in luogo tiepido per circa un'ora e mezza (o fino al raddoppio, a me ci sono volute due ore abbondanti).
Poi mettere la ciotola in frigo per 30/40 minuti.

facendo pandoro-making pandoro


Sulla spianatoia leggermente infarinata stendere la pasta in un quadrato e mettere al centro il burro, schiacciando i pezzetti tra le dita, lasciando un bordo di 3 centimetri. Richiudere gli angoli della pasta verso il centro coprendo il burro.

Prima piega: spianare delicatamente la pasta in un rettangolo e poi ripiegarla in tre, come per la pasta sfoglia. Rimettere la pasta in frigo, coperta con pellicola, e lasciare riposare 20 minuti.
Seconda piega: come la prima, più il riposo.
Terza piega: come la prima, più il riposo.

Dopo l'ultimo riposo, ungersi leggermente le mani col burro e formare una palla con l'impasto, ruotandolo sul piano di lavoro con le mani e nello stesso momento inserendo i bordi sotto.
Sistemare la palla nello stampo precedentemente preparato con la parte rotonda e liscia sul fondo dello stampo (per capirci, la parte che toccava il piano di lavoro con i lembi della pasta incalzati va rivolta verso l'alto).


facendo pandoro-making pandoro


Lasciare lievitare in luogo tiepido e coperto (una pentola alta messa sopra andrà benissimo) fino a quando il pandoro arriva al bordo dello stampo, o meglio lo supera di qualche centimetro (ci sono volute 5/6 ore).
Cuocere a 170° per 15 minuti, poi abbassare a 160° per altri 10 minuti, ma è sempre meglio regolarsi con la prova stecchino, a me infatti ci sono voluti 10 minuti ancora (nella parte più bassa del forno perchè il pandoro gonfierà ancora, fino a toccare la griglia superiore; eventualmente proteggere con un foglio di alluminio dopo una buona coloritura). 
Il pandoro (come ogni altro lievitato) è cotto quando al cuore raggiunge la temperatura di 95°; quindi se avete un termometro da cucina, usatelo!
Sformare appena possibile, ma non subito altrimenti il peso del pandoro lo farà accasciare sulla base, e spolverare di abbondante zucchero a velo.


pandorini-mini pandoro


Si conserva per qualche giorno in un sacchetto per alimenti ben chiuso, riscaldandolo appena un paio di minuti in forno per far riprendere cremosità al burro.
Per conservarlo più a lungo si può congelare una volta raffreddato bene (riparato bene che non prenda altri odori dal freezer), poi si scongela a temperatura ambiente e si riscalda necessariamente qualche minuto in forno per far riprendere cremosità al burro.



365 giorni di festa per celebrare le glorie della nostra cucina: 
la più famosa, la più bella (e buona) del mondo!
La festa del cibo che si rinnova ogni giorno,
attraverso la celebrazione dei piatti e dei prodotti che hanno reso unica la cucina italiana,
in Italia e nel mondo.

4 luglio 2017

Chiarè e Spritz, bollicine venete per l'aperitivo del Calendario del Cibo Italiano


Oggi il Calendario del Cibo Italiano celebra la Giornata Nazionale degli Aperitivi, un appuntamento ormai (quasi) irrinunciabile e che spesso sfocia in quel rito così modaiolo chiamato Happy Hour o Six to Nine, per i più precisini, che sta appunto ad indicare quell'intervallo di tempo pre-serale in cui godere di uno (o più) cocktail accompagnati dalle più svariate ispirazioni culinarie espresse o, talvolta, massima espressione golosa di indovinati ricicli. 

Un rituale irrinunciabile in terra veneta è lo Spritz.
Credo non ci sia un solo veneto a non averlo mai bevuto, e fin dalla primissima età, quando a tavola ai bambini che chiedevano di assaggiare il vino lo si dava sprizzato con acqua minerale! Era più di un aperitivo, valeva più di un raffinatissimo cocktail o di un ricercatissimo longdrink: lo Spritz era un rituale, una sana abitudine consolidata nel tempo e sempre piacevole. Inoltre, cosa di cui tener conto oggigiorno, poco costoso! In alcune cittadine già a metà mattina gli affezionati lo richiedevano ai banchi del bar invece del solito caffè.
Curiosa l'origine del nome: c'è chi lo associa al tedesco spritzen (spruzzare) perchè i soldati dell'Impero Austriaco di stanza a Venezia solevano allungare il vino locale con l'acqua per mitigarne il grado alcolico: c'è chi sostiene, invece, che derivi dal nome di un vino austriaco.
Ora è diventato un cult anche tra i giovani, complice le recenti campagne pubblicitarie dell'Aperol, suo immancabile compagno di bicchiere; anche se, talvolta, può essere preparato con il Campari (in tutte le mie Spritz-ate ho trovato solo un locale dove ordinando uno Spritz, senza specificare Aperol, me lo ha portato col Campari, da me non tollerato; alla mia strabuzzata sorpresa sono stati molto gentili e me lo hanno subito sostituito).


aperol spritz


L'Aperol è un aperitivo alcolico italiano con una gradazione di 11°, dal arancione brillante e dal sapore dolce amaro ottenuto per infusione in alcol di arancia dolce e amara, erbe (tra cui il rabarbaro) e radici in proporzioni perfette. La ricetta, ultra segreta, è rimasta invariata dalla nascita. Viene creato dai fratelli Barbieri di Bassano del Grappa e presentato ufficialmente in occasione della prima Fiera Campionaria di Padova nel 1919. Sin dalla sua nascita l'Aperol si presenta con un distintivo colore arancione. Dato il successo del prodotto, i produttori Barbieri decidono di investire in pubblicità: negli anni venti l'arancione diventa la firma cromatica di Aperol e nei bar spuntano i primi poster pubblicitari che invitano a consumare un Aperol. Negli anni trenta Aperol realizza una campagna dedicata alle donne sui principali quotidiani in cui si vede una sarta che misura il girovita di una cliente ed esclama: "Signora! L'Aperol mantiene la linea". Alle signore era consentito un Aperol in quanto aperitivo leggero. Negli anni cinquanta, dal tradizionale spritz veneto (vino bianco con seltz) nasce la nuova ricetta con Aperol: 4 cl di Aperol, 6 cl di Prosecco e uno spruzzo di seltz o soda. Da allora l'Aperol si lega allo spritz.
Dal secondo dopoguerra l'Aperol conosce un grande sviluppo e una rapida diffusione grazie anche al Carosello in cui Tino Buazzelli, portandosi la mano alla fronte, pronuncia le parole "Ah, Aperol!". Negli anni ottanta segue lo spot di Holly Higgins in cui si tira su la minigonna per raggiungere in moto gli amici in un bar di Miami mentre dice "Non so voi, ma io bevo Aperol".
Nel 1991 la F.lli Barbieri viene acquisita dalla Barbero 1891 che, a sua volta, nel dicembre 2003, diventa di proprietà del Gruppo Campari. A partire dai primi anni 2000, anche grazie al successo dell'happy hour e del fenomeno spritz, Aperol incrementa la sua produzione espandendosi anche in Germania, Austria e altri Paesi. Nel 2008 il marchio si impone ulteriormente sul mercato grazie a una riuscita campagna pubblicitaria ispirata al rito tutto veneto dello spritz e lancia l'Aperol Spritz portandolo così a conoscenza del grande pubblico; si ottiene miscelando in un bicchiere con ghiaccio tre parti di Prosecco, due di Aperol e una di seltz, aggiungendo alla fine una fetta di arancia. Aperol Spritz è anche un brand del gruppo Campari.
Nel 2010 Aperol ritorna in televisione con una nuova campagna all'insegna dello spritz in cui il brano Street life di Randy Crawford è arrangiato in versione "garage" con la collaborazione del musicista e produttore Ferdinando Arnò (tutte le campagne pubblicitarie qui).
Nel 2011 nasce Aperol Spritz home edition, il nuovo prodotto Aperol che offre gli ingredienti dello spritz all'interno di una bottiglietta pronta all'uso (da wikipedia).

Anche se le dosi consigliate sono 3 - 2 - 1, personalmente preferisco farlo leggermente più leggero, per poterne godere qualche bicchiere senza cadere in un letargo anticipato.
La soda può essere sostituita da acqua minerale gassata, immancabili tanti cubetti di ghiaccio (quello duro, che non si scioglie) e obbligatoria la fettina di arancia, sempre.


spritz time


Il mio Aperol Spritz:

1/3 di Prosecco ben freddo
1/3 di Aperol
1/3 di soda/seltz
fettine di arancia
cubetti di ghiaccio


Nel bicchiere o nella caraffa si mette prima il ghiaccio, poi l'arancia, a seguire il Prosecco, l'Aperol e la soda: una mescolata e lo Spritz è servito!

L'Aperol Spritz si gusta in ogni dove e in ogni occasione: al mare, in montagna, al lago, in città, in campagna, a Venezia come a Napoli, accompagnandolo con quello che più vi piace... anche con un piatto di ottime vongole tirreniche!



chiarè



L'idea di questo aperitivo nasce da Andrea Palmisano del Caffè Matteotti di Bardolino, con la partecipazione di Mauro Sabaini del Caffè Centrale, entrambi  appartenenti all'associazione di ristoratori e baristi di Bardolino De Gustibus, in occasione dell'Aperitivo Sotto le stelle nell'agosto dello scorso anno. Il  Chiaretto Spumante è un vino ancora in produzione limitata (300 mila bottiglie totali, contro i 10 milioni di bottiglie del Chiaretto tradizionale) ma che sta riscuotendo un  successo crescente incontrando sempre di più il favore del pubblico vinaiolo. 
Francesca Negri di  Geisha Gourmet così lo definisce: una fresca bevanda “pre dinner” che valorizza il colore rosa corallo della rara versione spumantizzata del Chiaretto bardolinese e i suoi caratteristici profumi fruttati (lampone, fragolina di bosco, ciliegia), floreali (accentuati dal sambuco) e speziati (esaltati dalla menta). Il tutto con una gradazione alcolica finale abbastanza contenuta: una tipica porzione da bar non arriva i 5 gradi di alcol.


chiarè


ghiaccio abbondante
6 centilitri di Bardolino Chiaretto Spumante
1,5 centilitri di sciroppo di sambuco
7,5 centilitri di soda
foglie di menta fresca 

Si prepara direttamente nel bicchiere: si inserisce il ghiaccio, si versano lo sciroppo di sambuco e il Chiaretto Spumante, si aggiungono le foglie di menta (meglio batterle tra i palmi delle mani per far rinvenire maggiormente il loro aroma) e alla fine si unisce la soda,  una mescolata e l’aperitivo è servito.
Per comodità ed in occasione di feste o cene preferisco farlo in una caraffa capiente, lasciando in infusione la menta col sambuco per un paio di ore, in modo da diffondere il suo aroma più persistentemente, aumentando le dosi nella giusta proporzione.


chiarè



Con cosa accompagnare questi cocktail nostrani? Massima libertà di pensiero e degustazione: dalla semplice patatina a qualsiasi finger food goloso e saporito, dalla sempre gradita fettina di salame con polenta ai bocconcini più sofisticati, dalle tartine vintage ai crostini più ricercati, passando, senza ombra di dubbio, attraverso gli sfiziosi mini rolls crepitanti preparati per l'ultima sfida Mtchallenge.


rolls





365 giorni di festa per celebrare le glorie della nostra cucina:
la più famosa, la più bella (e buona) del mondo!
La festa del cibo che si rinnova ogni giorno,
attraverso la celebrazione dei piatti e dei prodotti che hanno reso unica la cucina italiana,
in Italia e nel mondo.

19 dicembre 2016

Il Pandoro delle Sorelle Simili per la Giornata Nazionale del Calendario del Cibo Italiano


Le feste si avvicinano, ancora pochi giorni e sarà Natale e sulle nostre tavole non mancherà il dolce in assoluto che ci piace di più: sua Maestà il Pand(e)oro!

Anche il Calendario del Cibo Italiano lo festeggia, dedicandogli oggi la sua Giornata Nazionale, di cui sono fiera Ambasciatrice. Se siete curiosi di leggere la storia e le curiosità legate a questo soffice, arioso, morbido e burroso dolce, emblema della città di Verona, fermatevi un attimo a leggere il mio articolo pubblicato oggi sul Calendario.

Ho iniziato a fare pandori anni fa, ma la prima volta è stato un disastro. Probabilmente l'inesperienza con gli impasti di allora e forse la fretta di voler realizzare un dolce che, al contrario, ha bisogno di grande calma e pazienza, proprio come l'attesa della grande notte, mi aveva portato sull'orlo di una crisi di nervi per la grande ciofeca che ne era uscita fuori: c'era il sapore vanigliato e burroso, ma non aveva lievitato per nulla e quindi era gnucco gnucchissimo!
In seguito mi ci sono proprio impegnata ed i risultati mi hanno soddisfatto alla grande, ancora una volta la maestria e l'affidabilità delle ricette delle Sorelle Simili non ha deluso.


pandoro



Ho provato a far anche i pandorini, così teneri e deliziosi e perfetti per regalini natalizi, con la dose di questo impasto ne vengono 7 (ma avendo 6 stampi solo uno l'ho sistemato in uno stampo a stella.
Non è un impasto difficile, ma richiede tempo e pazienza; anche la sfogliatura non è così impegnativa, sicuramente la prima sarà coi bordi traballanti e un pochino imprecisa, ma poi l'impasto si riprende in frigo e la seguente sarà più facilmente eseguibile, la terza poi sarà perfetta e quasi una passeggiata che viene voglia di dire ma come, già finito? (e furbamente ho messo la foto di quest'ultima :-).
Iniziando la sera prima, visto che l'impasto deve riposare in frigo tutta la notte, la cottura avviene nel tardo pomeriggio; è poi una gioia portare il Pandoro ancora caldo agli amici quando si è invitati a cena, oppure sfornarlo direttamente in tavola quando si hanno ospiti!
Una sola nota leggermente stridente: la crosta è un pochino più spessa e non così morbida come in quelli comprati, ma già quella del secondo pandoro e dei pandorini era meglio del primo (avevo cambiato forno di cottura); in ricetta riporto le indicazioni delle sorelle, ma forse conviene abbassare di 10° la temperatura del forno, o perlomeno nel mio, aggiornerò alla prossima infornata.


pandoro


Questi sono piccoli consigli che posso dare sulla buona riuscita di questo dolce:

- usare solo farina di forza, quella che al supermercato è indicata come manitoba (oppure preprarsi la miscela usando 70% farina 0 e 30% manitoba pura),
- le uova (medie) meglio non fredde, leggermente sbattute prima di unirle all'impasto,
- il burro tagliato a pezzettini farà prima ad ammorbidirsi,
- meglio usare un burro tedesco o cercare quello ottenuto da centrifuga,
- usare solo i semini della bacca di vaniglia, non aromi artificiali,
- per praticità iniziare la sera prima e fare la lievitazione del primo impasto in frigo perché l'ultima lievitazione è molto lunga, anche 5/6 ore, altrimenti si rischia di metterlo in forno a mezzanotte,
- un'impastatrice aiuta molto nel lavoro, ma dare sempre un'ultima lavorata e battuta a mano, aiutandosi con una spatola se necessari,
- spolverare sempre il piano di lavoro e il matterello quando si sfoglia,
- preparazione dello stampo: per non aver brutte sorprese nell'estrarre il pandoro una volta cotto, meglio usare una piccola accortezza che suggeriscono le sorelle: capovolgere lo stampo sul tavolo (base piccola in alto) e appoggiarci sopra un pezzo di alluminio, circa 30x30, per prendere la forma dello stampo, premendo bene lungo le scanalature. Poi rimettere lo stampo nella posizione d'uso (base piccola che appoggia sul tavolo), imburrare leggermente la base e fissare l'alluminio nella parete interna facendo combaciare le pieghe prese alle pareti scanalate. Imburrare quindi (meglio con pennello e burro sciolto) sia la stagnola che le pareti fino al bordo dello stampo. In questo modo il pandoro si sfilerà facilmente e non c'è pericolo che la punta possa rimanere attaccata al fondo (se fosse malauguratamente attaccato alle pareti, ma non mi è mai successo in tutte le mie pandorificazioni, basterà passare delicatamente una lama di coltello tra il pandoro e la parete dello stampo).


stampo preparato per pandoro-lined mold for pandoro



Ingredienti:

450 g di farina di forza
135 g di zucchero
170 g di burro
4 uova
18 g lievito di birra
acqua tiepida
1 cucchiaino di sale
1 stecca di vaniglia
una noce di burro per lo stampo
zucchero a velo



pandoro




Lievitino:
15 g di lievito di birra
60 g di acqua tiepida
50 g di farina di forza
1 cucchiaio di zucchero
1 tuorlo

Sciogliere il lievito nell'acqua, aggiungere lo zucchero, il tuorlo e la farina e  sbattere bene con una frusta finchè il composto risulta ben amalgamato e senza grumi. Sarà abbastanza liquido.
Lasciare lievitare in luogo tiepido per circa un'ora, fino al raddoppio.

Primo impasto:
200 g di farina di forza
3 g di lievito di birra
25 g di zucchero
30 g di burro a temperatura ambiente
2 cucchiai scarsi di acqua tiepida
1 uovo, leggermente sbattuto

Aggiungere al lievitino il lievito di birra sciolto  nell'acqua tiepida, lo zucchero, la farina e l'uovo,.
Quando gli ingredienti saranno ben amalgamati unire anche il burro morbido e lavorare e battere bene l'impasto finchè il burro si sarà tutto assorbito. Anche se si impasta con un'impastatrice, sempre meglio battere l'impasto sulla spianatoia e dargli l'ultima lavorata a mano.
L'impasto è abbastanza appiccicoso ma meglio sporcarsi le mani e la spianatoia di farina (poca) che aggiungerne all'impasto.
Lasciare lievitare in ciotola, coperto, in frigo tutta la notte.

Secondo impasto:
200 g di farina di forza
100 g di zucchero
2 uova
1 cucchiaino di sale
i semini della stecca di vaniglia

140 g di burro a temperatura ambiente per sfogliare

Tirare fuori la ciotola dal frigo e lasciarla rinvenire a temperatura ambiente per circa un'ora (l'impasto durante la notte dovrebbe essere lievitato al raddoppio).
Unire all'impasto precedente le uova, lo zucchero, la farina, il sale ed i semi della vaniglia (incidere la stecca per il lungo con un coltello affilato e schiacciare col dorso della lama per estrarre i semini).
Lavorare e battere bene come nel primo impasto.
Trasferire poi l'impasto in una ciotola unta di burro e lasciare lievitare coperto e in luogo tiepido per circa un'ora e mezza (o fino al raddoppio, a me ci sono volute due ore abbondanti).
Poi mettere la ciotola in frigo per 30/40 minuti.

facendo pandoro-making pandoro


Sulla spianatoia leggermente infarinata stendere la pasta in un quadrato e mettere al centro il burro, schiacciando i pezzetti tra le dita, lasciando un bordo di 3 centimetri. Richiudere gli angoli della pasta verso il centro coprendo il burro.

Prima piega: spianare delicatamente la pasta in un rettangolo e poi ripiegarla in tre, come per la pasta sfoglia. Rimettere la pasta in frigo, coperta con pellicola, e lasciare riposare 20 minuti.
Seconda piega: come la prima, più il riposo.
Terza piega: come la prima, più il riposo.

Dopo l'ultimo riposo, ungersi leggermente le mani col burro e formare una palla con l'impasto, ruotandolo sul piano di lavoro con le mani e nello stesso momento inserendo i bordi sotto.
Sistemare la palla nello stampo precedentemente preparato con la parte rotonda e liscia sul fondo dello stampo (per capirci, la parte che toccava il piano di lavoro con i lembi della pasta incalzati va rivolta verso l'alto).


facendo pandoro-making pandoro


Lasciare lievitare in luogo tiepido e coperto (una pentola alta messa sopra andrà benissimo) fino a quando il pandoro arriva al bordo dello stampo, o meglio lo supera di qualche centimetro (ci sono volute 5/6 ore).
Cuocere a 170° per 15 minuti, poi abbassare a 160° per altri 10 minuti, ma è sempre meglio regolarsi con la prova stecchino, a me infatti ci sono voluti 10 minuti ancora (nella parte più bassa del forno perchè il pandoro gonfierà ancora, fino a toccare la griglia superiore; eventualmente proteggere con un foglio di alluminio dopo una buona coloritura). 
Il pandoro (come ogni altro lievitato) è cotto quando al cuore raggiunge la temperatura di 95°; quindi se avete un termometro da cucina, usatelo!
Sformare appena possibile, ma non subito altrimenti il peso del pandoro lo farà accasciare sulla base, e spolverare di abbondante zucchero a velo.


pandorini-mini pandoro


Si conserva per qualche giorno in un sacchetto per alimenti ben chiuso, riscaldandolo appena un paio di minuti in forno per far riprendere cremosità al burro.
Per conservarlo più a lungo si può congelare una volta raffreddato bene (riparato bene che non prenda altri odori dal freezer), poi si scongela a temperatura ambiente e si riscalda necessariamente qualche minuto in forno per far riprendere cremosità al burro.




25 settembre 2016

Gli gnocchi vintage per l'MTC#59


Si dice giovedì gnocchi, ma da noi non c'è giorno che non vada bene per gli gnocchi, da tanto ci piacciono. E diventa spesso anche un piatto festivo, che risolve il pranzo o la cena della domenica, quando magari ci si ritrova a tavola più del previsto.
E' un piatto dell'abbondanza e del familiare convivio insieme: c'è sempre qualche buon volontario che aiuta a farli, dato che le quantità sono notevoli. Già, perchè quando si decide per gli gnocchi, quelli si mangiano, e solo quelli, quasi fin a scoppiare... poi si passa direttamente alla frutta o al dolce.
Una tradizione quasi storica, da quando ho imparato a farli. E di questo sarò sempre grata alla cara nonna Maria che tanti anni fa mi regalò la sua semplice ricetta che ancora oggi produce ottimi gnocchi.
E questo mese, in casa Mtchallenge, sono piovute quintalate di gnocchi, in tutte le salse e in tutti i più svariati e fantasiosi abbinamenti, perchè la sfida del mese riguardava proprio loro, i signori Gnocchi.
Annarita ci ha dettato le sue linee guida e qualche buon consiglio per una buona e corretta riuscita: dalla scelta delle patate, come cuocerle, come impastare il composto, come eseguire gli gnocchi perfetti ed, eventualmente, come conservarli.

rigatura gnocchi



La scelta della patata è determinante: la sua struttura decide sulla buona riuscita o meno dell'impasto. Io sono sempre stata fedele a quelle a buccia rossa, sono pastose al punto giusto, non mi hanno mai deluso. Se non le trovo, però, sicuramente sono da preferire quelle vecchie e, se si trovano, di montagna. Le patate nuove sono troppo acquose e richiederebbero troppa farina, lo gnocco poi sarebbe immangiabile.
Pochi ingredienti ancora: farina (meglio debole, non abbiamo assolutamente bisogno di risvegliare il nostro amico/nemico glutine) e sale.
E l'uovo? Solitamente lo metto, ma questa sfida richiedeva gnocchi semplici, solo di patate e farina; l'uovo era permesso unicamente nella versione di quelli ripieni, che seguiranno. 
Mi sono così adeguata ed ho fatto, per la prima volta in vita mia, l'impasto senza uovo! Non mi ha deluso, sono venuti bene ugualmente; ma non dovrà deludersi, poi, la Community, se continuerò a seguire la ricetta della nonna Maria, dove un po' di uovo dà un piccolo sostegno e aiuto che, nelle grandi quantità che produco, è necessario per agire più in tranquillità.
Come condirli? Con il classico  sugo di pomodoro non si sbaglia mai, ed è il nostro leit motiv familiare. Unica variazione concessa: un'eventuale aggiunta di mozzarella (raramente, sia chiaro) per farli sembrare più amichevolmente sorrentini.
Certo con il ragù (od un altro sugo consistente) diventerebbero ancora più ricchi e sostanziosi, ma non lo facciamo mai. Mi sembrerebbe quasi di infrangere una regola sacra, non so come spiegarlo: per noi gli gnocchi sono diventati (quasi) un'istituzione, un cibo che ci unisce, che è la nostra famiglia: nato col pomodoro, lì ci resterà unito, indissolubilmente. Probabilmente anche perchè, come ricetta salva tempo (è vero, ne produciamo tanti, ma si fa e si mangia solo quello, quindi, in un certo senso, semplifica il lavoro della cucina) e salva menu, il sugo di pomodoro è quello più veloce ed immediato che si presta all'occorrenza.
E che va a braccetto alla versione in bianco, che poi visivamente in bianco non è, dell'unica altra concessione permessa per i nostri gnocchi.
Non so quanto i miei figli possano sentirsi legati emotivamente (anche se di pancia lo sono molto :-) a questi gnocchi; di certo li apprezzano e li gustano con piacere, e sono gli unici ammessi alle nostre gnoccolate gioiose.
Io lo sono molto, perchè questo semplice condimento racchiude una parte di vita dei miei famigliari che, ineluttabilmente, non ci sono più, ma che sono stati un punto fermo della mia fanciullezza e gioventù. Rappresentano il loro vissuto, le loro gioie e sofferenze in un periodo storico che, per nostra fortuna, abbiamo vissuto solo attraverso i libri scolastici, ma che non possiamo ignorare (e che talvolta dovrebbe farci fermare un attimo e riflettere, ma questa è un'altra storia).
Ed ancora una volta come, attraverso il cibo, si possano trasmettere e rivivere emozioni fortissime, legate a ricordi che, probabilmente, andrebbero ad affievolirsi giorno dopo giorno. Il ripetersi di quei gesti, ora appresi e condivisi di nuovo, renderanno più buone le nostre creazioni, anche se non perfette. La cucina di casa non è perfezione, ma amore verso chi vi si avvicina e vi partecipa.
Mi raccontava la mia mamma che, in tempo di guerra, le dispense nelle case erano molto sguarnite: si vivevano tempi duri, di magra nel vero senso della parola, i generi alimentari di prima necessità si acquistavano attraverso le tessere annonarie, in quantità razionate, settimanalmente o mensilmente. Stava leggermente meglio chi abitava in campagna, dove era possibile avere un piccolo orto e qualche animale. Lo zucchero era uno di questi beni preziosi, ed inevitabilmente scarseggiava. Era, quindi, impensabile sprecarne una grande quantità per fare un dolce tradizionale. 
Probabilmente le nostre nonne, per dovere e necessità, erano sicuramente più ragioniere ed abili contabili nel saper dosare minuziosamente quel che passava il convento, e saper offrire così il giusto ogni giorno.
Questi gnocchi rientravano a pieno titolo in quest'ottica risparmiosa: le patate, per fortuna, crescevano generose nell'orto, il burro si faceva in casa (ho un flash fotografico in un angolo della mia mente di una zia zitella, piccola, che stava seduta su una seggiola da bambini, con la bottiglia nelle mani che alacremente sbatteva di qua e di là e magicamente usciva poi questo candido e soffice composto burroso), si faceva brunire per dare più sapore e si allungava in padella con l'acqua di cottura perchè fosse più sugoso; la cannella era giusto un pizzico; il Parmigiano sicuramente sostituito dal formaggio del contadino vicino; e lo zucchero, l'amico invisibile di tutti i bimbi, dosato con parsimonia, ma volutamente presente, quasi l'essenza dell'intero piatto. Perchè questi gnocchi erano quasi un pranzo completo: c'era lo gnocco, a soddisfare la voglia di un primo consistente e riempire le pance affamate, ed quel vago sapore zuccherino e aromatico che rimaneva in bocca, assecondava la voglia di dolce, così forte soprattutto nei bambini. Un perfetto equilibrio, da manuale gastronomico.
Non so se questa versione sia conosciuta in tutto il Veneto; molto probabilmente l'accostamento speziato ed agrodolce deriva da un retaggio della dominazione Asburgica (e, orgogliosamente, non potevo farmi mancare nel mio albero genealogico, dei bisnonni austriaci nel ramo materno).


gnocchi in bianco



Il mix di questo condimento bianco, dove la base è data dal burro fuso, è composto da Parmigiano grattugiato, zucchero e cannella in polvere mescolati in una ciotola, da equilibrare a piacere secondo il proprio gusto. In genere combino insieme 2 cucchiai di formaggio, 1 cucchiaino di zucchero e mezzo cucchiaino scarso di cannella, ma in casa ci sono uomini che preferiscono un sapore più deciso, ed abbondano con gli ingredienti preferiti.

Personalmente non rigo mai gli gnocchi, data la notevole quantità che impasto; ma la sfida lo richiedeva, per cui mi sono, per la seconda volta, immolata a questo sacrificio, cedendo alla richiesta perversione gastronomica con un sorriso quasi beffardo, sapendo che, comunque, non avrei più peccato in futuro!

Per 4 persone:

600 g di patate rosse
180 g circa di farina 0
sale/pepe
altra farina per lo spolvero (Alice consiglia quella di riso)

Condimento:
burro
qualche foglia di salvia
Parmigiano Reggiano grattugiato
cannella
zucchero

Cottura patate: sempre con la buccia, in acqua, a vapore, in pentola pressione,  seguendo il metodo imparato da Anto - cottura in acqua satura di sale, 230 g di sale grosso per litro di acqua, in questo modo resteranno più corpose e sode ed integre di tutte le loro proprietà nutritive - oppure come insegna Bruno Barbieri, avvolgendo ogni patata nella stagnola e sistemandole sulla teglia del forno su un letto di sale grosso, cuocendo poi a 200° per 45/60 minuti, finchè ben morbide. A voi la scelta; se in acqua, l'importante è che rimangano integre e non si sfaldino.

Farina:  io uso la 0. Non aggiungerla tutta subito all'impasto, lasciarne circa un 20% sulla spianatoia di lato dove si impasta, se occorre si aggiunge (come potrebbe succedere che ne occorra un cucchiaio in più della dose data, dipende sempre dalla consistenza delle patate).


facendo gnocchi



Tagliare le patate cotte a metà e schiacciarle ancora calde nello schiacciapatate con la buccia, questa si leverà mano a mano dallo schiacciapatate.
Aprire il composto per farlo intiepidire rapidamente (assorbirà così meno farina), salare ed impastare con la farina, come consigliato sopra. Formare una palla e coprire con una ciotola, finchè si lavora un pezzo di impasto per volta.
Prendere un pezzo di composto e arrotolarlo sotto i palmi delle mani sul piano infarinato, formando un bigolo. Col coltello o con un tarocco tagliare gli gnocchi della grandezza desiderata e rigarli con l'apposito attrezzo, con la forchetta o con una grattugia, in questo modo assorbiranno meglio il sugo del condimento.
Disporli su un piatto o su un canovaccio leggermente infarinato. Proseguire fino ad esaurimento del composto.

Calcolare i tempi di preparazione, gli gnocchi andrebbero fatti e mangiati, ma mezzoretta o poco più possono resistere sul piatto o nel canovaccio in un luogo fresco e coperti.
Mettere l'acqua a bollire e quando giunge ad ebollizione salarla. Nel frattempo sciogliere del burro in una padella con un paio di foglie di salvia. Il grado di tostatura del  burro è a proprio gusto, c'è a chi piace più chiaro e chi lo preferisce più cotto; se si opta per la versione nocciola, sarebbe bona cosa filtrarlo ed eliminare i sedimenti lasciati,come ci spega dettagliatamente Eleonora qui.
Versare gli gnocchi nell'acqua in ebollizione, facendoli scivolare direttamente dal piatto aiutandosi con un mestolo di acqua bollente versato sopra, in questo modo cadranno da soli; oppure facendoli scivolare dal canovaccio appena immerso nell'acqua (non occorre immergerlo tutto, bastano due dita).
Appena vengono a galla aspettare qualche secondo, poi scolarli con una schiumarola e versarli delicatamente nella padella col burro. Spadellarli velocemente spolverando col mix di formaggio, zucchero e cannella.
Per un condimento più leggero e cremoso, aggiungere un paio di cucchiai di acqua di cottura mentre si spadella.
Versare nel piatto ed eventualmente aggiungere ancora una piccola spolverata del mix o di solo Parmigiano. Servire subito ben caldi.


gnocchi in bianco


Più golosi se serviti con foglie di salvia fritte: 
raccolte, passate nell'uovo sbattuto, poi nel pangrattato e fritte velocemente in olio.



24 giugno 2016

Trofeo Vergani - Ballotta 2016, la serata



Un Mercoledì da leoni, ma leoni marini vista la pioggia torrenziale che non ha avuto un momento di tregua nella serata dedicata all’undicesima edizione del Trofeo Vergani Ballotta.

bicchiere degustazione


Altro che pioggia a catinelle, parevano secchiate a scroscio continue.
Un dispetto meteorologico senza pari, ma che non è riuscito a demoralizzare gli organizzatori e i partecipanti alla sfida.
Solo un impercettibile attimo di scoramento iniziale al levarsi di cotanta furia temporalesca, ma che si è velocemente trasformato in solerzia ancora più attiva e rocambolesca per far sì che la serata iniziasse puntuale e progredisse come da copione.
Sono stati aggiunti gazebo riparatori, e si è cercato di utilizzare ogni spazio protetto disponibile per fare in modo di accogliere gli ospiti più agiatamente possibile. 


Benvenuti nella corte dell'antica Trattoria da Ballotta di Torreglia (PD)

menu XI edizione



giuria tecnica 
la giuria tecnica al lavoro


E puntuali alle 20 si sono aperte le danze: ogni brigata delle sette province pronta coi mestoli in mano ad offrire le proprie prelibatezze, attirando golosamente chi passava davanti alle postazioni con invitanti scodellamenti e vivaci richiami a voce.

E se vale ancora il detto che Veneziani gran signori, Padovani gran dottori, Vicentini magnagatti, Veronesi tutti matti… giusto calzava a pennello quest’ultima affermazione per la brigata rappresentativa della provincia di Verona, che ha attirato le simpatie di quasi tutti gli ospiti con la loro chiassosa verve e la delicatezza del Risotto all’Amarone con gelato al Monte Veronese, tanto da aggiudicarsi il premio della giuria popolare.

E alla premiazione un boato di urrà e battimano unanimi per questi giovani esultanti.

brigata verona
la brigata veronese festeggia il premio popolare


Questi i piatti presentati dalla Trattoria L’Oasi di Limana (BL) a cui ero abbinata:


zuppa di fagioli lamon con salmerino croccante al mais sponcio e caramello balsamico al miele di tarassaco


Zuppa di fagioli di Lamon con salmerino croccante al mais sponcio
e caramello balsamico al miele di tarassaco
(in collaborazione con me)



gnocchi di polenta all'ortica su fonduta di casel bellunese

Gnocchi di polenta all’ortica su fonduta di Casel Bellunese
(partecipante al Trofeo)



Fagottino di faraona alle mele



Tre preparazioni che racchiudono figuratamente in un cerchio la provincia bellunese: prodotti del territorio più o meno noti scelti volontariamente per valorizzare ancora una volta la semplicità della cucina tradizionale, nessun effetto speciale, solo la genuinità e l’orgoglio di una buona (e antica) materia prima.
Per il piatto ideato insieme allo chef Mauro  Cavalet, ci tenevo molto ad usare i fagioli di Lamon Igp, tipici della zona e che uso spesso.
Sua l’idea di abbinarci il salmerino, reso croccante dalla panatura con mais sponcio, un’assoluta nuova varietà di polenta per me, ma di lunga tradizione nelle valli bellunesi; prendendo così due piccioni con una fava, non facendo torto agli intolleranti al glutine.
E poi gli immancabili gnocchi,  un piatto che non conoscerà mai fine, sempre in versione gluten free e stagionale, abbinato alle ortiche ed al Casel, un formaggio semigrasso di latteria, solitamente prodotto con latte di vacca di razza Bruna, che adora essere accompagnato alla polenta.
Per concludere, la regina degli anmali da cortile, la saporita faraona, abbinata alle acidule mele, retaggio gastronomico della lunga dominazione austroungarica.



con francesca barberini
photo credits Enrica Gouthier


A fare gli onori di casa la simpatica Francesca Romana Barberini, che ha saputo condurre la serata con garbo e brio, prodigandosi anche in una breve presentazione di ognuna di noi food blogger.


Il piatto vincitore che si è aggiudicato l’ambito premio ha onorato la brigata del ristorante Antica Torre di Treviso: a detta della giuria tecnica, è quello che più ha saputo cogliere il senso del riciclo e riutilizzo in cucina, tema della sfida per quest’edizione e anche tema dell'anno dell’Accademia della Cucina.


brigata vincitrice
la brigata vincitrice


Gelatina di prosciutto e le sue briciole
con cremoso di carciofo e pelle di baccalà 
vince il Trofeo Vergani - Ballotta 2016




presidente aifb
Anna Maria Pellegrino con Francesca Romana Barberini




Un grazie ad Aifb che mi ha permesso di presenziare alla serata, alla Presidente Anna Maria Pellegrino per la sua cordiale e inesauribile disponibilità, alle mie compagne di blog, cicchetti e ciacole: Enrica, Francesca, Gabriella, Marianna, Silvia, Tanya.


 
#trofeoverganiballotta #settemenupersettechef
#anticatrattoriaballotta #aifb #collieuganei 
#riciclo #tiraccontounochef

8 giugno 2016

La Trattoria L'Oasi di Limana (Bl) al Trofeo Vergani - Ballotta con Aifb


Ci siamo: fervono gli ultimi preparativi per la serata conclusiva dedicata all'undicesima edizione del Trofeo Vergani - Ballotta.
Stasera, nell'antica Trattoria da Ballotta di Torreglia (PD), si sfideranno 7 chef delle 7 provincie venete, a suon di mestoli e padelle e coadiuvati ognuno da un food blogger di Aifb, per accapparrarsi l'ambito Premio.

Nel mio post precedente, in dettaglio l'organizzazione e la dinamica della serata, attesissima dal pubblico e dagli esperti gastronomici che interverranno (nonostante le avversità meteo che remano contro, prevedendo tuoni, fulmini e saette... ma saranno tutte di bontà golose e prelibate!).

Sono stata abbinata allo chef Mauro Cavalet, della Trattoria L'Oasi di Limana, in provincia di Belluno.
Ci siamo sentiti solamente per telefono per concordare i piatti da presentare; la distanza, purtroppo, ha influito negativamente per un nostro probabile incontro precedente all'evento. Ma ho segnato l'indirizzo in agenda, e al mio prossimo giro in terra bellunese non mancherà certo una visita golosa in questa trattoria.
Persona simpatica e disponibile, abbiamo trovato facilmente e velocemente un punto d'intesa sul piatto da ideare insieme, e discusso anche delle altre due preparazioni, dove alcune mie piccole osservazioni sono state ben accette.
La nostra triade rispecchia in toto la semplicità della cucina tradizionale, ma senza essere banale; i prodotti del territorio si vestiranno a festa per il pubblico presente sotto le mani abili e sapienti dello chef e sono sicura sapranno regalare emozioni golose a chi li gusterà!



 
 immagine da paginegialle.it


Mauro Cavalet potrebbe definirsi un figlio d'arte (i genitori gestivano la medesima attività), che ha saputo, però, trovare una propria identità gastronomica che ripropone, con grande soddisfazione della clientela, nel suo locale. Qui serve una cucina tipica veneta, dando risalto alla varietà di eccellenze locali che la sua terra sa offrire, perchè, come racconta lui stesso in questa intervista, attingo a piene mani da tutto quello che può essere l’espressione del territorio.
Non a caso la sua cucina è stata parafrasata come oasi di tradizione, genuinità e qualità.
E nella raccolta dedicata alla "Genuinità e qualità tra le Prealpi Bellunesi", la pagina 63 è dedicata alla recensione di quest'Oasi di buon cibo e tradizione.

Ha un sogno nel cassetto: realizzare il nuovo ristorante, ho acquistato un “casello”, cioè una piccola latteria turnaria che è chiusa da anni ed è proprio qui vicino al ristorante, la vorrei ristrutturare mantenendo le sue caratteristiche architettoniche per avere più spazio, ora spesso mi capita di dover mandare via dei clienti.




Stasera avrò modo di domandargli se il sogno si è già avverato!


A stasera per la diretta su IG, TW e FB,
a domani per le ricette presentate.


 #trofeoverganiballotta #settemenupersettechef #anticatrattoriaballotta
#aifb #collieuganei #riciclo #tiraccontounochef
 

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